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Archivio per la categoria ‘movimenti tellurici’

Mayday Mayday

30 Aprile 2010 1 commento

 

 

 

Categorie:movimenti tellurici Tag:

La festa più importante

23 Aprile 2010 4 commenti

 

Ho sempre avuto una certa allergia per le feste comandate di origine religiosa. In realtà mi piacciono, nella loro forma di feste popolari, ma solo quelle locali: quelle nazionali mi danno l’orticaria e fosse per me le toglierei dal calendario ufficiale della Repubblica Italiana. In compenso le feste laiche mi attirano come una falena la luce di un lampione: mi ispirano un rispetto totale e anche il mio spirito sarcastico non riesce a farsi strada tra il senso di profonda ammirazione che nutro per il significato storico di ognuna di quelle date. 

Tra due giorni è il 25 aprile, la festa laica più importante (nonostante il ballottaggio con il primo maggio), la festa di un paese che si libera dai propri tiranni, dalle proprie storture, che per un giorno e forse per qualche anno si eleva sopra la propria ipocrisia e la propria tendenza ad arrangiarsi, accontentarsi, pensare al proprio. Perché l’Italia è il Paese Qualunque, lo è sempre stato (almeno nell’ultimo secolo), disabituato a lottare e abituato a fare di necessità virtù, dopo millenni e millenni di feudi e scazzetti di poco conto. 

Il 25 aprile ricorda un momento in cui la storia del popolo italiano è stata migliore. Migliore in senso assoluto. E forse ricorda anche a me che quello che mi circonda potrebbe essere altrimenti. E non è un caso che di questi tempi si debbano sentire affermazioni senza storia e senza qualità che rivendicano il diritto anche per i nostalgici di periodi bui e orrendi della storia del nostro paese di ricordare i loro caduti, che le autorità cittadine mettano sullo stesso piano chi ha combattuto per perpetrare la dittatura e chi per distruggerla. 

Come scrissi anche l’anno scorso: non è tutto uguale. Non tutte le posizioni valgono allo stesso modo. Alcune sono giuste, altre sbagliate. E aver trasformato l’Italia in un paese di opinioni e di equidistanze comode non l’ha resa un posto migliore. Per quello bisogna fare delle scelte, bisogna sostenerle e bisogna combattere. Ogni maledetto giorno. Il 25 aprile mi ricorda tutto questo. E mi dà un po’ di forza per non perdere la speranza che le persone a un certo punto riscoprano l’importanza della propria dignità e del proprio futuro, non solo quella del proprio interesse e del proprio presente. 

PS: appuntamento il 25 aprile alle 8.30 in Isola per il giro delle lapidi dei caduti per la liberazione, e alle 15.00 in porta venezia per il corteo.

PPS: la canzonedel video sotto fatta da aquilani per l’aquila e per la sua gente; anche loro sperano che le persone tornino a lottare per il proprio futuro, penso, smettendo di credere alle cazzate che raccontano tutti i giorni per rabbonire e sedare. to tame and to blame per così dire. 

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=XYv4Sfa_CrY

 

 

Ecco perché ho deciso di entrare in politica e abbandonare il movimento

1 Aprile 2010 12 commenti

 

Basta. Sono stanco. Stanco di vedere le mie qualità di leader e di tribuno buttate nel cesso senza riuscire a cambiare lo stato di cose presente. E’ tre anni che ci penso. Tre anni che rifletto su cosa avrei dovuto fare per dare una svolta alla mia vita. E ieri mi è sembrato il giorno giusto per farlo.

Sono uscito di casa nel pomeriggio dopo il lavoro, sono andato qui vicino, in una delle sedi della Lega più vicine e mi sono iscritto al partito. So che molti rimarranno delusi da questa mia scelta, ma ho pensato che se proprio dovevo vendermi, era meglio farlo alla struttura che mi avrebbe garantito una remunerazione e una prospettiva migliore nel breve-medio periodo.

Questo è ovviamente l’ultimo post del blog, dato che le mie nuove frequentazioni politiche sono incompatibili con la mia permanenza qui (come anche nel collettivo di autistici e nelle altre organizzazioni in cui milito seppure con poco impegno ultimamente). Ringrazio tutti voi che mi avete sostenuto e che sono convinto saprete guardare all’uomo, prima che al politico quando mi reincontrerete sulla vostra strada.

