Sweeney Todd

25 Febbraio 2008 8 commenti

 

Prima che anche voi facciate l’errore di un mio amico niguardese in guerra con la propria scarsa attenzione nello scegliere di chi fidarsi nella selezione del film: il nuovo film di Tim Burton è un musical, un bel romanzone d’appendice gotico e gore, decisamente imperdibile per chi ama i film dello zio Tim. Più adulto e meno sentimentale delle sue ultime uscite, a me ha dato una certa soddisfazione, complice anche il cast incredibile e la solita sapiente miscela di scenografia e sceneggiatura. Johnny Depp ormai per quanto mi riguarda è assurto all’olimpo dei migliori attori esistiti, ed Helena Bonham Carter nella parte della pazza costituisce un ottima partner quanto a bravura; il miracolo è completato da Alan Rickman e Timothy Spall, che da Harry Potter al racconto musicale splatter fanno un bel salto carpiato nella deformazione dell’immaginario infatile. Bravo!

Forse la parte meno riuscita è quella musicale, per la quale lo zio Tim  abbandona il suo fido Danny Elfman per un modestissimo Stephen Sondheim: la sezione strumentale è molto meno evocativa e il cantato lagnoso nelle melodie e nel ritmo. Nulla a che vedere con la Fabbrica del Cioccolato, che aveva messo in luce la capacità di Elfman di gestire un progetto come quello di questo film. In ogni caso la pellicola è valida e da impianto audio di qualità superiore, anche se non tutti la sapranno apprezzare. 

Voto: 7,5

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Una pausa di riflessione

24 Febbraio 2008 3 commenti

Un pareggio giusto sentenziato da un campo peggiore di quello di San Siro in una partita combattuta ma non particolarmente spettacolare. L’Inter arriva a Genova con la necessità di recuperare psicologicamente dopo la batosta di Liverpool (propiziata mi ero dimenticato di scriverlo dall’unico arbitro straniero citato nelle intercettazioni moggiane, oltre che dalla cacarella improvvisamente venuta ai giocatori nerazzurri), in una condizione che esalta in negativo quello che viene magnificato in altri momenti di campionato: fino a dicembre ogni formazione messa in campo giocava benissimo, mentre adesso in un momento di difficoltà fisica e non la variabilità delle relazioni in campo non facilità la compattezza mentale.  

L’Inter vede anche un momento di difficoltà di alcuni uomini chiave: Crespo, Figo, Vieira, Stankovic non sono al meglio; Matrix è inguardabile; Suazo non ha ancora imparato i movimenti senza palla che servono in una squadra come l’Inter; tre legamenti crociati saltati tra gli uomini più in forma. Nelle stesse condizioni altre squadre lotterebbero per un posto in Uefa, quindi dobbiamo avere fiducia nei ragazzi.

Venendo al campo: Julio Cesar è una sicurezza, incolpevole sul gol – molto bello – di Cassano propiziato da una stupidaggine – l’ennesima – di Matrix; Maicon ritorna a macinare chilometri e speriamo aggiusti anche la mira del cross per tornare il colosso che conosciamo; Maxwell non riesco mai a capire se c’è o non c’è con la testa prima ancora che con i piedi; come centrale il migliore che abbiamo preso in rapporto prezzo/qualità delle partite è incredibilmente Rivas, che, nonostante sia probabilmente un killer dei cartelli colombiani arrivato in nerazzurro per una partita di giro di dubbia origine, ha fatto il suo lavoro egregiamente; Matrix non si è più ripreso dall’infortunio che ha interrotto un momento di grazia che l’aveva strappato al girone dei  centrali irruenti e con poco tempismo: la speranza che ritorni il Matrix dell’anno scorso non muore ma si affievolisce drammaticamente. 

A centrocampo Cambiasso dopo aver giocato per tre per tutto il girone di andata è in evidente difficoltà atletica, proprio nel momento in cui ci serviva di più; Zanetti dovrebbe ritrovare la panchina a favore di giocatori con qualità tecniche maggiori, senza tante remore e con grandi ringraziamenti per il cuore che ci mette sempre; Vieira è ancora fuori forma e si vede, nonostante si incazzi al momento della sostituzione, con una reazione che meriterebbe una multa dalla società – se fossimo una società seria. Stankovic è un fantasma e per fortuna si accascia da solo: non fa un cross giusto, corre sulla fascia spompandosi, e rischiando di combinarne un’altra come sul gol di Gerrard (e la colpa è di Mancini che non vuole mai togliere il suo pupillo dal cazzo di campo). Figo non ha minuti nelle gambe ma grande classe e carattere: riaverlo per il ritorno con il Liverpool mi pare determinante. Maniche e Pelé sono un mistero.

Davanti l’assenza di Zlatan si sente di brutto, anche se la più grande gioia di questa domenica è il ritorno al gol di Valdanito Crespo, che se ritrova il feeling con l’area piccola può essere l’arma finale per il miracolo in Champions. Suazo non vale i soldi che lo abbiamo pagato, e sta finendo anche il bonus che gli è stato accordato dal popolo nerazzurro per aver rifiutato il Milan facendo fare una figura di merda colossale alla dirigenza rossonera.

Un pareggio di riflessione, onesto per quello che si è visto sul campo: i nerazzurri storcono la bocca per le ormai troppo prelibate abitudini, i doriani si possono leccare i baffi; contento Mancini da buon doriano, e Cassano da interista. NB: Cassano può giocare bene solo in una squadra come il Doria, dove è al centro dell’attenzione e delle moine di tutti; spero Mancini non se ne innamori a meno di non farlo dormire in stanza con Sinisa.  

 

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Sconfitta meritata (principalmente dall’arbitro, ma anche da Mancini e giocatori)

19 Febbraio 2008 16 commenti

 

Bilancio della serata completamente negativo: non contiamo nulla in Europa da un punto di vista diplomatico prima ancora che sportivo (un arbitraggio così con il Milan farebbe saltare molte teste nell’UEFA, ma domani nessuno dirà nulla); la squadra manca di personalità e non ha accennato ad aver superato la propria tara psicologica in Europa (vedremo al ritorno); infortuni nel settore più martoriato della stagione; pesanti conseguenze possibili sulle stagioni future (Moratti minaccerà Mancini di cacciata con ignominia, e questo – per quanto io non condivida spesso le scelte del Mancio – significa riportare indietro il lavoro societario di dieci anni). Insomma, una serata di merda.

L’Inter entra in campo con un vitello pazzesco: Cambiasso sembra Van der Meyde; Ibra e Cruz non riescono a vedere palla anche perché il centrocampo è praticamente posizionato a 5 metri dalla nostra area; la difesa sembra essere l’unico settore assettato, ma non basta in una partita così che devi giocare convinto di potercela fare. A peggiorare la situazione ci pensa l’arbitro, tanto per rispondere a chi mi rompe ancora i coglioni con i favori arbitrali pro Inter: due gialli su due falli inesistenti di Matrix e Inter in 10; nel frattempo anche un bel giallo a Chivu, stavolta più o meno meritato, mentre i Reds non collezionano neanche un cartellino giallo nonostante di falli ne abbiano fatti come, quanto e anche peggio dei nerazzurri. In 10 contro 11 ad Anfield sembra impossibile, e io per un attimo spero che stimoli il carattere dei ragazzi. Ci pensa Mancini a disilludermi: in 10 contro 11 ha sempre giocato con il 4-3-2, per non far abbassare la squadra, e mi pare la cosa più logica anche qui. Invece dopo il primo tempo mette in campo Vieira per Cruz, di fatto con un 4-4-1 senza una prima punta: Vieira si dimostra un gobbo stile Lippi (mandato all’Inter per rovinarci) e gioca come un poppante; Ibra da solo lì davanti non può fare nulla, perché va sempre incontro alla palla anziché cercare di dare profondità, ovviamente (non serve essere Mancini per sapere che sarebbe stato quello il risultato). Ma non basta: si infortuna Cordoba, l’unico che in queste condizioni regge decentemente; entra Burdisso che non fa rimpiangere poi molto il colombiano, in compenso però continuiamo a soffrire arroccati. Chi conosce l’Inter sa che è solo questione di tempo prima della botta di sfiga. Che infatti arriva all’85esimo con la deviazione di Maicon. Il 2-0 decisamente troppo pesante per quello che racconta campo e stagione delle due squadre, viene siglato da Gerrard grazie a Stankovic che non doveva neanche entrare in campo nel secondo tempo, magari sostituito da Suazo per un 4-3-2 di contropiede. Sullo scambio con Pennant, Stankovic non esce su Gerrard che infila con gran culo l’angolino impossibile e batte Julio Cesar. 

Due a zero è pesante, ma forse meglio così. Costringe Mancini e i ragazzi a meditare sui propri errori: se non faranno l’errore di diventare nevrotici e scenderanno in campo con determinazione e grinta, a San Siro si può ribaltare una gara come questa, dato che Benitez verrà a fare la muraglia umana in area. Ovviamente a patto che ci facciano giocare 11 contro 11, e che a nessuno venga il vitello. Siamo noi che dobbiamo dimostrare a noi stessi quello che valiamo. Se lo capiamo si può fare, altrimenti, sarà un altro Villareal, un altro Valencia, un altra Europa per noi impossibile. 

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Un nuovo racconto dalla cripta di Blackswift: Freezer, il mostro dell’inverno

19 Febbraio 2008 1 commento

 

"E perché
sono tutti nervosi (I volti intorno
si fanno gravi). Perché piazze e strade
si vuotano e ognuno torna a casa?".

"E che fa buio e i Barbari non vengono,
e chi arriva di là dalla frontiera
dice che non ce n’è più neppur l’ombra".

"E ora che faremo senza i Barbari?
(Era una soluzione come un’altra,
dopo tutto…)".
                                        [ E. Montale che traduce Kafavis]

Contenuti della newsletter 03, inverno 2007/2008

 


Inverno

L’inverno – si sa – intorpidisce le membra e i neuroni, ci spinge a rintanarci in casa, desiderosi di un camino da accendere, di compagnie da riscaldare e di coltri con cui coprirci. Il freddo intirizzisce, ma allo stesso tempo una folata di vento gelido ci può svegliare come poco altro al mondo, e con effetti collaterali decisamente minori di una secchiata d’acqua. Allora i mesi intorno al cambio dell’anno conservano una duplice potenzialità, l’ipotesi di due strade divergenti da percorrere.
Il mondo che ci circonda sembra essersi calato in un inverno perenne, congelato nella sua incapacità di evolvere e di offrire delle gemme a qualche sole o dei semi a qualche alito di brezza, inondato di un freddo senza neve che possa preludere a una rinascita. Intorno niente sembra cambiare, eppure tutto cambia, l’informazione ci offre costantemente una prospettiva nuova, magnifica e progressiva, e tutti noi ci offriamo lieti di parlarne, come si discute di quanto durerà un ciocco nel camino travestendo l’argomento di novità.
Anche questo inverno forse è come quello che viviamo camminando nelle strade delle nostre città, gravido di percorsi diversi e punti di arrivo nuovi. Forse spetta ad ognuno decidere se farsi cullare da caleidoscopiche menzogne, o porgere la sua migliore gota allo schiaffo della bufera gelida.


Blackswift – Quanto ha venduto il libro?

I tempi editoriali sono quelli che sono: c’è voluto più di un anno dalla uscita nelle librerie di Monocromatica per avere una idea di quanto ha venduto. Il dato non è preciso perché avere qualcosa di definito numericamente da Sandrone Dazieri è impresa ardua, ma si dovrebbe aggirare intorno alle 3.000 copie, centinaio più centinaio meno.
Più o meno sta nel range delle vendite della Colorado Noir, quindi è facile pensare che il grosso del merito di questo numero discreto per uno pseudonimo esterofilo privo di pubblicità e di tour organizzato per presentare il libro dignitosamente, sia da ricercare nel pubblico che segue le collane della casa editrice.
In ogni caso siamo soddisfatti, ed è difficile numerare i download dal sito della versione integrale del libro, che lo ricordiamo è stata messa online in contemporanea – anzi in anticipo nella sua versione primigenia. I numeri di questo si aggirano intorno alle migliaia anche in questo caso.
Se dobbiamo essere onesti pensiamo che il libro sia ancora acerbo, soprattutto nella malizia necessaria a gestire una storia evocativa di per sé. Siamo stati molto criticati ma anche elogiati, in alcuni casi riteniamo più per compiacenza che per convinzione. Il libro però è stata una esperienza divertente e che contiamo di ripetere, magari traendo insegnamento dagli errori narrativi e organizzativi che hanno reso questo libro meno di quello che poteva essere, ma conservando quegli spunti che lo hanno reso qualcosina di più.
Ringraziamo tutti coloro che lo hanno letto, che ci hanno scritto, recensito, raccontato, suggerito, criticato, aiutato. Seguiteci intanto sul sito e fateci sapere cosa ne pensate delle nostre nuove fatiche.

Per leggere il libro e trovare le recensioni: visitate il sito di noswift.org


Attualità

Siete proprio sicuri di volerlo sapere?
Beh, facciamo così, facciamo un mosaico: la polizia ha fatto irruzione in un reparto ostetrico interrogando una paziente che aveva appena abortito un feto morto e malformato, insieme a tutti i medici e agli infermieri; gli esponenti del governo appena caduto dicono che il primo punto del programma è il conflitto di interessi; un ragazzo catanese è in carcere da un anno per omicidio ma viene solo condannato per resistenza aggravata e nessuno si chiede dove sia finito l’omicidio; un poliziotto in quel di arezzo ha ucciso un ragazzo sparando alzo zero, ma non è in stato di carcerazione preventiva e non si sa quando inizierà
il processo; di un altro ragazzo spunta un video di 12 minuti con i suoi carnefici che ridono dopo averlo ammazzato di botte, ma il loro processo è dimenticato; Israele, una delle poche potenze atomiche, dice che l’Iran ha le atomiche e che quindi è un pericolo per la pace mondiale; i giornali italiani parlano del matrimonio di sarkozy, mentre in kenya muoiono milioni di persone; ci sono 750.000 persone di nazionalità diversa da quella italiana che hanno chiesto di lavorare in italia, ma solo 170.000 potranno entrare nel territorio nazionale; la disoccupazione è al minimo storico calcolandola ogni tre giorni; le bollette di luce e gas aumenteranno di 300 euro per famiglia all’anno, cioè mezza mensilità di ogni membro della famiglia percepente un reddito; di solito una famiglia è ancora retta dallo stipendio di uno dei due genitori e dal lavoro in nero dell’altro; il prossimo capo del governo veste con pantaloni neri, camicia nera, è pelato e saluta con il braccio levato e il palmo disteso; no, non è mussolini, quello era stato anarchico, all’inizio della sua carriera.
Vi basta? Secondo me vi abbiamo scritto meno dell’1% delle cose che sono successe e che hanno un minimo di rilevanza. Fate voi, abbiamo preso le migliori.



Racconti e Romanzi

Freezer

1.  Dove

L’aria è frizzante come una bottiglia di acqua appena tolta dal freezer, ti colpisce il viso come uno schiaffo, svegliandoti anche quando non vuoi, rendendo compatti e uniformi i pori della pelle, levigando le superfici e spogliando gli alberi delle ultime foglie gialle che tenacemente rimangono ancorate ai rami degli alberi, protesi verso il cielo bianco come una scodella di latte rancido.  Alle volte piove, ma non è la stessa cosa: allora il cielo è grigio come un topo morto, e la pioggia è in realtà una
nube di vapore acqueo ad altezza uomo, appena più densa della nebbia. Non è che riesci a goderti uno scroscio che ti faccia venire voglia di imitare qualche attore americano che vaga perso nei suoi pensieri fino a sciogliersi nell’acquazzone, o una pioggia fitta fitta che richiami nella tua mente immediatamente il desiderio di un caminetto, un libro, e un piccolo idillio casalingo. Allora le giornate migliori dell’inverno sono quelle più crudeli, quelle più feroci, con quell’aria che ti aggredisce, per ricordarti che non puoi mollare un attimo. E tu non molli. Per niente.

Le strade sono ingombre di auto, di tram, di autobus, motorini che sfrecciano in ogni direzione, a onde, orchestrate dal ritmo asincrono dei semafori, un po’ sincopato. Quando cammini ascoltando l’ultimo pezzo che ti sei messo nel lettore mp3, cerchi di dare un ritmo ai passi, uno scandire dei mocassini, nuovi, che segua la batteria, mentre gli sciami motorizzati li immagini danzare insieme alla melodia delle chitarre e delle tastiere. Nel tuo piccolo ti senti un artista.  Se non fosse per il fastidio che ti procura ogni persona che incroci per strada e che ti pare concentrato solo a rovinare quella sinfonia perfetta che avevi orchestrato fino a quel momento. Milano sarebbe perfetta se fosse disabitata, se potessi gustarla fino alla sua ultima molecola, senza l’interferenza di tutti gli altri. Ecco, nel tuo piccolo ti senti un artista incompreso.

Nel caos quotidiano i tuoi passi non ti sentono, come se il loro suono fosse immobilizzato dalla freddezza cristallina dell’aria che dovrebbe trasmetterlo di particella in particella, fino al tuo orecchio. I colori del cemento e dell’asfalto si attutiscono, diventano meno grevi, meno opprimenti, come se decidessero di graduarsi sul bianco del marmo dei palazzi, o sul bruno delle aiuole spoglie e brulle, terrose. Potresti spalancare gli occhi senza ferirli, se non fosse per il gelo, che intirizzisce anche loro, e non avessi paura che le cornee ti si potessero crepare, come un barattolo pieno d’acqua lasciato fuori sul davanzale.

Sono pochi i giorni in cui ti sembra di poter inspirare a pieni polmoni, in una città come Milano, giorni come questo, giorni freddi, lucidi e secchi come l’idea di un genio o lo schiocco di una frusta. Allora ti fermi un secondo e ti lasci invadere dall’aria, fino a bruciarti gli alveoli, fino a scoprire parti del tuo apparato respiratorio che normalmente ignori.
Tutto questo fino a che non metti piede, dopo pochi minuti, sullo zerbino dell’ufficio in via Pisani. I tuoi pensieri, la tua arte, le tue sinfonie vengono richiuse nel loro scrigno, calpestate dalle suole dei mocassini che pulisci sulle setole. Bando alle ciance. Il lavoro è lavoro.

Il racconto completo potete leggerlo sul sito in versione  [txt] [rtf] [pdf]

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Etica Criminale, Poetica Materiale

18 Febbraio 2008 Commenti chiusi

Devo dire che Il Fiore del Male è stato uno dei libri biografici più belli che ho letto, e quando l’ho finito l’emozioni che avevo provato a ogni pagina ancora  mi inseguivano. Etica Criminale di Massimo Polidoro non è un’esperienza così forte, ma devo dire che è un resoconto molto umano (come testimonia la nota di postfazione scritta dal protagonista del libro, Renato Vallanzasca) e molto sentito di un periodo che è ormai definitivamente tramontato, di una città e di un modello di vita che non esistono più.

Massimo Polidoro pone fortemente l’accento in maniera un po’ romantica sulla malavita di un tempo, sulla sua etica, sui suoi principi così vicini a quelli dei militanti in molte parti, e cerca di confrontarla con la malavita di oggi, con il diffondersi dello spaccio che ha soppiantato le rapine, con la gretta sopravvivenza alle spalle degli altri che ha soppiantato il coraggio di agire in prima persona. E’ una visione molto romantica della vicenda di Vallanzasca, e non mi stupisce che lui l’apprezzi, da buon cuore tanghero e egocentrico, ma paradossalmente non troppo lontana per come l’ho sempre vista io dalla realtà. D’altronde se Vallanzasca le ha vissute in un certo modo le sue vicende, anche la loro rappresentazione più simile alla psiche del bel René sarà quella più vera. 

Qualche mese fa ha aperto www.renatovallanzasca.com, che è entrato nella top ten dei miei feed più seguiti, e mi risulta che sia anche ormai l’attività più frenetica dell’impenitente rapinatore. Il blog è molto denso ed è curato dalla sua attuale moglie (Antonella D’Agostino) e da altri ragazzi che hanno voglia di dare uno strumento in più di evasione al loro amico. Il blog è altamente consigliato e devo dire che se sulla politica non ci intendiamo proprio, sulla visione circa il giornalismo Renato Vallanzasca potrebbe essere eletto mio portavoce 🙂

Ora nei prossimi tempi spero di riuscire anche a leggere il libro scritto da Antonella proprio sul bel René. Intanto posso solo omaggiarlo quando scrivo delle strade che hanno visto parte della sua vita, siano esse Giambellino o via Porpora, e sperare che in qualche modo – qualunque modo – torni presto libero.

Voto: 7

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Una partita da 18 minuti

16 Febbraio 2008 3 commenti

 

A Milano c’è stata la primavera tutta settimana, ovviamente venerdì sera ha iniziato a spirare il vento gelido dalla Groenlandia e la temperatura è scesa di 10 gradi. Il momento ideale per una partita che dura 18 minuti, il tempo di due gol di Suazo, che chiudono la partita e le speranze del Livorno, che dopo aver giocato con una squadra da serie B pensava di poter portare a casa un altro pareggio contro l’altra squadra di Milano (quella da serie A).  

La difesa con Burdisso-Chivu centrali non convince appieno, soprattutto il primo che non è proprio lo stesso giocatore pre-Valencia. A destra Maicon è tornato quello che conosciamo e Maxwell a destra sbaglia un milione di passaggi ma acquisisce convinzione quando scende verso l’area avversaria. A centrocampo Cambiasso e Zanetti fanno straordinari, Stankovic a sinistra non è nel suo ruolo ma sembra tornare ai suoi livelli, mentre Pelé è ancora lontano dall’essere un giocatore da Inter. Finalmente torna in campo Luis Figo, e la sua qualità  ci farà molto comodo: bentornato!

Davanti Suazo merita la sufficienza solo per i due gol: per il resto pecca di egoismo e di poca lucidità, e non fa un movimento senza palla giusto in tutta la partita. Crespo meriterebbe di metterla dentro per la voglia che ci mette, e solo la scarsa voglia di affondare del resto della squadra, che si accontenta di amministrare il vantaggio, gli nega questa felicità. 

Mancini sempre più uomo-società, che chiude la sua intervista dicendo: "non ci sono state polemiche, non so come faranno questa sera ad andare in onda le trasmissioni sportive". Mitico.  

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Nessuna Pietà 2

15 Febbraio 2008 Commenti chiusi

 

Come previsto oggi è stata letta la sentenza di appello per il processo del San Paolo. Che cosa successe quella notte potete leggerlo e vederlo sul sito che è stato dedicato alla vicenda: http://www.inventati.org/sanpaolo

Oggi il giudice di appello di Milano ha confermato le condanne di primo grado per due dei quattro compagni accusati di resistenza per non essersi fatti picchiare senza scappare, mentre ha assolto con formula piena anche il secondo partecipante al pestaggio immortalato da un cittadino meglio della media da un balcone nei pressi dell’entrata del pronto soccorso. In pratica, come sempre, le forze dell’ordine non hanno bisogno né di dimostrare alcunché per provare che il loro uso di armi e violenza è sempre e in ogni caso legittimo. Sotto il comunicato alla fine dell’udienza

LO STATO SI ASSOLVE

Venerdi’ 15 Febbraio 2008 è stata emessa a Milano la sentenza
d’appello per i fatti dell’ospedale S. Paolo del 16 marzo 2003:
confermata la condanna di primo grado per due compagni ad un anno e
otto mesi, oltre che il risarcimento complessivo di oltre 100.000 euro,
e la piena assoluzione dei tre membri della forza dell’ordine.

Un giudizio basato sulla sola ricostruzione dell’accaduto fornita da
polizia e carabinieri, gli stessi protagonisti dei pestaggi di quella
notte. Nulla hanno contato le testimonianze del personale
medico-sanitario che ha assistito direttamente alle cariche
indiscriminate dentro e fuori il Pronto Soccorso. Ancora meno hanno
contato le evidenti lesioni riportate dagli amici e dai compagni di
Davide, selvaggiamente massacrati, che sono, invece, gli unici ad
essere stati condannati oggi.

Se il processo di primo grado, si era concluso con la (lieve)
condanna di un poliziotto a quattro mesi per abuso di ufficio (ripreso
da un video amatoriale mentre manganellava una persona a terra) e di un
carabiniere a sette mesi per possesso di una mazza da baseball (pena
caduta in prescrizione), assistiamo oggi alla piena legittimazione da
parte della Magistratura del comportamento, in vero stile scuola Diaz,
delle forze dell’ordine.
Lo Stato, ancora una volta, si assolve tentando di stravolgere la
verità nelle aule dei tribunali, agg

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Nessuna Pietà

14 Febbraio 2008 7 commenti

 

Domani, venerdì 15 febbraio 2008, assisteremo all’epilogo del processo di appello per i fatti del San Paolo: nella sera un ragazzo viene ammazzato a coltellate per strada in via Zamenhoff in quartiere Ticinese, da tre neonazisti che portano al guinzaglio un cane di nome Rommel. Altre tre persone rimangono ferite nell’agguato. Il corpo di Davide viene portato all’ospedale San Paolo, e mentre si consuma il dramma, alcuni membri delle forze dell’ordine vengono a "prendere informazioni", sfottendo. Ne nasce un diverbio, e poi un litigio. A quel punto arrivano i rinforzi, celere, gazzelle e pantere. Caricano fino dentro al pronto soccorso. Alcuni si salvano dalla carneficina solo perché si nascondono in sale emergenza del pronto soccorso. Teste spaccate, ossa rotte. Il tutto filmato. Mazze da baseball estratte da bauli di auto di ordinanza. Grida scomposte.

Il processo di primo grado si conclude con una condanna a quasi due anni di carcere per due ragazzi pestati quella sera. Resistenza. Mentre gli unici tre membri delle forze dell’ordine portati a processo prendono qualche mese per abuso d’ufficio. La giustizia. Domani considerato il giudice dell’appello, finirà pure peggio.

Nel frattempo hanno depositato le motivazioni della sentenza di secondo grado per i fatti dell’11 marzo. Nonostante tutto, 15 condannati a 4 anni. Se volete fate voi il confronto con gli anni che si sono presi gli assassini di Davide (in appello 9 e 6 18 anni, per l’omicida e molti meno per i concorrenti). Assassini. O con gli 11 anni dati per il processo contro i 25 per i fatti del g8 di genova.

Poi quando uno si chiede cosa si intende per persi per persi meglio perversi, forse dovrebbe capire che se questo è il livello dello scontro, nessuno si dovrebbe stupire quando qualcuno si stancherà e farà delle stupidaggini. Un po’ come oggi pomeriggio: un presidio di donne in difesa della 194 con un reparto intero di celere schierato davanti a un ospedale. Manco quelle decine di donne fossero dei rapinatori di altri tempi armati fino ai denti. 

Il popolo vuole così, il popolo vuole violenza e sicurezza, illusorie, in cambio della propria libertà. Proprio come negli anni 20. Ognuno faccia i suoi conti.  

Il silenzio e la percezione del sé di un poliziotto dell’antimafia

13 Febbraio 2008 Commenti chiusi

 

L’altro giorno sono entrato in libreria in zona centrale, e spulciando qua e là, più per perdere tempo che peraltro, dato che avevo già speso bei soldi in volumi dall’inizio del mese, mi sono imbattuto in questo libro della Piemme Edizioni: Il Silenzio, sottotitolo Racconto di uno sbirro antimafia. Il libro si presenta come scritto da un poliziotto "puro" dell’antimafia di Catania, sotto lo pseudonimo Gianni Palagonia. Si sa che io, il mio socio e altri abbiamo un po’ lavorato sul tema della percezione del sé da parte delle forze dell’ordine, sulla loro psicologia e sui loro processi di riorganizzazione, quindi ero curioso e il giorno dopo, passando nella medesima zona sono entrato e me lo sono comprato. Bando all’avarizia!

Il libro è molto interessante, ben scritto – anche perché chi racconta storie della propria vita densa ha fin troppe cose da mettere nero su bianco – e scorrevole. Ma non è questo il punto: il volume è infatti un ottimo documento su come pensa, come si percepisce e come agisce uno sbirro diciamo "ispirato", non uno qualunque che si è trovato lì, ma uno che voleva essere ed è diventato un poliziotto. Da questo punto di vista penso sia un documento molto interessante per chi vuole fare il militante, anche se ovviamente ha i suoi limiti.

E’ molto interessante per tutti gli altri invece perché sfrondato dalla lieve retorica del buono contro i cattivi, mostra la realtà della criminalità organizzata e della vita da poliziotto, del modo di condurre le indagini, della creazione di organizzazioni parallele in seno allo stato e alla stessa polizia, che ritengo – per come conosco io le cose – molto vicine alla realtà e molto crude se si vuole, senza concessioni alle soluzioni facili. Il libro sbatte in faccia a un po’ di benpensanti – e anche di stereotipati militanti – un po’ di verità scomode. Il vero problema è: non si spinge fino a far capire come questo meccanismo di stato nello stato tipico non solo della mafia ma anche del mondo delle forze dell’ordine in ambienti in cui non si rischia troppo la vita, diventi una vera e propria associazione mafiosa, con annessi e connessi. E il problema sta anche e soprattutto lì. Noi l’esempio lo abbiamo con l’antimafia di Palermo da cui escono molti dei vertici della Polizia Italiana attuale e imputati nel processo Diaz e in altre nefandezze in cui si difendono come veri cumpari, memori di quello che hanno rischiato forse, ma che non giustifica l’applicazione del medesimo metro di misura a movimenti e società civile. 

Interessante è anche la sfiducia nello Stato e nella democrazia. Se anche il paladino della giustizia contro la mafia ritiene di essere da tempo in emergenza democratica allora vuol dire che la situazione è molto grave. Sono sicuro che Gianni Palagoni concorderebbe con me nella voglia di far saltare un tot di gente che anziché lavorare per creare un posto migliore dove vivere, si arrabbata a trarne sempre e comunque profitti personali. In ogni caso il libro è altamente consigliato e un ottima fonte di studio.

Voto: 7

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La grammatica di Benni

11 Febbraio 2008 5 commenti

 

Il primo libro che ho letto di Stefano Benni è stato un volume bianco e rosso, edito Feltrinelli, che avevo scovato nell’armadio che nella terza g delle medie George Sand di Affori racchiudeva la biblioteca. Era Terra, forse in assoluto il suo libro più bello, tuttora ineguagliato. Il secondo libro che ho letto è stato il Bar Sotto il Mare, trafugato a mio zio, forse il secondo miglior libro dell’autore bolognese. 

Gli appassionati di Benni dividono le sue opere in tre periodi: i primordi d’oro, che vanno appunto dalla fine degli anni settanta al 1989, racconti e romanzi di grandissimo valore narrativo, oltre che formativo, di un autore ancora non diventato un best seller, ma amato da milioni di persone. Poi c’è la fase della maturità, i romanzi tra Baol, La Compagnia dei Celestini, Elianto,  e a essere generosi Bar Sport Duemila e L’Ultima Lacrima: questa fase sarà matura ma è molto meno fresca e l’ironia è più forzata, meno briosa, ma il tutto rimane piacevole. Benni a questo punto è un autore affermato, conosciuto, invitato. L’ultima fase di Benni è iniziata con il nuovo millennio e penso che tutti coloro che lo amano possano tranquillamente affermare che fa cagare: poco spirito, storielle prive di spessore e di spunti per ragionare, troppo fiaba e poco critica della realtà. 

Sono felice di dire che questo libro apre spero la controfase a Spiriti, Saltatempo e schifezze varie. La Grammatica di Dio è una raccolta di racconti abbastanza sagaci, tetri nei momenti giusti, dolci quando meno te lo aspetti. Mi ha ricordato il Bar Sotto il Mare, anche se siamo lontani da quel capolavoro, e soprattutto in alcuni racconti mi ha strappato un cambio di umore verso quella malinconia scanzonata che Benni ha sempre saputo evocarmi tra una risata e l’altra. Consigliato a tutti, nella speranza che l’autore ritrovi nella vecchiaia il vecchio smalto di quando non aveva nulla da perdere e tutto da godere.

Voto: 7

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