Venerdì sera anziché chiudersi nelle stanze del ritiro prepartita, gli eroi nerazzurri si sono trovati di fronte all’ennesima sorpresa di Mago Mourlino: ad attenderli fuori dalla Pinetina hanno trovato una scialuppa, che li ha condotti sul veliero dell’Ammiraglio di Setubal, armato di tutto punto e pronto a prendere il largo. L’aria mefitica della serie di Oz Mourlino l’ha capita da un pezzo, ma pur nella putrida Terra dei Cachi esistono luoghi che non possono essere condizionati dalla potere, dal malaffare, dai vizi umani, o almeno così pensava Mou: l’Oceano di Oz, il condottiero lo sa, rimane un luogo di leale confronto, dove vince il più scaltro, il più forte, il più feroce, ma non il più furbo o il più ammanicato. La spietata legge del mare.
E allora di fronte alle fetide correnti della volontà dei Palazzi dei Cachi, Mourlino ha deciso di giocare questo episodio della nostra saga avventurosa sui marosi impervi dell’Oceano, il viso sferzato dalle onde e dalle folate di bufera, sul cassero di poppa a gridare ordini che si perdono nel vento, mentre i nostri eroi si improvvisano marinai e corsari: chi sotto coperta a svuotare con le pompe la stiva, chi sul ponte, chi al timone sotto gli occhi di fuoco dell’Ammiraglio, chi avvolto tra vele e sartiame.
Quello che Mourlino non aveva considerato era che anche nella nostra umile narrazione lo spazio per il confronto leale è molto risicato: sulla scena scossa già dal rombare dei cannoni di babordo e dal raffazzonato fuggi fuggi dei nostri avversari ciclisti (come si evince dalle loro casacche) sbalzati di botto su una nave poco più che mercantile a ingaggiar battaglia, irrompe Eolo, aka Tagliavento, la mano armata di malafede della necessità storica che i nerazzurri non vincano il campionato ancora una volta. Non sono così certo che non ci sia una regia (come il titolare del blog), ma non sono neanche certo che ci sia: per i giornalisti è meglio così, per i media è meglio così, per chi deve mandare avanti la baracca è meglio così, per chi per anni ha sfruttato il malaffare è meglio così, per chi per decreto deve vincere qualcosa se non tutto e per ora non lo sta facendo è meglio così. Insomma un deux ex mafia conviene a tutti, tranne che a noi tifosi, giocatori, dirigenti della Beneamata.
Eolo spazza il ponte del Galeone Nerazzurro, scagliando nei flutti il povero Muro e Speedy Gonzales, imponendo il giro di chiglia ai nove restanti giocatori, con la beffa dello sventolio di sulfuree bandiere gialle contro di loro alla minima imprecazione. E all’altro fronte della battaglia porge solo le terga, perché gli improvvisati Bacicin (…vattene a ca’, ta moe t’aspeta!) ne dispongano a loro piacimento. Lo shock di quest’ultimi è talmente forte che in 11 contro 9 non si vedrà un tiro in porta manco a pagarlo a peso d’oro. Per tutelarsi dalle critiche e dalle malelingue poi, Eolo pensa bene di espellere anche il Pazzo – che avrebbe dovuto essere scagliato anche lui in mare da almeno una quarantina di minuti buoni dopo il suo duello all’arma bianca sleale con l’Orco – così da dare la possibilità ai cerchiobottisti del circo(lo) mediatico di vico dei miracoli di argomentare ancora una volta con la scusa della scarsa serata dell’arbitro.
In tanti anni non ricordo un tentativo tanto plateale e spudorato di condizionare l’andamento di un campionato come quello che l’Inter sta subendo. Forse solo nel 1998 abbiamo visto qualcosa di vagamente assimilabile. E non è questione di singoli episodi, ma di andamento generale: in 5 giornate abbiamo collezionato in una partita due rigori contro e una mancata espulsione avversaria, in un’altra due mancati rigori a favore, in un’altra due espulsioni e un rigore contro, in un’altra due espulsioni e quasi una terza contro. A pensare male si fa peccato ma ci si prende quasi sempre. E non è solo una questione di campionato: se per tre anni prima delle sfide europee giochi partite in 10 (o addirittura 9) contro 11, il disegno di penalizzarti anche in Europa per avere modo di puntarti il dito contro dopo l’ennesima figura di merda è patente e scientifico. D’altronde conosciamo già le litanie che ci attendono nei prossimi giorni: "è colpa di Mourlino che esaspera gli animi" (come se la colpa dell’omicidio fosse della vittima che non ha schivato il proiettile); "era una serata no dell’arbitro"; "Mourlino non si può trincerare dietro queste cose perché l’Inter è comunque la più forte"; "la mafia non esiste"; e altre nefandezze scrivendo e discorrendo. D’altronde anche l’edicolante dove ho comprato il giornale stamattina – interista evidentemente della famiglia degli "obiettivi ad libitum anche quando gli altri ti stanno pisciando in testa" – mi ha aperto gli occhi: "E’ colpa di Mourinho" – mi ha detto – "In Italia non puoi dire le cose come stanno, non puoi cambiare le cose; devi adeguarti". Vox Populi Vox Dei.
Quando l’Inter ha tardato a rientrare in campo dagli spogliatoi per il secondo tempo ho sperato che qualcuno avesse spaccato una sedia in testa a Tagliavento, o in alternativa che Moratti avesse imposto di non far disputare il resto del match: avremmo perso a tavolino e ci avrebbero penalizzato in campionato con qualche punto, ma se proprio devono impedirci di vincere regolarmente il campionato sul campo, che almeno abbiano l’indecenza di farlo a viso aperto. Dimostriamo che la dignità non è un bene di facile commercio. Che ci facciano partire direttamente con un handicap, ma che ci evitino gli spettacoli osceni che abbiamo dovuto testimoniare stasera a San Siro. Arrivo a casa e scopro che il massimo che possiamo permetterci è il silenzio stampa: avrei preferito che parlasse solo Moratti, dicendo che l’anno prossimo l’Inter si iscriverà alla Premier o a qualsiasi altro campionato, e che da oggi ogni rapporto con stampa, lega e figc sono sospesi fino a data da determinarsi. Visto che diamo così fastidio, che facciano a meno di noi. Ma non tentino di nuovo di metterci i bastoni tra le ruote: Mourlino per la prossima gara ha già preparato le armi pesanti. E ogni tifoso che si rispetti deve schierarsi dietro il suo Condottiero e partecipare alla battaglia. Io ho già messo l’elmetto e sono in trincea, in questa nostra infinita, perenne, Stalingrado nerazzurra. Take no prisoner.