Cordiali saluti,

Nero

(da oggi in poi, Verde)

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Allucinazioni antipolitiche

5 Marzo 2010 2 commenti

 

La situazione che si sta delineando in questi convulsi giorni sulle elezioni regionali e sulla presentazione delle liste è allucinante. Ma non per i motivi che molti commentatori e politici stanno presentando (che nella loro cialtroneria sono sicuramente fuori di senno, ma questo ça va sans dire). Il vero delirio è un atro. 

L’antipolitica prepotente e liberista berlusconiana ha spinto nell’angolo dell’antipolitica legalista le sinistre e tutte le persone che fanno culturalmente riferimento a un’area progressista e anti-conservatrice (tanto per capirci). Così di fronte alle carenze e ai magheggi della lista formigoni e polverini, ai dispettini legalitari dei radicali, ai ricatti di berlusconi, gasparri e la russa, anziché riaffermare il primato della politica, ci si nasconde dietro i giudici, sperando che risolvano loro la disputa. Una vera e propria contro-esibizione di inettitudine politica di rara magnitudo. 

Possibile che a nessuno venga in mente di dire: il punto non è la legge, il punto è la politica. Che la destra si assuma le sue responsabilità, ammetta l’incapacità di gran parte dei suoi dirigenti – nei ranghi per interesse personale e per avidità più che per perorare un’idea di società o di paese – e ne paghi il fio. Poi ognuno voterà secondo le sue idee, senza cercare di far saltare questo o quel candidato sperando in un indiretto beneficio (che non arriverà, anzi vedrete che la destra rinserrerà le fila e recupererà quello che aveva perso con i recenti scandali mafiosi e laidi in cui era rimasta coinvolta un po’ in tutta Italia). No, invece. Tutti dietro l’indice di un giudice. Ossuto, magro e insufficiente. Almeno se vogliamo parlare di politica.

Io rimango sempre più basito. E spinto verso il nichilismo più assoluto.

 

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Un giorno senza di loro, un giorno senza di noi

28 Febbraio 2010 2 commenti

 

Domani, primo marzo 2010, un giorno senza i migranti, per dimostrare quanto le nostre vite siano legate alle loro, più nel bene che nel male, e quanto le loro vite siano legate alle nostre, più nel male che nel bene.

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Distopie

20 Gennaio 2010 7 commenti

 

Con tutto quello che succede in questo paese, in cui sembra di vivere in una versione fantascientifica de Il Male, ho trovato un fumetto che mette a confronto le due principali distopie della narrativa contemporanea: Brave New World di Aldous Huxley e 1984 di George Orwell. Spesso noi ci siamo concentrati sul terrore che prevalesse un futuro come quello del secondo autore, mentre siamo piombati in un presente come quello che non avrebbe mai voluto il visionario con la H. E’ terribile, ma è tutto vero. Siamo il Paese dell’Amore dopotutto, no?

 

Negro va bene, purché dica sì buana

8 Gennaio 2010 6 commenti

 

Balotelli multato per gli applausi rivolti al pubblico di Verona: la sua è apologia del razzismo. [spinoza.it]

In questi  due giorni diversi eventi mi hanno portato a ripensare all’arretratezza e alla disperazione in cui ormai sguazza il paese in cui vivo (viviamo?). In particolare trovo eticamente, politicamente e umanamente inaccettabile il livello della discussione sul problema del razzismo in questo paese: siamo un popolo di pecore, ormai abituati a stare zitti qualsiasi cosa ci accada intorno, incapaci di prendere parola, di scegliere una posizione e di ragionarne, preda di gossip e dettagli fuorvianti per non affrontare mai il cuore del discorso. C’è sempre un ma, un però, un distinguo. E se non ci sono in ogni caso ognuno la può pensare come vuole che vale sempre tutto. 

Domenica Mario Balotelli esce dal campo e per una volta tanto anziché farsi espellere applaude ironicamente i tifosi che lo subissavano di ululati (chi non li ha sentiti è in malafede). Parte la solita gogna mediatica – su di lui ovviamente, non sul razzismo del 90% dei tifosi e dei cittadini italiani – e il giudice sportivo Tosel lo multa per gli applausi, mentre non dice nulla sui comportamenti che hanno portato Mario a reagire così. 

Ieri dei "balordi" (definizione giornalistica) sparano con pistole ad aria compressa contro degli immigrati che vivono nelle baracche e tutti i giorni in nero a quattro lire raccolgono la frutta e la verdura per un padroncino italiano a Rosarno. Gli immigrati si rompono il cazzo e si scatena un putiferio di tutti contro tutti. Il commento del ministro dell’Interno è: "troppa tolleranza, i troppi immigrati esasperano il clima".

