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Allucinazioni antipolitiche

5 Marzo 2010 2 commenti

 

La situazione che si sta delineando in questi convulsi giorni sulle elezioni regionali e sulla presentazione delle liste è allucinante. Ma non per i motivi che molti commentatori e politici stanno presentando (che nella loro cialtroneria sono sicuramente fuori di senno, ma questo ça va sans dire). Il vero delirio è un atro. 

L’antipolitica prepotente e liberista berlusconiana ha spinto nell’angolo dell’antipolitica legalista le sinistre e tutte le persone che fanno culturalmente riferimento a un’area progressista e anti-conservatrice (tanto per capirci). Così di fronte alle carenze e ai magheggi della lista formigoni e polverini, ai dispettini legalitari dei radicali, ai ricatti di berlusconi, gasparri e la russa, anziché riaffermare il primato della politica, ci si nasconde dietro i giudici, sperando che risolvano loro la disputa. Una vera e propria contro-esibizione di inettitudine politica di rara magnitudo. 

Possibile che a nessuno venga in mente di dire: il punto non è la legge, il punto è la politica. Che la destra si assuma le sue responsabilità, ammetta l’incapacità di gran parte dei suoi dirigenti – nei ranghi per interesse personale e per avidità più che per perorare un’idea di società o di paese – e ne paghi il fio. Poi ognuno voterà secondo le sue idee, senza cercare di far saltare questo o quel candidato sperando in un indiretto beneficio (che non arriverà, anzi vedrete che la destra rinserrerà le fila e recupererà quello che aveva perso con i recenti scandali mafiosi e laidi in cui era rimasta coinvolta un po’ in tutta Italia). No, invece. Tutti dietro l’indice di un giudice. Ossuto, magro e insufficiente. Almeno se vogliamo parlare di politica.

Io rimango sempre più basito. E spinto verso il nichilismo più assoluto.

 

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Inter in Wonderland: troppa grazia

1 Marzo 2010 7 commenti

 

Arriviamo su un campo ostico come quello di Udine – ostico per noi, malleabile per il duopolio, da sempre, remember 5th of may – con montagne di squalificati e qualche infortunato. A ogni tifoso si gela il sangue nelle vene, le membra paralizzate dal terrore, quando legge la formazione: di fianco all’unico non assente Orco nel ruolo di dissuasore centrale giocherà la Statua di Sale, Tiagone il di marmo micione. Comunque c’è fiducia nel mister e nella provvidenza. Per chi ci crede.

In mezzo al campo schieriamo solo due giocatori di cui uno al 270esimo minuto consecutivo dopo un infortunio di due mesi – il Drago – e uno ancora acerbo – Marika il klingoniano oscuro. Marino non è un pirla e infatti capisce subito che deve metterci sotto e non aspettare come fa con il Milan, per dire: centrocampo dinamico e affollatissimo, esterni d’attacco assatanati (maledetti figli di lippi, ed è inteso come insulto) e Di Natale per infilare i nostri rapiderrimi centrali difensivi.

Tempo due minuti e siamo già alle bestemmie (approfittando del fatto che ancora non vale la nuova regola che prevede la squalifica): Pepe buca la difesa, il Colosso e il Capitano d’Acciaio non salgono e siamo infilati. Tutti i tifosi già temono una giornata orrenda. Ma i ragazzi ci fanno subito ricredere e Supermario scivolando infila Handanovic. Meno male. Sugli spalti tutti soddisfatti. Cominciamo a macinare gioco e non soffriamo più di tanto. Nel giro di dieci minuti, il Mago Mourlino schiaccia un tasto sul cellulare e i giocatori friulani si trasformano in birilli: Principe-Pantera-Colosso tutto di prima al volto e gran gol nel sette. Quando l’Udinese si scongela il loro pomeriggio di gloria è già finito. Non demordono, ma non mordono. Per demerito loro più che per grandi meriti nostri. E allo scadere Supermario mette un cross perfetto, e altrettanto telecomandato è il taglio del Principe che punisce l’Udinese. Tre a uno e sospiro di sollievo.

