E’ vero, ci sono cose piu’ importanti
di calciatori e di cantanti
ma dimmi cosa c’è di meglio
di una continua sofferenza
per arrivare alla vittoria
ma poi non rompermi i coglioni
per me c’è solo l’Inter
A me che sono innamorato
non venite a raccontare
quello che l’Inter deve fare
perchè per noi niente è mai normale
nè sconfitta nè vittoria
che tanto è sempre la stessa storia
un’ora e mezza senza fiato
perchè c’è solo l’Inter
C’è solo l’Inter, per me, solo l’Inter
C’è solo l’Inter, per me
No, non puoi cambiare la bandiera
e la maglia nerazzurra
dei campioni del passato
che poi è la stessa
di quelli del presente
io da loro voglio orgoglio
per la squadra di Milano
perchè c’è solo l’Inter
E mi torna ancora in mente l’avvocato Prisco
lui diceva che la serie A è nel nostro dna
io non rubo il campionato
ed in serie B non son mai stato
C’è solo l’Inter, per me, solo l’Inter
C’è solo l’Inter, per me, per me
C’è solo l’Inter, c’è solo l’Inter,
c’è solo l’Inter, per me
C’è solo l’Inter per me
Catarsi. Questa è la parola esatta. Il primo lieto fine in tanti anni di storia interista cauterizza la maledizione. La partita del 5 maggio 2002 finisce il 18 maggio 2008, nell’anno del centenario e del sedicesimo scudetto della Beneamata. Ogni interista vero ha vissuto una settimana di tensione e di disperazione, tra fantasmi e cinismo, tra destino e futuro: io all’inizio del secondo tempo avevo già introiettato la tragedia e ho rivissuto i momenti terribili di quel maledetto giorno, che ci ha fatto cancellare l’inno più bello, quello più corale ed epico. Poi la mossa tutto o niente, Ibra e i due gol, e il canto a squarciagola: c’è solo Inter!
Questo scudetto noi nerazzurri lo vinciamo contro tutti, contro un odio virulento che è difficile comprendere, quando non veniva riservato neanche ai peggiori distruttori del sogno del calcio di un tempo che fu e che non sarà più. La lista delle dediche in negativo sarebbe lunga, ma in realtà la stizza degli sconfitti è il miglior premio: Tuttosport che titola oggi "sono 15", non ricordando che proprio lo stesso quotidiano ce ne ha regalato uno quando definiva i quarti di coppa italia con i bianconeri con il titolo "vale uno scudetto"; i giornali del gruppo RCS oggi lecchini ma fino a ieri mano armata e insalivata per chi rappresenta il potere; Controcampo che ieri piuttosto che niente titolava "Roma Campione per un’ora", e che non usa mai le parole "crisi Milan", ma non certo perché i suoi "valletti" lavorano per "chi-sanno-loro"; i De Rossi, Pizarro, Totti, Spalletti con i loro fazzoletti e i loro "scudetti morali"; i bianconeri che festeggiavano con i caroselli la loro vittoria contro di noi il 22 marzo come se fosse una finale di Champions; i rossoneri che pensavano che gli avessimo fatto il regalo di natale in ritardo, mentre era una bella torta avvelenata, conclusa con la vendetta di un Napoli con cui all’andata avevano voluto fare i fenomeni del Ka-Pa-Ro. Come direbbe Lino Banfi: la vostra frustrazione è il nostro miglior premio. E ogni interista vero non potrà mentire: la rovesciata di Osvaldo è la ciliegina sulla torta, una goduria che mi rende ilare ancora adesso, a 12 ore dal tripudio.
All’inizio dell’anno avevo predetto che sarebbe stato uno scudetto più duro, per mille motivi, ma speravo non così duro, perché vincerlo al fotofinish ti riempie di gioia, ma è foriero anche di possibili dolori che abbiamo già vissuto e con cui ogni interista pensa di aver già un conto in credito. Sulla partita c’è poco da dire: è una partita di nervi, con un campo impossibile e un primo tempo teso e di paura; poi è entrato Ibra e dalla prima palla ha sembrato dire: "Io tiro fino a che la palla non entra in quella cazzo di porta". E così è stato: Dio c’è e ha la maglia numero 8. Il gol di Martinez dopo 70 min di monologo del Catania ci fa esultare per Walter Zenga, in cui molti interisti confidavano più che nella squadra stessa, memori di recenti e passate vittoria-fobie. Adesso arriva il momento della verità: lo metto per iscritto, così non ci si sbaglia. Mancini deve restare: i suoi limiti sono noti, e io li ho sempre riconosciuti e gratificati di bestemmie e grida scomposte, ma attraverso il suo apprendistato la società e la squadra si sono tirati fuori dalle secche. Cambiare adesso significherebbe ricominciare da capo, e niente ci può garantire che questo percorso di maturazione continuerà. Io penso che il ciclo non sia ancora chiuso, e che serrarlo in anticipo sarebbe un errore.
Ci aspetta un’estate in cui le scelte della società di indicheranno a che punto siamo cresciuti: alcuni senatori non più all’altezza devono essere spesati senza pietà anche se con l’onore delle armi, per mostrare che se il calcio è diventato il "calcio moderno", anche la favola nerazzurra si è adeguata ai tempi; alcuni innesti devono arrivare, nel segno della continuità di questo gruppo e di giovani che hanno bisogno di inserirsi e di dimostrare il loro valore (per me Bolzoni, Balottelli e Fatic). Il prossimo campionato sarà una sfida serrata a quattro, in cui non penso che noi arriveremo primi alla fine(se non altro per la legge dei grandi numeri), ma che ci lascia un po’ di testa e gambe per concentrarci sul traguardo che ci manca da troppo tempo. Ci dobbiamo provare e per tutti, a cominciare da Mancini, quello è l’esame che manca ancora per entrare definitivamente nella storia, la nostra ma anche quella del calcio "ufficiale". E per farsi quattro risate, l’anno prossimo tutti in trasferta a Tallin per il gironcino UEFA, che si sa, con una Champions senza Milan che non vale nulla sarà certo più affascinante della competizione madre. Ah. Ah. Ah. Forza Inter!!