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Archivio per la categoria ‘cose dall’altromondo’

I buoni e i cattivi

9 Ottobre 2009 11 commenti

 

E’ il discrimine totale e definitivo, quello che ci offre ogni evento, ogni storia, ogni narrazione, ogni situazione. Il più facile e immediato, quello che non manca mai, il crinale lungo il quale scegliere da che parte stare. Neanche la voga del postmodernismo è riuscita a scalfire il mito di una divisione perfetta tra gli uni e gli altri, alimentata da secoli e secoli di semplificazione. Io, da sempre, fin da quando ero piccino, ho sempre preferito i cattivi. Non ci sono cazzi. Mi sono sempre piaciuti Dillinger, Bonnot, Vallanzasca, gli Indiani e financo Cattivik. Perché? Perché i buoni sono ipocriti e parteggiare per loro è una forma di ipocrisia ancora più viscida, fatta di menzogne taciute anche a sé stessi e di facili schieramenti, perché i buoni vincono sempre anche quando non lo meritano, perché i buoni incarnano ciò che è giusto e naturale che sia giusto, sono l’autoassoluzione dalla propria stronzaggine e della propria intima miseria egoistica. Sono un insopportabile assioma, una tautologia vivente (almeno nelle narrazioni), uno schiaffo alla realtà. Invece stare con i cattivi significa cercare di capire la verità, di capire che cosa succede, di non fermarsi alla facile apparenza e al conformismo di ciò che è giusto o di ciò che è sbagliato secondo "chiunque". Stare con i cattivi significa cercare, pensare, decidere.
Anche Genova è una storia con i buoni e i cattivi, anzi con tanti buoni e tanti cattivi, a seconda del punto di vista di chi vi racconta cosa è successo. Così ci sono i buoni per antonomasia, i poliziotti, le forze dell’ordine, quelli che ci proteggono, e i cattivi per definizione (almeno in questi decenni di bulimia dei consumi e di anoressia dei cervelli), i manifestanti, quelli che fanno casino. Ma anche spostando un po’ più in là l’asticella della nostra narrazione, ci sono sempre i buoni, i manifestanti pacifici, e i cattivi, i manifestanti cosiddetti violenti. Quindi, anche spostandosi più in là possibile con il punto di vista, rimane sempre bello limpido il discrimine: da un lato i buoni e dall’altro i cattivi, i violenti.
Ora: tralascerò una disanima sul termine violenza, una parola che non digerisco più. Intendiamoci: capisco perfettamente la sua denotazione, ma non riesco più ad accettarla come parte del mio lessico da quando è diventata un connotato di giustizia, da quando ciò che è violento è necessariamente sbagliato, come se avesse intrinsecamente un valore morale, come se violento fosse un aggettivo etico e non qualificativo di una situazione. Feroce è morale, forte è morale, prepotente è morale, ma violento in sé non è né buono né cattivo. Almeno fino a quando non hanno deciso di sciacquarci il cervello in un Arno fatto di equidistanze e privazione della capacità di prendere posizione, di decidere in base a ciò che viviamo e che vediamo intorno a noi.
La sentenza di appello per i fatti avvenuti nelle strade di Genova durante il G8 del 2001, nell’arco del famoso processo ai 25 – e se non sapete di che parlo fate una bella ricerchina in rete che non ne posso più di riassumere gli eventi – ha sancito una volta di più che quel discrimine non si può valicare se non a costo di gran parte della propria vita. I buoni, via via nei mesi, sono stati tutti assolti: chi pienamente perché santo subito (De Gennaro, l’ex capo della polizia, e compagnia), chi parzialmente con sentenze che assomigliano più a strigliate che non a condanne (Diaz e Bolzaneto), chi di straforo per culo o per inciso (mancanza di prove o risarcimento per aver subito una carica studiata a tavolino per scatenare il delirio a Genova come nel caso delle Tute Bianche in via Tolemaide, anche se su questo evento e sulla gestione giudiziaria della cosa si dovrebbe parlare a lungo per mille motivi, fatto salvo che sono contento per coloro che sono stati assolti). I cattivi pagano pegno: 10-15 anni a testa, zitti e muti. Con buona pace della storia e della ricerca della verità. Tra dieci e quindici anni. Pensiamoci ogni tanto alle cose che leggiamo o quelle che sentiamo al telegiornale.
I moralisti diranno: bene, se lo meritano. I loro compagni diranno: male, Stato bastardo e assassino. Io – pur condividendo questa seconda posizione diciamo in termini formali e ideologici – voglio ragionare con chi mi legge. La decina di persone che è stata condannata è il capro espiatorio di un evento storico che nessuno vuole guardare in faccia. Anche a distanza di anni, i libri scritti su Genova – sia da ex poliziotti che da (ex) compagni – non vengono comprati, non vengono letti, non vengono discussi. Tutti sono lì a nascondersi quello che è avvenuto, quello che hanno provato, la voglia di violenza che si è scatenata (o che qualcuno ha voluto scatenare, su questo non saremo mai d’accordo e forse non è possibile esserlo) in noi e intorno a noi. Così una decina di persone che ha causato qualche migliaio di euro di danni a un’altra decina di persone viene condannata a più anni che non qualcuno che ha ucciso (ucciso = ammazzato = morto) una persona, o di qualcuno che a truffato decine di migliaia di euro a tutti i cittadini italiani, o che ha aggredito e violato la dignità e l’incolumità fisica di una persona (uno stupratore ad esempio). 15 anni. Sono molti da passare in carcere per aver rotto dieci vetrine. Ma una pena più lieve non sarebbe stata abbastanza per i cattivi. E se i cattivi non sono più cattivi, i buoni non possono essere i buoni, e chi ci capisce più nulla? Non si può fare, converrete con me. Ci toccherebbe cercare di capire quello che è successo, la complessità del mondo in cui viviamo. Ma non è cosa per poveri esseri umani italiani del terzo millennio.
Rimane la rabbia. Rimane la frustrazione per non essere in grado di spiegare quanto sia semplice e brutale la situazione, quanto sia inevitabile e quanto nessuno voglia né conoscere quello che è avvenuto in quei giorni, né porsi il problema di che cosa significhi la parola giustizia o la parola violenza. Rimane l’istinto alla violenza. Rimane ciò che ci circonda. Rimane il disgusto. Rimane il discrimine e la possibilità di scegliere se stare da un lato o dall’altro del crinale. Io non ho cambiato idea.
Rimane la consapevolezza che è giunto il momento di leggere la realtà, di rendersi conto che lo spazio per la rappresentazione, per l’opinione, per la manifestazione è morto da tempo, annullato, vituperato, strumentalizzato. Che se volete dare libero sfogo alla vostra idea, se volete essere partigiani, non potete lasciare spazio ai dubbi. E’ il tempo di fare, di agire: che sia come riformisti (candidarsi, eleggersi, schierarsi, infilarsi in istituzioni di merda varie), che come radicali (tralascio gli esempi, ma penso che Bonnot o il subcomandante Marcos li conosciamo tutti). Non si può più aspettare che succeda qualcosa indipendentemente dalla nostra pochezza. Io sono un codardo, un vigliacco, o forse non sono abbastanza bravo o capace per fare passi così tetri, duri e cinici. Ma ammettendo il mio limite saggio anche il margine con cui mi accosto al crinale. Lo spazio per le speranze è finito da tempo e la storia sarà sempre e comunque di chi saprà scegliere, schierarsi e lottare. E di chi pagherà per questo. Intendiamoci: non servono martiri, ma servono persone che non abbiano paura di fare la cosa giusta. Io sabato 21 luglio avrei bruciato tutta la città. Mi fermai di fronte a decine di miei amici e compagni con cui avrei dovuto venire alle mani per fare quello che ritenevo giusto. Sbagliai. Altri non sbagliarono. Perché di fronte all’assalto alla nostra libertà di quei giorni e dei giorni che sono seguiti da allora, quello che fecero è ancora troppo poco, ma ne possono certamente andare orgoliosi (magari in nicaragua, eh? 🙂
Ho usato esempi estremi, ma ci sono milioni di situazioni quotidiane in cui chiunque di noi può essere un militante della propria statura etica. Non si può più aspettare e osservare il crinale. Bisogna calpestarlo, attraversarlo, cavalcarlo, viverlo. Il versante dei cattivi. Il versante dei giusti.

