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Mission Impossible: recuperare il pop a sinistra

15 Settembre 2007 4 commenti

 

Ogni tot ritorna in auge una discussione che si insinua in ogni progetto politico che voglia avere un minimo di respiro in questa fase (e non solo): per vent'anni le destre hanno omogeneizzato una cultura popolare e pop (che come mi insegna wm1 non sono la stessa cosa 🙂 somministrandola alle nuove e alle vecchie generazioni. Il risultato è il substrato sociale e culturale con cui ci confrontiamo tutti i giorni. Non è una grande novità (Gramsci docet da tempo immemore e se lo cita Fini dovremmo farci un pensierino pure noi…) che affrontare seriamente il problema della riconquista del terreno culturale sia una priorità politica (non riconquistare terreno ideologicamente puro, ma riconquistare terreno per la possibilità che esista un altro punto di vista che gli omogeneizzati di cui sopra). Il vero problema che ci troviamo affrontare non è tanto il fatto che le nuove generazioni abbiano posizioni avverse alle nostre, ma che non abbiano la capacità di incontrare sul proprio percorso che una singola opzione (che diventa vagamente totalitaria con buona pace della retorica della libertà).

L'ennesimo spunto per questa discussione è stato questo post sulla trasmissione di Lucarelli sul g8 di Genova e i processi che ne sono derivati. Colto da raptus pop il mio socio si è sciroppato la fiction su Dalla Chiesa, traendone alcuni spunti di ragionamento. Il mio sintetico pensiero (sono ancora in fase rassegna e quindi ho poco tempo online) è che ognuno deve attivarsi in questa battaglia per un rimescolamento delle carte a livello culturale. Se non porteremo a casa qualcosa siamo destinati non tanto a essere sterminati, quanto a rimanere perennemente oscuri, inascoltati, non visti, inaccessibili in un senso un po' metafisico anche al nostro vicino di casa. Quello che pensiamo, quello che proviamo vale almeno la possibilità di essere incontrato.

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Venezia a Milano, cinque: continua il piattume

14 Settembre 2007 2 commenti

Continua la sagra del piattume in questa edizione della rassegna di Venezia (non ci sono né De Palma, né il film 12). Non Pensarci è un film con Valerio Mastrandrea: mi fa spaccare dal ridere anche perché mi ricorda un romanista di merda di mia conoscenza, ma non c'è niente oltre la risata. Per carità a volte è anche più che sufficiente, ma non in un festival del cinema, forse. Voto: 6 (per carità). 

The Hunting Party è un film sulla guerra con Richard Gere e superproduzione hollywoodiana: messo così verrebbe da vomitare istantaneamente, ma il film è cucito con un po' di ironia e ha alcune cose pregevoli. Ad esempio le didascalie finali, la fine che fa il personaggio che rappresenta Mladic e simili merde, e la frase "in guerra ciò che vedi e ciò che succede realmente sono due cose diverse". Per il resto la chiave della trama del film per la quale un morto in guerra a cui vuoi bene fa cambiare la tua idea sulla guerra è semplicemente ributtante, un po' come tutto il pensiero moderno statunitense. Ah, ops, scusate l'antiamericanismo non va più di moda. Ma allora perché questo film? Voto: 6 (perché almeno consente di continuare a parlare della situazione in Yugoslavia, se non altro).

La tragedia viene toccata da Exodus: riedizione pseudo fanta politica della bibbia. Il dubbio è: il regista ha letto la bibbia mentre si drogava, oppure è solamente molto cretino? L'idea iniziale di indagare il clash of civilization non era per nulla male, il resto è una merda. Voto: 4,5.

La prima nota lieta della giornata è Freischwimmer, un bel thriller di marca tedesca dedicato ai piccoli villaggi e alle loro follie endemiche. Il film fa sorridere, mostra la crudeltà del quotidianoe sorprende con un finale in cui il crimine paga. Eccome. Voto: 6/7 (fa molto più di quanto non riescano a fare molte megaproduzioni ed è anche meno mainstream 🙂

La seconda nota lieta è l'egiziano Heya Fawda, polpettone bollywoodiano in salsa araba: divertente, pieno di spunti, un po' lungo e con il finale con tanto di rivolta popolare contro gli sbirri che non può non piacere. Voto: 7.

