Archivio

Archivio per la categoria ‘movimenti tellurici’

Indymedia, la politica e l’horror vacui

20 Novembre 2006 13 commenti

Questo weekend, senza avere molto altro da fare se non seguire la capolista, ho deciso di andare a vedere che aria tirava al meeting di indymedia italia, preannunciato come "il meeting della crisi". Io ho partecipato al percorso di indymedia sia a livello italiano che a livello internazionale dal 2000 fino al 2003-2004. Ne sono stato di fatto l'unico referente tecnico per 3 anni, fino a che non mi sono stancato di un progetto che solo a parole era collettivo e elaborato in comune, e in pratica nascondeva l'inadeguatezza della comunità che lo sosteneva dietro lo sforzo individuali di pochissimi.

Non è questo il luogo e il momento per dire dove e quando indymedia ha cessato di essere interessante se non come bacheca virtuale, né per approfondire i motivi di questo calo di significatività (legato si potrà facilmente intuire al collasso di quella comunità eterogenea e antiegemonica che ha sostenuto lo sviluppo del progetto fino al 2002-2003, Genova inclusa), ma alcune cose mi sento di dirle, dopo aver osservato lo spettacolo pietoso di un'assemblea che di politico non aveva nulla, preda dell'horror vacui generalizzato e dell'incapacità di individuare i problemi reali dall'altra.  Di fronte a questo atteggiamento non si può che comprendere come possano saltare fuori report così poveri e articoli di giornale così centrati (per quanto  inclementi con i pochi che un po' ci provano).

Quando indymedia è nata, la comunità che vi ha investito tempi ed energie, lo ha fatto con in mente una certa opzione politica, a cui plasmare lo strumento che aveva tante potenzialità. Quando ero un pischello alle prime esperienze politiche non mi ci è voluto molto per capire che la politica non si fa a caso, e che le cose non avvengono per grazia ricevuta, ma perché qualcuno si fa un culo a capanna con in mente qualcosa per sostenerle.

L'assemblea di questo week-end a Torino è stata il contrario di tutto ciò. Tutti o quasi i presenti erano esclusivamente in paranoia per la decisione di chi ha garantito banda (e server, dato che indymedia italia non ha un vero referente tecnico dal 2004) di non offrirla più, persi nel vuoto cosmico dell'ignoranza su come funzionava il giochino che si è usato finora, di quanto e quando si poteva intervenire per salvarlo, e del suo valore sia storico che politico. Mi è sembrato di vedere, e lo dico con una tristezza infinita perché alcune delle persone presenti per la loro intelligenza e il loro impegno non lo meritano,  un pollaio durante un eclissi. Se non fossimo homo sapiens non porrei il problema.

Il problema non è che xxxx ha tagliato la banda, o che indy ha troppi commenti idioti, o che è uno strumento relativamente obsoleto, o che il codice è sporco, o che consuma troppa banda. Il problema è che chi se la sta bancando non ha un'idea, non sa quello che vuole, né di conseguenza è in grado di imporsi perché succeda quello che vuole, e dulcis in fundo non è disponibile a impegnarsi per ottenere quello che vuole (sempre che riesca a capire che cosa sia). Quando abbiamo reso indy quello che è ora, diverse persone vi hanno dedicato tutto il loro tempo e la loro intelligenza, non si sono lanciati in un paio di settimane di passione per poi passare a bersi una birra al pub per il resto della loro vita appagati di quello che hanno provato a fare senza nessuna sostanza. 

Per me fare politica significa avere un'idea, comporre un'opzione politica e poi costruire le condizioni perché questa opzione prevalga o abbia le gambe per vivere (non sopravvivere, per pietà!). Nell'assemblea di questo week end (per inciso la prima dopo due anni quando alcuni soliti noti si imposero per sovrastare  il rumore degli ignavi che protagonizzano il forum e le polemiche), nessuno aveva un'idea, e tutti sono passati direttamente a proporre soluzioni che non sapevano dove sarebbero finite, preoccupati solo di chiudere la magagna oppure di combattere l'horror vacui che restare senza indymedia ispirava loro. Una sola persona ha detto con tranquillità e sicurezza: ormai indy è una bacheca, nulla di più e nulla di meno, ma non è poco e io vorrei che pensassimo le soluzioni per renderla la bacheca migliore possibile.