Si rientra in campo con fiducia, immotivata evidentemente. Infatti nel secondo tempo gli eroi del Mago non entrano in campo. E’ solo Udinese. E per fortuna riescono a segnare solo un gol su rigore sacrosanto. Nessuno però ha capito che dagli spalti Mourlino ha azionato il suo incantesimo più potente: attraverso il cellulare attiva uno dopo l’altro dei dissuasori magnetici che impediscono ai friulani di concentrarsi e alla palla di entrare in porta. Purtroppo si dimentica di disattivarli proprio quando l’Olandesina e il Leone smunto si trovano sui piedi due ottime occasioni. Si distrae fin troppo, lasciando in campo fino al settantesimo una Pantera che a parte il tocco nel gol non ne imbrocca molte, e ritarda l’ingresso di Matrix abbandonando il nostro Micione di Marmo preferito fin troppo in una posizione scomoda (lo sguardo perplesso della Statua di Sale quando si posiziona sulla linea dell’area di rigore è lampante). L’ultima svista sui dettagli – che evidentemente in campionato non sono importanti come altrove – è quando si allontana dagli spalti al 93esimo. Infatti con lui lontano i campi di forza si spengono e complice il supplemento di recupero deciso dall’arbitro rischiamo di prendere il gol al 94esimo e mezzo. Mourlino rientra appena in tempo per riattivare i dissuasori mentre la palla plana sulla traversa: saluta il Friuli con il gesto che ci hanno insegnato significa "ciao a tutti, amore e grande calcio" in olandese. Speriamo che anche nel suo caso lo capiscano tutti.

Siamo stremati e meno male che c’è una settimana per riprendersi. Marino ci fa sudare la partita presentando i friulani come al solito con il coltello tra i denti (contro di noi). Alcuni giocatori sono un po’ fuori condizione e devono sbattersi senza discutere. Supermario mostra che la Primavera è la sua stagione e cresce, Milito è immenso, la difesa fa il massimo possibile. E’ in mezzo che oggi eravamo un po’ disperati consentendo agli avversari di scendere ogni volta senza opposizione alcuna. Per fortuna recupereremo tutti gli squalificati tranne Cambiasso – somma ingiustizia – e dovrebbero recuperare molti degli infortunati, se non tutti (SGRAAT). Tre punti importantissimi, diciamo che compensano i punti buttati nel cesso a Parma. Avanti tutta.

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Un giorno senza di loro, un giorno senza di noi

28 Febbraio 2010 2 commenti

 

Domani, primo marzo 2010, un giorno senza i migranti, per dimostrare quanto le nostre vite siano legate alle loro, più nel bene che nel male, e quanto le loro vite siano legate alle nostre, più nel male che nel bene.

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La Lega dei Citroni: EUR-eka!

25 Febbraio 2010 7 commenti

 

Nella partita successiva al killeraggio tagliaventiano il Mago Mourlino ha solo tre ordini per i suoi uomini: a) buttiamola dentro; b) dietro non si molla un millimetro in pieno stile molossiano; c) voi a centrocampo mettetevi sti pannoloni con addittivo stitico e vediamo se riusciamo a evitare figure di merda. Tre su tre. Formazione obbligata dietro e davanti, in mezzo punta su un mediocampo tecnicamente capace e mediamente fisico.

Passano tre minuti e il Principe sfodera la spada e si lancia in avanti a spron battuto, stop, finta, palla sul primo palo. San Siro esplode. Un gol subito cambia il volto del match. E infatti tutti respirano meglio. Nonostante le precauzioni Mourliniane il Drago ha le mutande sporche, come ogni volta in Europa – e non me la si meni con la condizione fisica che quella è una scusa dal 60esimo minuto in avanti, non dal 60esimo secondo. Anche il Pelato gioca 45 minuti a testa bassa e con la palla che scotta tra i piedi, mentre la Statua di Sale ha il solito dinamismo tipico del Platano Atlantico. Il suo assist per il Leone che smarca il Principe per l’affondo totale è oro colato, ma il resto non va. I Cavalieri Azzurri nemici accusano un po’, ma in mezzo i loro due uomini tra le linee insieme a due uomini per fascia vanno sempre via al trittico terzino-Pelato-mediocampista nerazzurro (Drago da un lato, Statua di Sale dall’altro). Poco dopo il Leone ha sul piede la palla per chiudere il match, ma svirgola come un Martins qualsiasi. Tutto lo stadio lo perdona, ma a denti stretti.

