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Megaupload non raggiungibile dalla rete Fastweb – Un trucchetto

30 Novembre 2011 Commenti chiusi

Chi sta su rete fastweb si sarà accorto che da ieri notte non è più accessibile il sito megaupload.com: il solito comportamento illuminato in Itaglia. Giusto il giorno in cui salta fuori che Google non restituirà più ricerche nei suggerimenti di ricerca isohunt, megavideo e via dicendo (un patto di ferro per non fare in modo che le major sabotino il nascituro google music). Ma non divaghiamo. Se volete raggiungere comunque megaupload, editate il file /etc/hosts (su linux, o il suo analogo in windows) con le seguenti righe:

 


174.140.154.22 www.megaupload.com
174.140.154.20 www.megaupload.com
174.140.154.23 www.megaupload.com
174.140.154.21 www.megaupload.com
174.140.154.24 www.megaupload.com

Il Teppista di Giorgio Specchia

28 Novembre 2011 Commenti chiusi

Il libro di Specchia che racconta la storia del suo amico Nino (ometterò altro ma chi frequenta stadio e piazze a Milano penso lo conosca bene) offre uno spaccato reale del mondo delle periferie degli anni Ottanta e Novanta. Come me, molti altri hanno incrociato le stesse strade con risultati anche molto differenti. Il teppista è un racconto biografico schietto e onesto, ma rappresenta un punto di vista, come è ovvio che sia. E come è ovvio che sia risente talvolta di una certa indulgenza un po’ pelosa e artefatta in alcune vicende cui l’autore ha partecipato (l’episodio di Ascoli su tutti). Bocciati sonoramente i 2 capitoli e mezzo in cui fa entrare la politica, non tanto perché rappresentino il suo punto di vista (legittimamente diverso da altri protagonisti degli stessi episodi) e non tanto per il tono mitopoietico, quanto perché arrogarsi il “merito” della vittoria di Pisapia a Milano per aver trascinato le curve all’astensione mi pare un po’ eccessivo onestamente (e forse gli anni di bamba influiscono su questo trionfo lievemente egoico, ma Nino e Giorgio non si devono sentire soli in questo problemino) . Infatti più i racconti si avvicinano al presente, meno si fanno interessanti. L’ultimo capitolo stile “sarà domani” mi è piaciuto molto e svela insospettate doti narrative in Specchia. In ogni caso un buono scorcio che vale la pena di leggere. Una bella operazione per la nuova avventura da editore di Stefano Olivari che so ha in canna altre produzioni interessanti. Voto: 6

Anche Neal Stephenson si è bevuto il cervello

28 Novembre 2011 2 commenti

E’ brutto comprare un libro (Reamde) di uno dei più grandi scrittori di fantascienza viventi (Neal Stephenson) e trovarsi immersi in 1050 pagine di action movie in cui i cattivi sono jihadisti stupidi e retrogradi, mentre i buoni sono americani armati e tradizionalisti, il tutto condito da ogni possibile riferimento nerd in circolazione (giochi di ruolo, linux, giochini tecnologici, e via dicendo). E’ un po’ come quando vai a vedere un cinepanettone hollywoodiano di Bruce Willis vecchia maniera lungo tre ore: inseguimento, sparatorie, azione azione azione, grasse risate. Poi esci dal cinema e ti chiedi: e quindi? Decidi di aver buttato via 10 euro e passi oltre.

Ma un libro non è così facile da liquidare. Perché richiede tempo, attenzione, concentrazione. Allora non si può liquidare come un passatempo. Soprattutto se: a) è scritto dall’autore della più bella opera di fantastoria degli ultimi decenni (the Baroque Cycle e il suo postquel Cryptonomicon), nonché di due libri che hanno rivoluzionato il genere cyberpunk come Snow Crash e The Diamond Age; b) è scritto bene; c) è lungo 1050 pagine densissime. E che cazzo!

In ogni caso, una vera delusione. Ma evidentemente una volta scritto il tuo più grande libro è difficile continuare la parabola in via ascendente. Sonoramente bocciato. Voto: 5

Precari nella scuola: San Precario fa il miracolo, la Gelmini no

13 Novembre 2011 Commenti chiusi

All’epoca della brillante idea del Collegato Lavoro una delle categorie più colpite fu proprio quella dei precari della scuola e in particolare dei docenti: in fretta e furia infatti si dovevano reclamare i propri diritti, magari per anni di precariato (in alcuni casi decenni), per non correre il rischio di vederli scomparire in un grande buco nero creato dalla legge del Governo Berlusconi per nascondere i problemi.

Come molte altre organizzazioni e sportelli legali, anche San Precario si mise a disposizione di tutti, raccogliendo decine e decine di adesioni, propagandando in rete le lettere da inviare al MIUR per interrompere il decorso del Collegato Lavoro e invitando tutti a non lasciare a un predatore precarizzatore come lo Stato neanche una briciola di quello che ci è dovuto.

Io tra gli altri ho fatto ricorso, chiedendo la conversione a tempo indeterminato nel mondo della scuola e in subordine il riconoscimento dei danni economici e morali derivanti dal dover stare a casa a girarmi i pollici ogni luglio e agosto, per poi fremere in attesa di una chiamata incerta ogni settembre/ottobre. In un secondo momento sempre tramite il Punto San Precario farò anche richiesta di adeguamento salariale in ragione degli scatti d’anzianità maturati (e che se sei precario non vengono conteggiati a meno che tu non faccia ricorso per via giudiziaria!).

Beh, il 13 ottobre 2011, San Precario ha fatto il miracolo: la giudice mi ha riconosciuto sei mensilità di indennizzo, poco meno di 2 per ogni anno di precariato fatto, una cifra che sta diventando di fatto lo standard di queste cause. FIGATA!

Sorte vuole che il 13 ottobre 2011 sia anche il giorno in cui l’Ufficio Scolastico Provinciale di Milano ha deciso di diramare le graduatorie provvisorie d’istituto di seconda e terza fascia, che dopo i ricorsi di rito, sono diventate definitive il 28 ottobre in tutta Italia (a Milano rinviate fino al 15 novembre per imperscutabili motivi): a giorni le scuole dovranno provvedere a richiamare tutti i candidati per riassegnare le cattedre che al momento sono coperte da precari (con la famosa dicitura “fino ad avente diritto”).

Ma come, vi chiederete voi tutti normodotati, ma a novembre si cambiano tutti i “supplenti”? Ebbene sì. E questo grazie al colpo di genio della Gelmini e dei suoi collaboratori al Ministero. Questi, anziché disporre l’aggiornamento delle graduatorie – che tutti sapevano doversi fare nel 2011 – in modo da terminare inserimenti e ricorsi – che ne so – ad agosto, hanno pensato bene di chiedere agli aspiranti precari di aggiornare la loro posizione con scadenza il 16 agosto, termine per le scuole per l’inserimento il 30 settembre e conseguenti ritardi del caso. Una vera chicca in termini di gestione manageriale e razionale tanto cara al Ministro con laurea ed esame di stato conseguiti fuori sede (di circa 1200 km)!

Così io, come molti altri precari che hanno accarezzato l’idea di avere un lavoro anche quest’anno, a novembre potrei trovarmi in mezzo a una strada. E insieme a me la scuola in cui stavo lavorando, che mi ha già tirato in mezzo a mille progetti. Ma al di là della situazione abbastanza antipatica in cui forse mi troverò io, secondo voi, il Ministero che si riempie la bocca di valorizzazione dello studente e della sua personalità, di diritto/dovere allo studio, ha pensato a come sarà piacevole e didatticamente utile per migliaia di ragazzi cambiare dopo soli due mesi i propri professori? Che ne sarà del rapporto costruito? Dei progetti messi in piedi? Delle gite organizzate? Dei percorsi immaginati? Di tutta l’umanità investita in questi due mesi?

Tutto perduto. E perché? Perché non era possibile fare un bando per l’aggiornamento delle graduatorie identico a quello di due anni fa a marzo anziché al 20 luglio? Brunetta, prima di rompere le palle a tutti i dipendenti della P.A., non poteva frequentare di più il Consiglio dei Ministri. I primi inetti e i primi fannulloni stavano di casa lì. Ancora una volta: San Precario fa un miracolo, mentre la Gelmini non è riuscita neanche a fare un normalissimo bando per tempo.

C’è sempre tempo per dimenticare la libertà

19 Ottobre 2011 2 commenti

Ricetta:

– DASPO per chi è pericoloso secondo le Questure

– Arresti differiti in flagranza per chi compie atti violenti

– Fermi preventivi per chi potrebbe (un giorno forse chi lo sa) compiere atti violenti

– Garanzia patrimoniale per poter organizzare un’iniziativa di piazza

Tutti tranne l’ultimo ingrediente non riguarda i cortei, ma ha già riguardato gli stadi, e le ha proposte la stessa persona (il Ministro “Due” Maroni) per fermare i “tifosi violenti”. Ma la cosa più stupefacente è che le persone non si siano erte a difesa delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione come il diritto di manifestare e di esprimere liberamente le proprie opinioni, ma che anche di fronte alla palese operazione che finalmente perfeziona la sperimentazione attuata negli stadi di questo totalitarismo anni duemila la maggior parte degli uomini e delle donne che ascolto annuiscano contenti.

Perché non credo vi siano dubbi sul fatto che queste misure applicate a cortei e manifestazioni siano palesemente incostituzionali (lo erano pure applicate agli stadi, ma si sa il mostro emergenziale giustifica sempre qualsiasi decisione): pagare per poter manifestare discrimina chi può e chi non può esprimere la propria opinione e basare su provvedimenti discrezionali la decisione di limitare la libertà di un cittadino è evidentemente un’aberrazione in qualsiasi stato di diritto. Per non parlare degli effetti che avranno: la Legge Reale è costata 274 morti, tanto per dire; domani banalmente quello che succederà è che non si faranno più cortei autorizzati, e che assisteremo a moltissimi casi di condanne penali per persone che non hanno fatto nient’altro che presentarsi in una piazza (senza fare nulla) perché qualcuno ha deciso che sono pericolose. Complimenti, una soluzione a tutti i mali del mondo (che ovviamente sono le macchine bruciate e quattro pietre, sic).

Ma il processo più diabolico è quello che fa scambiare alla maggior parte delle persone i responsabili con l’occasione, lo strumento con l’intenzione. Chi vuole queste misure (e non parlo solo di chi le ha proposte materialmente in Parlamento e in strada in questi giorni) attendeva solo l’occasione di poterle esportare fuori dagli stadi e nella nostra vita di tutti i giorni. E chi lo asseconda affermando che l’occasione giustifica ogni cosa, in nome di scarsissima statura politica ed etica, mostra scarsissima lucidità, ma soprattutto mostra che l’istinto violento, quello vero, quello che attivamente nega ad altri la possibilità di fare e dire, è molto più radicato negli uomini di quanto non si voglia ammettere. Perché dimenticare il valore della libertà (delle proprie opinioni, delle proprie parole e della propria persona) è un atto immensamente più violento che spaccare una vetrina o bruciare una macchina. Purtroppo non abbiamo più un Brecht a ricordare a tutte queste persone chi cammina dal lato sbagliato di un confine, quello di un’umanità diversa.

No future no peace!

16 Ottobre 2011 40 commenti

 

Siamo noi la generazione fuori dalla storia. Rabbiosa, disperata, accecata dalla furia. Siamo noi. Siamo la generazione vittima della storia dei propri genitori, ispirata da quella dei propri nonni partigiani, schiava del presente senza fine, senza passato, e senza futuro. Noi non vi capiamo e voi non ci capite. C’è chi di noi è scappato altrove, a cercare fortuna, ma molti non hanno alcun luogo e alcun tempo dove andare. Siamo qui, incastrati in una realtà di cui non possiamo fare parte. Non siamo i giovani, che riusciranno a raccogliere le briciole di una pletora di anziani coccolati da diritti acquisiti che a noi sono stati strappati di mano con il loro stesso silenzioso beneplacito. Non siamo i ragazzini che vanno avanti ancora con il welfare all’italiana fatto di pizza, mamma e mancetta, fino a quando verranno fatti sedere sulle sedie lasciate vacanti da chi si è abbuffato senza preoccuparsi di cosa succedeva dopo. Non siamo quelli che hanno già vissuto la propria storia, siamo quelli che continuano a viverla, senza alcuna speranza.

 

E allora che cosa abbiamo da perdere, che cosa dobbiamo chiedere, e chi sarebbero i nostri interlocutori? I vecchi sindacalisti che ci hanno fottuto la vita? O i politici che si riciclano un giorno sì e l’altro pure riempiendosi la pancia di cibo, le tasche di soldi e le case di servi? O i ragazzini che non ci capiscono, che non capiscono la nostra disperazione e reclamano un futuro a chi gliel’ha tolto? La verità è che noi siamo già oltre. Siamo oltre la sfera del bene e del male, furia cieca e rabbia nera. Non cerchiamo giustificazioni, è inutile parlare. E’ inutile discutere. Non cercate di capirci. Non potete. Perché avete un passato, o un presente e anche se non ci credete alcuni di voi hanno anche un futuro.
Perché non vogliamo avere ragione. Perché siamo fuori dalla storia. Nel bene e nel male. Ma non cercate di addossarci la responsabilità del nostro presente. Perché l’unica cosa che abbiamo è la nostra vita. E un posto per noi lo troveremo. Costi quello che costi.

No future, no peace.

Il valore di un libro – I materiali del killer (Gianni Biondillo)

19 Settembre 2011 Commenti chiusi

Il valore di un libro che ti rimane nel cuore non è necessariamente legato a motivi letterari (il suo valore assoluto o il linguaggio usato) o di intrattenimento (la trama e la sua costruzione). Spesso basta poter conservare due frasi perfette, per fare di un libro qualcosa da consigliare e diffondere ad  altri.

Gianni Biondillo sa scrivere. Questo è il prerequisito per riuscire a godersi un libro. Sa scrivere bene, leggero e divertente. E da il meglio di se quando scrivere di e con Ferraro, il suo personaggio principe. Lo aveva abbandonato da qualche anno e ogni appassionato di letture ne sentiva la mancanza.

Anche se a dire il vero non è Ferraro il personaggio migliore dei suoi libri: quello per cui vale la pena leggerlo è Lanza. Anzi i dialoghi tra Lanza e Ferraro. Ho passato decine di minuti a ridere e sorridere sfogliando gli scambi di battute al fulmicotone. E di questi tempi godersi una storia riuscendo anche a sorridere e a capire qualcosa in più del mondo che ci circonda non è assolutamente un’impresa facile.

Godetevelo. Voto: 8
Ah, le frasi, quasi dimenticavo di scrivervele:

“La crudeltà delle latitudini non dà scampo”: una sintesi della futilità del razzismo.

“Lui le diede un bacio. Non quello di un amante, ma neppure quello di un amico”: quanta parte della nostra vita c’è in questa frase, quante delle nostre relazioni, quanti dei nostri ricordi?

Le magie del reclutamento nel mondo della scuola

1 Settembre 2011 2 commenti

Già in altri tempi (non sospetti si suol dire) ci siamo occupati di come i meccanismi di ingresso nel mondo del lavoro per gli insegnanti non funzionano. E forse ci torneremo pure perché è un tema di drammatica attualità, non solo per chi vuol fare il docente nella vita, ma per chi pensa che il mondo dell’istruzione sia uno dei luoghi fondamentali per la costruzione di una sana democrazia e di una società migliore.

In questi giorni è di attualità il tema dell’assegnazione delle cattedre per il prossimo anno scolastico. Sui casini che stanno combinando per assegnare le cattedre di ruolo e quelle dalle graduatorie ad esaurimento (ovvero a tutte quelle persone che in teoria dovrebbero già di diritto avere un posto di lavoro fisso, ma che per non tanto misteriosi e non tanto insondabili motivi ancora ogni anno devono vivere questa via crucis della lotteria delle convocazioni in provveditorato) evito di dilungarmi perché non mi riguardano direttamente e le conosco relativamente poco (chi mi legge e le conosce potrà integrare nei commenti).

Ma la situazione delle graduatorie di istituto, dei cosiddetti precari di scorta, ovvero i precari che sostituiscono i precari, è ancora più demenziale: detto che da due anni si discute di come far entrare questa categoria di persone nelle graduatorie ad esaurimento con nuovi corsi di abilitazione per poi rimanere bloccati per mesi senza indicazioni chiare (l’ultima è quella della Gelmini che vuole bloccare i nuovi corsi per esaurire le graduatorie prima, contestata da CL (!!!!!)), la situazione per l’anno prossimo illustra perfettamente perché il Ministero dell’Istruzione è un’istituzione che non fa il bene della società e dei cittadini.

L’aggiornamento delle graduatorie (si sapeva da due anni che si sarebbe dovuto fare nel 2011) è stato disposto solo il 16 luglio (!) con scadenza a 30 giorni. Ergo alle segreterie sono pervenute le domande mentre tutti erano in ferie. Ora il limite per l’inserimento dei dati nei sistemi informativi del ministero è il 30 settembre. E tra un ricorso e l’altro le graduatorie d’istituto definitive saranno pronte per novembre o dicembre.
Ma cosa significa in pratica tutto ciò? Significa che a settembre per le cattedre non coperte da docenti di ruolo oppure avanzate in provveditorato verranno chiamati ad insegnare docenti dalle vecchie graduatorie d’istituto, con la mitica dicitura “fino ad avente diritto”. Poi a dicembre le scuole dovranno richiamare tutti i presenti in graduatoria e fare una nuova assegnazione sulla base delle nuove graduatorie.

In pratica molte scuole si troveranno ad assumere un docente, a farlo lavorare in classe 4 mesi, per poi passare la classe a qualcun altro, senza che il primo docente abbia alcuna garanzia di avere un lavoro per il resto della durata dell’anno scolastico: immaginatevi una terza media come può essere felice di tutto ciò, tanto per vederlo dal punto di vista dei ragazzi; ma mettetevi nei panni di chi come me deve strutturare la sua vita sulla base del lavoro che avrà di anno in anno. In questo caso potrò forse programmarmi l’esistenza fino a dicembre, per poi sperare che a gennaio si incastri tutto nuovamente senza problemi: e questo ovviamente a cascata su tutti i lavori che uno è poi costretto a fare oltre a quello di docente per non rischiare di restare senza una lira per mesi e mesi.

Ma come, direte voi, non era più facile fare l’aggiornamento delle graduatorie a maggio così da avere tutto pronto a settembre? Certo: ma altrimenti come faremmo ad essere la pubblica amministrazione più disorganizzata e meno efficiente di tutto Europa (e non solo)?

¡Mexico Mexico! – parte 03 – Mare e città

31 Agosto 2011 3 commenti

Una volta terminato il nostro tour archeologico è arrivato il momento di parlare anche di altri aspetti più tradizionali di una vacanza: il mare, le spiagge e il turismo urbano. Abbiamo fatto due periodi di una settimana circa al mare: uno a Tulum e uno in Chiapas a Boca del Cielo; viceversa abbiamo visitato anche se abbastanza rapidamente diverse città di cui possiamo raccontare qui brevemente le impressioni che ne abbiamo tratto.

Città del Messico – La Capitale

Città del Messico è un posto complicato da affrontare. Digrigna i denti e ti guarda di sbieco, mostrandoti tutte le cose che potrebbero accadere. In realtà se resistete al primo giorno, siete pronti per starci quanto vi pare e piace. Il nostro primo giorno è stato abbastanza traumatico, ma poi ci siamo ripresi.
Una delle cose fondamentali è trovare una mappa che indichi in quali vie potete comprare che cosa: perché la città è praticamente divisa in settori: se vuoi roba elettrica devi andare in quella via, se vuoi uno shampoo in quell’altra. All’ostello Mundo Joven (in centrissimo, consigliato nonostante i prezzi un po’ più alti di quelli che potete trovare altrove) ne hanno e sono utilissime. Tanto a piedi girerete solo nell’arco di una decina di isolati intorno allo zócalo, per il resto userete metro e taxi.

Mexico DF (come è chiamata dai messicani) è piena di cose da fare e vedere: sicuramente imperdibili sono tutti i siti con i murales di Diego Rivera, in particolare la Secrétaria de Educación Pública, il Palacio Nacional e il Museo delle Belle Arti; se vi rimane tempo andate anche al Collegio de San Ildefonso e al Museo dei Murales di Diego Rivera (che in realtà ne contiene uno solo). Valgono tutti la pena, e vedere un paese che nei suoi palazzi più importanti ha murales che inneggiano alla rivoluzione e alla redistribuzione della terra, indicando preti, borghesi e nazisti come il nemico fa il suo bell’effetto, a prescindere dalla realtà politica attuale del Messico.

A parte questo, il Templo Mayor e il tour a Teotihuacán gironzolate un po’ per le strade e trovate voi cosa vi piace di questa città immensa. Noi ci siamo fatti un giro nei parchi e abbiamo fatto un salto alla Casa-Museo di Frida Kahlo (bellissima!), ma non al Museo di Arte Moderna dove ci sono molte sue opere.
Per mangiare nel DF avrete solo l’imbarazzo della scelta, ma noi ci sentiamo di consigliare per le vostre colazioni il Café El Popular, in Avenida 5 de Mayo: aperto 24 ore su 24, le sciure che ci lavorano vi rimpinzeranno di tutto quello che volete quando volete. Un posto con un’atmosfera veramente particolare.
Per dormire anche qui c’è l’imbarazzo della scelta: noi abbiamo pernottato all’Hotel Washington tra Avenida 5 de Mayo e Calle La Palma, economico, senza fronzoli, e letteralmente a mezzo minuto dallo zócalo. Ma francamente scegliete il posto che vi piace di più: per ambientarvi più facilmente l’ostello Mundo Joven è sicuramente più indicato (e ci trovate anche tre pc da cui connettervi gratis, anche se in teoria come non ospiti dovreste pagare, ma nessuno controlla :))

Tulum – Mare mare mare

A Tulum, sul Mar dei Caraibi, un’oretta a sud di Playa del Carmen, abbiamo passato una settimana stupenda, ospiti di un’amica che vive di tatuaggi da quelle parti e che ci ha consigliato tutti i posti migliori dove goderci mare, spiaggia e relax. Per arrivare a Tulum dovrete prendere un bus Mayab da Playa del Carmen (a cui potete arrivare direttamente in bus dall’aereoporto di Cancun o in aereo) che in un’oretta vi porterà sobbalzando alla cittadina di mare di Tulum. E’ un luogo turistico quindi non avrete difficoltà a trovare dove dormire, dove mangiare e via dicendo.

Per mangiare consigliamo vivissimamente: El Rincón Chiapaneco (proprio nella via di fronte al Wayfarer Hostel dove la nostra amica ha anche il suo negozio di tatuaggi “El Sagrado Corazon”) che fa delle aguas de fruta fantastiche e cibo messicano di ottima qualità a bassissimo prezzo (le due sciure cucinano a ciclo continuo tutto il giorno e preparano loro tutto a mano); El Capitán (sull’Avenida Tulum poco oltre la banca HSBC) per i piatti di pesce, gestito da una olandese trasferitasi a Tulum per sposarsi con un messicano; Tacos al Pastor per uno spuntino al volo da 10M$ che vi riempirà a puntino.
Per le serate andate al Pepenero, un localino simpatico gestito da un italiano (manco a dirlo quella nostrana è la comunità più rappresentata a Tulum) dove si beve bene e ci si rilassa.

Per quanto riguarda il mare il consiglio è facile: prendete un taxi e chiedetegli di andare alla Playa Santa Fé (costerà circa 45M$) e arriverete a una spiaggia di sabbia bianca che non si scalda con il sole di fronte a un mare cristallino e con a disposizione un po’ di palme sotto le quali cercare rifugio durante tutto il giorno. Anche se state sotto la palma, mettetevi la protezione solare, perché il sole picchia veramente forte sempre. Se volete per raggiungere la Playa Mar Caribe (200m prima di Santa Fé) potete prendere un autobus che parte dalla strada dietro il Wayfarer Hostel a 10M$: ce n’è uno alle 9.00, uno alle 12.00 e uno alle 17.00 che ritorna dalla spiaggia a Tulum la sera. E’ il mezzo migliore per tornare, dato che a quell’ora sarete belli cotti.

Se vi è possibile fate una gita di un giorno (anche con un taxi, ma vi costerà 200-300M$) fino a Xcacel-Xcacelito: è una riserva naturale a nord di Tulum, subito dopo l’entrata per il parco acquatico di Xel-Ha, dove vanno a depositare le uova le tartarughe marine. Si pagano 10M$ per entrare. La spiaggia è incredibile, la barriera corallina è a solo una 50ina di metri dalla costa (portatevi maschera e pinne!), e a 20 metri dalla spiaggia potrete fare un rinfrescante tuffo in un piccolo cenote (un laghetto di acqua dolce che emerge in mezzo alla selva dal terreno calcareo della zona). Impagabile!

Valladolid – Una cittadina neocoloniale

A Valladolid siamo passati di sfuggita in transito tra un sito archeologico e un altro, ma ci ha dato l’impressione di una cittadina molto piccola e per questo molto vivibile, anche se magari solo per una nottata o due. Le sue vie costellate di case neocoloniali e la sua piazza centrale vivace sono state una boccata d’aria fresca tra tragitti in bus e minivan infiniti nel tour de force che ci ha portato in 48 ore a visitare tutta la Ruta Puuc, Uxmal, Valladolid, Mérida, Palenque e infine giungere in Chiapas. Vivamente consigliata come tappa d’alleggerimento.

Mérida – Un posto di merda

Una città sordida, con nessuna attrattiva se non quella di fare da base per qualche escursione archeologica. Ci abbiamo passato meno di 48 ore ma sono state pure troppe. Consigliato prendere albergo vicino alla stazione degli autobus (sia CAME che TAME) così da non dover fare troppa strada e minimizzare il rapporto con la città. Ergo su questa tappa non saprei cos’altro dirvi.

San Cristóbal de las Casas – Chiapas

La cittadina nel cuore del Chiapas, famosa per essere stata uno dei centri abitati da cui l’EZLN hanno lanciato l’insurrezione contro il governo messicano nel 1994, è un posto delizioso dove rilassarsi qualche giorno. Abituati al turismo zapatista i posti dove mangiare bene e dove dormire non mancano, e la sensazione è quella di trovarsi in un posto molto facile dove spendere tempo (e denaro volendo). Il mercato intorno a plaza Santo Domingo ospita qualsiasi tipo di bancarella e vi permetterà di mangiare per pochissimi pesos, mentre se volete gustarvi ottimi piatti in un luogo dove molti dei soldi finiscono alle comunità zapatiste non potete perdervi il TierrAdentro (occhio che il cibo NON finanzia le comunità, ma gli acquisti nei negozietti all’interno del ristorante sì) su Real de Guadalupe, una delle due vie pedonali del centro. Se invece volete comprare prodotti di artigianato che finanzino le comunità, andate alla tienda de Nemi Zapata (sempre sul medesimo andador).
E’ molto facile capire perché molte persone decidano di fermarsi a vivere in Chiapas: dalla disponibilità degli abitanti, alla facilità con cui ci si ambienta, tutto concorre a permettervi di godervi un ottimo relax urbano. Cosa non altrettanto facile in tutto il Messico (come avrete potuto dedurre da ciò che ho scritto di altre città).

Boca del Cielo – Oceano Pacifico

Boca del Cielo è un pezzetto di paradiso sulla costa del Chiapas: per arrivarci dovete guadare in autobus fino a Tonalà (eventualmente cercate un autobus che va a Tuztla Gutierrez e da lì troverete svariati autobus per Tonalà), prendere un taxi fino alla “base” dei collettivi e da lì prendere un taxi collettivo per Boca del Cielo (25M$). Infine prendere una lancia e farvi portare al di là della laguna fino alla penisola che si affaccia sull’Oceano Pacifico (100M$).

Il posto è fantastico: isolato, calmo, tranquillo. Noi siamo stati nelle capanne più civilizzate ma ci sono soluzioni per tutti i gusti e tutte le tasche. Alla Luna troverete cabañas attrezzate come stanze d’albergo, ottima cucina, un conto aperto che salderete alla fine della permanenza e una baretto sulla spiaggia del Pacifico (incredibile!) che al momento era gestito da Eugenio un cuoco/fotografo che vive a Fuerteventura e che ci ha preparato la migliore cenetta fusion della nostra vita (fino ad ora). I ragazzi che lavorano con Federico (il proprietario italiano insieme alla compagna Annabelle) sono fantastici: da Oda (il futuro calciatore e attuale factotum) a Porfirio detto “L’iguana” che vi porterà in giro per le mangrovie e i canali che ospitano decine e decine di uccelli. Caldamente consigliato, ma occhio che dopo 3-4 giorni di dolce far niente se non siete in gruppo o attrezzati con svaghi autoprodotti vi potreste annoiare!

Oaxaca – La città di Mezzo

Oaxaca è una città fantastica: aperta, disponibile, piena di vita e dove ti viene solo voglia di stare in giro a cazzeggiare e a conoscerla per tutto il tempo che vi trascorri. Se cercate monumenti e musei non perdetevi la Iglesia de Santo Domingo e la Basilica de la Soledad, ma soprattutto il Museo de las Culturas che è semplicemente stupendo; il Palacio e il Museo del Palacio invece non valgono la pena, soprattutto se avete visto i murales di Diego Rivera nel DF (incomparabili con quelli di Oaxaca). Se invece preferite il leisure, non avrete che l’imbarazzo della scelta: per mangiare il Mercado 20 Noviembre o la Centrale de Abasto sono irrinunciabili, ma ovunque si mangia bene (anche se non necessariamente a poco prezzo, soprattutto nei ristoranti del centro storico, ottimi però). Per la colazione e per trascorrere serate e pomeriggi il consiglio è obbligatorio: Café Los Cuiles, ma soprattutto il Café Brújula su Avenida Garcia Vigil, dove potrete bere il miglior caffé di Oaxaca. Se invece siete appassionati di shopping Oaxaca potrebbe essere la vostra fine dato che tra mercati, bancarelle, ambulanti, laboratori e cooperative di artesanías potete passare giornate intere.
Per dormire il consiglio è quello di arrivare in centro e spulciarvi i posti: ce ne sono uno ogni 50 metri, per tutti i gusti e per tutte le tasche. Noi siamo stati nello spartano e piacevole Hostel El Chapulín per 320M$ la doppia (ma anche con 280M$ per un letto solo in due avremmo potuto farcela). Se passate in Mexico, non perdetevi Oaxaca (e mi dicono anche il resto dello stato si conformi all’elevata qualità della vita turistica della capitale).

Onestamente se avete la possibilità di fermarvi qualche giorno fatevi un paio di gite fuori porta: sicuramente una mattinata per Monte Albán non è sprecata, mentre un paio d’ore per andare fino a Santa Maria del Tule a vedere l’albero più grande del mondo (un cipresso di Montezuma) è un piacevole passatempo. Noi non abbiamo avuto modo ma una terza gita consigliata da tutti è quella a Mitla. Per andare a El Tule o a Mitla il modo più facile è quello di raggiungere la Central De Abasto (un mercato popolare grande quattro isolati in cui potete trovare di tutto) e da lì prendere un taxi collettivo per pochi pesos. E’ un avventura, ma non ve ne pentirete.

Conclusioni

Le nostre vacanze in Messico sono state favolose. Ci siamo divertiti, abbiamo visto un sacco di luoghi interessantissimi e abbiamo speso poco: nell’ordine dei 1000 euro a testa escluso il viaggio in aereo, ma inclusi tutti i regali che ci siamo comprati e che abbiamo comprato per le persone a cui teniamo. Abbiamo visto sicuramente una piccolissima parte di un paese immenso, ma pensiamo che ci sia bastato per avere una buona idea dei messicani e delle culture che abbiamo incontrato. Se ne avete la possibilità è certamente un viaggio consigliato. Alla prossima.

¡Mexico Mexico! – parte 02 – Siti archeologici

31 Agosto 2011 Commenti chiusi

Dopo avervi dato un’idea generale delle cose utili da sapere per girare in Messico senza troppe sorprese, passiamo ad analizzare una delle tre cose che io e blanca abbiamo fatto in questo enorme paese: in questo post parleremo di siti archeologici.

La maggior parte dei siti archeologici messicani sono in gran parte ricostruiti dopo essere stati riscattati a foreste e incuria secolare: in molti casi le pietre originali sono state usate per costruire chiese cattoliche dopo la conquista del paese da parte dei colonizzatori europei, ma lo sforzo di rendere ogni sito più rispondente al vero possibile è francamente encomiabile.

Come regola generale i siti archeologici costano intorno ai 50M$ (quelli più piccoli anche 37M$), fatta eccezione per Uxmal e Chichén Itzá che costano 166M$ (se siete stranieri). Le informazioni sulle strutture dei siti e sul loro significato e la loro storia sono molto scarne, e quindi senza una guida si capisce molto poco di quello che si osserva e si perde molto del fascino del sito. Per contro molti contenuti dei tour delle guide si ripetono ed è quindi inutile fare trenta tour con le stesse informazioni: scegliete 2-3 siti che senza guida sarebbero sprecati e utilizzate le informazioni che ne ricavate per “leggere” gli altri luoghi che visiterete. Noi abbiamo optato per fare i tour con le guide in spagnolo e penso che sia stata un’ottima scelta per due motivi: evitate gran parte degli italiani (insopportabili nella loro veste di turisti grossolani e presuntuosi), e date la possibilità alla vostra guida di dare il proprio meglio, comunicando anche tutta la passione (nel caso) che provano per il lavoro che fanno (in una lingua che non è la propria non riesce altrettanto bene).

Per il resto ricordatevi di portare sempre un cappello e almeno un litro di acqua a testa perché il sole è molto forte e l’umidità intorno al 100%. Vestitevi leggeri e nella maggior parte dei casi con suole comode dato che il terreno è spesso irregolare. Le fotografie non sono un problema, ma se volete usare la videocamera in quasi tutti i luoghi dovrete pagare una tassa di 45M$ per i diritti riservati al governo messicano sulle rovine.
E ricordatevi se potete di visitare le rovine in prima mattina quando c’è meno gente e fa meno caldo. Non vi pentirete della levataccia.

Penso di avervi detto tutto. Ora cominciamo il nostro tour.

Tenochtitlán – Mexico DF

Tenochtitlán è l’antico nome di Città del Messico. Proprio dietro lo zócalo, la piazza principale, potrete trovare le sue rovine, sotto il nome di Sito Archeologico del Templo Mayor, ovvero del luogo principale di una città sconfinata dalla quale i mexica hanno dominato una buona parte dell’America Centrale più o meno durante il nostro basso medioevo. Le rovine del Templo Mayor sono una piacevole eccezione: sono molto ben strutturate e con le informazioni che vi trovate potete farvi un’idea molto chiara di quello che è la struttura del sito. Con qualche indiscrezione che potete ascoltare dalle guide che stanno portando in giro altri gruppi potrete facilmente completare i pezzi mancanti. Con il medesimo biglietto di accesso potrete visitare anche il Museo del sito archeologico che è molto ben fatto e vale certamente una visita: soprattutto il gioco di luci sulla stele di Coyolxauqui, che fa capire molto bene la differenza tra quello che vediamo oggi e come dovevano essere le strutture delle antiche città mesoamericane alla loro epoca, ricoperte di stucco e colorate di brillanti colori come azzurro, giallo, bianco, rosso e nero.

Tlatelolco – Mexico DF

Queste rovine sono meno impressionanti di quelle del Templo Mayor, ma sono meglio conservate. Si trovano sempre all’interno dell’odierna Città del Messico, ma rappresentano una città diversa, formata da una comunità allontanatasi da Tenochtitlán e poi diventata sua alleata per dominare tutta la regione. Si può visitare da soli oppure all’interno di un tour che comprende anche la Basilica de la Santa Virgen de Guadalupe e Teotihuacán organizzato (almeno nel nostro caso) dall’ostello Mundo Joven proprio dietro la Cattedrale. E’ un buon tour, tutto sommato economico (400$ escluso il cibo), e che vi consentirà di fare in un giorno solo tre siti che da soli faticate un po’ a mettere insieme. E’ anche vero che se non ve ne frega nulla della Basilica de Guadalupe potete anche evitarvi il tour e puntare direttamente a Teotihuacán.
Il sito di Tlatelolco si trova su quella che viene chiamata Piazza delle Tre Culture dove oltre al sito archeologico ci sono anche una chiesa (molto bella) costruita con le pietre della città su cui l’hanno edificata, e il sito in cui nel 1968 vennero massacrati un numero imprecisato di studenti (si parla di centinaia anche se le cifre ufficiali recitano 20) del movimento che stava scuotendo il potere messicano.

Teotihuacán

Il sito si trova a una 50ina di chilometri da Città del Messico ed è uno dei più famosi del Messico. La cultura di Teotihuacán appartiene al periodo classico e preclassico delle culture mesoamericane (ovvero in pratica fino al 900 d.C.) ed è il luogo da cui i mexica dissero in seguito di essere originari (per darsi un tono di stirpe divina, dato che Teotihuacán è il nome che hanno dato loro al sito e significa “il luogo dove gli uomini diventano dei”).
Le più grandi attrazioni sono le Piramidi della Luna e del Sole che sono obiettivamente impressionanti: vi si può salire ed è un’esperienza fantastica. La Piramide del Sole è la più alta struttura di tutto il Mesoamerica fatta eccezione per la ancora sepolta piramide di Cholula, e dietro solo alla Piramide di Giza in Egitto: una struttura stupefacente per l’epoca che vale tutta la fatica dei suoi 248 gradini (dicono, io ne ho contati 237 ma il caldo potrebbe avermi giocato brutti scherzi).
Vale sicuramente la visita con una guida (se non avete prenotato il tour, prendetene una in loco) per almeno un paio d’ore di intense camminate e ascolto.

Tulum

Le rovine di Tulum affacciate sul mar dei Caraibi sono la prima delle strutture maya che abbiamo visitato. La zona archeologica deve la sua fama al fatto di affacciarsi direttamente sul mare e potete visitarla tranquillamente anche senza una guida. Il sito è piccolo e ben tenuto, ma in un’oretta può essere esplorato a fondo. Portatevi costume e asciugamano perché potete farvi un bagno direttamente sotto le rovine: se il mare non è mosso è fantastico e sembra di essere immersi in un atmosfera da sogno. Ovviamente in luglio e agosto l’alta affluenza turistica rovina un po’ l’effetto, ma vale lo stesso la pena. D’altronde potreste anche sprecarvi e fare 800 metri a piedi fuori dal sito per arrivare alla spiaggia da sogno dove siamo andati noi. Vedi anche la terza parte di questi post per saperne di più.

Cobá

Cobá è uno splendido sito archeologico nello Stato di Quintana Roo a circa un’oretta da Tulum (o anche da Playa del Carmen e Cancun). Vale certamente la pena di una visita e all’interno del sito, subito dopo il controllo dei biglietti troverete un sacco di ragazzini appena laureati nel corso di “guida turistica” che hanno voglia di praticare. Noi in due ce la siamo cavata con 200M$ (anziché i canonici 400-500M$) per un giro di un’oretta e mezza in cui Roger, la nostra guida ci ha spiegato un sacco di cose. E’ stato molto piacevole e lo consigliamo vivamente.
Cobá era una città di 50000 abitanti al suo apice nel periodo classico intorno al 700 d.C., collegata alle altre città maya di Chichén Itzá e della Ruta Puuc che le vanno via via togliendo importanza. Il sito è molto bello e permette di capire con calma alcune cose che si ritroveranno in altri siti: c’è un “juego de la pelota” molto bello che fa capire molto bene come si svolgevano le gare; ci sono i sacbé (cammini bianchi) che collegavano le varie città; ci sono steli e sculture molto chiare su chi veneravano i maya.

Chichén Itzá e Ek Balaam

Nei pressi di Valladolid ci sono due siti: uno è famosissimo, l’altro misconosciuto. Purtroppo per andare al primo ci sono mille autobus e tour di ogni tipo, mentre per il secondo ci si deve affidare all’autorganizzazione. Come mi avevano suggerito molti, Chichén Itzá è stata una grandissima delusione: il sito avrebbe delle strutture incredibili, come la piramide principale e il “juego della pelota” grande come due campi da calcio, ma è sommerso dai turisti e le guide si limitano a fare il loro lavoro senza metterci un minimo di passione. Se potete, andate a visitarlo per i fatti vostri, sbirciando i tour che vi circonderanno e facendo tesoro di quello che avrete imparato sui siti maya nel resto delle vostre visite archeologiche. Certo Chichén Itzá è stata una delle più importanti città maya di tutta l’area ed è un peccato non farci neanche un salto.
Viceversa Ek Balaam è un sito molto ignorato, ma che tutti ci hanno consigliato come tappa importante: noi non siamo riusciti a vederlo, ma se aveste la possibilità di scegliere, non esitate un secondo e tralasciate Chichén Itzá per il giaguaro tridimensionale di Ek Balaam.

Ruta Puuc

I siti maya sono caratterizzati da cinque stili architettonici: tra gli altri uno più classico che si può vedere a Chichén Itzá, uno con forti influenze tolteche che si può vedere nello stesso sito, e quello chiamato Puuc che potrete trovare in quattro diversi siti a distanza di pochi chilometri gli uni dagli altri.
Il tour di questi quattro siti (Labná, Sayil, Xlapak, Kabah) e di Uxmal lo potete organizzare con un minivan che parte dalla stazione degli autobus TAME di Mérida alle 8.00 di mattina, fa il giro di tutti i siti e vi riporta in città. Lo consigliamo vivamente dato che con circa 400-500M$ a testa riuscite a vedere 5 posti fantastici, privi della ressa turistica abituale, con tanto di guida soprattutto per la visita a Uxmal (v. sotto). L’autista del minivan vi farà fare anche una tappa a Santa Elena nel negozietto di famiglia dove potrete mangiare qualcosa direttamente nella cucina delle sue zie (non sono sicuro del grado di parentela, ma penso abbiate capito cosa intendo).

I quattro siti della Ruta Puuc sono uno più bello dell’altro e soprattutto Kabah e Labná non sono assolutamente da perdere. Quasi tutti i palazzi rimasti intatti sono dedicati a Chaac che vedrete ritratto sempre con il suo nasone a proboscide (verso l’alto o verso il basso) e diventerà un leit motif delle vostre visite. Un po’ come Huitzilopochtli e Coyolxauqui e Tlaloc con i mexica e la cultura di Teotihuacán.
Se proprio dovete scegliere un sito da saltare, scegliete Sayil, e in secondo ordine Xlapak, ma gli altri due non mancateli per nessun motivo. Il tour della Ruta Puuc, tra l’altro più che altro frequentato da messicani e non da turisti scassaminchia, è stato uno dei momenti più piacevoli del tour de force archeologico nella zona di Yucatan e Campeche.




Uxmal

Uxmal pur trovandosi vicino alla Ruta Puuc e condividendone in alcune porzioni lo stile architettonico merita un discorso a parte. Il sito è in assoluto quello che ci è piaciuto di più forse anche grazie alla guida che ci ha portato in tutti i suoi meandri insieme agli altri venturieri del minivan (una decina di messicani di varia estrazione e provenienza): se andate a Uxmal chiedete di Antonio come guida, non ve ne pentirete assolutamente.
La città è stata fondata intorno al 600 d.C. ed è stata importantissima per la regione tanto da essere collegata direttamente con sacbé al resto delle città della Ruta Puuc e alla stessa Chichén Itzá. Le principali strutture che visiterete sono la piramide principale con i suoi 5 templi uno incastonato nell’altro e il quadrangolo delle monache (nome postumo ovviamente dato che con le monache non aveva proprio niente a che fare). Come molti altri siti è immerso nella selva e provvisto di un quadro scenografico veramente mozzafiato. Imperdibile.

Palenque

Per godervi al massimo Palenque, uno dei siti maya più famosi prendete un autobus notturno e arrivate al sito di mattina presto: fatevi un giro in paese per fare colazione nel posto che preferite e prendete un bondi a 10M$ per le rovine (ne passano ogni 10 min sulla strada principale). Se siete fortunati come noi alle 7.30 circa prendete minivan carichi di guide che si recano al sito per lavorare e potrete provare a intavolare una trattativa con qualcuno di loro di vostro gradimento. I tour di Palenque sono due: uno nella giungla nella zona ancora non riscattata alla natura per 600M$ fino a 7 persone; uno nel sito archeologico restaurato per altri 600M$ fino a 7 persone. Noi con 500M$ in due ce la siamo cavata per fare entrambi, dato che la guida poi avrebbe avuto il tempo di fare altri servizi una volta terminato con noi.

Il sito è immerso nella selva, circondato dalle montagne e la visita guidata vale tutti i soldi che spenderete. Noi siamo entrati nella giungla alle 8.00 di mattina in mezzo alle scimmie urlatrici e ai rumori mattutini della foresta non ancora disturbata dai turisti. Siamo riusciti anche a beccare una famiglia di scimmie con cui ci siamo scrutati per una decina di minuti. Il giro di un’oretta nella selva oltre a darvi un’idea di che lavoro immenso sia recuperare le strutture che noi vediamo nei siti archeologici, vi da la possibilità di vedere la selva e immaginarla per come doveva essere centinaia di anni fa (la natura cambia molto più lentamente di noi). Un’ora in mezzo alla giungla e alla sua umidità sarà sufficiente a sfiancarvi per bene. Ma il tour non sarà finito.

Il sito archeologico è splendido, secondo solo a quello di Uxmal (anche se per molti è vero il contrario). Il Tempio delle Iscrizioni, la Tomba della Regina Rossa, il Palazzo, il Gruppo delle Tre Croci e tutte le strutture sono affascinanti e molto ben conservate. Se avete la guida giusta saprà evocare per voi la grandezza di questa città che contava decine di migliaia di persone, come testimoniano anche l’attenzione alla distribuzione idrica e l’ingegneria civile che ancora rimane a disposizione dei visitatori. Contrariamente a Chichén Itzá su molte strutture si può ancora salire e la vista da una delle piramidi del Gruppo delle Croci è mozzafiato. Anche questo sito non potete proprio perdervelo.

Monte Albán

Se passate da Oaxaca, non perdetevi una gita in mattinata al sito di Monte Albán, che potrete raggiungere con un minivan dall’hotel Riviera in calle Mina, come chiunque può indicarvi. Se siete bravi anche senza guida in un’oretta e mezza al massimo ve la cavate. Ovvero partendo con il van alle 9.30 alle 13.00 massimo siete di ritorno (con tanto di caffé dentro al bar del museo del sito). La vista è mozzafiato e il sito la mattina poco frequentato, con cartelli per ogni edificio molto esplicativi. Veramente bello.

Conclusioni

Se proprio dovete scegliere 3-4 siti da visitare non perdetevi Palenque, Uxmal, Teotihuacan e la Ruta Puuc. Se avete molto tempo tralasciate i siti più conosciuti e magari aggiungete qualche posto sperduto come quelli al confine con il Guatemala, Mayapan o Ek Balaam. In ogni caso, una vacanza in Mexico non sarà completa senza aver almeno sbirciato la grandezza delle civiltà che vi sono vissute nei secoli che hanno preceduto lo sbarco dei conquistadores, e che in alcuni casi sono ancora la maggioranza della popolazione in una buona parte del Mexico.