Questa è stata l'unica proposta costruita politicamente in maniera dignitosa: opzione politica, strumenti per realizzarla, decisioni conseguenti. Tutto il resto è stato chiasso, paura di perdere i punti di riferimento, nostalgia, scarsità di orizzonti. Io sono stato zitto perché non avevo intenzione di essere anybody's saviour, ma lo spettacolo è stato onestamente desolante. Chiudere indy e rifare il process è burocraticamente corretto ma non porterà a nulla se non a un immobilismo colmo di panico e privo di idee che non siano già per strada altrove. L'unico valore in questo momento di indymedia italia era il brand e il numero di visite: una bacheca inestimabile per quanto politicamente priva di un progetto (contrariamente a quello che è avvenuto in passato), ma tuttavia uno strumento utile. Io avrei ammesso che nessuno aveva un'opzione politica migliore di questa base molto povera, e l'avrei perseguita, anziché rimandare all'ennesima lista, all'ennesimo process, all'ennesima coda di polemiche, l'ammissione del limite di una comunità ormai defunta (a cui non si può e non si deve negare il merito di quanto ha fatto in passato). 

PS: le soluzioni sono semplici una volta individuata l'ipotesi che si vuole seguire e sostenere, e si possono fare anche le forzature più allucinanti quando si sa cosa si vuole e si è disposti a difenderlo. Per una buona bacheca, bastava spostare tutti i commenti nel forum (o trasformare la tabellina in un semplice link), annullare la colonna centrale se non con post promossi dal newswire (così non servono più liste editoriali diventate ormai piccoli ghetti felici o infelici a seconda dei casi), eventualmente preparare un po' di view diversificate per tipologia di post. Ogni altra opzione ha soluzioni altrettanto banali (roba da un pomeriggio di codice), ma il problema è sapere cosa si vuole e poi capire come ottenerlo.

Non sai quello che vuoi, non riuscirai ad averlo.

E' una questione di qualità, o una formalità, non ricordo più bene.

 

 

Prosegui la lettura…

Categorie:movimenti tellurici Tag:

Via Adda Non Si Cancella (dalla memoria collettiva)

17 Novembre 2006 Commenti chiusi

Via Adda a Milano è una stradina tra la zona centrale e il quartiere isola, una vietta insignificante se non per il fatto di aver ospitato per decenni una delle ultime case di ringhiera della zona, negli ultimi anni casa a 300 e passa rom. Per mesi e mesi la grancassa della propaganda dell'amministrazione comunale ha usato via Adda come spauracchio per tutti i cittadini "civili democratici e ben educati", è stato per Albertini il simbolo della Milano che lui voleva distruggere per darla in mano alle persone per bene. Per chi conosceva dall'interno quel luogo, una volta superata la barriera di diffidenza che ci divide sempre da chi vive a lungo sulla strada, via Adda era un luogo di feste folli e di umanità, un aggregato di violento sentimento, di insofferenza alla vita civile che tanto decantiamo nella nostra opulenza.

Il primo aprile 2004, dopo diversi tentativi andati a vuoto per la durezza dello scontro profilato dai rom, la Questura riesce a farsi autorizzare l'uso di un numero spropositato di sbirri: 700 omini in blu si presentano a portare via 300 rom, dopo una settimana di editoriali e articoli fuoco e fiamme da parte di tutta la stampa cittadina, con la solidarietà solo di quei soggetti del movimento milanese che individuano la radicalità nell'insofferenza, oltre che nella capacità di espressione di innovazione politica. 

L'operazione dello sgombero è una vera e propria opera di propaganda e riconquista culturale della città, colpita e sommersa dal ribollire dell'indisponibilità a subire sempre e a compiacere i datori di lavoro e quelli che ci affamano ogni giorno: il primo dicembre 2003 i lavoratori dell'ATM erano entrati in sciopero selvaggio senza preavviso mettendo in ginocchio la città e costringendola ad ascoltare, solidale un po' controvoglia, le loro necessità. Le autorità cittadine e i benpensanti giocarono all'epoca subito la carta dell'eccesso, della maleducazione, del "certo hanno ragione, ma non si può fare così", della divisione tra lavoratori ordinati e sottomessi che ottengono qualche contentino e lavoratori indisciplinati e esigenti che verranno repressi. Non funzionò. Un rospo che non si poteva mandare giù nell'avamposto della ridefinizione culturale dell'Italia come Milano, nel fulcro economico e borghese della Nuova Italia proiettata verso il futuro. 

Come se non bastasse, una settimana dopo i vigili del fuoco replicarono con uno sciopero duro e dai toni decisamente vicini ai lavoratori ATM e alla masnada di pazzi che per giorni si presentava all'alba nelle caserme e nei depositi di tram e bus con thermos e biscotti. Uno sgarro di solidarietà che vede nell'epilogo di via Adda una punzione esemplare: il Comune costringe i vigili del fuoco a prendere parte allo sgombero (non senza aver ricevuto diversi rifiuti prima di trovare un equipaggio disponibile) e i 300 rom (di cui 150 rimpatriati al volo, con una pletora di famiglie distrutte senza alcuna remora) vengono portati all'aeroporto di Verona con gli autobus dell'Azienda Milanese Trasporti.

La città si riconcilia sotto l'egida del razzismo e dell'intolleranza, con il placet della democrazia civile ma ferma (leggi violenta nei confronti di chi non accetta passivamente e supinamente le sue regole di sopraffazione economica).

Oggi, 17 novembre 2006, più di due anni e mezzo dopo, hanno cominciato a demolire l'area di via Adda, un luogo che per chi ha vissuto questi anni le stagioni di movimento e mobilitazione rimane un simbolo dell'inizio e della fine di uno dei pochi momenti di solidarietà a Milano, senza se e senza ma. Chi sta dall'altra parte della barricata, inesorabile, dopo aver usato via Adda come simbolo del ritorno della prodiga Milano nell'alveo delle città pacificate, abbatte la sua casa di ringhiera per cancellare la memoria di un piccolo sogno di resistenza e di follia.  

A futura memoria, ripubblico il video prodotto in quei giorni da una Reload Video Crew che ancora sapeva esprimere senso politico: 20040401_sgombero_via_adda.avi

Prosegui la lettura…

Categorie:movimenti tellurici Tag:

Here comes the bastards!

17 Novembre 2006 Commenti chiusi

Con i percorsi di chainworkers, serpicanaro, imbattibili, san precario, ecc ormai da almeno un paio d'anni andiamo raffinando la teoria pratica del media sociale: per mesi abbiamo riflettutto su quello che siamo riusciti a fare in questi ultimi anni e abbiamo cercato di sistematizzarne senso e possibili indicazioni di prassi politica. Il tutto ha trovato un elemento di forte convergenza nel concetto di media sociale, ovvero di quel dispositivo relazionale e politico capace di trasformare gli atti degli individui in potenti elementi di comunicazione (nel senso più primigeno di creazione di comunità).

Non c'è da stupirsi quindi se di fronte alla nostra incapacità di dare una visibilità coerente e pubblica di tutti questi ragionamenti, i teorici del social networking, pionieri di un capitalismo dal volto nuovo, aperto, pulito, amichevole, ma non meno dedito a sfruttare ogni cosa e ogni persona per il solo desiderio di trarne profitto, abbiano cominciato a propagandare la loro definizione di media sociale

Le parole hanno un peso e la capacità di universalizzarle e di renderle moneta corrente nasconde un potere quasi mistico di determinazione della realtà: se penso che nel 1999 nessuno si definiva precario e quindi il problema strutturale della rivoluzione del mercato del lavoro non veniva minimamente preso in considerazione politicamente, e che dopo due anni di mayday nel 2002, la parola precario era ormai parte del vocabolario degli italiani, mi accorgo di quanta potenza abbiano espresso le parade in quanto media sociale.