Con l’andare del tempo gli Azzurri si rianimano, noi rinculiamo e il rapporto tra il nostro e il loro possesso palla scende. Non è una buona idea e cominciano ad arrivare le loro occasioni: il momento peggiore è la traversa strepitosa centrata da Drogba, anche se come al solito nasce da una punizione che è un capolavoro di fantasia di Mejuto Gonzales. La seconda parte del primo tempo si soffre un po’, e al 46esimo rischiamo di brutto, ma in Europa non ci sono i Rocchi, i Tagliavento, i Rosetti e compagnia cantante. Per inciso il rigore ci poteva stare, ma sarebbe stato francamente ingiusto.

Nell’intervallo Mourlino piglia a scarpate tutti negli spogliatoi perché sa che se non tiriamo fuori la testa – e altri oggetti sferici appartenenti al corpo umano – sono volatili per diabetici. I nostri eroi scendono in campo motivatissimi, ma consentono a Ivanovic di passeggiare palla al piede per tutto il campo fino a servire Kalou che imbrocca la traiettoria che frega Julione l’Acchiappa-pilastri-di-cemento-in-faccia. Bestemmie ovunque, ma la reazione c’è. Il Drago e il Pelato finalmente giocano a calcio e con un doppio tiro rimpallato la mette dentro. E’ a questo punto che accade la cosa più stupefacente che un interista abbia visto da moltissimi anni: il Mago Mourlino toglie la Statua di Sale e mette Supermario. Poi la Pantera per il Leone. Nessuno lo ha mai fatto all’Inter. Il messaggio è chiaro e gli Azzurri rinculano, dando la chance a Mario insieme al Pelato di fare il terzo gol. Il rammarico è grande, ma il risultato rimarrà fissato sul 2-1. Soffriamo solo gli ultimi dieci minuti stremati, ma la diga di un monumentale Orco e di un incredibile Muro non viene giù. Se ci chiedevamo perché l’Orco è il Capitano del Brasile adesso lo sappiamo. Perché è una bestia in grado di annullare Drogba.

EUR-eka! I nerazzurri fanno la partita che i tifosi aspettano da dieci anni, dai tempi di Inter-Real Madrid già rievocato. La difesa interamente diffidata riesce a non prendere neanche un cartellino, il centrocampo dopo 45 minuti sabbatici riesce a scoprire come si gioca in Europa, e davanti sfruttiamo una occasione su due. Grande cinismo, grande concentrazione ogni istante, grande carattere e determinazione. Godiamo. Godiamo fino in fondo. Finalmente. Ma ricordiamoci che ci sono ancora novanta minuti da giocare.

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Jasper Fforde è un bastardo geniale

23 Febbraio 2010 2 commenti

 

Jasper Fforde è pubblicato in Italia da Marcos y Marcos, ma purtroppo c’è chi non riesce ad aspettare quando scopre un grande autore. Io sono uno di questi, e soprattutto in inglese, quando becco qualcuno che vale la pena seguire, prediligo leggermelo in lingua originale. Al momento il ragazzo è noto ai lettori italiani per la saga di Thursday Next (ormai giunta a cinque libri, di cui quattro già tradotti a partire da Il Caso Jane Eyre), incredibile fantasy fantascientifico dove una detective letteraria scopre un intero mondo popolato solo da libri e personaggi di fantasia ben più influenti sulla realtà di quanto si vorrebbe lasciar intendere. Recentemente da questa serie è nato uno spin-off: la serie della Nursery Crime. Questa è meno originale e comunque divertente. L’anno scorso l’autore ha mancato il suo annuale appuntamento (i libri di Jasper Fforde escono sempre ogni luglio) e si è scoperto che stava per uscire una nuova serie, completamente non correlata a Thursday Next. La nuova serie si chiama: Shades of Grey (lo tradurrei Ombre di Grigio, ma in Italiano i doppi sensi così tipici di Fforde non reggono minimamente nonostante lo sforzo di encomiabili traduttori). Ed è una bomba.
Ho letto il libro tutto di un fiato. E alla fine ho odiato Jasper, perché ha scritto un nuovo capitolo geniale della fantascienza, e perché mi ha agganciato e mi contringerà a fremere in attesa dei prossimi volumi della saga. Bastardo maledetto. Genio maledetto.

La serie è ambientata in un lontano futuro (almeno 500 anni della Nuova Era che è certamente partita almeno dopo il 2150, considerato i dati disseminati qua e là nel libro) in cui l’umanità è cambiata in creature che vedono solo parte dello spettro visivo (artificialmente o naturalmente è tutto da decidere) e che vivono in una società estremamente gerarchica ed estremamente ordinata su base cromatica, la cui massima aspettativa è una vita ordinata, ordinaria, priva di eventi inconsulti e di incidenti. Vi sembra familiare. Anche a me. Ed è per questo che Fforde è l’incrocio perfetto e moderno tra Swift e Carroll. E merita di essere l’erede di entrambi. Nella storia accompagnamo Edward Russett alla scoperta della sua maturità e della sua vita, di ciò che si nasconde dietro la società in cui vive, e di quello in cui vuole credere e per cui vuole combattere. La tecnica di costruzione della realtà distopica presentata è molto raffinata e le risonanze con il mondo che ci circonda puntuali e sarcastiche. Absolutamente fantastico. Se masticate l’inglese, non perdetelo. Altrimenti attendete con trepidazione la traduzione.

 

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Inter in Wonderland: Deus ex Mafia

22 Febbraio 2010 20 commenti

 

Venerdì sera anziché chiudersi nelle stanze del ritiro prepartita, gli eroi nerazzurri si sono trovati di fronte all’ennesima sorpresa di Mago Mourlino: ad attenderli fuori dalla Pinetina hanno trovato una scialuppa, che li ha condotti sul veliero dell’Ammiraglio di Setubal, armato di tutto punto e pronto a prendere il largo. L’aria mefitica della serie di Oz Mourlino l’ha capita da un pezzo, ma pur nella putrida Terra dei Cachi esistono luoghi che non possono essere condizionati dalla potere, dal malaffare, dai vizi umani, o almeno così pensava Mou: l’Oceano di Oz, il condottiero lo sa, rimane un luogo di leale confronto, dove vince il più scaltro, il più forte, il più feroce, ma non il più furbo o il più ammanicato. La spietata legge del mare.

E allora di fronte alle fetide correnti della volontà dei Palazzi dei Cachi, Mourlino ha deciso di giocare questo episodio della nostra saga avventurosa sui marosi impervi dell’Oceano, il viso sferzato dalle onde e dalle folate di bufera, sul cassero di poppa a gridare ordini che si perdono nel vento, mentre i nostri eroi si improvvisano marinai e corsari: chi sotto coperta a svuotare con le pompe la stiva, chi sul ponte, chi al timone sotto gli occhi di fuoco dell’Ammiraglio, chi avvolto tra vele e sartiame.

Quello che Mourlino non aveva considerato era che anche nella nostra umile narrazione lo spazio per il confronto leale è molto risicato: sulla scena scossa già dal rombare dei cannoni di babordo e dal raffazzonato fuggi fuggi dei nostri avversari ciclisti (come si evince dalle loro casacche) sbalzati di botto su una nave poco più che mercantile a ingaggiar battaglia, irrompe Eolo, aka Tagliavento, la mano armata di malafede della necessità storica che i nerazzurri non vincano il campionato ancora una volta. Non sono così certo che non ci sia una regia (come il titolare del blog), ma non sono neanche certo che ci sia: per i giornalisti è meglio così, per i media è meglio così, per chi deve mandare avanti la baracca è meglio così, per chi per anni ha sfruttato il malaffare è meglio così, per chi per decreto deve vincere qualcosa se non tutto e per ora non lo sta facendo è meglio così. Insomma un deux ex mafia conviene a tutti, tranne che a noi tifosi, giocatori, dirigenti della Beneamata.

Eolo spazza il ponte del Galeone Nerazzurro, scagliando nei flutti il povero Muro e Speedy Gonzales, imponendo il giro di chiglia ai nove restanti giocatori, con la beffa dello sventolio di sulfuree bandiere gialle contro di loro alla minima imprecazione. E all’altro fronte della battaglia porge solo le terga, perché gli improvvisati Bacicin (…vattene a ca’, ta moe t’aspeta!) ne dispongano a loro piacimento. Lo shock di quest’ultimi è talmente forte che in 11 contro 9 non si vedrà un tiro in porta manco a pagarlo a peso d’oro. Per tutelarsi dalle critiche e dalle malelingue poi, Eolo pensa bene di espellere anche il Pazzo – che avrebbe dovuto essere scagliato anche lui in mare da almeno una quarantina di minuti buoni dopo il suo duello all’arma bianca sleale con l’Orco – così da dare la possibilità ai cerchiobottisti del circo(lo) mediatico di vico dei miracoli di argomentare ancora una volta con la scusa della scarsa serata dell’arbitro.

In tanti anni non ricordo un tentativo tanto plateale e spudorato di condizionare l’andamento di un campionato come quello che l’Inter sta subendo. Forse solo nel 1998 abbiamo visto qualcosa di vagamente assimilabile. E non è questione di singoli episodi, ma di andamento generale: in 5 giornate abbiamo collezionato in una partita due rigori contro e una mancata espulsione avversaria, in un’altra due mancati rigori a favore, in un’altra due espulsioni e un rigore contro, in un’altra due espulsioni e quasi una terza contro. A pensare male si fa peccato ma ci si prende quasi sempre. E non è solo una questione di campionato: se per tre anni prima delle sfide europee giochi partite in 10 (o addirittura 9) contro 11, il disegno di penalizzarti anche in Europa per avere modo di puntarti il dito contro dopo l’ennesima figura di merda è patente e scientifico. D’altronde conosciamo già le litanie che ci attendono nei prossimi giorni: "è colpa di Mourlino che esaspera gli animi" (come se la colpa dell’omicidio fosse della vittima che non ha schivato il proiettile); "era una serata no dell’arbitro"; "Mourlino non si può trincerare dietro queste cose perché l’Inter è comunque la più forte"; "la mafia non esiste"; e altre nefandezze scrivendo e discorrendo. D’altronde anche l’edicolante dove ho comprato il giornale stamattina – interista evidentemente della famiglia degli "obiettivi ad libitum anche quando gli altri ti stanno pisciando in testa" – mi ha aperto gli occhi: "E’ colpa di Mourinho" – mi ha detto – "In Italia non puoi dire le cose come stanno, non puoi cambiare le cose; devi adeguarti". Vox Populi Vox Dei.

Quando l’Inter ha tardato a rientrare in campo dagli spogliatoi per il secondo tempo ho sperato che qualcuno avesse spaccato una sedia in testa a Tagliavento, o in alternativa che Moratti avesse imposto di non far disputare il resto del match: avremmo perso a tavolino e ci avrebbero penalizzato in campionato con qualche punto, ma se proprio devono impedirci di vincere regolarmente il campionato sul campo, che almeno abbiano l’indecenza di farlo a viso aperto. Dimostriamo che la dignità non è un bene di facile commercio. Che ci facciano partire direttamente con un handicap, ma che ci evitino gli spettacoli osceni che abbiamo dovuto testimoniare stasera a San Siro. Arrivo a casa e scopro che il massimo che possiamo permetterci è il silenzio stampa: avrei preferito che parlasse solo Moratti, dicendo che l’anno prossimo l’Inter si iscriverà alla Premier o a qualsiasi altro campionato, e che da oggi ogni rapporto con stampa, lega e figc sono sospesi fino a data da determinarsi. Visto che diamo così fastidio, che facciano a meno di noi. Ma non tentino di nuovo di metterci i bastoni tra le ruote: Mourlino per la prossima gara ha già preparato le armi pesanti. E ogni tifoso che si rispetti deve schierarsi dietro il suo Condottiero e partecipare alla battaglia. Io ho già messo l’elmetto e sono in trincea, in questa nostra infinita, perenne, Stalingrado nerazzurra. Take no prisoner.

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Cina chiama, Milano risponde (?)

15 Febbraio 2010 1 commento

 

 

Ogni tanto gironzolo per la rete (in effetti un po’ più che ogni tanto), ma il sito del Corriere non me lo cago molto. Stasera avevo poco altro da fare e mentre si chiacchierava del più e del meno con Blanca, ci sono capitato. Ed è grazie alla sua segnalazione che ho scoperto un lavoro interessantissimo sui cinesi a Milano, sulla loro storia, sulla loro cultura, su quello che succede ogni giorno nella mia città alle persone che provengono o sono originarie di famiglie del Paese che in assoluto mi affascina di più. Sul sito del Corriere troverete 58 clip, un po’ al giorno, che vi racconteranno in maniera per nulla scontata e stilisticamente accattivante decine di storie dei chinai milanesi. A realizzarli sono stati il regista Sergio Basso e  la Sarraz Pictures srl, autori tra l’altro di un documentario che a breve uscirà nelle sale dal titolo Giallo a Milano. Sono rimasto ipnotizzato per minuti e minuti, ascoltando e leggendo tutto quello che era possibile di questo documentario. Gran lavoro. Che vale la pena diffondere e condividere. E mi sono ritrovato a dispiacermi per la scarsa disciplina che ha limitato i miei sforzi di imparare il cinese, e la scarsa sorte che non mi ha mai fatto incrociare la strada di alcune di queste vite, di queste storie cinesi e italiane al tempo stesso. Oggi come oggi mi accontento di aiutare i miei alunni chinai a trovare la loro strada quando sceglieranno il loro futuro scolastico, ma mi piacerebbe poter cooperare con molte delle cose che ho visto nel video e che in tutti questi anni a più riprese mi hanno sfiorato. Ora basta scrivere però, godetevi anche voi questo scorcio di Milano, che tanto per cambiare riesce a sorprenderti anche quando pensi di aver raggiunto il limite di sopportazione nei suoi confronti e nei confronti di coloro che vi abitano. 

 

Inter in Wonderland: pareggismo senza limitismo

15 Febbraio 2010 14 commenti

 

Il Mago Mourlino manda in campo una formazione che sulla carta dovrebbe spaccare il culo ai passeri. E anche ai tarantolati partenopei. Invece quest’ultimi partono a mille all’ora, con in mano una piantina accurata delle buche del campo del San Paolo che permette loro di vincere ogni singolo rimpallo o controbalzo. Pazzesco. I nostri costruttori di gioco sono mezzi conciati, e in ogni caso pressati da tre avversari per volta: non si capisce se Mourlino abbia istruito i nerazzurri a giocare in slow motion, o se gli uomini di Mazzarri Vien dal Mare abbiano tutti fatto visita a una camera iperbarica nella notte.
In campo per 15-20 minuti c’è solo una squadra e non è prima in classifica. A centrocampo gli azzurri scorrazzano come vogliono e non c’è un raddoppio uno che funzioni: il Pelato non vede biglia da 270 minuti, l’Olandesina è ancora traumatizzato dalla squalifica e Calimero viene fatto a pezzi ogni contrasto, tanto che all’intervallo non rientrerà in campo per insufficiente percentuale di componenti corporei atti a disputare un match di calcio: non è mica un macronauta! Dopo 20 minuti i tarantolati si calmano un secondo, non prima di aver centrato da 30 metri una traversa clamorosa e di aver impegnato Giulione in una parata strepitosa su colpo di testa di Denis.
Mourlino ordina: fate girare la palla e fateli stancare. Detto fatto. E Rosetti, fedele alla sua missione, ci nega un rigore clamoroso per una parata in area di Contini (nessuno mi venga a dire che quello è un movimento naturale delle due braccia, per piacere). Calimero si toglie anche lo sfizio di centrare l’incrocio dei pali con un tiro incredibile. Ma il primo tempo finisce a reti inviolate.
Nel secondo tempo rientriamo con Marika al posto di Calimero, guadagnamo in qualità e perdiamo un pochino in forza. Ma il Napoli corre meno e gli eroi nerazzurri emergono. Oltre alle piantine i partenopei montano delle calamite sugli scarpini e diventa difficile portare via palloni, ma nessuno capisce perché non si riescano a fare tre passaggi di fila quando si supera la metà campo. Per 15 minuti spingiamo: il Principe viene abbattuto in mezzo all’area ma per l’ennesima volta Rosetti chiude entrambi gli occhi; la Pantera ha la palla giusta ma la spare in faccia al portiere.
Mourlino suona l’ordine in controtendenza: teniamo palla e teniamo il pari. I partenopei si rifanno sotto e centrano un palo clamoroso con Quagliabella, poi sprecano due palle nitiderrime con Denis. Soffriamo, ma portiamo i carri armati fuori dal San Paolo con un punto a fronte degli zero conquistati negli ultimi due anni.
La squadra sembra un po’ imballata: problema di testa? di gambe? di cosa? Ce lo dica Mourlino. Di sicuro alcuni interpreti sono un po’ conciati: il Leone sopra tutti e a seguire il Pelato. Nelle ultime sette fuori casa, sei punti. A parte la vittoria di misura con il Chievo non vinciamo in trasferta da novembre. Qualcosa che non quadra c’è. E la dimostrazione è che il migliore in campo è stato il Capitano d’Acciaio, indice chiaro che la squadra non ha girato per nulla. Dopodiché i punti persi sono quelli con il Parma e non certo un pareggio a Napoli, ma una prestazione negativa via l’altra non si può archiviare come se non fosse nulla. Certo, abbiamo messo fieno in cascina, ma non durerà per sempre. Certo, contro di noi le squadre arrendevoli come quelle viste contro le nostre dirette inseguitrici in questo turno non si vedono mai. Ma non possiamo cercare alibi. Se vuoi vincere, devi mordere. Sempre. Devi giocare a calcio e dimostrare sul campo la tua superiorità. Stasera e non solo stasera si vede quanto il progetto Mourliniano sia ancora acerbo: gli manca quella continuità e solidità che hanno fatto del vate di Setubal un fenomeno calcistico. Stringiamo i denti e guardiamo avanti. Però i pareggi hanno un po’ rotto le palle. Onestamente. 