Il processo mentale è chiaro no? E’ sempre colpa delle vittime, mentre i carnefici sono persone che fanno quello che farebbero (faremmo? fareste?) tutti. I negri vanno bene e li possiamo accettare nelle nostre città se sono buoni, buonissimi, se non si azzardano a fare quello che è normale per qualsiasi italiano vero ™. Non è che basta che siano dei cittadini come gli altri, devono essere dei cittadini modello, degli agnellini perfetti, perché sennò devono morire, devono essere schiacciati, riportati alla loro condizione di scimmie.

Messa così suona un po’ dura eh? Ma il giustificazionismo e i distinguo che sento continuamente quando si parla di episodi di razzismo nasconde sotto sotto questa logica. E Mario – per quanto magari nella sua vita privata sarà un pirla straricco non ne dubito, io non lo conosco però – come Abba come altri sono un simbolo di quanto e come sta cambiando questo paese, nonostante i desideri di xenofobi, ignoranti, balordi  e gente di questa risma. Io ho due speranze: che gli immigrati irregolari E regolari ci lascino a marcire nella merda in cui viviamo, che se ne vadano e ci mostrino quanto poco valiamo. E dall’altro lato che i ragazzi e le ragazze italiane di origine straniera ci piscino in testa, fisicamente, umanamente e in termini di quanto la loro vita sarà migliore e più soddisfacente di quella dell’italiano medio. 

 

Microtelling: la Politica

18 Dicembre 2009 1 commento

 

Il cielo di milano oggi è una minaccia più che un elemento del paesaggio. Incombe grigio e piatto come un enorme palmo pronto a soggiogare chi abita sotto il suo dominio. Immoto, infinito, ineluttabile, reale.
Dopo il microblogging, a voi il microtelling.

La Politica
[quella con la p maiuscola che ha allontanato quasi tutti dalla gestione del comune e che nonostante questo ha così larga parte nel determinare le condizioni in cui viviamo]

Camminavo serenamente in mezzo alla strada, circondato da uomini e donne che si affannavano a rincorrere l’ultimo regalo di Natale. Faceva freddo ma non troppo, e i volti e i corpi erano celati da strati e strati di tessuto, lana, cotone, feltro, cashmire. All’improvviso vidi un movimento repentino e venni colpito: un sapore metallico mi riempì la bocca e uno strano calore si diffuse su tutto il mio viso. Caddi a terra, ma mi rialzai tamponandomi il volto con la manica e cominciai a correre. Corsi senza fermarmi gridando aiuto a squarciagola, sperando che questo facesse desistere il mio aggressore. Mi fermai solo dopo qualche centinaio di metri, quando mi resi conto che non mi inseguiva nessuno. Mi accasciai con la schiena appoggiata alla parete e composi il numero del 118 sul telefono. L’ambulanza arrivò in una mezzoretta e mi portò all’ospedale, lasciandomi dolorante in sala d’attesa. Dopo alcune ore un medico mi disse che non era nulla di grave, mi fece fare due lastre e mi ricucì alla bell’e meglio il labbro. Mi resi conto che avevo perso due denti. Quando uscii dall’ospedale era ormai notte fonda e tornai a casa, chiedendomi chi ce l’avesse con me così tanto da aggredirmi a quel modo. Non trovai risposta e non ne trovai neanche nei giorni e nei mesi successivi, ma mi ritrovai a dover vincere il disagio di camminare spensierato in mezzo alla folla. Ancora oggi non sono riuscito a ritrovare la sensazione splendida che mi dava passeggiare tra la gente osservandola.

