Archivio

Archivio autore

La Lega dei Citroni: Life is Now!

21 Aprile 2010 4 commenti

 

Al di là della pretattica Mourlino manda in campo l’Inter titolare e Guardiola fa lo stesso con il Barça, senza astruse decisioni modellate sull’avversario anziché su sé stessi. La partita mostra subito le sue caratteristiche: nerazzurri aggressivi su ogni pallone, catalani guardinghi e manovrieri, con i nostri eroi pronti alla verticalizzazione. E ogni tifoso che ringrazia il cielo che Ibra sia in campo.
L’equilibrio regge cinque minuti. Il Principe ha due occasioni d’oro ma non le sfrutta e nello stadio le bestemmie si sprecano. Poi l’Orco anziché sbattere via la palla, se la fa fregare e sugli sviluppi dell’azione Maxwell infila il Pelato che non spende un giallo per stenderlo: cross in mezzo per Pedrito solo come non si era mai visto, e Inter sotto di un gol. Tutti iniziano a temere la girandola, ma succede tutt’altro.

L’Inter attacca, attacca, attacca. E al trentesimo l’ennesima combinazione tra il nostro settore avanzato paga con un gran gol dell’Olandesina Volante, che sfrutta un assist perfetto di colui-che-non-vede-la-porta (sì, sono sarcastico, nda). Per quindici minuti a equilibrio ristabilito potrebbe succedere di tutto. Ma per la prima volta in vita nostra vediamo i nerazzurri non retrocedere.
Inizia la ripresa: dopo tre minuti penetrazione vincente del Colosso che spara in rete la rimonta. Lo stadio si trasforma in una bolgia. L’Inter ci crede e inizia a picchiare come un martello sul Barça. Una roba mai vista prima. Non ci sono parole per spiegarlo. E al sessantesimo, ennesima ripartenza conclusa con cross del Leone per la testa dell’Olandesina e il tap-in in quasi fuorigioco di Milito.

E’ troppo presto. Troppo presto. Chi conosce di calcio lo sa. E sa che sta per partire il torello. Il Barça leva Ibra, avanza Maxwell e imposta la girandola con tre attaccanti estremamente mobili. Cominciamo a soffrire. Ma cala l’asso targato Perez: l’arbitro che aveva fischiato 2000 fuorigioco nel primo tempo dando l’impressione di darci addosso, sfodera un inaspettato anti-catalanismo. Inizia ad ammonire i blaugrana e soprattutto nega a Dani Alves un rigore grande così (tipo le dimensioni di Rocco Siffredi), anche complice la sceneggiata che fa il brasiliano. E’ anche vero che forse il Barça è abituato ad avere rigori con molta facilità, considerato il tuffo di Piqué quando viene sfiorato in area.
Mourlino sta preparando le contromosse dopo una decina minuti di torello extreme: il Colosso a centrocampo, Speedy terzino e la Merda Umana come punta centrale al posto di Milito. Purtroppo il Colosso si scontra durissimo contro la spalla di Messi, e cambia tutto: dentro Crystal Crazy Chivu, il Capitano d’Acciaio a destra, e la Merda Umana in fascia. Quest’ultimo non tiene una palla che sia una, e dopo dieci minuti in cui lascia la squadra in balia del Barça un milione di volte viene beccato pesantemente dal pubblico: inizia a svalvolare, spara via due palle che potevano portare al 4-1, e addirittura si permette di fare un tacco-assist verso gli avversari. Il pubblico non ci vede più dalla rabbia, ma per fortuna il torello finisce senza subire reti nonostante il pressing catalano.

E’ la sera dei gufi viventi. Ora tutti muti. Una serata incredibile. Che io non ho mai visto in tutta la mia vita. E non penso di essere l’unico. Vincere in rimonta contro la squadra più forte del mondo è qualcosa di indescrivibile. Non so cosa succederà al Camp Nou, e ora come ora non mi interessa. Life is Now!