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Inter in Wonderland: anche Dio sbaglia (sarò espulso?)

11 Febbraio 2010 Commenti chiusi

 

Non è sempre domenica, recita un vecchio adagio, e in effetti oggi è proprio mercoledì. Si gioca sotto il nevischio alle nove di sera, anziché con il sole delle tre di pomeriggio, solo perché cinque ore prima aveva fioccato copiosamente (ma non sul terreno): misteri delle decisioni irrevocabili e a petto gonfio di questori e gestori del pallone italiota. La Terra dei Cachi, appunto. Le prime inquadrature del match sono per il nostro Mago Mourlino: lo sguardo torvo e annacquato, gli occhi rossi, il broncio. Tutti si chiedono perché sia incazzato come un caimano a digiuno da settimane, fino a che non pensano alle cose fondamentali (e dico fondamentali) accadute nella prima parte della settimana: il virus influenzale intestinale che sta sgominando intere famiglie e che deve aver colpito anche il nostro stregone condottiero, influenzandone la serenità di giudizio (la scelta di reiterare Cordoba terzino sinistro non si spiega altrimenti); la decisione della Lega sul rosso per le bestemmie che ha portato il divino di Setubal a chiedersi per 24 ore intere se un vaffanculo diretto a lui conti per il rosso o no (anche questa carenza di sonno spiegherebbe facilmente gli errori di valutazione sulla condizione di alcuni giocatori e sulla loro necessità di riposo, gli attaccanti innanzitutto). A questo proposito poi sarà interessante vedere se ci sarà l’applicazione della prova tv per il d*****e che Lucarelli ha scaraventato in direzione dell’uomo con la bandierina in diretta nazionale. Forse però la regola vale solo se vesti di nerazzurro.

In ogni caso scendiamo in campo con una difesa relativamente inedita con un solo grande punto di debolezza apparente: Speedy Cordoba terzino sinistro contro una squadra che fa della velocità sulle fasce la sua arma principale. Infatti Biabiany gli farà vedere i sorci verdi per tutta la partita, ma è anche vero che prendersela con un nonno ex velocista e con Matrix è come sparare sulla Croce Rossa (che peraltro detiene ancora metà del tuo cartellino). La falla inaspettata è quella a destra dove si presenta in campo un Colosso dai Piedi di Balsa, in una di quelle serate in cui vorresti vederlo sostituito al quindicesimo giusto per vedere usare un peso e una misura dal nostro Mago preferito. Con le fasce abbandonate a sé stesse, bisogna sperare che il centrocampo copra adeguatamente. Invece in mezzo Dumbo Statua di Sale è sempre poco mobile anche se illumina il primo tempo con un grandissimo lancio sul Principe, il Capitano d’Acciaio mostra un po’ di fatica pur restando l’unico che non sfigura, e il Pelato dimostra di non essere al top della condizione. Contro il Casteddu nel secondo tempo era cresciuto, mentre al Tardini rimane un’ameba per novanta minuti. Forse doveva riposare o almeno poteva giocare Marika per avere un uomo in più in mezzo al campo.
Davanti il Leone è abbastanza inguardabile, il Principe dovrebbe riposare e la Pantera come trequartista non si può vedere: d’altronde domenica con due ali e un centravanti avevamo giocato alla grande, il virus intestinale deve aver confuso il nostro Mago. Per quindici minuti nonostante questi errori tattici e di valutazione (mia opinione) facciamo gran gioco e quasi la mettiamo. Poi mezz’ora di nulla in cui si vede solo il Parma sulle fasce, ma poco.