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Si destreggiava alla meglio tra la folla, attorniato da guardiaspalle enormi e da mani festanti che lo cercavano come un messia. In sottofondo qualche urlo di contestazione e qualche fischio. Nelle orecchie ancora le parole efficaci della sua ultima arringa contro "la violenza". Sorrise tra sé e sé. Stringeva mani, firmava autografi, sorrideva. Improvvisamente il colpo: un sapore metallico gli riempì la bocca e uno strano calore si diffuse su tutto il suo viso. Cadde nelle braccia dei suoi sostenitori, che lo spinsero istintivamente all’interno dell’auto blindata. Fu un istante. Tolse il cencio con cui gli stavano coprendo il volto e salì sul predellino dell’auto, mostrandosi alla folla: ferito, sanguinante, lo sguardo furente e fiero. Poi rientrò nell’auto e diede ordine di portarlo al San Raffaele, preavvisando chi di dovere. All’ospedale venne portato immediatamente a fare ogni tipo di accertamento e gli venne messa a disposizione un’intera ala della struttura per riposare almeno qualche giorno. Mentre veniva medicato e ricucito così da lasciare un segno appena percettibile tra la guancia e il labbro, pensò al da farsi. Nei successivi tre giorni, lontano dai riflettori, fece solo poche cose, ma necessarie, per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo: prese appuntamento dal dentista, dato che aveva perso due denti, ma non dal chirurgo estetico; lasciò che i suoi amici puntassero tutte le armi che avevano sui suoi nemici, si dia fuoco alle polveri; diede mandato ai suoi consulenti di aprire una azienda di import-export di souvenir del duomo, il mercato ne avrebbe avuto bisogno. Quando dopo tre giorni uscì dall’ospedale, mostrandosi ai suoi fedeli e fedelissimi, disse solo una frase: "l’amore vincerà". E anche io, pensò sorridendo sotto la medicazione. Poi ordinò all’autista di portarlo a casa, dove sarebbe rimasto a riposto fino al giorno dopo la tradizionale conferenza stampa con i giornalisti che diversamente sarebbe stato obbligato a fare. Due piccioni, e anche di più, con una fava.
 

Un nuovo ’26: caricatura della storia d’italia

14 Dicembre 2009 13 commenti

 

Chi cerca facile retorica da buon democratico o facili recriminazioni (ancorché basate su fatti veri) su come la violenza nei confronti delle persone normali sia una violenza di serie b, mentre la violenza contro un politico sia un affare di stato, può smettere di leggere subito. Non mi interessa fare le discussioni che addirittura Rosi Bindi riesce ad articolare.
Mi pare più rilevante sottolineare il cinismo di quanto è avvenuto ieri sera, e non mi riferisco certo all’improbabile gesto di Mr Tartaglia, quanto alla reazione che sta generando e che ha immediatamente generato.
Il centro destra (e il centro sinistra) sono da tempo incastrati in una battaglia di posizione in cui le trincee stanno tutte a casa della destra, un po’ come se i francesi avessero difeso la Marna dal lato di Berlino. E l’aggressione di ieri sera (chi parla di attentato è più squilibrato di un bradipo ubriaco) è l’occasione perfetta per uscire dall’impasse. Sempre dal lato della destra.
E’ stato molto curioso seguire le reazioni dei politici che reclamano adesso a grande voce il rispetto delle istituzioni, della democrazia, della Costituzione salvo sputarci sopra a ogni pié sospinto. Il miglior comico è proprio Ignazione La Russa: "dobbiamo difendere la democrazia, dobbiamo introdurre il REATO PENALE di DISTURBO DELLE MANIFESTAZIONI ALTRUI" (il maiuscolo è mio). E come facciamo a definire disturbo? Quando io grido che non sono d’accordo sono più o meno  democratico? E se la Polizia mette le transenne e impedisce a un corte legittimo di entrare in una piazza dove si è svolto un grave fatto nel passato disturba la
manifestazione? O anche in questo caso hanno l’esenzione dal reato penale come a Genova (tanto per richiamare eventi arcinoti)?
L’aggressione di ieri invece secondo me si inserisce perfettamente nei ricorsi  storici di questo scorcio di secolo: siamo passati attraverso una riedizione del ’22 e degli anni successivi e finalmente siamo sbarcati in una patetica e grottesca rivisitazione del ’26 (l’attentato Zamboni al pelatone tanto per  capirci). E Silvio sul predellino perché tutti possano immortalare il suo
sacrificio per la patria, il suo martirio tutto sommato a basso costo (mica ci è rimasto, ci ha perso mezzo dente) è l’emblema del fascismo videocratico in cui  siamo immersi. Si predica di abbassare i toni e si aizza la piazza alla guerra.
E nessuno dice una parola.
Ma sono pronto a scommetterci che le conseguenze di questo evento saranno molto meno uno scimmiottamento di quello che successe dopo il ’26: si istituì la pena di morte e il populismo del regime esplose in tutta la sua spettacolarità, di
fatto annullando ogni opposizione alla luce del sole. Con le buone e con le  cattive. Ora non penso ovviamente che si reintrodurà la pena di morte (anche se a sentire i militanti di centro destra per i "comunisti" ci vorrebbero almeno dei campi di confinamento), ma penso che un centro-destra prossimo ad andare alle elezioni anticipate troverà il modo di serrare le fila e di far accettare
ob torto collo al paese ogni nefandezza di cui si vedrà capace.
Proprio nel momento in cui speravo che la gente si rompesse definitivamente i coglioni e cominciasse a spaccare tutto, mi ritroverò a dover sentire deliri di ogni tipo conditi qua e là di abusate parole come "democrazia", "libertà", "futuro". D’altronde il limite siamo noi, tutti noi che viviamo ipocriti, avviliti e attoniti nel Paese che Non Esiste Più: la nostra afasia è la giustificazione dell’immondizia in cui siamo immersi. E dopo l’attapiramento che ho visto a seguito degli eventi di ieri sera, non ho dubbi che le speranza per
una matura presa di posizione siano ridotte al lumicino.
Allora avanti così, continuiamo ad essere la caricatura di un popolo, che vive nella caricatura di un paese, in cui l’evento più grave – a leggere i giornali – degli ultimi 20 anni è la caricatura di un attentato al Primo Ministro perpetrato con un souvenir da 2,5 euro. E poi mi dite di non cercare la rissa…

40 anni di miserie e ipocrisie all’italiana

12 Dicembre 2009 Commenti chiusi

 

Quaranta anni fa, il 12 dicembre 1969 alle ore 16 e 37 minuti, una bomba esplodeva nella Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano: una strage di cui tutti sanno tutto (i mandanti, gli esecutori, i capri espiatori, le insabbiature e le coperture istituzionali, le conclusioni processuali ingiuste) e di cui tutti fanno finta di non sapere niente. Una strage che ha inaugurato il periodo più miserevole, falso e infame della recente storia italiota: quello della Strategia della Tensione, in cui sulla pelle delle persone normali si è cercato di inventare scuse per evitare che il pericolo rosso arrivasse al potere (perché poi si può girarci intorno finché si vuole, ma questo è stato). A 40 anni di distanza è continuato il teatrino: zero commemorazioni, piede a tavoletta sulla speranza che la gente dimentichi, confonda, annebbi e che finalmente tutto possa tornare ad essere "normale".

Come ogni anno centinaia di persone (quest’anno ancora meno degli anni scorsi, segno dei tempi che corrono) si sono ritrovate a marciare per le strade di Milano, giusto per non dare l’impressione che proprio a tutti stia bene che si dimentichi, che si cancellino interi pezzi di storia collettiva. Una volta arrivati davanti a piazza Fontana le persone si sono trovate di fronte camionette, forze dell’ordine schierate e transenne per impedire l’accesso alla piazza. Alla domanda semplice: "perché alcuni cittadini possono entrare normalmente in piazza Fontana e ricordare la strage e altri come quelli che hanno partecipato a un corteo perfettamente legittimo non possono farlo?" La risposta sono state un paio di cariche. La gente non se n’è andata. Fino a quando non se ne sono andati gli uomini in divisa, che una volta di più anziché difendere i valori democratici si sono ritrovati ad essere idiota strumento delle necessità del potere: una bella scazzottata che i media possano usare per alimentare il mito dei manifestanti cattivi e intolleranti. E il problema è che la maggior parte delle persone sono disposte a bersi qualsiasi stupidaggine pur di continuare con il proprio tran tran.

Sono i tempi che corrono. Tempi che fanno infuriare e allo stesso tempo fanno riflettere sul fatto che se un popolo non vuole diventare adulto, non ci saranno speranze per il suo futuro e per quello delle generazione che lo seguiranno. Che mestizia.

UPDATE

Apprendo oggi dalla registrazione di Radio Popolare (complimenti, sempre dalla parte del popolo, ovviamente) e da La Repubblica che il problema ieri sono state le persone che volevano entrare in piazza e che tutti i presenti in piazza in quel momento (o almeno quelli che stavano sul palco) si sono indignati non perché una piazza che è di tutti nel giorno del 12 dicembre fosse asserragliata di sbirri, ma del fatto che personaggi che nulla hanno a che fare con la commemorazione come Letizia Moratti, Roberto Formigoni e Guido Podestà fossero sonoramente fischiati. Anche i familiari delle vittime cadono nell’equivoco e anziché pretendere che la piazza fosse aperta non sanno fare meglio che mugugnare per la "festa rovinata". Io sono allibito. Non ci sono altri termini. Solo io penso che l’anormalità ieri fosse nelle transenne che chiudevano la piazza e nelle istituzioni della destra sul palco e che la cose positiva fosse il desiderio di centinaia di altre persone di essere presenti nel luogo dove si commemora un evento purtroppo fin troppo attuale?  Il mondo alla rovescia, il mondo attraverso una telecamera. E per tutti i benpensanti: speriamo che di scontri se ne vedano presto di molto più recrudescenti perché a furia di ingoiare si finisce per assomigliare agli struzzi più che agli esseri umani.