PS piccolo piccolo come l’uomo di cui parliamo: ognuno la pensi pure come vuole, ma i bambini devono giocare con i bambini; anzi se fosse per me la Merda Umana potrebbe anche fare riabilitazione dopo un grave infortunio in allenamento con i bambini; con la maglia della mia prima squadra non voglio vederlo mai più.

Categorie:spalti e madonne Tag:

Inter in Wonderland: bye bye Pisella!

17 Aprile 2010 2 commenti

 

Siamo alla partita della vita. Perdere punti stasera equivarrebbe a vanificare ogni sogno di scudetto. Significherebbe gratificare i nemici di tanti anni di ignobili battaglie combattute nel fango e nel segno della mafia calcistica, proprio adesso che rialzano la testa dalla melma in cui sono finiti, solo per giocarsi la carta di una rivalsa che a loro non porterà nulla se non ancora più rogne. Ogni volta che vedo un derby d’Italia non mi capacito di quanto li odi. Grande plauso all’eroe che durante il minuto di silenzio fa risuonare in tutto lo stadio il grido: "Cannavaro vergognati, merda!". Il minuto di silenzio finisce in standing ovation.

Mourlino scende in campo con l’ormai consueto fottutissimo 4-2-3-1 anti-campionato, generando i mugugni di molti. Anche l’arbitro Damato da subito fa capire che vuole dare un assaggio dei motivi per cui il calcio italiano è così stimato nel mondo: con un fallo fischiato ogni 37 secondi stabilisce il nuovo record mondiale di spezzatino di gioco. I primi dieci minuti l’Inter gioca molle e la Juve ha due fiammate che la portano a fare gli unici due tiri in porta del primo tempo, delle mozzarelle inguardabili che l’Acchiappasogni neutralizza senza manco pensarci troppo.
La partita tutto sommato scorre, ma Damato decide di fare ancora la differenza: su un innocuo calcio d’angolo in cui Chiellini dimostra la sua intelligenza cercando di trapanare con la testa lo sterno di Samuel, fa ripetere il corner per ammonire Samuel (forse colpevole di assecondare le strane voglie del difensore gobbo). Poi nel giro di pochi minuti inizia a distribuire cartellini ad minchiam. Grazie al cielo la Pisella ha giocatori di grandissimo intelletto: già ammonito Sissoko entra da dietro sul Capitano d’Acciaio che sta andando in dribbling in fascia, in una posizione da cui notoriamente non può combinare un cazzo. L’unico merito di Sissoko è che la sua inevitabile seconda ammonizione fa "dimenticare" a Damato di espellere anche Grosso, protagonista di una partita da vero gobbo: forse il ragazzo non ha digerito di essere stato spedito a Lione con il massimo sollievo e appoggio di tutti i tifosi, povero scarpone riciclato nella Pisella.

La partita non offre molto nel resto del primo tempo e nel secondo tempo l’ammonito Kaiser Motta, protagonista di diverse percussioni e di un gran tiro a giro sul primo palo, ma ammonito e preso di mira dal mirabile Damato per riportare le squadre in parità numerica, viene sostituito dal Drago.
Nel secondo tempo inizia la sagra dello spreco, dopo una spizzata di testa di Cannavaro che viene raccolta senza fatica dall’Acchiappasogni: il Leone si mangia un gol assurdo dopo una sgroppata sparandolo al terzo anello da tre metri; il Principe scheggia di piatto un cross rasoterra facendo un numero da circo che però finisce inspiegabilmente fuori; poi di testa da mezzo metro la spara fuori; poi si incarta sul pallone due volte; il Pelato e il Drago dal dischetto del rigore la sparano non si capisce dove; Supermario, entrato al posto di un inguardabile Pantera, spara due volte alto. Poi, quando tutto lo stadio pensa che la palla non entrerà mai, il Colosso si fa perdonare tantissime serate insopportabili con una roba mai vista: stop di ginocchio, palleggio, sombrero su Amauri, collo esterno imprendibile da 20 metri nell’angolino. Sul palleggio mezzo stadio stava già insultando il Colosso, un insulto che si è strozzato in un grido di gioia.
La squadra non molla e il Drago regala un incredibile punizione dai 22 metri in posizione perfetta per Diego. E’ il 41esimo. Io lo dico senza timore: mi sono cacato addosso. Ma la punizione si spegne tra le mani del nostro portiere. E cinque minuti dopo una grande azione di contropiede viene finalizzata dai piedi di Calimero, che sbaglia il tiro, ma inventa un assist perfetto per il Leone. Due a zero. Bye bye Pisella.