Inizia il secondo tempo ma Mourlino non cambia nulla. Qualcuno tra di noi si inizia a preoccupare. Il Parma parte a razzo e ci infila tutto sommato giustamente. Al sessantesimo Mourlino ha già esaurito i tre cambi: a casa mia vuol dire che hai cannato qualcosa all’inizio, e suona come una implicita ammissione. Subito dopo l’ingresso di Supermario, Marika e il Bambino la partita cambia: sulla fascia sinistra schiacciamo il Parma, la maggiore protezione in mezzo consente al Colosso di essere un po’ meno con i piedi di balsa, e Supermario la mette nel sacco. Al settantacinquesimo l’episodio chiave: dopo che tutta la partita Morrone e Lucarelli hanno pestato come fabbri tutti i nerazzurri, trattenuto per maglie, fatto falli tattici, Valiani al secondo fallo prende un giusto secondo giallo e viene cacciato fuori. Per par condicio Matrix si infortuna e deve andare a fare l’attaccante aggiunto e a smistare palloni.
Nonostante tutto negli ultimi dieci minuti abbiamo tre palle gol nitidissime per vincere la partita, ma capitano sui piedi di un Supermario che incredibilmente ciabatta e su un Colosso che in queste serate vorresti trucidare dagli spalti.

A bocce ferme nessuno può lamentarsi di un pareggio al Tardini, campo tradizionalmente ostico per noi, e senza la pressione degli inseguitori. Mentre scorrevano i minuti della partita la sensazione è stata quella di aver buttato via due punti. Non si fanno tragedie per una squadra che vince da quattro anni senza sosta, ma si possono criticare per una volta le scelte del nostro Mago Mourlino, debilitato dal virus e dalle scelte assurde e demagogiche della Lega Calcio. Ora ci tocca guardare avanti a un altro campo in cui negli ultimi due anni abbiamo preso solo fichi. Dannazione.
 

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Inter in Wonderland: l’ora del tre

8 Febbraio 2010 2 commenti

 

Tre come i punti portati a casa, come i goal rifilati al Castello delle Meraviglie di Allegri, come le punte di entrambe le squadre, come i minuti giocati nel secondo tempo prima che la partita terminasse per manifesta inferiorità, come i minuti concessi a Supermario, come le partite che ci aspettano in settimana, come il primo orario di partita decente in mesi invernali in cui abbiamo praticamente sempre giocato di notte con un freddo barbino.

Gli eroi di Mourlino entrano in campo con la testa sulle spalle e la sensazione di essere nettamente superiori. Passano sei minuti e la Pantera la butta in fondo al sacco. Tutto in discesa. Il Colosso gioca finalmente a calcio, ma i vostri acuti osservatori scoprono subito perché: c’è un barlume di Sole proprio all’altezza della fascia destra della trequarti nerazzurra, e il nostro brasiliano non voleva perderne neanche un raggio. Sulla sinistra il Bambino torna a splendere, omaggiandoci anche della sua prima diagonale in due anni da terzino. In mezzo il Muro è in giornata sì, della serie che dalle sue parti si può passare solo con l’artiglieria pesante e mettendo in conto gravi perdite, e Speedy Gonzales Cordoba riesce a non combinare vaccate. Il Muro suggella la sua prestazione anche con una delle sue armi preferite: lo stacco su calcio piazzato. Due a zero.

In mezzo la Statua di Sale fa il suo, mentre il Capitano d’Acciaio è in condizioni strepitose e sul primo gol semina come se non ci fossero quasi vent’anni di differenza il povero Lazzaro, che si alza e cammina solo dopo aver visto la palla in rete dietro il proprio portiere. Il Pelato parte male calciando solo di destro, ma quando comincia a riutilizzare il mancino torna ad essere un faro in mezzo al campo. Davanti la Pantera, il Leone e il Principe dimostrano quanto siano devastanti se in forma – anche se il Leone è palesemente a mezzo servizio – e il terzo gol nerazzurro orchestrato dai tre è una vera e propria lezione di calcio.

Unico neo: con un Leone conciato così Supermario non poteva entrare già all’inizio del secondo tempo? Sarebbe stata l’ennesima stoccata alla prostituzione intellettuale, ma non si è colta l’occasione. Sugli spalti i tifosi bevono il the, rilassati, tranquilli, paciosi, sicuri di non poter perdere la partita. Per un tifoso nerazzurro è una sensazione così rara e innovativa da lasciare il dubbio che l’inculata sia dietro l’angolo. Vediamo di non fare scherzi. Continuiamo così.

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