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Venezia a Milano, quattro: finalmente un paio di altri film sopra la media

14 Settembre 2007 Commenti chiusi

Le rassegne negli ultimi due anni di Cannes e Venezia non sono state eclatanti: forse sono sempre gli stessi i grandi autori e attori, forse di emergenti geniali non ce ne sono molti, forse il media è un po' logoro di suo e la freschezza del contesto culturale non aiuta. In ogni caso dei buoni film si vedono ancora, anche se niente che entusiasmi oltre il limite.

Eccezione negativa della giornata il film di cassetta con Scarlett Johannson che evidentemente ha bisogno di grana tra un film di Allen e l'altro: The Nanny Diaries è una commedia scialba e priva di qualsiasi interesse. Da evitare. Voto: 5.

Eccezione positiva della giornata è Karoy, film kazako estremamente ben fatto e intenso nel dramma psicologico. Il personaggio nella prima parte del film è cinismo puro di grande spasso, e non si capisce come e perché diventi umano troppo umano nella seconda parte del film. Si intuisce un indagine psicologica ma il quid di tutto il film non emerge. Troppi i dieci minuti di piagnistei nei venti minuti finali: tagliare. Voto:  6/7 (di incoraggiamento).

I film più attesi della giornata sono ovviamente il leone d'oro e il filmper il quale Cate Blanchett (nei panni di Jude Quinn) ha ricevuto il premio come migliore attrice. 

Chi arriva a I'm Not There convinto di incontrare una biografia rimarrà perplesso. Chi ci arriva convinto di non trovare una biografia ne rimane travolto. In ogni caso lo sbigottimento è assicurato dal flusso di coscienza che attraversa attori di grandissimo livello (Gere Billy the Kid e Cate Dylan sopra tutti) e una fotografia molto ben realizzata. La colonna sonora non mi entusiasma (ma sono io che non amo la folk music ghghggh). Il film merita e forse il battage come "film su bob dylan" gli fa più male che bene: senza sarebbe stato una film quasi pynchoniano. Voto: 7,5.

Il leone d'oro Lust, Caution di Ang Lee per ora è meritato (salvo sorprese nei prossimi giorni): polpettone storico sulla resistenza cinese nella seconda guerra mondiale che rivela un intensità nel mostrare la psicologia dei personaggi e le loro passioni veramente incredibili. La protagonista forse meritava quanto la Blanchett un premio e il crescendo emotivo lascia senza fiato. Da almanacco la scena tra Kuang, il capo della resistenza comunista e la signorina Wong in cui quest'ultima istruisce i compagni sulla passione e i suoi pericoli. Politicamente corretto (per la cina) sfoga la sua voglia di eludere la censura sul sesso: scene splendide anche su questo fronte. Voto: 8.

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Venezia a Milano, tre: film ben fatti ma è tutto qui

13 Settembre 2007 Commenti chiusi

Una giornata di film un po' così: ben fatti, anzi in almeno un caso ottimamente fatti, ma non c'è molto più di questo. The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford è un grande affresco, di fattura stupenda, e il premio per il miglior attore avrebbe dovuto vincerlo anche Casey Affleck, oltre a Brad Pitt. Ci spiega tutto, indaga il dramma della morte di Jesse James, e il suo valore come icona, ma non ha il coraggio di dirci perché Jesse James sia diventato così popolare. Lo diciamo noi: perché chi ammazza i ricchi è più simpatico. La colonna sonora è semplicemente sublime e vale da sola mezzo voto:  Nick Cave e Warren Ellis 🙂 Voto: 7.

Hotel Meina e La Ragazza del Lago condividono un destino: la televisione. Non erano film da cinema. Il primo tocca corde della nostra storia che andrebbero spesso e volentieri rivangate, pena l'apatia collettiva a ogni cosa che accade, e forse vedere qualche film in più di questi in tv anziché il commissario 9 e il carabinieri 10 conditi da isole e stanzette non farebbe male. Hotel Meina è storia di seconda guerra mondiale nel nord italia: ci sono i fascisti, i tedeschi, gli ebrei, i partigiani, i collaborazionisti, le staffette, un po' tutto, non manca nulla. Il finale emulo di Titanic e Atalante lascia onestamente perplessi, mentre la filosofia pacifinta della tedesca resistente che non ammazza il capitano delle SS dimostrando di essere meno feroce di lui sposa la teoria secondo la quale l'uso della forza è sempre sbagliato che ci lascia la scomoda domanda sospesa per aria: quindi dovevamo restare a guardare inermi fino a che qualcuno non veniva e usava la forza al posto nostro per macerare i nazisti nel proprio sangue? I don't think so. Voto: 6,5 (sarebbe 6 ma i brividi contano).

La Ragazza del Lago è un giallo classico, come tanti libri che ti ritrovi nello scaffale e che ti hanno divertito ma dei quali non ti rimane nulla. Ottimo sceneggiato tv, inerme film da sala. Voto: 6.

Il Dolce e l'Amaro con il picciotto evergreen Lo Cascio lascia un po' insoddisfatti. Parte in maniera interessante, ma la mafia è una cosa seria, non una macchietta. Onestamente ci aspettavamo di più, e soprattutto ci aspettavamo che tutto non si risolvesse in una faciloneria come la trasformazione del pentito in picciotto, l'assassinio del giudice, e la vita serena del pentito redento. Voto: 6

Infine il nuovo film (o metaspettacolo) di Sabina Guzzanti, Le Ragioni dell'Aragosta: divertente, riconcilia vedere un pezzo di Avanzi che ricompare in quest'epoca di piattume. Un po' di sogni e un po' di poesia e grande simpatia. Uber alles: l'incontro tra Masciarelli e Gianni Agnelli, l'ammericana contro il Bucow nell'Owzonow, la storia d'amore tra Pierfrancesco Loche e Francesca Reggiani. Certo se ci si guarda intorno ci si rende conto che ogni pagina di ogni giornale di ogni giorno è più ridicolo di qualsiasi sketch: forse è quello il momento in cui iniziare a spaventarsi e a pensare di fare qualcosa. Voto: 6,5.

 

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Venezia a Milano, due: Ken Loach non perde il suo smalto

11 Settembre 2007 Commenti chiusi

Il miglior film finora visto nella rassegna è certamente il nuovo film di Ken Loach: It's a Free World. Una recensione al volo la trovate sul sito di chainworkers (è dello stesso pugno di questo blog). Il film è il solito pugno nello stomaco, e ovviamente va dritto al sodo: "il sistema che tanto osannate è esattamente quello che vedete in questo film: una merda. Mangiatevela pure tutto d'un fiato, non vi piacerà!". Il massimo godimento è stato ascoltare i commenti differenziali all'uscita dalla sala: le sciure che storcevano il naso (puzza la merda, no?) e i/le ragazzi/e under 30 che sorridevano. Non c'è commento migliore. Voto: 8.

La giornata è proseguita non male con Andalucia: impressionismo (o forse espressionismo) cinefilo sulla schizofrenia dell'identità (post)moderna. Un film non semplice nel quale perdersi è l'unica possibilità di viverne le emozioni. Apprezzato la chiave di lettura offerta dal titolo e non solo attraverso una delle più grandi opere dell'espressionismo surreale anni 30: Un Chien Andalou di Luis Bunuel. Voto: 6,5.

Terzo film del giorno è l'italiano Tagliare le Parti in Grigio: camera a mano, luci naturali, colori sparati e polarizzati, recitazione casereccia, sceneggiatura orripilante (non tutti sono Ballard e Crash non riesce per caso, e soprattutto ripescare trame e svolgimenti che sarebbero state perfette per un video underground degli anni 80 cyberpunk non è detto che si riveli una buona idea nel 2007), dialoghi ributtanti. Premio Opera Prima che fa chiedere che razza di merda fossero le altre opere prime. Provaci ancora Sam (anzi, Vittorio Rifranti, il regista)! Qualche buon numero c'è, ma la strada è ancora lunga, e di solito non è buona la prima. Voto: 5.

In serata i due film incognita della giornata, entrambi molto premiati. La Maison Jaune di Amor Hakkar, algerino, è splendido: la storia semplice e bellissima di un contadino disperato che cerca di recuperare il corpo del figlio morto in un incidente e di far tornare il sorriso sulle labbra della moglie. La poesia dei paesaggi e dell'animo algerino traspare in ogni secondo. Tecnicamente buono, narrativamente penetrante come una punta di freccia 🙂 Imperdibile. Voto: 7,5.

Las Vida Posibles è un film argentino che ricorda vagamente il primo Lynch televisivo approfittando delle suggestive atmosfere dell'Argentina meridionale. All'Apollo tutto il film era virato al rosa, lasciando il dubbio che il problema fosse nella loro copia e non nelle intenzioni del regista. Attori principali molto bravi e tensione ben retta fino alla fine. Piacevole. Voto: 6,5.

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Venezia a Milano, uno: vite

11 Settembre 2007 Commenti chiusi

Il tema della vita delle persone, delle loro vicissitudini è sicuramente una delle chiavi di lettura interessanti della mia prima giornata in giro per i cinema di Milano, dividendo le visioni in tre blocchi, però.

Il primo film, Imatra, di Corso Salani, non è malvagio: ispira parecchi sorrisi (un'arte sempre più apprezzata dal sottoscritto), dura poco (un'oretta)  scoprendo che le cose si possono dire in meno tempo di quello che l'elite cinematografica ritiene necessario per i film da festival, e soprattutto la protagonista è bellissima (la mia socia blanca ci si è ritrovata, a me ha ricordato una persona a cui voglio molto bene, nonché le vicissitudini di una nota coppia del movimento fine anni novanta che infiniti lutti ha addotto a tutti coloro che hanno conosciuto i due e che gli hanno voluto bene). Purtroppo il dramma ironico sentimentale è un po' tirato, e lo stile di direzione, montaggio e fotografia un po' buttate lì (anche se camuffate da scelta ponderata e artistica): Corso Salani poi non è Massimo Troisi, mai abbastanza compianto. Voto: 6

Il secondo blocco di film è costituito dallo spagnolo Lo Mejor de Mi, dall'americano Waitress e dal giapponese Ai No Yokan (La Rinascita). Il leit motif lo traiamo dalla prima ottima pellicola: lo mejor de mi es mi vida [La parte migliore di me è la mia vita], dice la protagonista nel dialogo finale in cui il soggetto forte del rapporto di coppia, il cacciatore, diventa preda, e la preda diventa animale libero dai vincoli. La vita di Raquel e Tomas viene messa sottosopra dall'improvvisa crisi epatica di lui, che viene risolta dalla dedizione di lei portata all'estremo della donazione da viva di metà del proprio fegato. Ma una volta salvato Tomas, Raquel scopre che la parte migliore di sé non è Tomas, ma la sua vita. Strameritato il premio per la miglior attrice. Voto: 6/7.

Waitress è una commedia americana senza arte né parte. Si sorride, il compitino viene svolto senza pecche, e tutto è bene quel che finisce bene: Voto: 6 (politico). Waitress ci dice che la vita degli americani è una merda a lieto fine, in compenso il pardo d'oro Ai No Yokan ci dice che quella dei giapponesi è una merda e basta. Apprezziamo il coraggio di sperimentare così duramente la forma cinematografica, ma forse non è necessario farlo per quasi due ore. Voto: 6 (7 per il coraggio, 5 per la rottura di palle). Indicato solo per chi non contento della propria vita di merda, necessiti di un supplemento di alienazione di un paio d'ore.