Vincere stasera era fondamentale. Per la nostra storia, per quello che stanno cercando di fare, per vederli piangere per un arbitraggio che li ha ampiamente favoriti facendoli picchiare come fabbri, ma fischiando a ogni volo plastico vestito di bianconero. Ora vogliono chiedere la revoca di uno scudetto che ci ha risarcito di 15 anni di furti e rapine. Comincino a restituire gli scudetti dopati dal 1994-1998, o a ridare alla Roma quello che gli hanno fregato negli anni 80. Poi ne riparliamo.
Vincere stasera vuol dire restare in gioco. Su tutti i fronti. Come fanno le squadre che ambiscono al massimo. Poi sarà quel che sarà. Per ora l’unica certezza è aver umiliato una volta di più la Pisella. Ancora una volta, Bye Bye.
 

Categorie:spalti e madonne Tag:

Una vita straordinaria ha solo bisogno di verità

16 Aprile 2010 Commenti chiusi

 
Il nuovo libro di Maurizio Maggiani penso sia il più bello che l’autore ha scritto dai tempi dell’inarrivabile "La Regina Disadorna". "Meccanica Celeste" racconta del mondo che ci circonda, anche se non lo vediamo, anche se con pervicacia e sadismo cerchiamo di ignorarlo, di cancellarlo, se lo lasciamo trasformare dai molteplici lavaggi del cervello a cui ci sottopone la comune e pubblica (troppo pubblica) opinione.
Il narratore del libro, quasi un desiderata autobiografico di Maggiani, attraversa la gravidanza della propria compagna facendoci conoscere il suo mondo, il mondo degli umili, per una volta non utili idioti, né buoni selvaggi, né crudeli e feroci homo sapiens, ma solo umani troppo umani. E il narratore parla con la voce di Maggiani quando ci dice che uno dei tanti uomini che costellano il "distretto" "i suoi acquerelli li dipinge per la stessa ragione per cui io sto parlando: perché nulla vada perduto di ciò che ancora resta. Perché ciò che è rimasto è troppo poco per perderne anche solo una foglia." Perché resta troppo poco del mondo reale, della vita, della nostra stessa umanità, dopo che lo abbiamo lasciato violentare dai messaggi deformanti e meschini di chi opiniona troppo per il proprio interesse e per plasmare una diversa realtà, una verità che diventi carne nonostante tutto e tutti.
E le parole Maggiani le sceglie con cura maniacale, per cercare di immergere il lettore nella vita dei suoi personaggi, del "distretto" tra le panie, i monti duri e la durezza semplice ed eterna dell’esistenza.

"Non colleziono cimeli di mio padre, e quel ritaglio non neppure più dove è andato a finire, ma mi ha fatto piacere venire a sapere anche in quella circostanza che è tutto vero. Che una vita straordinaria ha solo bisogno di verità."
Una vita straordinaria ha solo bisogno di verità. Le nostre vite hanno solo bisogno di verità, di quel briciolo di coraggio che serve per abbandonare la rappresentazione, l’apparenza, il simbolo, e concentrarsi sull’umano, su ciò che possiamo percepire, assaporare, comprendere senza bisogno di mediazioni del cervello o di altri organi tecnologici preposti a sostituirlo.
Il narratore di Maggiani si lascia accompagnare nel suo viaggio, nel suo racconto semplice ma mai banale, di come un bambino diventa ragazzo e poi uomo, di come le cose non si possano capire con la fretta, ma come si possano comprendere rapidamente, se ci si tiene lontano dalle complicazioni artefatte della nostra esistenza moderna e futile.

"Un uomo sogna quando è più grande di quello che fa, questo mi ha voluto insegnare. Il sogno di un uomo è tutto quello che potrà essere se riuscirà a non essere più schiavo delle circostanze. […] Secondo la Duse mio padre è stato schiavo soltanto del proprio sogno. E quella non si chiama schiavitù, si chiama passione."
E il pensiero, i sentimenti, l’umanità di ogni individuo è tutto ciò che conta per una vita straordinaria. E’ quello che ci obbliga a essere quello che siamo, senza sconti, quando alla fine del giorno devi fare i conti con te stesso e con quello che hai deciso di fare, con quello che hai scelto di tenere e quello che hai scelto di abbandonare, con le strade che hai percorso e con le parole che hai detto.
E Maggiani sa bene che un libro non basta, che quello che conta non è quello che raccontiamo, ma quello che viviamo, perché "scrivere è una comodità. Ma alla lunga la carta se ne va, e l’unica cosa che davvero rimane è il pensiero che hai avuto di metterci sopra. Ciò che sai. […] Il punto è che un patto, una promessa, già a metterli nero su bianco si lasciano dietro la parte del nocciolo […]: l’intenzione. La carta è troppo povera per contenerla; la carta ha poco prezzo e chiunque la può prendere per due lire. Un’intenzione non si dà via neanche volendo. L’intenzione del giusto non sarà mai del fedifrago, l’intenzione di un libero non sarà mai di un tiranno. […] Un patto scritto può diventare carta straccia, una promessa del cuore no. A meno che non si stracci il cuore."

I protagonisti della storia di Maggiani sono fantastici e ti rapiscono senza bisogno di grandi avventure, grazie alla mera semplicità della loro vita troppo vera, troppo politica nel senso più alto del termine, troppo straordinaria per essere dimenticata, come le mille storie che ci circondano sin da quando siamo bambini e che giorno dopo giorno scompaiono sotto il maglio di una realtà semplificata, di una vita ordinaria perché vissuta troppo poco, perché abbandonata alle finzioni e agli specchi deformanti attraverso cui sopportiamo di guardarla, come se non ci riguardasse. Fino alla fine del mondo.
I protagonisti del libro sono avidi lettori, come noi, come Maggiani stesso, rivendono le pagine che leggono attraverso le pagine che scrivono, coscienti che contino meno di nulla di fronte alla vita. Ma quando la gravidanza giunge al suo culmine, decidono che è il momento di abbandonare le parole, di riconciliarsi solo con l’esistenza, con le foglie, gli alberi, il fiume, le pietre della casa, la carne degli umani. E si fermano di fronte ad un libro che è anche un’eredità, un simbolo, The Purple Cloud di Oscar Wilde (in realtà è di Schiel, mi hanno fatto notare, ma per i protagonisti del libro è di Wilde, se volete sapere perché leggete Maggiani!!!). Una scelta non casuale.

"Ora noi sappiamo che la nube purpurea è già passata da un pezzo, che tutto quello che poteva essere fatto deserto è stato già raso al suolo. E non per esercizio di orgoglio, ma per pratica di umiltà, abbiamo la chiara coscienza che l’unica cosa di buono che i sopravvissuti possono fare per ravvivare ciò che è rimasto della Terra, è confidare nell’innocenza dei figli che sapranno generare. Non c’è nulla di eroico in questo, e nessuna segreta cabala; niente di romanzesco che non si sappia già scrivere per conto nostro. Abbiamo solo bisogno di farlo, e nel farlo avremo bisogno che ci siano lasciati lo stupore e la sorpresa che un romanzo prenderebbe per sé. Per una volta, che ci lascino noi a provare a scrivere il Gran Finale."

E qui e ora. Dove siamo noi adesso. E’ ancora possibile non tanto scrivere il Gran Finale, quanto vivere ciò che non è stato ancora raso al suolo? E quello che stiamo facendo basterà a salvare il poco che ancora rimane quando tutto il mondo è deserto? Maggiani ci crede. Per questo ha scritto un libro. Un altro libro. Perché un libro è un viatico di speranza. Ma non tutti riescono a permettersela.

Voto: 9

Categorie:pagine e parole Tag:

La Coppa dei Cachi: pan per schiacciata

14 Aprile 2010 4 commenti

 

I fautori come me del turnover in Coppa dei Cachi alla visione della formazione iniziale scelta da Mourlino saranno stati molto soddisfatti. In campo tutte le seconde linee, per quanto possibile: Crystal, Calimero, Speedy, Matrix, perfino il Colosso a centrocampo come esterno nel 4-2-3-1. Robe mai viste.
La partita non ha molto da dire: la Maggica Viola non combina un cazzo se non quando ci distraiamo un pochino. Primi venti minuti del primo tempo in cui rischiamo di fare due gol e chiudere il match, poi un po’ di viola ma senza particolari preoccupazioni.
Nella ripresa il Leone’e la butta dentro svirgolando a un metro da Frey liberato da un passaggio di Kaiser Motta che se lo avesse fatto Pirlo, Del Piero o Totti ne starebbero parlando al TG1. La partita finisce al dodicesimo del secondo tempo: c’è spazio per un po’ di minuti anche per il Pelato, per Marika e per il Principe. Poco male.


La considerazione amara è che con una squadra così scarsa abbiamo lasciato due punti che al momento (e forse anche alla fine) saranno fondamentali per il campionato. Avrei fatto volentieri scambio di risultati tra sabato e stasera. Dirò di più: avrei anche lasciato vincere la viola 3 a 0 stasera in cambio di una vittoria sabato sera. Ma c’era la psicosi del biscotto, che a dire il vero sarebbe convenuto a tutti (ma dei biscotti in serie del Cagliari nessuno si scandalizza ovviamente, tanto per dire): ora mi auguro che la viola arrivi settima a un punto dalla sesta, tanto per gradire, fuori da qualsiasi velleità europea e garantendo al Sommo Prandelli lo score di zero titoli in tutta la sua lunga parentesi fiorentina…. complimenti. Farsi un favore, anche onorando l’impegno, sarebbe convenuto a tutti. E speriamo di non pagare anche noi questo improvviso momento di lealtà sportiva di quel gran signore che è Della Valle (sì, sono ironico, nda). Chi è causa del suo mal pianga sé stesso, l’Inter stasera ha reso pan per schiacciata (che per chi non lo sapesse è la focaccia a firenze) alla viola. Con la Coppa dei Cachi ci si rivede in finale tra meno di un mese.

Categorie:spalti e madonne Tag:

Inter in Wonderland: missione impossibile compiuta

11 Aprile 2010 4 commenti

 

Mourlino manda in campo i suoi con l’ormai consueto 4-2-3-1, anche se non con gli interpreti che aveva in mente: il Drago va ko durante il riscaldamento e il Capitano d’Acciaio scala a centrocampo lasciando il posto al ritrovato Polu, il buco con il difensore intorno. Davanti la Pantera al posto del Figliol Prodigo che tutti si aspettavano titolare (a ragione). Davanti ci troviamo schierata la Viola del bel gioco in pieno stile Triestina 1980: catenaccio, catenaccio, catenaccio.

Che sarebbe stata una serata di merda e non una serata di gloria lo si capisce al terzo minuto: mischia in area, sul rimpallo si avventa il Principe che a porta vuota di testa spara la palla sul palo. Altri cinque minuti di assedio nerazzurro, poi la torta, quella vera e non quella paventata dagli sportivissimi tifosi di tutta Italia: un rimpallo finisce in fallo laterale, la viola si invola su una fascia dove Polu è assente ingiustificato, cross rasoterra, uomo da solo in area e 1-0 per i fiorentini al sangue. Decisamente immeritato.
Il resto del primo tempo scorre con la Magica Viola chiusa come un riccio e tesa ad approfittare di ogni errore nerazzurro. Gli eroi nerazzurri sbattono contro la muraglia viola, sbagliano molto e consentono diverse ripartenze senza riuscire mai ad impensierire veramente Frey. Passano 45 minuti e siamo ancora sotto.