L'idea mainstream del media sociale è quella di una rete di relazioni inefficaci dal punto di vista politiche, confinate all'interno della sfera del consumo e della fruizione, in cui il massimo della potenzialità sociale si esprime in superficiali e insulse catene di link incrociati e di sorrisini beoti. Un media sociale, un network sociale, come può essere un business model alternativo capace di generare mostruose entrate, può anche essere un dispositivo politico dalle potenzialità immense, in grado di imporre la volontà e il desiderio dei molti sull'interesse dei pochi. Il trucco è crederci e lavorare in modo da poter costruire reti sociali in grado di produrre senso politico e conflitto. Ci siamo già riusciti alcune volte (Serpica Naro uber alles), e lo si può fare ancora, se se ne sente il bisogno.

Here they come
Here come the bastards
I heard it from a confidant –
Who heard it form a confidant
They're definitely on their way

Prosegui la lettura…

Categorie:movimenti tellurici Tag:

Assemblea autistica, suspend to disk e la cabala

11 Novembre 2006 7 commenti

Rinchiuso per due giorni in quel di Pisa (merda!) a Rebeldia, nel pieno del meeting tra autistici, finalmente riesco a configurare il suspend to disk del mio portatile, scoprendo che era di una banalità sconcertante: configurare gli sleep states nel kernel e digitare quando voglio sospendere su disco: "echo disk > /sys/power/state". Gioia e tripudio (e ringraziamenti al pischello che mi ha suggerito la soluzione).

Nel frattempo giochiamo con la webmail sperimentale di a/i e con i plugin di noblogs (già implementati sticky post, category cloud, e il captcha per i commenti :), ci prepariamo a scivere il manuale per dare una mano agli utenti a rigovernarsela con il nostro nuovo sistema.

Considerato che oggi saremo tutti in assemblea, votatevi a Rosa Croce e cabala perchè normalmente sono questi i giorni in cui i server del nostro network si autodistruggono. Ok ok, la verità è che avevo nostalgia del blog 🙂

 

Prosegui la lettura…

Categorie:jet tech, movimenti tellurici Tag:

Emersione del senso da una matrice di termini

8 Novembre 2006 1 commento

Andiamo avanti nel nostro viaggetto (guidato dal nostro personal trainer) nel mondo degli algoritmi di ricerca e della matematica che rende possibile far emergere senso da una serie apparentemente neutra di elementi. Questo è uno dei problemi principali di quella branca dell'informatica e della statistica applicata che si chiama information retrieval, ed è anche uno dei problemi chiave se, come nel caso di quello che stiamo cercando di combinare, ci troviamo di fronte alla necessità di inventare strumenti tutto sommato nuovi che facciano emergere da un set di dati alcune possibilità in termini di senso (politico).

Oggi approfondiamo il concetto di Latent Semantic Indexing, ovvero di quel processo matematico attraverso il quale un insieme di documenti e termini vengono disposti in un matrice multidimensionale, indicizzati e analizzati in maniera furba per ottenere un informazione sulla rilevanza di ogni documento rispetto a ogni termine, di ogni documento rispetto ad un altro, e di ogni termine rispetto ad ogni altro. Anche in questo caso come nel precedente paper, è facile immaginare come questo processo possa produrre come risultato delle suggestioni profonde sulle possibilità di una comunità.

LSI (anche nota come LSA) è una tecnica che rappresenta grosso modo l'evoluzione della delusione rispetto all'impossibilità di creare una Intelligenza Artificale cosiddetta forte, ma allo stesso tempo rappresenta un po' la vittoria di quegli approcci meno assolutisti che cercano di dare alla relazione tra le cose, le parole, i concetti il giusto peso. Ovviamente nel nostro viaggio siamo ancora lontani dal capire come applicare tutto questo a qualcosa che abbia politicamente un senso, ma è interessante notare come tutta l'enfasi che mettiamo sulle relazioni e sulla loro importanza, abbia un suo corrispettivo nell'evoluzione delle branche della matematica e della statistica al momento più rilevanti. Non a caso infatti l'LSI è un piatto forte dei progetti di Search Engine Optimization, e tutte le società che lavorano nell'ambito della ricerca sanno che una buona implementazione di un motore di ricerca "intelligente" ovvero più attento all'elemento contestuale, semantico, relazionale, sarà la chiave per la nuova generazione di business legato al recupero e alla organizzazione direzionata di informazioni.  

Prosegui la lettura…

Categorie:jet tech, movimenti tellurici Tag:

La comunità come fonte di guadagno e di speculazione

6 Novembre 2006 Commenti chiusi

In questi giorni, come in tutti gli altri, si susseguono le notizie reperibili qua e là sull'uso da parte delle grandi compagnie di comunità piccole e grandi. Non è una novità che prima o poi chi vuole fare soldi si accorga che, anziché massacrare di leggi e restrizioni le comunità che producono la domanda su cui costoro costruiscono business miliardari, forse sarebbe più intelligente procedere ad un uso più subdolo di tutta la messe di informazioni e relazioni prodotta da questa comunità. Tuttavia siamo ancora in una fase intermedia, in cui i vecchi privilegi sono duri a morire, come ben segnala l'iniziativa dei quindici che denuncia come il periodo di copertura del diritto di autore si sia magicamente esteso pochi anni fa sotto pressione della Disney, rendendo moltissimi capolavori non più fruibili da tutti senza alcun limite con la scusa di tutelare gli eredi di Topolino. 

In compenso l'ufficio brevetti americano inizia a lavorare per mettere a profitto la comunità dedicata alla proprietà intellettuale inaugurando un servizio di peer review per i brevetti  (ovvero una comunità che valuti la validità o meno del brevetto, a medio termine togliendo la maggior parte del lavoro di verifica dalle spalle dei grigi burocrati del patenting), e la publishing house di USA Today (la Gannett) decide di includere nelle proprie pubblicazioni una parte di materiali prodotti dalla comunità che segue i suoi giornali (non lontano dall'operazione blog e minchie che campeggia su Repubblica Online da tempo, ma traslato alla carta stampata). [tnx delfants per il saccheggio che mi concedi ogni volta :)]

Di fronte a questa speculazione, la maggior parte delle comunità fertili, anestetizzate dall'ebetismo cerebrale dilagante, non si pongono minimamente il problema, anzi innalzando grida di giubilo ogni qualvolta il loro contributo viene preso in considerazione dai loro padri padroni. Il peggior nemico del popolo è il popolo, avrebbe potuto scrivere qualcuno (e forse lo ha fatto), ma resta il problema cruciale di come costruire comunità un minimo meno supine alle decisioni di rapina commerciale come questa: ovvero se la mia produzione collettiva offre un vantaggio commerciale, io devo avere qualcosa in cambio. Potere? Influenza? Soldi? Non saprei, ma regalare gratis le proprie relazioni è qualcosa che mi disturba, soprattutto se a beneficiarne sono gli stessi che poi tenderanno a reprimere ogni mia spinta innovativa e poco ortodossa.

Contemporaneamente risulta evidente (e spero presto di avere il tempo di scrivere qualcosa di più a proposito) che il modello che negli ultimi cinque anni abbiamo costruito (indymedia, tanto per capirci) è ormai totalmente inadeguato, superato dai blog generalizzati da un lato, dai free press dall'altro, dagli espeimenti come Repubblica Ultimora, Corriere Anteprima e il Sole 24 Minuti in arrivo, nonché da quest'ultima iniziativa della Gannett. Il problema a questo punto non è avere uno strumento di informazione dal basso pervasivo e popolare, ma come fare in modo che da un lato questo strumento pervada media al di là del nostro ristretto circolo mantendo una sua potenzialità, e dall'altro come riuscire a far emergere relazioni possibili e potenziali originarie di conflitto e soggettività dalla messe di dati prodotta da una data comunità.  

Prosegui la lettura…

Categorie:jet tech, movimenti tellurici Tag:

Crossways: wu ming, la negritudine del punk e le mie letture

2 Novembre 2006 Commenti chiusi

 

Oggi su carmillaonline e sul sito della wu ming foundation, wu ming 1 pubblica un bellissimo articolo sulla negritudine del punk rock, mettendo in mostra non solo il suo talento nello scrivere (di cui siamo da sempre invidiosi) ma anche la propria decisa propensione a integrare la storia, la cultura popolare e la politica (ah, vizioso!). Non ripesco i contenuti del pezzo di wm1, che va letto per intero, ma continuo a rilevare con curiosità la convergenza a distanza delle cose su cui sta lavorando la foundation e quelle su cui sto studiacchiando io. I primi punti dell'articolo infatti riassumono per sommi capi le basi della diffusione della danza e della musica nera nel contesto della diaspora africana del '600 e '700, e sono certo che il nuovo libro degli autori di Q vedrà come centrale i conflitti in Nordamerica proprio nel corso del XVIII secolo, in cui le storie e le lotte di schiavi, marinai, protoproletari, deportati, nativi ed eretici (i vecchi amori non si scordano mai 🙂 si sono incrociate in un calderone esplosivo dalle potenzialità rivoluzionarie.

Io continuo lemme lemme la mia lettura di Redicker e del suo The Many Headed Hydra, che narra proprio di questi punti di incrocio e dei vettori del conflitto in quel secolo e in quel contesto. Il capitolo sulla rivolta del 1741 a New York, sembra scritta in parallelo con un brano dell'articolo di wm1. Casualità? Forse o forse no. Forse alcuni passaggi della storia moderna meno indagati e meno raccontati sono quelli che celano le possibilità più interessanti e la sensazione profonda che non ci siano mai stati tempi tranquilli per chi ci vuole male. Sorrido delle coincidenze che si palesano nella mia vita intellettuale e mi metto a camminare sul sentiero che mi fanno intravedere.

 

Prosegui la lettura…

Ci voleva un genio per capire l’Iraq

1 Novembre 2006 Commenti chiusi

In piena giornata di ognissanti, che come ogni giorno festivo che si rispetti è la morte di ogni forma di informazione dignitosa, Repubblica Online spara il titolone su un grafico che il New York Times avrebbe intercettato (come?) da una riunione di esperti militari americani. Nel grafico si dipingerebbe l'Iraq come un paese inesorabilmente in crescita verso una situazione di caos incontrollabile. La domanda è: ci volevano gli esperti americani per notare questo panorama con occhio attento e millimetrico?

Prosegui la lettura…

Categorie:movimenti tellurici Tag:

Brad

30 Ottobre 2006 Commenti chiusi

 

Il 27 ottobre 2006, le squadracce del PRI hanno ammazzato Brad, un attivista di Indymedia New York, insieme ad altre quattro persone, insegnanti e cittadini in rivolta contro il governo finanziato dagli Stati Uniti di Oaxaca per tenere sotto controllo in stile guerra a bassa intensità una zona strategicamente rilevante. Non è il primo e non sarà l'ultimo morto di Oaxaca, questo non va dimenticato, ma è l'unico che io abbia conosciuto, ed è l'unico che mi fa ricordare una volta di più come avrei potuto esserci io al suo posto (o al posto di uno degli altri compagni uccisi in questi anni, di cui per pudore non faccio l'elenco).

http://video.google.com/googleplayer.swf?docId=-3664350201077731285

[il video in alta qualità con sottotitoli in inglesi sta su video.indymedia.org

Ho conosciuto Brad a New York nel 2001, poco dopo Genova e poco dopo il 9/11. Stavo girando gli Stati Uniti cercando di schiarirmi le idee dopo il macello che era successo a luglio e a settembre, e la sede di NYC IMC era uno degli studi per No New Round Radio, un progetto di streaming radio distribuito in occasione del WTO in Qatar. Brad si fotteva ogni tot ore lo studio radio per andare a fare l'amore con la sua amante di allora, salvo riconsegnarmi il microfono quando doveva andare in corteo munito di walkie talkie e aggeggi vari per tenere sotto controllo i disastri che avrebbero potuto combinare gli sbirri. L'ultima volta che l'ho visto è stato non molto tempo fa, stava girando l'Europa con una nuova amante francese per vedere che cos'erano i movimenti europei.

A Brad piaceva cantare e amare le persone. Spero che la notte prima di morire abbia potuto cantare con i messicani e fare l'amore con una nuova amante, e che il ricordo di quell'ultima notte e di quello che stava facendo sulle barricate a Oaxaca non muoia per le persone che stanno combattendo laggiù come altrove nel mondo.

Prosegui la lettura…

Categorie:movimenti tellurici Tag:

Fascisti sulla bici (altro che Marte)

30 Ottobre 2006 Commenti chiusi

http://www.youtube.com/watch?v=aq7eV40QISU Prosegui la lettura…

Categorie:movimenti tellurici Tag: