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Processo Diaz: la legge è uguale per tutti…

14 Novembre 2008 5 commenti

 

Imputato,
il dito più lungo della tua mano
è il medio
quello della mia
è l’indice,
eppure anche tu hai giudicato.

Hai assolto e hai condannato
al di sopra di me,
ma al di sopra di me,
per quello che hai fatto,
per come lo hai rinnovato
il potere ti è grato.

Ascolta
una volta un giudice come me
giudicò chi gli aveva dettato la legge:
prima cambiarono il giudice
e subito dopo
la legge.

Oggi, un giudice come me,
lo chiede al potere se può giudicare.
Tu sei il potere.
Vuoi essere giudicato?
Vuoi essere assolto o condannato?

 

Se non sapete di cosa sto parlando, andate a dare un occhiata sul sito di supportolegale, che stasera di tempo per la didattica non ne ho molto. Oggi si è conclusa una fase della mia vita che è durata circa 8 anni. Si è conclusa con una sentenza che a fronte di una storia che ormai tutto il mondo conosce assolve gli organizzatori di una rappresaglia premeditata che è costata quasi la vita ad almeno una decina di persone e la salute a molte di più. Certo i Canterini-boys sono stati condannati e alle vittime hanno dato 1000-2500 euro di danni. Una vera fortuna, no? Chissà quante caramelle si potranno comprare. Il tribunale di Genova, come era ormai palese considerato la condotta in aula del suo presidente Gabriele Barone (sempre molto accondiscendente con le difese degli imputati e molto intransigente con pubblica accusa e parti civili), ha lanciato un segnale chiaro nei confronti di tutti coloro che si degnino di ascoltare, un segnale di impunità e di connivenza con quella rappresaglia. Questa impunità costerà cara a qualcuno, perché tutti coloro che in questi anni hanno combattuto contro questi criminali in divisa sanno bene che per costoro la rappresaglia adesso è solo all’inizio. La speranza è che la sentenza non insegni solo a questi signori che possono fare quello che vogliono tanto saranno protetti da Stato e Giustizia, ma che insegni anche a chi ancora pensa di lottare e partecipare alla vita politica del paese che c’è solo un modo per affrontare gli sbirri e non prevede una interazione democratica. Quello che dice la sentenza è questo. E forse era necessario che un atto che non c’entra con quello che accade quotidianamente inviasse un segnale chiaro di come si stanno mettendo le cose. La sentenza non è uno schiaffo al passato, ma una affermazione del presente e del futuro. Una lezione di storia che come tutte le lezioni utili non serve solo per quello che è già accaduto ma soprattutto per quello che accadrà. Il tempo per scegliere è ormai vicino e nessuno potrà pensare che basterà lasciarsi scorrere la merda che ci arriverà in faccia addosso perché tutto torni entro quella che ci piace chiamare normalità.

Comunicato di supportolegale sulla sentenza Diaz

 

AMNISTIA PER LA POLIZIA!

Giovedì 13 novembre 2008 si è concluso l’ultimo dei tre grandi
processi di primo grado per gli eventi legati alle proteste contro il
G8 del luglio 2001 a Genova.
Il processo a 29 funzionari di polizia per l’irruzione alla scuola Diaz
che terminò con 93 persone arrestate illegalmente e 61 di queste ferite
gravemente si è concluso con una sentenza esemplare: sedici assoluzioni
e tredici condanne.
Il tribunale ha deciso di condannare solo gli operativi e di assolvere
a pieno titolo chi ha pianificato un’operazione vendicativa e meschina.
Di assolvere le menti che per giustificare una carneficina hanno deciso
di piazzare due bombe molotov recuperate nel pomeriggio tra gli oggetti
rinvenuti, di mentire circa l’accoltellamento di un agente, di coprirsi
l’uno con l’altro raccontando incredibili resistenze da parte degli
occupanti della scuola e saccheggiando il media center che vi si
trovava di fronte. La ciliegina sulla torta del presidente Barone e
delle sue due giudici a latere Maggio e Deloprete: alle vittime di
quella notte va qualche spicciolo, tanto perché nessuno si lamenti di
essere stato tagliato fuori da una immaginaria torta.

Alla lettura della sentenza nessuno di noi si è meravigliato. Non
siamo delusi, non siamo tristi, né pensiamo alcuno dovrebbe esserlo.
Siamo solo furiosi.

Non abbiamo mai creduto che la giustizia fosse veramente "uguale per
tutti", non abbiamo mai creduto che chi esercita il potere avrebbe
ammesso di essere giudicato, di essere messo in discussione.
Ma il dileggio con cui è stata confezionata questa sentenza parla da
sé: l’amnistia per la polizia è la seconda parte di quell’operazione
vendicativa e meschina che ha portato alla Diaz.
E’ il secondo tempo della vendetta per la frustrazione e il terrore che
lo Stato e i suoi apparati hanno provato in quei giorni di rivolta. Non
ce l’hanno mai perdonata e non ce la perdoneranno.
La sentenza che chiude questo ciclo di processi di primo grado dovrebbe
essere una lezione di storia, e forse grazie ad essa restituiremo la
dignità a una vicenda che ne ha avuta molto poca, perché molti oltre a
noi si accorgeranno di
qualcosa che è la base di quanto è successo a Genova in quei giorni.
Esiste una posizione per cui parteggiare: quella degli insofferenti,
quella dei subalterni, degli sfruttati, dei deboli, di coloro che
lottano per un mondo migliore e più equo.
Ed esiste un’altra posizione, quella di chi comanda ed esegue, di chi
tortura e vìola, dei forti con i deboli e dei deboli con i forti,
quella di chi esercita il potere e lo coltiva.

Nella vita bisogna scegliere. Noi lo abbiamo fatto, oliando
meccanismi di memoria che altrimenti avrebbero condannato all’oblìo una
pagina nera della storia italiana e internazionale. Noi lo facciamo
tutti i giorni. Non abbiamo rimorsi e non abbiamo rimpianti per quanto
è avvenuto.
Solo rabbia. E non siamo i soli.
Supportolegale

Baader-Meinhof Complex

13 Novembre 2008 Commenti chiusi

 

Il film ha destato molto scandalo in Germania e anche in Italia dove le menti telecentrifugate non riescono a elaborare una storia profonda di lotte che ha coinvolto il nostro paese meritoriamente per molti anni. E’ un film che cerca di narrare in tre ore la storia di un movimento di lotta armata che nel paese tedesco è andato avanti senza interruzioni e senza desolidarizzazione fino al 1997 (quasi dieci anni più che in Italia, dove le azioni delle BR si sono esaurite ufficialmente nella seconda metà degli anni 80 e scusate se non considero gli ultimi due episodi come coerenti con la storia della lotta armata in Italia ma proprio non mi riesce di prendere sul serio Desdemona e Galesi). Come tutti i film sulla lotta armata è spinoso e difficile da valutare. 

Io devo dire che il riassunto più sintetico che mi è riuscito è stato questo: "ottime lezioni di storia immerse in un dovuto tributo alla caratterizzazione un po’ semplicistica e politicamente comoda dei protagonisti della lotta armata come delle macchiette". In pratica l’autore ha provato a spiegare i motivi e gli sviluppi della lotta armata in Germania e non solo negli anni sessanta e settanta, lo ha fatto con la crudezza e la schiettezza che ha usato all’epoca anche in Christiane F e i Ragazzi dello Zoo di Berlino, ma si è scontrato con la necessità della cultura dominante di recuperare misura e di dipingere chi scelse la lotta armata come un insieme di bulli, ballerine e nevrotiche, tutto sommato superficiali nella loro preparazione politica e trascinati da un grande cuore, da un discreto cervello, ma da poca fortuna e lungimiranza, vittime di sé stessi prima ancora che dello Stato che combattevano. D’altronde doveva pur farselo finanziare questo film, altrimenti sarebbe rimasto una sua idea. Mi rimane un po’ oscura la figura del capo della polizia federale antiterrorismo che è l’unico a comunicare in un linguaggio non demenziale e pseudo ideologico il succo della lotta armata e della sua relazione con la società. Mi viene il dubbio che il regista non potendo far parlare i protagonisti (se non attraverso gli scritti di Ulrike Meinhof di sconcertante attualità e di incredibile forza politica) abbia deciso di trincerarsi dietro una figura "autorevole" e "alta" per portare seppure in una luce critica il suo apprezzamento per il coraggio delle scelte che molti fecero in quegli anni quando sembravano avere un senso.

Il film comunque è un buon film, basta tenere a  mente che i militanti dei gruppi di lotta armata non erano delle macchiette ma qualcosa di molto più integrato nelle piccole finestre di storia riassunta che il film offre. Imperdibili: la prima scena con i finti studenti iraniani che sprangano gli studenti che protestano democraticamente e vengono aiutati poi dalla polizia; le esplosioni di commissariati e basi nato; i brani dei testi della Meinhof; la votazione "democratica" per portare alle estreme conseguenze la strategia politica; il campo di addestramento in Giordania; il ruolo e il riconoscimento all’FPLP, unica organizzazione comunista ad aver mai attecchito in medio oriente (e scusate se è poco). 

Voto: 7.

Categorie:cinema, movimenti tellurici Tag:

I burattini del potere

11 Novembre 2008 Commenti chiusi

 

Visto? Basta avere un po’ di tempo e di cose da far girare se ne trovano parecchie. Questo video l’ho recuperato oggi e mi pare un ottimo lavoro, dedicato a tutti quelli che pensano che sia sempre tutto uguale, che non ci siano differenze, che ogni opinione vale un’altra. Non è così. E non lo sarà mai. Vivere significa essere partigiani.

 

 

La Storia delle Cose

11 Novembre 2008 5 commenti

 

Beh, tanto per non parlare solo di calcio, rilancio dal sito di Chainworkers un video didattico sul ciclo di produzione così come lo viviamo nei nostri tempi. Veramente ben fatto.

Categorie:movimenti tellurici Tag:

Tabù all’ultimo respiro

9 Novembre 2008 8 commenti

 

Tanto per restare in tema di statistiche come nel passato post, l’Inter sfata il tabù Udinese dopo due anni. La zuccata del Jardinero arriva al 93esimo e tutti gli interisti sperano che sia un segno che il culo stia finalmente girando lontano dalle sponde rossonere. A parte la botta di culo e i primi venti minuti del primo tempo, la partita non può che alimentare le ansie dei tifosi della Beneamata, dato che la produzione di gioco è pari a zero, l’intesa del comparto offensivo sotto lo zero con Ibra e Quaresma che chiaramente si odiano e il solo dato positivo del rientro di Walter The Wall Samuel nel comparto difensivo. Dopo 11 giornate tutto il mondo ha capito che Ibra è stanco e soprattutto che lì in mezzo non funziona: allora non si capisce perché quando entra Cruz sia quest’ultimo a dover giocare largo al contrario degli ultimi due anni. I risultati della coppia Ibra-Cruz sono inversamente proporzionali a quelli dell’Inter manciniana e forse un allenatore pagato 6 milioni di euro a stagione potrebbe capirlo da solo. Per ora andiamo avanti a botte di culo, l’organizzazione tattica migliora certamente, ma se quello visto con un Udinese in dieci dietro il pallone è gioco offensivista, allora Cuper era un emulo di Zeman. La giornata di oggi ha il pregio di darci tre punti e di ridarci Samuel, ma a parte questo le perplessità sono ancora molto più abbondanti che le certezze.

Voti individuali. JC, al suo posto, sicuro come sempre, anche quando Cordoba viene preso dal raptus burdissiano e gli dice di stare in porta per poi appoggiare la palla a mezzo metro da un accorrente Quagliarella. La linea difensiva Maicon-Cordoba-Samuel-Maxwell è ancora la cosa più bella vista in campo oggi. Speriamo non si rompa nessuno. A centrocampo ci vorrebbero quindici Cambiasso, Vieira sbaglia poco ma aggiunge quel tanto di intelligenza che serve, Zanetti ci mette il resto. Davanti evidentemente non si capiscono: tra un Mario così svogliato da farti venire voglia di mandarlo a lavorare in miniera, un Ibra spompo e distratto, e un Quaresma lezioso egoista e inconcludente. La squadra messa in campo è la cosa più vicina che abbiamo avuto a un Inter titolare, ma è il gioco e il movimento senza palla a latitare. E queste cose non le insegna nessuno se non un buon allenatore. Tocca a te, José, a nessun altro.
 

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Benvenuti al circo

4 Novembre 2008 15 commenti

 

"E tu mi chiedi come va? Ancora chiedi come va? La vita al circo delle pantegane…"

L’Inter scende in campo ben messa, offensiva, fluida e padrona del gioco. Mette subito un gol e sfiora il raddoppio, poi Burdisso svela il motivo per cui tutti quest’estate gioivano nel saperlo sulla via di Firenze: non ascolta Julio Cesar e smarca un cipriota per il gol del pareggio. Rimontiamo senza patemi e mettiamo il secondo gol. Su rimpallo di Cambiasso sulla nuca di un altro cipriota pareggiano di nuovo. La sfiga sembra aver fatto il suo corso e tutti i tifosi e i giocatori nerazzurri pensano che al rientro si possa asfaltare una squadra di paraplegici: invece Burdisso smarca un altro cipriota e ci regala il tre a due contro. Fosse per me non giocherebbe mai più in questa squadra. A questo punto ci buttiamo avanti e sfioriamo più volte il gol: alla fine ne mettiamo due con Cruz e Cambiasso, ma l’arbitro ne vede solo uno. Non contenti ce ne mangiamo altri due con Ibra e Cruz. Pareggiamo una partita che doveva finire 10 a 0, ma la squadra è parsa meglio in campo di come l’ho vista in partite scorse: un po’ caotica e disordinata in alcuni momenti, ma nulla di più preoccupante (a parte le carenze individuali). La speranza è che  il malus di rogna l’abbiamo esaurito qui, Eliantostyle.

Julio Cesar fa il suo dovere e si conferma uno dei migliori nel suo ruolo: dopo un periodo di appanamento sembra in ripresa e con il piedone e la manona salva due possibili quattro a due dal garantirci una ingiusta beffa. Maicon è immenso come al solito e non può certo accusarsi di nulla, anche se la parata di Julio di piede è necessaria per un suo liscio: con quello che corre un imprecisione gliela si concede. A sinistra Zanetti non spinge come Maicon e si vede: la fascia è praticamente deserta e ci potrebbero passare il tagliaerba tanto non vede un tacchetto per un tempo. Quando entra Maxwell si spinge anche di lì e facciamo brutto. Si vede però che entrambi hanno bisogno di un po’ di ossigeno in più, ancora. In mezzo la coppia Burdisso e Matrix sembra un film dell’orrore: il secondo però non fa cazzate e mette anche il suo primo gol in Champions, e tutti speriamo che sia di buon auspicio per lui e per l’Inter; l’argentino si conferma un giocatore psicotico, sufficiente nelle giornate sì e pericoloso per sé e per la squadra nelle giornate no. Vorrei sapere chi ha convinto Mourinho a trattenerlo quando era già sulla strada della viola: non ci avremmo perso nulla e forse guadagnato anche dei soldi. Spero che diventi la sesta scelta prima degli infortunati e dopo Mei e Daminuta che garantiscono maggiore grinta e attenzione. Mi pare che anche José non farà sconti all’ex Padroncito dell’area di rigore. 

A centrocampo Stankovic e Cambiasso se la dominano. Nulla da dire. Anche l’ingresso di Vieira per non spremere Stankovic ci sta. Sono facilitati dalla scarsa prestanza avversaria e da un 4-4-2 in fase difensiva più ordinato, almeno fino all’ottantesimo. Mancini invece si conferma un pacco (molto peggio di Quaresma): se l’anno scorso abbiamo fatto un affare con Chivu, quest’anno abbiamo fatto un bel regalo alla famiglia Sensi pigliandoci sta grana. Sarò impietoso ma se gioca così fa la fine di Suazo. Quaresma invece è ancora a corrente alternata, un po’ lezioso ogni tanto, e mi pare che non si veda con Ibra (non se la passano mai, e dico mai). Però quando si accende fa vedere cose interessanti e merita ancora fiducia almeno per un po’. Davanti la coppia Ibra-Balotelli o il tridente Ibra-Balotelli-Cruz sono ancora tra le cose migliori che si possano vedere nel campionato italiano e nel panorama europeo. Mario inizia a mostrare un po’ di determinazione e si guadagna un po’ della fiducia del tecnico, mettendo la centesima palla dentro la rete della storia dell’Inter in Champions nonché firmandosi come più giovane marcatore nerazzurro della competizione. Conterà qualcosa, no? Ibra è stanco e poco lucido: si vede quando anziché sparare una palla di rimbalzo a un metro da terra la schiaccia sul piede del portiere, o quando smarcato benissimo da Vieira non calcia subito di sinistro ma rimpalla sprecando un gol fatto che sarebbe stato importantissimo. Se è colpa della stanchezza che stia in panca una sera (non delle prossime). Se è perché ancora non ha capito che nel calcio si vince tirando forte sotto l’incrocio dei pali, mi pare che abbia l’età per farsene una ragione. Cruz dimostra di essere un uomo perfetto per la società: quando segna va ad abbracciare proprio Mourinho, il suo presunto carnefice. Se servivano gesti per mettere a tacere vipere e vedove, questo vale più di tutta la vita di Adriano. 

Da Mourinho tutti si aspettano e si aspettavano un cambiamento di mentalità. Anche lui ha sempre dichiarato che è questo il suo cruccio e non tanto la tattica (anche se studiarne un po’ male non farà). Per cambiare mentalità forse non era necessario sboronare e ribaltare una squadra che già lavorava bene in campo come un piccolo orologio ben oliato. E se era necessario lo attendiamo alla prova del fuoco: per ora le amnesie sono state molte (Zanetti nella partita con il Bologna, questi tre gol, il primo gol della Reggina, tanto per citare le prime robe che mi vengono in mente) e anche la determinazione della squadra meno feroce di altri momenti degli scorsi anni. E’ presto ovviamente, e io non faccio parte della schiera che spera in un esonero anticipato del mister – solo i gobbi e i rossoneri travestiti lo sperano, o gli sprovveduti – ma ovviamente non voglio patire come ho patito nelle ultime quattro partite. Facciamo che il circo chiude e apre una bella scuola di arti marziali ANCHE acrobatiche ma non SOLO acrobatiche. 

Categorie:spalti e madonne Tag:

Risotto alle mele

3 Novembre 2008 4 commenti

 

Ingredienti

  • 200 g di riso
  • due mele
  • 50 g di formaggio (grana o pecorino)
  • olio
  • un litro e qualcosina di brodo
  • 1 cipolla
  • pepe bianco q.b.
  • cannella q.b.

Preparazione

Preparate il brodo. Tagliate finemente la cipolla e mettetela a soffriggere. Aggiungete il riso e rosolatelo per un minuto abbondante. Poi cominciate ad aggiungere il brodo un mestolo per volta girando costantemente il riso per farlo assorbire a fuoco lento.

Nel frattempo grattuggiate una mela e il formaggio. Dopo 8 minuti aggiungete la mela al risotto e continuate a girare. Tagliate una mela a fette non troppo grandi. Arrivati a 15-18 minuti spegnete il fuoco e aggiungete il fomaggio per "mantecare". Come tocco finale aggiungete le fettine di mela e se vi piace un pizzico di pepe bianco e di cannella per speziare il tutto. Servite e abbuffatevi

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Onda su onda

2 Novembre 2008 Commenti chiusi

 

Ho aspettato qualche giorno prima di profferire parola. Quello che sta avvenendo nelle scuole e nelle strade italiane è interessante, ma dal mio punto di vista, un po’ tangente – nonostante la mia attuale professione di docente delle secondarie inferiori – è anche un ottima occasione di fare un po’ di riflessioni circa lo stato della soggettività nel Bel Paese (e non solo) sul finire del primo decennio targato due mila. Sembrano anni luce dal 2001, ma non lo sono. E questo è importante.

Il corteo di due giorni fa proprio in coincidenza del momento che sanciva la prima sconfitta del movimento – l’approvazione scontata ancorché autoritaria del decreto Gelmini – è stato il più grande momento di mobilitazione dal corteo del 25 aprile del 1994 (quanta cazzo di acqua ho preso!). Questo fatto non può passare inosservato, come non può passare inosservata la natura sostanzialmente movimentista di quello che sta accadendo: la presenza di partiti, sindacati e altri soggetti istituzionali è minima e in ogni caso osteggiata come indesiderata ingerenza.Io ho osservato il corteo piazzando sull’angolo di via Dell’Orso, rimanendo fermo sotto l’acqua la grandine e il sole (alla fine) tra le 9.45 e le 12.00. Non ho visto l’inizio della manifestazione, né la coda che però stava sopraggiungendo proprio mentre mi spostavo. Ho visto passare di tutto, ragazzini, invasati, politicanti, docenti, mamme, lavoratori, gente arrabbiata, gente esaltata, gente entusiasta, gente convinta di quello che diceva e gente convinta che non serviva a un cazzo ma che erano lì lo stesso. Non è una cosa nuova, ne ho viste altre di manifestazioni così, ma devo dire che difficilmente mi aspettavo una mobilitazione tanto forte di questi tempi. Per questo sostengo quanto sta avvenendo, sentendomi un po’ fuori dal giro, ma sono diffidente rispetto alla consistenza e alla prospettiva di quanto sta avvenendo. Per questo penso che abbia senso parlarne un attimo.

Il punto è che questo movimento si innesta in uno dei momenti più bui che io mi ricordi (anche dai libri se non dall’esperienza diretta) della storia culturale e sociale italiana dalla Seconda Guerra Mondiali in poi. Il momento è buio perché privo di protagonismo e di volontà. Il momento è buio perché privo di desiderio di affermazione di parzialità. E questo è un problema serio. Ovvero tutti insistono con il refrain che vorrebbe convincere ogni persona sulla faccia della terra che libertà significa equidistanza, che ogni cosa che si dice o si fa vale quanto un’altra, e che quindi il campo dell’opinabile è un campo infinito in cui il conflitto non può coesistere con la libertà. Questa è una affermazione pseudo-voltairiana che costituisce il cardine del qualunquismo ovviamente e che si scontra con la realtà della vita di tutti i giorni. Perché la vita di tutti i giorni è uno scontro di interpretazioni, una serie di scelte interminabile circa ciò che è giusto e ciò che è sbagliato per noi, del valore relativo e assoluto di una nostra o di una altrui opinione. Ma la retorica dell’equidistanza è fondamentale per sopire il dissenso e il protagonismo che sono i veri nemici di ogni autoritarismo: se ogni opinione è ugualmente valida, allora non si può pretendere di contrastarla in nessun modo. Guarda caso l’eccezione sono proprio quelle opinioni che non sono d’accordo con questa professione di ipocrita imparzialità. Per questo combattere questa retorica è il primo passo per uscire dall’impasse in cui siamo: non basta come dice una mia amica "sottrarre il campo semantico all’avversario", è necessario invaderlo e combatterlo attivamente. 

Cosa ha questo  a che fare con la cosiddetta Onda? Ha a che fare di brutto, dato che questo movimento è costituito in gran parte di persone che sono vittima di un solo maestro, la retorica dell’equidistanza, proprio perché altri cattivi e buoni maestri non sono stati in grado di trasmettere alcunché a questa generazione che si affaccia ora (o quasi) sul teatro della politica e dell’azione. Allora è cruciale riuscire a scoprire se i protagonisti di questo movimento saranno in grado di trovare una chiave di volta che porti allo scoperto la drammatica contraddizione di questa ideologia afasica. Fino ad ora con mio sommo terrore ho ascoltato i microfoni aperti e gli interventi in televisione, le parole nelle strade e durante i cortei, il disperato desiderio non solo di essere considerati diversi da quanto è già stato inventato e visto – e fin qui tutto bene – ma anche di essere considerati buoni, tolleranti, in una parola – abusata e vilipesa – democratici. Sono terrorizzato perché perpetrare questo termine come connotazione di moderazione e di equidistanza è un insulto a chi ha letto un po’ di storia e combattuto perché le persone avessero più potere di decidere il proprio destino e la propria vita – un significato vagamente più alto di democrazia, no?

Il punto è cruciale, a mio parere, perché se questo movimento non acquisirà consapevolezza della necessità di una parzialità (quale che sia) non avrà mai gli strumenti per superare la dimensione di un folcloristico intermezzo giovanile. Io credo e spero che ogni movimento sia più che una boutade esistenziale, ma perché lo sia è necessario che capisca che non tutto è uguale, e che quindi si ponga il problema di quali valori e di quale battaglie è partigiano. Siamo tutti sempre partigiani, ma spesso fa molto comodo pensare di non esserlo e pavidamente sottrarsi alla necessità di determinare il proprio presente, il proprio futuro e anche il proprio passato. Finora le risposte che ho avuto da quello che vedo intorno non sono incoraggianti, ma è presto per fare i disfattisti, e l’unica cosa che possono fare persone che appartengono a generazioni che possono solo accompagnare questa protesta e non esserne i protagonisti è sostenere e interagire con chi porta avanti la baracca senza paternalismi né altri ismi. 

La vera chiave di volta di questi movimenti sarà la durata nel tempo: la mia sensazione è che molti hanno capito che non stanno mobilitandosi contro la legge Gelmini ma contro molto di più, contro un modello di società e di vita che stritolerà ben presto molti a favore di pochi. Ora bisogna capire se questo si tradurrà in una tenuta temporale che vada al di là delle sconfitte momentanee. La verifica dei fatti è dietro l’angolo e spero tanto che il mio pessimismo venga smentito una volta tanto. 

à la prochaine.

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Non sono convinto

2 Novembre 2008 3 commenti

 

L’Inter arriva a Reggio Calabria con la necessità di fare tre punti contro l’ultima in classifica per dimostrare e dimostrarsi che i due pareggi non sono dovuti a una crisi generale ma ad incidenti di percorso. La partenza è incoraggiante: 4-2-4 aggressivo che lascia spazio agli avversari, senza per questo dare loro alcuna possibilità di essere seriamente pericolosi. In venti minuti due gol e un palo sanciscono la chiara supremazia nerazzurra in termini di potenza e potenzialità. Qui l’hubris interista e mourinhano gioca un brutto scherzo: la squadra si addormenta, si distrae, crede che la partita sia già finita e gioca con sufficienza. Gli spazi per la Reggina diventano praterie insondabili nei cui centrocampi i nerazzurri non vedono mai un pallone: tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo i calabresi pareggiano meritatamente, e i tifosi interisti si incazzano meritatamente. Mourinho sembra impazzito e mette in campo Crespo per uno spento Mancini: la mossa sembra la solita smargiassata un po’ sconclusionata, mentre serve a far ripigliare la squadra. Negli ultimi 30 minuti tiriamo cento volte in porta ma tra errori grossolani, sfiga e bravura altrui non riusciamo a metterla nel sacco. Orlandi si conferma un allenatore giustamente in via di esonero togliendo gli unici due giocatori reggini che stavano facendo vincere la gara (Cozza e Brienza) arretrando il baricentro e lasciando spazio all’arrembaggio nerazzurro. Solo nel recupero Cordoba – colpevole di svariate scorribande della Reggina i cui uomini sono sfuggiti per novanta minuti alla sua marcatura – stoppa un calcio d’angolo e la piazza in fondo alla rete regalando tre punti giustificati dalla partita tranne che nella parte centrale.

JC ottimo salva più volte la partita, tra cui al 44esimo del secondo tempo quando stoppa il palleggio di De Gennaro. Maicon e Maxwell fanno il loro mestiere e soprattutto Maicon straborda ovunque, coronando la prestazione con un gol disumano a cento all’ora. Cordoba non è in gran serata, ma quando segni il gol della vittoria al 47esimo del secondo tempo tutto ti è perdonato. Chivu gioca bene, ma purtroppo si torce il ginocchio prima della fine: sfiga, tanto per cambiare, ma magari vedremo Samuel. Burdisso entra per sostituirlo e tutto sommato fa il suo compitino.
A centrocampo giocano in due, di cui uno reduce da plurimi stiramenti ma dalla classe cristallina e uno che con meno di 4 persone in linea ha obiettivamente difficoltà a farsi apprezzare. Questa è la zona in cui Mourinho non mi sta convincendo: perché non giocare con un più equilibrato (!!!!) 4-3-3 con Dacourt-Zanetti-Vieira e davanti Mario-Quaresma-Ibra? In due contro cinque a centrocampo i nerazzurri perdevano sempra palla a centrocampo e sui rimpalli dall’area reggina: con questa squadra contro tutto bene, ma con una squadra seria erano cazzi acidi.
Davanti Mancini è sempre più spento, Quaresma fa vedere buone cose quando smette di preoccuparsi di quello che deve fare. Mario gioca decentemente ma manca ancora di quella cattiveria che un diciottenne dovrebbe trasudare. La sua sufficienza a volte istiga all’omicidio i tifosi nerazzurri. Ibra si conferma in grande crescita, in grande miglioramento nell’impostazione e nella capacità di aiutare a pressare i difensori sulle ripartenze. Conferma anche che i gol facili non li vuole fare mai: sbaglia cose senza senso, ma nessuno sano di mente – al pub uno non lo era – può pensare di metterlo in discussione. Pecca di nuovo di egoismo sull’ennesima punzione a pochi minuti dalla fine dalla mattonella di Mario: il ragazzo la metteva all’incrocio, Ibra la spara sulla barriera come al solito. Altra buona notizia è il buono stato di forma di Valdanito, i movimenti sono perfetti, ma cazzo di budda non riesce più ad essere Arma Letale. I suoi mesi all’Inter sono agli sgoccioli – purtroppo – ma non metterla non aiuta ad aumentare le sue chance di vedere la fine della stagione in nerazzurro.

La partita non sembrava facile come molti hanno detto nelle interviste. La partita era facile. E la stavamo perdendo noi. Mourinho non riesce a spiegarmi perché giocare con solo due centrocampisti o perché la squadra non gioca come vuole lui: sono i giocatori che non capiscono come fare pressing sui portatori di palla per rallentare il gioco avversario oppure è lui che non capisce un cazzo di come funziona il calcio italiano? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto mettiamo in saccoccia tre punti faticosi e guardiamo alla prossima partita.  Non sono convinto, ma finché vinco mi preoccupo di meno. Almeno ho visto un po’ di determinazione anche se troppi sprechi a pochi centimetri dalla linea di arrivo.

 

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Palle

29 Ottobre 2008 16 commenti

 

Gli zero a zero sono iconograficamente chiari: due palle. Non c’è discussione in merito. Quando poi sono due di fila, ancorché con squadre che hanno meritato il pareggio senza discussioni, diventano palle al quadrato, al cubo, e via dicendo. Non è che la squadra giochi particolarmente male, ma neanche particolarmente bene. Non è che manchino le occasioni da goal, ma le loro concretizzazioni, come non mancano i pericoli, ma sono puntuali le neutralizzazioni degli stessi da parte di difesa e portiere. Palle come quelle che non vogliono mai entrare neanche se le disegni nella porta con un pennarello. Il tutto lascia al tifoso bauscia, forse troppo ben abituato dagli ultimi anni di dominio assoluto, un sapore un po’ bislacco in fondo alla gola.

Fortunatamente non perdiamo, altrimenti apriti cielo, e soluzione ponte con Beppe Baresi – idea tremenda che sono sicuro è balenata nelle menti di tutti gli interisti dopo il burrascoso cambio di panchina estivo come esito delle rinnovate bizze morattiane. D’altronde ci sono fatti che non si possono ignorare: questa cazzata che non conta la disposizione in campo ma la mentalità a me personalmente ha ampiamente rotto il cazzo. Se fosse vero non si spiegherebbe come quando la squadra passa dal 4-3-3 al 4-4-2 immediatamente il gioco migliora, pur con interpreti di medesimo (se non peggior) livello. Poi dovranno ancora essere digeriti gli schemi, smussate le asperità delle relazioni con il tecnico e quello che volete, ma è un dato di fatto che il 4-3-3 funziona a ritmo estremamente alternato (tipo montagne russe elettromagnetiche).

Capiamoci: io non sono una vedova di Mancini, e non avrei messo in campo una formazione diversa da così – forse avrei spostato Chivu davanti alla difesa e tenuto Zanetti e Stankovi come vertici alti della difesa a tre – però ci sono alcuni fatti su cui è importante riflettere. Per la prima volta in tre anni scendiamo in classifica anziché salire; per la prima volta in tre anni il Milan è davanti a noi (ennesimi punti regalati dall’ennesimo rigore regalato, poi a pensar male si fa peccato, ma almeno Silvio non sta decidendo il campionato per decreto ma con i suoi vecchi cari metodi mafioso-mercantili); per la prima volta in tre anni nessuno ha la sensazione che l’Inter domini le partite, ma sembra tornata essere una squadra come tutte le altre (squadre forti). Questi sono fatti. Non si possono negare. Come ho già detto molto tempo fa io aspetterò fine anno per giudicare la complessità della stagione interista, ma non so come dirlo, il mio deja vu è quello delle stagioni dove partivamo strafavoriti e a ottobre-novembre eravamo terzi, continuando a esserlo fino alla fine del campionato. Ovviamente lo dico sperando di sbagliarmi, ma la sensazione terribile emerge dal profondo del mio animo tafazziano e nerazzurro. Toccatevi anche voi palle destre e tette sinistre alla bisogna.

Parliamo di calcio ora: Julio Cesar si conferma una certezza, anche se non particolarmente impegnato da un reparto avanzato – quello viola – che non segnerebbe neanche senza portiere a difendere i pali avversari, in particolari quando il terminale d’attacco è Pazzini. Maicon è un po’ stanco e sembra meno prorompente del solito, ma non si può certo criticare o mettere in discussione. Burdisso e Cordoba sono una coppia da thriller: possono fare benissimo per molti secondi di gioco, ma a un certo punto potrebbero combinarne di tutti i colori. Maxwell è una delle note positive della serata: spinge, chiude, imposta. Gli manca solo il tiro, ma tornerà.
A centrocampo soffriamo: tra il culo dei viola nel avere tutti i rimpalli tra i piedi e l’assenza dei nostri centrocampisti, non vediamo una palla. Zero (il primo zero delle due palle). Chivu in posizione avanzata soffre e non si trova a suo agio come forse potrebbe essere di fronte alla difesa. Zanetti fa il suo compitino ma non strafà. Stankovic non azzecca un pallone che sia uno: sarà stanco, ma se deve giocare così, è meglio che sta a casa a dormire. Come si nota, non c’è un protagonista del centrocampo che convinca: l’eccezione è Vieira, al rientro, porta autorità, penetrazione e visione di gioco. Speriamo che sabato rientri anche Cambiasso che con il francese d’ebano fanno un team di centrocampo che mi fa godere.
Davanti non mettiamo un pallone dentro che sia uno da 180 minuti. Zero (l’altro delle due palle). Obinna sembra notevolmente un Oba Oba Martins più magro. Aiuto. Ibra e Mancini si intendono bene e si vede da subito, ma poi calano. Il brasiliano scompare progressivamente dal campo e si mangia un gol per sparare un tiro al volo quando c’era tutto il tempo di stoppare e piazzare la palla dentro la porta sguarnita. Ibra subisce come al solito il fischietto di Rosetti (che gli fischia più falli che a Gattuso in tutto il campionato), ma sfodera come sempre grandi numeri. Inguardabile l’egoismo con cui non appoggia una palla facile facile a Quaresma per finire perdendola. Ammirabile la rabbia e determinazione con cui insegue il giocatore che gli ha sottratto la palla fino all’area nerazzurra. Se si vuole capire perché Mario non gioca e Ibra sì, questo è un buon punto di partenza. In campo si rivede Crespo che nel giro di dieci minuti fa capire la differenza tra un puntero vero che sa muoversi lì davanti e un bidone brasiliano assimilabile a una rinnovata lavatrice antropomorfa. Peccato che abbia una certa età. Quaresma entra troppo tardi per essere realmente valutato. Speriamo che abbia ragione José ed emerga più avanti.

Ora non ci resta che osservare la bagarre che i giornalai ci scateneranno addosso, in un campionato che sembra la serie A che fu nel 1980 con la differenza che di campioni ce ne sono poco, di spettacolo ancora meno, e di business fin troppo. Forse il paragone migliore è con il 1925, e solo i genoani capiranno questa battuta. Poi la Repubblica delle Banane non può putroppo rimanere confinata fuori da un campo di calcio. Forza ragazzi. 

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