Ultimo film della giornata è Estrellas, ambientato nella Villa 21 a Barracas, Buenos Aires: io sono influenzato dal piacere dell'ascoltare il gergo villero e in sé l'operazione è interessante. La vera domanda è: Julio Arrieta, hijo de puta peronista maximus o genio assoluto? Ovverosia: il film ci vuole raccontare di come la disperazione nella villa porti chi ci vive a vendere anche la propria stessa miseria come merce, oppure vuole lodare l'autoimprenditoria del buon Julio che non è diverso da tutti gli argentini che vorrebbero essere come Menem. La frase finale che constata come il cielo e le stelle che brillano sopra Villa 21 siano gli stessi che brillano su Berlino o su Londra, ci indica che anche la cupidigia umana sono le stesse, o che siccome non c'è differenza meglio che ognuni sbrani il suo pezzo di carogna? Voto: 7 (nel dubbio).

L'ultima parola su Estrellas la lascerà a Pablo del MTD Lanus, mio unico e irrevocabile metro di giudizio sulle cose di Argentina, al quale ho chiesto un parere. A domani. 

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Tra un film e l’altro, il solito copione sul g8 di genova

10 Settembre 2007 14 commenti

 

Mentre balzellon balzelloni mi porto tra i cinema della rassegna milanese dedicata ai festival di Locarno e Venezia, non trovo il tempo di esprimere la mia rabbia per la trasmissione di Lucarelli (Blu Notte) di ieri sera, dedicata al g8 di Genova. Capisco che fare uscire elementi nuovi in una trasmissione su rai tre sia difficile, ma un po' di coraggio in più non sarebbe guastato, e soprattutto qualche grossolano errore in meno (sono i dettagli che fottono gli anni di lavoro in tribunale svolti dalle segreterie legali e dagli avvocati) e qualche specifica in più (ad esempio per chiarire chi è veramente Sabella) mi avrebbero evitato l'impulso di lanciare il televisore dalla finestra del mio socio. In ogni caso proprio il mio socio ha scritto un post sul suo blog che riassume perfettamente anche il mio punto di vista. Forse gli ho regalato un pezzo di cervello qualche tempo fa e non me lo ricordo, o viceversa, chissà…. 

PS: ehi socio se non citi blanca e l'audace presenti e incazzate anche esse, mi sa che ti fanno lo scalpo. 

La retorica del decoro e del quieto vivere e la cancellazione della storia

6 Settembre 2007 4 commenti

 

Negli ultimi giorni di quest'estate ordinaria e pigra, i quotidiani e il dibattito politico italiano sono stati monopolizzati da un pesante ritorno alla retorica del decoro e del quieto vivere: un evento che non fa che rinforzare la sensazione di un revival degli anni ottanta prepotente. L'ultima vittima in senso cronologico di questa vicenda, dopo mendicanti, lavavetri, prostitute, writers, ragazzini vocianti e via dicendo, è il murales in ricordo di Dax sulla darsena in quartiere ticinese. 

Dax, Davide, era un militante della zona sud di Milano. Stava in un centro sociale e faceva attività di quartiere sul diritto alla casa e sull'antifascismo. Una terribile notte, il 16 marzo 2003, ha incrociato per strada tre tizi (padre, figlio e amico naziskin il cui cane si chiama Rommel, tanto per smentire il capogruppo Fidanza a Milano che sostiene che non ci fosse un movente politico dietro la tragedia) che lo accoltellano alla schiena, uccidendolo. Un paio di persone che sono con lui sono ferite gravemente, ma sopravvivono. In memoria di Dax dal giorno dopo praticamente c'è un murales periodicamente rinnovato sul muro della darsena di Milano, da altrettanti anni un cantiere a cielo aperto per la costruzione di un parcheggio in uno dei pochi luoghi che si erano preservati nella loro versione originale e storica di Milano. Non era un murales brutto e abbozzato, nè una collezione di tag, non stava sul muro di una casa privata, né sui vetri di un tram: questo per dire che l'appello al decoro dietro il quale l'assessore Cadeo ha celato la richiesta all'amsa di cancellazione, non è minimamente fondata neanche rispetto all'ideologia benpensante e mediocre di cui si ammantano giunta di Milano e milanesi in genere. Esiste quindi un preciso disegno politico.

La solerte amministrazione milanese non è soddisfatta di cancellare l'identità popolare di Milano con i progetti edilizi e i cambi di piano regolatore, di cui la trasformazione della darsena in parcheggio e dell'isola in quartiere di grattacieli amministrativi, o la trasformazione del parco giochi delle varesine in nuova città della moda sono solo alcuni degli esempi più eclatanti, ma mostra con questo atto la sua determinazione a aggredire la storia sociale della città. Milano non è solo terra di confindustria e di imprenditori, di persone per bene e di gente che vuole stare bene a scapito degli altri, ma è una città di confiltto, di scontro. Lo è sempre stata. 

La domanda allora più interessante è: la storia che le persone ricordano è quella che ha incrociato la loro vita, una storia popolare e sociale, che non trova spesso spazio nei libri di storia, occupati a convincerci che solo i grandi nomi e gli atti ufficiali hanno un valore storico. Quella storia è testimoniata in mille modi sul territorio urbano e andrebbe difesa, con forza, anziché lasciata scivolare via nelle prepotenze dei nuovi padroni di un territorio. Genova e Dax non ci sono sui libri di storia (rispettivamente mondiali e italiani), perché testimoniano una versione non pacificata dei conflitti che non piace a chi pretende di guardare tutto con obiettività e distacco, lontano dalle strade e da quello che vi accade.

E' questa operazione ampia e precisa che deve incontrare il nostro odio e il nostro disprezzo. E la nostra capacità di contrastarla. La storia è nostra. La città è nostra. Noi siamo la città e la nostra storia. Non dobbiamo dimenticarlo mai.

da Wu Ming, un brano sulle pulsioni reazionarie che dominano il dibattito politico e sul disprezzo.

Torniamo, tornati, al lavoro sul primo Giap dopo il superamento di
quota 10.000, sovraccumulo di e-mail impossibile da smaltire, puzzo di
bruciato un poco ovunque, ci guardiamo intorno, ascoltiamo, annusiamo,
ci grattiamo le orecchie, finalmente esprimiamo un giudizio.
Non
sappiamo se la sentenza dei posteri sarà "ardua". La nostra è molto
semplice da emettere, eccola qui, chiara e risplendente:
'Sto tossico compost
di cetomediume vigliacco, eterna piccola borghesia razzista, massa
omologata individualista annegata nell'abitudine, base sociale d'ogni
fascismo e fascismetto, merda che olezza di merda… Questa ex-sinistra
ormai sub-destra che, anziché muovere guerra alla povertà, muove guerra
direttamente ai poveri e lo fa perché li odia, i poveri, li odia biliosamente, dal profondo delle budelle, prova ribrezzo
per i poveri, perché puzzano, sono d'intralcio, sono pre-moderni,
questa ex-sinistra dei vigili coi tonfa, questa ex-sinistra in piena
"modenizzazione" (non è un refuso) che firma per aprire i CPT anziché per chiuderli, che rincorre e afferra al lazo gli istinti più ferini e prevaricatori, che fa l'apologia criminogena della roba, gli sghei, e in cambio di un voto "moderato" che non esiste (che significa essere "moderati"? Essere un po' contro le unioni civili? Essere moderatamente
contro l'eutanasia? Essere al 50% come Schifani?) vende "sicurezza" a
chi è già al sicuro, al contempo deturpando la vita e la dignità di chi
campa appeso a un filo, questa ex-sinistra ormai sub-destra che ha
trasformato la mediazione al ribasso in vera e propria masturbazione,
vi si dedica gemendo di piacere, e ha come unico referente
l'Homunculus, l'Homunculus che spia dalle persiane e teme, trema e teme, ha paura di tutto e di tutti, vive un terrore prefabbricato e media-stimolato come falso veder bestia quand'ombra
(Inferno, canto II, 48)… Noi la disprezziamo, l'ex-sinistra ormai
sub-destra, dello stesso disprezzo che essa riserva ai disperati. I
lavavetri come emergenza nazionale, si scomodano i ministri, che la
farsa sia con noi. Ipocrita idolatria della "legalità", Legalità con la
Maiuscola, legalità placebo di ogni male, in un paese dove si
iper-legifera per accontentare ogni lobby e cordata e non vi è norma
che non sia in contrasto con mille altre. Questa ex-sinistra ormai
sub-destra. Questa cofferateria diffusa. Fa male constatarle ma fa bene
dirle, queste cose. Cazzo, sì, fa bene dirle. Tacendole s'intorbidano
le acque. Tacendole si uccide la speranza che rimane.
Ora il sangue s'ossigena, il fiele si stempera, il cranio si sgrava. Parliamo di noi, dei nostri progetti.

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Bene così

2 Settembre 2007 1 commento

A Empoli entriamo in campo con già tutti addosso a puntare il dito. In ogni caso bene così: il gruppo deve imparare la determinazione. La squadra è messa in campo un po' più coperta e sperabilmente con una condizione fisica un filo migliore delle ultime uscite.

Aparecido Cesar titolare è uno shock per tutti, ma bisogna ammettere che ha onorato la partita riuscendo anche a evitare di scartarsi da solo, piazzando un paio di assist importanti e aiutando molto il reparto affaticato di centrocampo.  Cambiasso sta tornando quello che conosciamo e Stankovic in posizione arretrata o in linea rende meglio che dietro le punte. Zanetti è ancora un po' affaticato ma ci delizia con i suoi soliti dribbling a culo basso 🙂

Dietro Samuel sta giocandosi la sua chance dovuta all'infortunio di Matrix facendo partite disumane e impeccabili. Cordoba non sfigura anche se ogni tanto non riesce a farci mancare gli infarti. Maicon e Maxwell stanno entrando in condizione e quando salgono fanno la differenza. Chivu anche se gioca pochi minuti mette qualità. Speriamo bene.

Davanti Ibra è sempre più ispirato dal suo animale guida, la foca, e Suazo inizia a entrare nei meccanismi. La nota negativa è Figo, che entra e sembra l'ombra di sé stesso. Si ripiglia giusto in tempo per l'assist a Cesar e Ibra del due a zero. Non male, ma da Luis vogliamo di più. 

Bene così. Avanti. 

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Tafazzismo

26 Agosto 2007 3 commenti

Ci sono partite che potrebbero finire 3 a 0, che poi finiscono 1 a 1. Succede che il tuo portiere si fa espellere come un ciula al 60esimo proprio mentre i suoi compagni iniziano ad andare in debito d'ossigeno. Succede che fai un fortino per 30 minuti e al 31esimo una doppia deviazione ti infili la porta. E' una partita che ha pareggiato l'inter da sola, come fu il ritorno in casa con l'udinese nello scorso campionato. Sarà il bianconero che ci porta sfiga.

Note positive: la squadra è sembrata in netto miglioramento rispetto alla supercoppa, anche se ha sessanta minuti di autonomia. Pochi. La difesa anche senza il trascinatore matrix regge abbastanza bene (anche se samuel-burdisso-chivu dovrebbero rilevare in pianta stabile il generoso ma inferiore cordoba), il centrocampo dell'anno scorso funziona (che grande novità). Anche l'anno scorso abbiamo steccato la prima in casa (1-1 con la doria di merda), e poi è finita come sappiamo.

Note negative: Cruz sembra un po' in bambola ed è sua la maggiore responsabilità per non aver infilato il delizioso due a zero dopo doppio palleggio stankovic-ibrahimovic. Suazo che abbiamo preso per la sua velocità è entrato in campo a venti minuti dalla fine e sembrava uno zombi peggio di deki e ibra. Misteri degli esordi a San Siro.

Interisti di tutto il mondo ascoltate il mio monito e quello di deki: non cadete nelle provocazioni delle sirene targate mediaset-fiat che adesso già suoneranno la fanfara contro di noi. Siamo ancora fortissimi e il campionato dura 38 partite. Penso siano sufficienti per vedere se i nerazzurri si ripigliano o no 🙂

 

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