Nel secondo tempo tutti pensano che Mourlino si ravvederà almeno di alcuni degli errori che ha fatto nell’impostazione della gara: infatti si scalda Supermario Prodigo, ma entra a sorpresa al posto di Polu (che effettivamente aveva fatto più danni della grandine). In mezzo però si balla ancora di più, e la squadra fatica a trovare spazi e assetto per la rimonta. I primi 25 minuti della ripresa sono identici alla fine del primo tempo: una palla nerazzurra che rimbalza contro un muro e saette in contropiede che approfittano della scarsa vena della difesa della Beneamata – mai soprannome in questo periodo potrebbe suonare più profetico. L’Acchiappasogni è in serata Acchiappafarfalle e rischia di fare più volte la frittata: abbiamo bisogno della sua classe per essere i numeri uno, come di quella dei nostri migliori assi. E quest’anno ci sta mancando parecchio (Roma, Chelsea e stasera tanto per dire impegni fondamentali in cui ha fatto cilecca).

Appena esce Pandev per Muntari e torniamo ad avere un centrocampo come si deve troviamo due gol in rapida successione con azioni quasi identiche: recuperiamo più palloni, giochiamo meglio, e scardiniamo la difesa viola con due cross al veleno e due tocchi del Principe e del Leone. Devo ammetterlo: a questo punto io ci ho creduto. Siamo al 36esimo e mezzo. Al 37esimo palla a scavalcare di nuovo il centrocampo, il Capitano chiama invano all’uscita l’Acchiappafarfalle che rimane inchiodato sulla linea e lo costringe a mettere in angolo. Dal corner palla abbastanza inutile, Mario devia, ma intanto l’Acchiappafarfalle è uscito a caso, la porta è vuota e Kroldrup – voglio dire, la brutta copia scarsa di Kaladze – insacca da un metro. Stiamo di nuovo perdendo (dato che se non stiamo vincendo, la logica mi dice che stiamo perdendo), e il sogno di riabilitare una serata di merda si infrange sulla dura realtà della poca concentrazione con cui si è affrontata la gara. Il resto del match non vale neanche la pena di raccontarlo, perché non ne imbrocchiamo più una.

L’Inter riesce nella missione impossibile di buttare nel cesso lo scudetto regalandolo alla Roma pur essendo la squadra oggettivamente più forte del campionato. Troppi punti persi (Parma, Genoa, Atalanta sopra tutte le partite), troppe partite affrontate con l’approccio mentale sbagliato (non le conto più). Il 4-2-3-1 che ci ha tanto dato in Europa è evidentemente inadatto al campionato catenacciaro e tignoso della Serie di Oz: da quando lo abbiamo usato con continuità abbiamo perso la supremazia a centrocampo, sfiancato i nostri attaccanti e i nostri centrocampisti, e inanellato più pareggi e sconfitte che vittorie. Per non parlare della brillante idea di giocare un tempo o quasi con un 4-2-4 imbarazzante e senza senso: non a caso appena abbiamo rimesso in campo un centrocampista in più abbiamo fatto la differenza in un attimo. La Beneamata del primo MOurlino non cannava mai le partite importanti, quest’anno in campionato le ha ciccate tutte: con la Juve quando era la più accreditata anti-inter, con il Parma quando c’era da dare il ko al campionato, con la Roma quando dovevi tenerli a distanza, e oggi quando con una vittoria avresti seriamente ipotecato lo scudetto fiaccando il morale degli avversari. La differenza sta soprattutto nella gestione di queste gare, di quelle dove vincere fa la differenza. Evidentemente il campionato non offre abbastanza stimoli ai ragazzi e forse anche alla società, ma a noi tifosi buttare nel cesso lo scudetto fa rodere il culo di brutto. Mourlino, per piacere, possiamo tornare al rombo in campionato (con cui abbiamo vinto 3 scudetti senza colpo ferire)? Possiamo tornare a considerare il campionato il trofeo da vincere visto che in semifinale (per carità ne godiamo tutti, ma è il massimo a cui potevamo aspirare quest’anno) della Lega dei Citroni ci siamo arrivati? E, soprattutto, possiamo restituire pan per focaccia ai guelfi e ghibellini che si sono alleati giusto una sera per strapparci un punto che a loro non serve a un cazzo affrontandoli martedì con un catenaccio degno di Nereo Rocco e i suoi fratelli? La speranza sarà pure l’ultima a morire, ma i nostri eroi la mettono certamente a dura prova.
 

Categorie:spalti e madonne Tag:

La pattuglia dell’alba

8 Aprile 2010 Commenti chiusi

 

Don Winslow è sicuramente uno degli autori esplosi in Italia quest’anno. Già, perché è al romanzo numero undici, ma nessuno se n’era accorto prima che "L’Inverno di Frankie Machine" diventasse un film con De Niro pronto ad uscire anche in Italia. La Pattuglia dell’Alba è il terzo romanzo che leggo e ognuno è una perla del genere: noir ovviamente, americano ovviamente, imperdibilmente travolgente, come le onde che la fanno da padrone in tutto il libro, che lo attraversano, che lo dominano.
Se ancora non avete letto niente di suo, è un ottimo inizio per entrare nel suo mondo. Anche se la potenza dell’affresco de "Il Potere del Cane" o l’intreccio assoluto e i personaggi di Frankie Machine sono un altro livello narrativo. Però direi che è il punto di partenza ideale per affezionarvi a un autore e non mollarlo più.

Voto: 8,5

Categorie:pagine e parole Tag:

La Lega dei Citroni: six-minutes-match

7 Aprile 2010 Commenti chiusi

 


Dopo una prova così c’è poco da dire: si potrebbe parlare del lavoro incredibile di Mourlino, oppure dell’incredibile qualità dei nostri quattro là davanti, o anche del velcro sulla maglia di Julione Cesare che non si lascia sfuggire l’unico tiro veramente pericoloso dei russi. Ma sarebbero solo dettagli. Passo direttamente alla disanima della partita.

Il match di ritorno dei quarti di finale della Lega dei Citroni dura 6 minuti. Sei. Anche troppi, per i miei gusti. Tre sarebbe stato ancora meglio. Il resto della partita è poco più di un allenamento per gli eroi nerazzurri. Si passeggia, si rischia poco, ma ad ogni accelerazione potrebbe arrivare un nuovo gol. Partite così gli interisti non ne vedevano da anni se non decenni: assoluto controllo, tranquillità, mai un momento di ansia. Solo questo basterebbe a ricordarci che siamo diventati un’altra squadra, e tutto per merito nostro. Per adesso accontentiamoci di aver raggiunto il primo obiettivo stagionale (essere tra le prime quattro d’Europa e non solo). Il post è già più lungo di quanto lo sia stata la partita degli imbelli ex-sovietici.
 

Categorie:spalti e madonne Tag:

La bellezza è un malinteso

5 Aprile 2010 1 commento

 

Ho preso e finito in un giorno uggioso e con un po’ di tempo libero l’ultimo libro di Sandrone (Dazieri). Con questa, è la seconda volta che cerca di uccidere il Gorilla, il personaggio  chiave dei suoi successi come scrittore. Già con lo scorso "Il Karma del Gorilla" aveva dichiarato di voler chiudere la saga del fortunato character, ma evidentemente si è ricreduto. E questo capitolo ha il sapore di un addio, con meno personaggi ispirati alla vita che in parte ho condiviso con lui e più personaggi tratti dalla vita che svolge adesso, molto distante dalla mia. Io spero ci ripensi, perché sono convinto che sia un personaggio di cui non ci si stanca mai come lettore. Staremo a vedere.

Il libro è ben costruito, negli anni Sandrone ha ormai imparato alla perfezione il mestiere dello scrittore. E’ piacevole e si lascia attraversare senza opporre resistenza. Me lo sono goduto e mi sono divertito. Penso che a un noir dazieriano non si possa chiedere di più. 

Voto: 7,5

PS: mezzo punto in più per lo splendido titolo

Categorie:pagine e parole Tag:

Inter in Wonderland: lasagna, so good!

4 Aprile 2010 Commenti chiusi

 

Mourlino non può disporre di 4 titolari per squalifica. Uno si aggiunge dopo il match del CSKA per le botte prese (l’Olandesina). Fa fronte all’emergenza chiedendo sacrificio a chi può giocare: il Bambino gioca nonostante visibilmente non si regga in piedi dopo il sessantesimo; Crystal Testa-di-Cuoio anche lui regge al massimo sessanta minuti e i restanti tre li fa in apnea (anche questa volta un tempo di lanci lunghi sul suo lato da parte degli sportivissimi avversari). Per il resto Speedy e il Muro in mezzo alla difesa, il Sindaco, il Drago e il Pelato in mezzo al campo. Davanti tridente formato dal Principe, Kung-fu Pantera e Supermario lo Scazzato Volante (Prodigo).

In linea teorica le lasagne che ci troviamo davanti dovrebbero diventare un sol boccone per gli eroi nerazzurri, ma pare che più che altro nel primo tempo i nostri si divertano a mangiarsi i gol fatti: il Figliol Prodigo spara sul portiere due gol fatti, da fuori i tiri sono mozzarelle e le penetrazioni che arriviamo a fare si spengono oltre i legni. Ci pensa il Sindaco Motta a farci andare a riposo sull’1-0.
Nella ripresa stessa solfa. Il gol praticamente confezionato dal Principe e servito su un piatto d’argento sia alla Pantera che a Supermario è da urlo, ma nesusno la caccia dentro. E prima di arrivare al secondo gol saremmo già dovuti essere 7-8 a zero. Il gol è del Figliol Prodigo Scazzato Verace, ma dovrebbe essere attribuito al Principe che apre d’esterno destro come non si vedeva fare da anni al Meazza. Il sigillo è di nuovo del Sindaco dopo scambio nello stretto con il Drago che anche oggi ha giocato un sontuoso secondo tempo e un primo tempo meno all’altezza. Misteri della fede.

Come misteri della fede sono i crampi di Mario all’ottantesimo considerato che ha 19 anni e che ha corso si e no metà della partita, poi limitandosi a bighellonare ozioso sulla fascia sinistra. Misteriosi sono i motivi per cui Mourlino lasci in campo il Principe fino all’89esimo, considerato che un po’ di relax se lo sarebbe meritato. Molti misteri in una giornata in cui vincono tutti, il campionato si accorcia di un turno, avvicinandoci alla resa dei conti. Registriamo con felicità il ritorno al gol del mediocampisti e una buona prova, senza dimenticare però che l’abbiamo fatta contro una squadra di brocchi che da la giusta dimensione della Serie di Oz.

PS: chi indovina la citazione del titolo è un fine intenditore di musica

Categorie:spalti e madonne Tag:

Ecco perché ho deciso di entrare in politica e abbandonare il movimento

1 Aprile 2010 12 commenti

 

Basta. Sono stanco. Stanco di vedere le mie qualità di leader e di tribuno buttate nel cesso senza riuscire a cambiare lo stato di cose presente. E’ tre anni che ci penso. Tre anni che rifletto su cosa avrei dovuto fare per dare una svolta alla mia vita. E ieri mi è sembrato il giorno giusto per farlo.

Sono uscito di casa nel pomeriggio dopo il lavoro, sono andato qui vicino, in una delle sedi della Lega più vicine e mi sono iscritto al partito. So che molti rimarranno delusi da questa mia scelta, ma ho pensato che se proprio dovevo vendermi, era meglio farlo alla struttura che mi avrebbe garantito una remunerazione e una prospettiva migliore nel breve-medio periodo.

Questo è ovviamente l’ultimo post del blog, dato che le mie nuove frequentazioni politiche sono incompatibili con la mia permanenza qui (come anche nel collettivo di autistici e nelle altre organizzazioni in cui milito seppure con poco impegno ultimamente). Ringrazio tutti voi che mi avete sostenuto e che sono convinto saprete guardare all’uomo, prima che al politico quando mi reincontrerete sulla vostra strada.

Cordiali saluti,

Nero

(da oggi in poi, Verde)

Categorie:movimenti tellurici Tag: