Indymedia, la politica e l’horror vacui
Questo weekend, senza avere molto altro da fare se non seguire la capolista, ho deciso di andare a vedere che aria tirava al meeting di indymedia italia, preannunciato come "il meeting della crisi". Io ho partecipato al percorso di indymedia sia a livello italiano che a livello internazionale dal 2000 fino al 2003-2004. Ne sono stato di fatto l'unico referente tecnico per 3 anni, fino a che non mi sono stancato di un progetto che solo a parole era collettivo e elaborato in comune, e in pratica nascondeva l'inadeguatezza della comunità che lo sosteneva dietro lo sforzo individuali di pochissimi.
Non è questo il luogo e il momento per dire dove e quando indymedia ha cessato di essere interessante se non come bacheca virtuale, né per approfondire i motivi di questo calo di significatività (legato si potrà facilmente intuire al collasso di quella comunità eterogenea e antiegemonica che ha sostenuto lo sviluppo del progetto fino al 2002-2003, Genova inclusa), ma alcune cose mi sento di dirle, dopo aver osservato lo spettacolo pietoso di un'assemblea che di politico non aveva nulla, preda dell'horror vacui generalizzato e dell'incapacità di individuare i problemi reali dall'altra. Di fronte a questo atteggiamento non si può che comprendere come possano saltare fuori report così poveri e articoli di giornale così centrati (per quanto inclementi con i pochi che un po' ci provano).
Quando indymedia è nata, la comunità che vi ha investito tempi ed energie, lo ha fatto con in mente una certa opzione politica, a cui plasmare lo strumento che aveva tante potenzialità. Quando ero un pischello alle prime esperienze politiche non mi ci è voluto molto per capire che la politica non si fa a caso, e che le cose non avvengono per grazia ricevuta, ma perché qualcuno si fa un culo a capanna con in mente qualcosa per sostenerle.
L'assemblea di questo week-end a Torino è stata il contrario di tutto ciò. Tutti o quasi i presenti erano esclusivamente in paranoia per la decisione di chi ha garantito banda (e server, dato che indymedia italia non ha un vero referente tecnico dal 2004) di non offrirla più, persi nel vuoto cosmico dell'ignoranza su come funzionava il giochino che si è usato finora, di quanto e quando si poteva intervenire per salvarlo, e del suo valore sia storico che politico. Mi è sembrato di vedere, e lo dico con una tristezza infinita perché alcune delle persone presenti per la loro intelligenza e il loro impegno non lo meritano, un pollaio durante un eclissi. Se non fossimo homo sapiens non porrei il problema.
Il problema non è che xxxx ha tagliato la banda, o che indy ha troppi commenti idioti, o che è uno strumento relativamente obsoleto, o che il codice è sporco, o che consuma troppa banda. Il problema è che chi se la sta bancando non ha un'idea, non sa quello che vuole, né di conseguenza è in grado di imporsi perché succeda quello che vuole, e dulcis in fundo non è disponibile a impegnarsi per ottenere quello che vuole (sempre che riesca a capire che cosa sia). Quando abbiamo reso indy quello che è ora, diverse persone vi hanno dedicato tutto il loro tempo e la loro intelligenza, non si sono lanciati in un paio di settimane di passione per poi passare a bersi una birra al pub per il resto della loro vita appagati di quello che hanno provato a fare senza nessuna sostanza.
Per me fare politica significa avere un'idea, comporre un'opzione politica e poi costruire le condizioni perché questa opzione prevalga o abbia le gambe per vivere (non sopravvivere, per pietà!). Nell'assemblea di questo week end (per inciso la prima dopo due anni quando alcuni soliti noti si imposero per sovrastare il rumore degli ignavi che protagonizzano il forum e le polemiche), nessuno aveva un'idea, e tutti sono passati direttamente a proporre soluzioni che non sapevano dove sarebbero finite, preoccupati solo di chiudere la magagna oppure di combattere l'horror vacui che restare senza indymedia ispirava loro. Una sola persona ha detto con tranquillità e sicurezza: ormai indy è una bacheca, nulla di più e nulla di meno, ma non è poco e io vorrei che pensassimo le soluzioni per renderla la bacheca migliore possibile.
Questa è stata l'unica proposta costruita politicamente in maniera dignitosa: opzione politica, strumenti per realizzarla, decisioni conseguenti. Tutto il resto è stato chiasso, paura di perdere i punti di riferimento, nostalgia, scarsità di orizzonti. Io sono stato zitto perché non avevo intenzione di essere anybody's saviour, ma lo spettacolo è stato onestamente desolante. Chiudere indy e rifare il process è burocraticamente corretto ma non porterà a nulla se non a un immobilismo colmo di panico e privo di idee che non siano già per strada altrove. L'unico valore in questo momento di indymedia italia era il brand e il numero di visite: una bacheca inestimabile per quanto politicamente priva di un progetto (contrariamente a quello che è avvenuto in passato), ma tuttavia uno strumento utile. Io avrei ammesso che nessuno aveva un'opzione politica migliore di questa base molto povera, e l'avrei perseguita, anziché rimandare all'ennesima lista, all'ennesimo process, all'ennesima coda di polemiche, l'ammissione del limite di una comunità ormai defunta (a cui non si può e non si deve negare il merito di quanto ha fatto in passato).
PS: le soluzioni sono semplici una volta individuata l'ipotesi che si vuole seguire e sostenere, e si possono fare anche le forzature più allucinanti quando si sa cosa si vuole e si è disposti a difenderlo. Per una buona bacheca, bastava spostare tutti i commenti nel forum (o trasformare la tabellina in un semplice link), annullare la colonna centrale se non con post promossi dal newswire (così non servono più liste editoriali diventate ormai piccoli ghetti felici o infelici a seconda dei casi), eventualmente preparare un po' di view diversificate per tipologia di post. Ogni altra opzione ha soluzioni altrettanto banali (roba da un pomeriggio di codice), ma il problema è sapere cosa si vuole e poi capire come ottenerlo.
Non sai quello che vuoi, non riuscirai ad averlo.
E' una questione di qualità, o una formalità, non ricordo più bene.