 

Le parole giuste

9 Ottobre 2009 Commenti chiusi

 

Alle volte è bello vedere che qualcuno trova le parole giuste per descrivere quello che si osserva e quello che si prova. Scrive Giovanni De Mauro sull’editoriale di questa settimana di Internazionale:

"Un sondaggio Ipsos di qualche settimana fa confermava tre dati interessanti. Il primo è che in Italia il 54 per cento delle persone si informa prevalentemente attraverso la televisione (il 25 per cento con i quotidiani, il 12 su internet e il 3 con la radio). Il secondo è che il 53 per cento degli italiani considera i mezzi d’informazione molto o abbastanza autorevoli, mentre il 41 pensa che non lo siano. Il terzo è che le persone convinte dell’autorevolezza dei mezzi d’informazione sono le stesse che guardano la tv, e appartengono ai ceti più popolari. L’aspetto preoccupante di tutto questo è che la spaccatura del paese sembra essere più profonda di una semplice divisione tra nord e sud, ricchi e poveri o destra e sinistra. È una frattura narrativa: gli italiani sono convinti di guardare tutti lo stesso film, ma i ilm sono due – uno raccontato dalla tv, l’altro dal resto dei mezzi d’informazione – e i personaggi e la storia sono molto diversi. Il rischio è che le due Italie non riescano più a parlare tra loro perché non condividono più la stessa realtà, e forse neanche le parole per deinirla. "

Telegrammi in ritardo e ricorsi per cattedre vacanti

5 Ottobre 2009 15 commenti

 

E’ giunto il momento di usare il blog per farmi dare un consiglio.

In via Fara la posta viene consegnata dai postini che escono dal centro smistamento di Poste Italiane di Via Valtellina, Milano. A  casa mia la posta viene consegnata sempre in ritardo, quando arriva: l’anno scorso ho dovuto disdire l’abbonamento a Internazionale perché veniva consegnato con 4-7 giorni di ritardo tutte le settimane, ma gli ultimi episodi sono due fatture consegnate aperte e una raccomandata consegnata con una settimana di ritardo (anche se sul foglietto giallo c’era scritto lo stesso la data giusta di una settimana prima per pararsi il culo). La situazione l’ho anche segnalata con le buone all’Ufficio Postale di via Valtellina (segnalazione telefonica avvenuta il 21.09), facendo notare che in questo periodo in particolare la consegna dei telegrammi è fondamentale per rispondere alle chiamate delle scuole e che un ritardo nella consegna di un telegramma equivale a perdere un posto di lavoro annuale. Mi è stato risposto dall’addetto di non preoccuparmi dato che sui telegrammi non avviene mai ritardo.

Oggi sono arrivato e ho trovato un telegramma del 24.09 (oggi è il 05.10) in cui mi si invitava a presentarmi presso una scuola in via Trilussa per una cattedra di 18 ore entro le ore 8.00 di lunedì 28.09. Ovviamente non ho potuto rispondere e quindi presumo che qualcuno – magari successivo al mio nono posto in graduatoria – abbia ottenuto la cattedra A059 a cui potevo aspirare. 

Non vi devo neanche dire quanto sono furioso.

Ma io vorrei che qualcuno mi desse un consiglio documentato e preparato: 

– posso chiamare domani la scuola, fare presente la situazione e presentare ricorso per sperare di recuperare il posto?

– cosa posso fare nei confronti dell’ufficio postale della mia zona responsabile di questa situazione? posso chiedere a loro i danni indiretti? posso fare in modo che i responsabili di questi continui soprusi nella consegna della posta abbiano delle conseguenze di qualche tipo?

PS: non mi rispondete di fare da me per fare per tre perché è una linea di condotta che conosco già e che non ho necessità mi venga delucidata. 

Grazie a tutti quelli che vorranno avere la pazienza di farmi capire come si muoverebbero in questo caso.

UPDATE 06.10.2009

Stamattina prestissimo mi sono recato alla scuola in via Trilussa e vi ho trovato delle segretarie gentilissime (quella scuola non sa quanto è fortunata in questo, ne approfitto per ringraziarle pubblicamente): mi hanno spiegato che il posto è stato assegnato a una collega che al momento dell’assegnazione era dodicesima (tre posti dopo di me) ma che alla compilazione delle graduatorie definitive che escono questa settimana sarà quarta (cinque posti prima di me). A questo punto rivalersi sulla scuola e sulla collega non ha nessun senso (e devo dire che sono abbastanza poco propenso ai ricorsi nei confronti di scuole e colleghi, dato che alla fine siamo tutti un po’ sulla stessa barca), mentre continua ad avere un senso citare Poste Italiane in giudizio per mancato guadagno (come conferma il mio avvocato). Grazie a tutti quelli che si sono interessati alla vicenda. A presto

 

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Le proposte per la scuola italiana – una visione eterodossa

7 Settembre 2009 7 commenti

 

Pre Scriptum: non ho riletto; scusate strafalcioni; è certamente incompleto, ma di questi tempi sento il bisogno di cominciare a confrontarsi su proposte serie e strutturali, che di toppe non se ne può più. Ovviamente non penso che le proposte che ci sono in questo post siano complete o anche solo dettagliate, ma almeno sono idee che non ho sentito mai pronunciare nel dibattito pubblico sulla questione, tutto intento a ribadire che la Gelmini è una povera deficiente (vero), a strumentalizzare i precari per colpire il governo (per carità se lo merita il governo), a cercare di risolvere il proprio problema quando è evidente che c’è qualche piccola complicazione strutturale. 

 
In questi giorni – come tutti coloro che seguono quello che succede nel mondo – mi sono interrogato molto sulla questione della scuola in seguito alle proteste dei precari che si stanno diffondendo a macchia d’olio per tutta la penisola. Mi sono interrogato perché io sono uno di loro, ma non sono andato ai presidi, un po’ per pigrizia, un po’ perché rimuginavo.
E’ bene scriverlo in cima al post: ogni mobilitazione merita solidarietà, soprattuto in una fase come questa, durante la quale il tentativo è come sempre quello di distruggere la dignità delle persone, di convincerle che vivere una vita di stenti e di sottomissioni sia qualcosa di appetibile; quindi senza se e senza ma i ragazzi sui tetti dei provveditorati, incatenati ai cancelli di quegli edifici grigi, o attivi in qualsivoglia modo per cambiare in meglio la propria vita devono essere difesi e sostenuti. Inoltre parliamo di persone che hanno speso anni a lavorare per e nella scuola, che hanno studiato, obbligati dai mille sistemi che i governi hanno inventato per ritardare il momento delle scelte su come inserire nel mondo scolastico nuove forze, pagando corsi, prendendo ogni anno una laurea diversa, cercando di inseguire il gioco mafiosetto di governi e istituzioni sul mondo del lavoro.
Però oggi voglio provare a stare al gioco di ogni autorità che si rispetti, voglio provare a rispondere alla trita critica che si muove a ogni protesta: proposte, non pugnette. Bene, la domanda fondamentale è: come può migliorare il sistema scuola italiano? Come si possono risolvere i suoi annosi problemi? Mi sono posto questa domanda, e lentamente aggirandomi per le scuole e per i meccanismi della scuola, ho provato a darmi una risposta senza precludermi alcuna impennata di stronzaggine (chi mi conosce sa che è proprio difficile per me 🙂

Il riassunto di ciò che penso è il seguente: la scuola ha bisogno di più fondi, non di tagli; ha bisogno di una ottimizzazione delle risorse; ha bisogno di scelte nette sulle priorità e di investimenti in tal senso; ha bisogno di percorsi chiari per migliorare. Sembra semplice, ma se guardate bene è esattamente il contrario di quanto fatto dalla maggior parte dei governi da decenni a questa parte: si è sempre parlato di tagli a fronte di finanziamenti sempre più ingenti alle scuole private (no, io non penso che uno debba essere "libero" di scegliere la scuola privata, io penso che la scuola debba essere una e pubblica e che chi vuole una scuola privata se ne debba assumere l’onere anche economico); si è sempre parlato di riduzione delle risorse e mai della loro redistribuzione; le priorità sono cambiate anche nel corso dello stesso governo, e ogni volta alle parole raramente sono seguiti i fatti in termini di strutture, formazione, progettualità; sulle scelte nette, nonostante l’aspetto da virago della stessa Gelmini (di cui ho zero stima, tanto per chiarirci), anche l’attuale governo ondeggia a seconda della necessità politica e della ragione di stato (oltre che di cassa).
La domanda sorge spontanea: cosa faresti tu? Io risponderò, a spanne, ovviamente, non avendo accesso ai conti dello Stato, e tantomento fregiandomi di improvvisate qualità di economista. Risponderò con il buon senso di quello che vedo attorno a me, e con la voglia di cercare soluzioni.

Punto primo: fondi.
Annullare i fondi alle scuole private e reinvestire il tutto nel rinnovamento della scuola pubblica. Chi vuole una scuola privata, se la paghi. E non mi si dica che uno deve essere "libero" di scegliere. La libertà è quella di tutti di avere una scuola dignitosa: se a te piacciono i preti, o i centri rousseau, pagateli. La libertà di tutti è sempre più importante del capriccio di uno. Punto.
Detassare al 100% i versamenti delle aziende alle scuole siano essi in materiali, risorse umane, finanziari.

Punto secondo: posti di lavoro, rinnovamento e riorganizzazione delle risorse.
Facilitare il prepensionamento degli insegnanti over 50.
Facilitare il trasferimento degli insegnanti più esperti (leggi anche più anziani) a obiettivi funzione per varie mansioni scolastiche: dalle vicepresidenze, ai laboratori, alle mille cose che ci sono da fare in una scuola, fosse anche solo tenere i contatti con il quartiere, le associazioni locali e i progetti che si possono realizzare.
Ispezioni serie per valutare situazioni critiche e distribuzione delle risorse: non da lontano, però, da vicino; prendersi un anno e girare tutte le scuole, altrimenti non si capisce un cazzo di quello che succede. Sappiamo bene che il Sud (senza razzismo, è un dato di fatto) scoppia di insegnanti che hanno chiesto il trasferimento vicino ai paesi natii e che sono stati accontentati con strutture sovrabbondanti, tenute in piedi per i buoni uffici mafioso politici di questo o quell’amministratore. Anche al Nord il problema degli accorpamenti e della razionalizzazione delle strutture è impellente. E va fatto senza pietà, Brunetta style. Sappiamo altrettanto bene che le scuole sono piene di persone che occupano il posto pur avendo altri impegni, di gente che non merita di essere professore e che non si capisce con quale criterio sia arrivata a fare questo mestiere. (E tralascio la situazione delle segreterie, che è pure peggiore, se possibile, in molti luoghi).
Valutare la quantità di posti liberati e la loro localizzazione, e indire un concorso che spazzi via TUTTE le graduatorie piccole e grandi. Chi ha anni di servizio, titoli, specializzazioni, abilitazioni parte con un piccolo vantaggio, ma tutti se la possono giocare a viso aperto. Chi entra entra, chi non entra si infila nelle graduatorie di istituto in attesa di supplenze e del successivo concorso quando si rivaluteranno le posizioni vacanti dopo tipo 3-5 anni. Basta equivoci, basta farraginosità, è inutile stare a menare il can per l’aia: ci sono meno posti, un sacco di gente in graduatoria non sa più neanche cosa vuol dire insegnare, un sacco di gente giovane meriterebbe posti che sono in scacco. Un bel repulisti e si ricomincia da zero, ma prima bisogna capire bene quanti posti e dove si possono collocare. Chi non entra, dovrà inventarsi un altro lavoro, almeno per un po’.

Punto terzo: priorità e indirizzi.
Scegliere ogni 3-5 anni degli obiettivi prioritari (che so, alfabetizzazione informatica, strutture di sostegno, progetti multiculturali) e disporre finanziamenti strutturali ingenti in tale direzione (vincolati): se per dire la priorità è l’alfabetizzazione informatica, per esempio, mettere su dei team regionali che attrezzino TUTTE le scuole con un’aula informatica seria per esempio. Giusto per restare sul semplice.
Predisporre (questo più o meno c’è già) ogni anno finanziamenti per progetti della scuola che abbiano a che fare con il contesto dove vive un istituto.
Programmare in via centrale (almeno regionale) gli interventi di costruzione/ristrutturazione di edifici e risorse dell’edilizia scolastica. Fornire sgravi per la riqualificazione di strutture abbandonate a fini scolastici, cofinanziamenti e via dicendo.
Se la via dev’essere quella di scuole che si differenziano anche per la capacità di coinvolgere il tessuto territoriale, che almeno abbiano qualche carta per attirare capitali e risorse. Sennò mi pare evidente che dire "le scuole devono essere fondazioni" è solo un modo per dire "vi diamo meno soldi, arrangiatevi con gli amici degli amici". Italian-style, ma style di merda anche.

Punto quarto: valutazione dei percorsi scolastici.
Il mondo sarebbe un posto migliore se fosse possibile vedere questa filiera: la gente paga le tasse, ottiene servizi PUBBLICI di utilità, valuta questi servizi, le valutazioni vengono registrate, analizzate indagate, e i servizi migliorati. Filiera virtuosa no?
Anche la scuola dovrebbe avere dei meccanismi di feedback locale (con le strutture del territorio, i consigli di zona, i comitati di quartiere e di genitori, un po’ una versione allargata e forse con un po’ più di potere decisionale dei consigli d’istituto diciamo) e globale (indagini statistiche, raccolta di questionari a campione sul territorio da poi filtrare, periodiche visite di autorità centrali, possibilmente a sorpresa e in incognito 🙂
Andrebbero poi premiate in qualche forma quelle scuole che si dimostrano essere in contatto con la realtà che le circonda, che si dimostrano capaci di migliorare proprio per la relazione con chi ha bisogno di loro.

Molti di questi punti sono ispirati da principi diametralmente opposti a quelli sia della presente amministrazione, che di quelle precedenti, strette in ragioni di stato e in un revisionismo del concetto di PUBBLICO francamente imbarazzante per chiunque si definisca "sinistroide". Un giorno qualcuno mi disse che è semplice distinguere: se il tuo obiettivo è rendere la vita della maggior parte delle persone migliore e dare a tutti le stesse possibilità, sei di sinistra. Se la solidarietà, la dignità e l’eguaglianza sono valori fondanti per te, sei di sinistra. Ma adesso si sa è tutto più confuso. Però al di là di posizioni che oggi vengono considerate estreme pur essendo all’acqua di rose, mi pare evidente che combattere per migliorare ciò di cui tutti potremmo godere è una necessità: non c’è democrazia senza la possibilità per tutti di una vita dignitosa. E alcune dei punti di cui sopra, anche se un po’ trucidi, potrebbero essere degli spunti da cui partire per cercare delle soluzioni e non solo delle toppe per nascondere le falle di un sistema rabberciato mille volte senza – come in molti altri campi – la minima idea della società che si vuole costruire e in cui si vuole vivere.

à la prochaine.

 

I problemi della scuola – parte sesta e ultima – il pagellone

24 Giugno 2009 10 commenti

 

Bene, l’anno scolastico si avvia alla sua conclusione e mi pare corretto cercare di tracciare un po’ un bilancio di quanto è accaduto in questa mia esperienza in quel della Comasina. Mi pare anche che sia giusto nei confronti degli sparuti lettori di questo blog aggiornare su come si sono concluse alcune vicende che tanto hanno animato i commenti e le mie giornate negli ultimi mesi. Ho pensato di farlo con una specie di pagellone, ovviamente con i voti in stile Gelmini: spero nessuno si offenda per quanto scriverò, ma d’altronde è quello che penso 🙂

Studenti, voto 7: come sempre sono la componente più importante della scuola, quella per cui si sceglie di fare questo mestiere. Mi sono divertito molto con loro, ma penso che in generale non siano stati molto in grado di raccogliere e proporre stimoli che altrove ho visto prendere piede molto più decisamente. Sono convinto che le prime di quest’anno saranno un po’ più propositive e che in buona parte non sia solo colpa degli studenti: siamo noi adulti che dovremmo contribuire risolvendo le situazioni problematiche a far sì che il grosso degli alunni possa approfittare delle occasioni che si parano loro davanti. Insomma: bene, ma si può fare meglio. Con l’aiuto di tutti.

Docenti, voto 7: il voto è una media tra l’otto che meriterebbe la dedizione, la bravura e la voglia di lottare di un gruppo (anche consistente) di docenti, e il cinque per la tardiva sveglia del grosso del collegio docenti, accortosi troppo tardi della fonte di alcuni problemi della scuola e disposto alla battaglia solo dopo aver toccato con mano il problema. Avremmo tutti insieme potuto muoverci prima, forse risparmiandoci un ultimo mese veramente thriller di rapporti tesi e problemi rimasti scarsamente risolti. Ovviamente non è "colpa" dei docenti, ma il loro insieme è uno spaccato della società, dei suoi limiti, della scarsa propensione generale a sbattersi per risolvere le cose e per inventarsi nuovi modi per farle. Sono convinto che se una scuola potesse contare sempre sullo stesso gruppo di persone molte cose migliorerebbero di anno in anno, con una progressione che non può che realizzarsi conoscendosi meglio, facendo le cose insieme per tanti anni e limando l’un l’altro i rispettivi limiti. Sarebbe ingiusto non dare la sufficienza al gruppo di adulti che più di tutti ha a cuore l’istituzione scolastica, ma sarebbe anche poco onesto dire che ci si è librati molto in alto. Non mi odiate, sapete che non mi accontento mai. La mozione finale e l’ultimo mese hanno alzato di molto la valutazione complessiva.

Personale non docente, voto 7: sempre disponibili, sono le fondamenta su cui costruire la scuola. Non tutte le bidelle della scuola dove sono stato quest’anno apprezzano la rilevanza del loro ruolo, ma alcune di esse sono insostituibili: C. e V. sopra tutte. Grazie mille.

Segreteria, voto 5,5: un consesso di persone in generale con scarsa propensione all’iniziativa, diciamo così. Se ne salvano due o tre, ma il grosso avrebbe bisogno di qualcuno che spiegasse loro che una segreteria efficente ed efficace è la chiave per una scuola che funziona senza intoppi. Lo dovrebbe fare il preside, ma sappiamo i limiti che la scuola dove ho insegnato ha in questo senso. Il voto è la media tra la disponibilità e la competenza di alcune persone della segreteria e la totale inesistenza di altre. Ho capito che non bisogna disturbare ogni minuto la gente che lavora, ma non è neanche possibile pensare che si debba prendere un appuntamento per realizzare un intervento tempestivo nei confronti di un alunno e della sua famiglia perché "gli orari sono quelli". Su, un po’ di flessibilità ci aiuterebbe a lavorare meglio. E forse nell’ultimo mese senza studenti questa cosa si è notata di più. Il voto è tirato in basso dallo spreco costituito dal dover pagare un consulente economico esterno per fare i conti quando ci sono persone lautamente remunerate in segreteria per quel lavoro. Tristezza in salsa italiana.

Dirigente Scolastico, voto 4: sapete come la penso, l’ho scritto in tutte le salse. Ho tenuto il vecchino (come si è lui stesso firmato) come ultimo punto, anche per aggiornarvi su come è finita la battaglia tra la scuola e il suo inadeguato dirigente scolastico. In uno degli ultimi collegi docenti il preside si è scontrato con tutti i professori: ha pensato bene di rigirare troppe volte la frittata dei problemi della scuola, infine cercando di addossarla a quei docenti che per tutto l’anno hanno retto l’organizzazione della scuola e svolto le funzioni che avrebbe dovuto coprire il dirigente. Non solo, ha pensato bene di addossare a tutto il corpo docente la colpa dei limiti della scuola in cui lavoravano, insultandone la professionalità e l’impegno. Il risultato netto è stata una mozione firmata da tutto il collegio docenti tranne 6 persone (tra cui l’RSU della UIL che ha ritenuto non idonea la sede del collegio docenti per quella protesta) in cui si metteva a verbale l’inadeguatezza del dirigente e il suo totale disimpegno verso la scuola che avrebbe dovuto reggere. Pochi giorni dopo una lettera firmata dalla stragrande maggioranza dei docenti delle scuole medie è stata portata in Consiglio d’Istituto e inoltrata al Provveditorato controfirmata da tutto il Consiglio (in una riunione in cui il Dirigente ha nuovamente fatto una figura di tolla cercando di sgusciare dalle proprie responsabilità e mancanze). Pochi giorni fa a scuola è serpeggiata una voce che finora non mi è stata confutata: il vecchino sarà trasferito in una elementare a Paderno Dugnano, una piccola vittoria che ogni docente della scuola sta assaporando. Non so se sia dipeso da noi, dalla nostra battaglia, dai litigi o semplicemente dal caso, ma sono contento di lasciare la scuola dove ho insegnato (e dove probabilmente non insegnerò l’anno prossimo considerata la mia condizione di precario) con un problema in meno sul groppone.

Concludo salutando tutti i colleghi, il personale ATA, e il personale della segreteria, sia le persone che ho apprezzato che quelle con cui ho litigato. Non sarà un anno che dimenticherò facilmente.

Cinismo vero, cinismo nero

23 Aprile 2009 1 commento

 

E io che pensavo di essere il re dei cinici. La realtà come al solito supera la fantasia. E il peggio è che Silvio Berlusconi passerà per Santo Subito, anziché per il capo degli approfittatori. Pietà.

"Il G8 sarà spostato all’Aquila: i no global non verranno in una
terra ferita".

 

Connivenze, quando non è più un problema di termini

26 Marzo 2009 6 commenti

 

La staffetta partigiana che frequenta il sito come veicolo di informazione antifascista mi ha segnalato una comunicato stampa di alcuni consiglieri regionali che sembrerebbe implicare che la Fondazione de Le Stelline abbia concesso i locali del famoso palazzo milanese per l’incontro tra i partiti di estrema destra europei facenti capo al cosiddetto European National Front. Sarà pur vero che sembra di essere tornati negli anni ottanta, solo con un po’ di tecnologia in più e un bel po’ di pudore in meno, ma non ricordo nel corso di tanti anni di schifezze perpetrate dalla destra a milano un atto di provocazione così esplicito. "E’ la solita provocazione a due mesi dalle elezioni", alcuni diranno, e hanno ragione. Ma è una provocazione che meriterrebbe una risposta di tutta la città, che come al solito starà zitta fino a che il proprio orticello non verrà intaccato. Brecht doveva dedicare la sua poesia a Milano, in cui siamo costretti a rimpiangere democristiani e socialisti, ladri sì, ma non certo fascisti come quelli che si aggirano tutti i giorni nelle strade. 

dal sito di Muhlbauer:

OPPOSIZIONE CHIEDE ALLA REGIONE DI REVOCARE LA CONCESSIONE DEL PALAZZO DELLE STELLINE PER IL RADUNO NAZIFASCISTA DEL 5 APRILE

Ieri Forza Nuova ha annunciato formalmente che il raduno
nazifascista previsto per il 5 aprile si terrà presso il Centro
Congressi “Palazzo delle Stelline” di Milano. Cioè, in una struttura
pubblica, gestita dalla Fondazione Stelline, di cui sono enti fondatori
Regione Lombardia e il Comune di Milano.
Per questo motivo, oggi, tutta l’opposizione in Consiglio Regionale,
mediante una lettera firmata dai consiglieri Luciano Muhlbauer (Prc),
Franco Mirabelli e Maria Grazia Fabrizio (Pd), Bebo Storti (Pdci),
Carlo Monguzzi (Verdi) e Marco Cipriano (Sd), ha chiesto al Presidente
Formigoni e all’Assessore alla Cultura, Zanello, di intervenire
urgentemente presso gli organi della Fondazione, affinché la
concessione dello spazio venga revocata (la lettera può essere
scaricata in formato pdf in fondo a questo post).
Infatti, il raduno internazionale sponsorizzato da Forza Nuova dovrebbe
dare voce a organizzazioni politiche di cui sono note e conosciute le
tesi negazioniste, razziste e neofasciste. E ciò non contrasta soltanto
con i principi fondamentali affermati dalla nostra Costituzione –e
questo in realtà dovrebbe bastare-, ma persino con lo Statuto della
Fondazione e con la legge regionale che l’aveva istituita.
Inoltre, c’è da segnalare che nella giornata di oggi ci sono state
anche le prese di posizione ufficiali della Camera del Lavoro di Milano
e dell’Anpi provinciale, che chiedono ambedue a Sindaco, Prefetto e
Questore di vietare l’iniziativa del 5 aprile.

Inviato da
staffetta partigiana incazzata rossa

26 Mar 2009, 20:17

 

 

Precarietà (poche parole ma buone)

17 Marzo 2009 3 commenti

 

Espio la mia colpa per non aver fatto un post su Dax ieri (come staffetta partigiana nella sua attitudine diy mi ha fatto notare) ritornando a parlare di politica e vita (anziché solo di vita come nel caso dei post precedenti). Vi propongo un post di blanca, che secondo me in poche parole dice molte cose su come si vive nel nuovo millennio. Tradotto: una merda che ci siamo preparati da soli credendo alle magnifiche sorti e progressive dell’Italia che ci hanno raccontato ma che intorno a noi non abbiamo visto mai (quella che funziona, in cui il mercato del  lavoro è perfetto, che è ricca e fa parte del primo mondo, ecc ecc.) 

 Dalla sera alla mattina arriva The President e dice che chiude il
posto dove lavoro da un mese e mezzo. Poi mi chiedo se chiude la
societa’ numero 1, la societa’ numero 2 o quella numero 3. Gia’ perche’
io sono assunta dalla numeo 2, gli altri dalla numero 1 e quelle della
numero 3 sono venute a misurare gli armadi per vedere cosa si possono
portare via. E pensare che i dipendenti siamo in 4 in totale e
impegniamo cosi’ tante societa’…

Io guardo i pescetti colorati. Prima di guardare i pescetti ero
tanto depressa, ma dopo che siamo stati tutti licenziati, dopo aver
fatto passare quel giorno e mezzo di panico e fuori dall’orario di
lavoro, la sera… insomma mi chiama The P. per dirmi che sono un
cavillo legale e che il mio contratto a 6 mesi non lo possono
interrompere. Mbe’, bene… cosi’ pare. Mi sposteranno da qualche altra
parte, nella societa’ numero 3? Oppure nella numero 4 che sta in un
altro palazzo? Nel frattempo speriamo che le poste italiane ritardino e
si comportino nel modo in cui l’italiano medio pensa al servizio
postale: non efficiente. Gia’, perche’ se non ci arrivano entro oggi le
lettere di licenziamento, si posticipa tutto.

I problemi della scuola – parte quinta – eppur si muove!

24 Febbraio 2009 13 commenti

 

Mi piace il volgere di questa serie di post. Partita con la vena più polemica che mi contraddistingue, attraverso il dibattito e la discussione, ha generato – non da sola ci mancherebbe, ma ha sicuramente contribuito – una situazione concreta che ha migliorato, già solo con il suo verificarsi, lo stato della scuola Gandhi, in cui sto lavorando quest’anno… e chi lo sa, magari anche l’anno prossimo.
Dopo le discussioni sul blog, 2/3 del corpo docenti della sede di piazza Gasparri hanno chiesto di incontrare il dirigente e di discutere dei problemi che la scuola sta vivendo. Si voleva fare un collegio docenti straordinario, ma i tempi erano stretti e la prossima settimana ne era già previsto un altro. Si è quindi deciso di puntare su una situazione un po’ atipica, ma certamente necessaria.
Penso che la sensazione di tutti coloro che vi hanno partecipato (ovvero i 2/3 del corpo docenti, chissà che cosa avevano da fare gli altri 8 che non c’erano, ma voglio sperare che per la maggior parte dei casi ci fossero dei motivi di salute a impedirne la presenza) sia che questo incontro andava fatto molto prima del 23 febbraio: ci avrebbe aiutato a conoscerci e a mettere al centro dell’attenzione comune non solo i problemi, ma anche la disponibilità a lavorare insieme per risolverli. Non è mai troppo tardi, ma ovviamente per alcune cose il nostro ritardo ci renderà carenti di tempismo nell’intervento. Per questo ho sostenuto anche ieri che a questo punto, per fare fronte a questa carenza, dovremo compensare con determinazione e incisività in proposte e mobilitazioni. Come in tutti i consessi collettivi non tutti sono proprio sulla mia lunghezza d’onda – si sa che sono un po’ un estremista – ma già ho registrato la volontà di quasi tutti a remare nella stessa direzione.
Devo anche sottolineare che è stata una riunione proficua e in cui tutti – al di là delle discussioni degli scorsi giorni – hanno voluto avere un atteggiamento costruttivo, e per questo mi sento di rigraziarli e ringraziarci 🙂

Venendo al merito dell’assemblea dopo questa sviolinata introduttiva, abbiamo affrontato sostanzialmente due problemi. Lo riporto anche qui sul blog, non per violare l’ambito ristretto dell’assemblea, quanto per dare modo a tutti di seguire la vicenda che in qualche modo su questo blog ha cominciato a muovere i suoi primi passi. Da un lato abbiamo parlato del concreto futuro della scuola Gandhi e dall’altro della situazione disciplinare nella scuola, che ha raggiunto in alcuni casi situazioni limite che di fatto impediscono alla maggior parte degli alunni di seguire serenamente il loro percorso formativo. Senza entrare nei dettagli che fanno parte delle scelte che si prendono a porte chiuse, abbiamo deciso su questo secondo problema, un intervento drastico su alcune situazioni e un intervento che coinvolga tutti – preside incluso – nel far comprendere alle posizioni intermedie che il destino è nelle loro mani e nessuno può scegliere al posto loro se finire sul "libro dei buoni" o sul "libro dei cattivi". Sto semplificando, ma non voglio entrare troppo nel dettaglio di situazioni formativo/disciplinari che esistono ovunque: quello che registro è che tutta la riunione ha cercato soluzioni a tutti i problemi di questa natura improntate alla partecipazione più attiva di tutte le componenti e alla cooperazione. Ed è quello che io speravo.

Più interessante è stata la prima parte dell’assemblea in cui si è affrontato il problema principale della scuola: la sua sopravvivenza fisica. Infatti all’inizio di febbraio i tecnici del Comune si sono incontrati con il Comitato di Quartiere, il Comitato Genitori e il Dirigente Scolastico: la posizione del Comune, che quando aveva trasferito la Gandhi dagli stabili di via Bernardino da Novate temporaneamente nella sede di piazza Gasparri aveva promesso di costruire a breve una nuova sede (parliamo del 2000 o 2001), è che non ci sono i fondi per costruire una nuova scuola in quartiere Comasina, e che la cosa sarebbe avvallabile solo in presenza di almeno 400 utenti. In caso contrario l’investimento del Comune è orientato a ristrutturare lo stabile di via Gabbro e accorpare tutti gli studenti in quella sede. Non mi dilungherò qui su alcune banalità: la tendenza dei recenti governi a disinvestire nella formazione dei cittadini a favore di politiche securitarie e istituzioni private; la chiara volontà di disarticolare le comunità a livello territoriali convinti che anziché di vivibilità questo sia sinonimo di "inutili complicazioni burocratiche"; la non comprensione della funzione che un complesso scolastico può svolgere all’interno di quartieri complicati e in chiara espansione demografica. Tutto questo ovviamente non è tecnica, ma politica e davanti ai tecnici del Comune non sortisce nessun effetto. Altrettanto ovviamente senza un intervento a livello politico pressato dagli abitanti del quartiere, dai genitori e dai professori difficilmente si troverà una soluzione praticabile.
L’assemblea è stata abbastanza viva e ha parlato di molte cose cercando varie soluzioni, dovendole anche incrociare con la necessità di salvare la scuola da una emorragia di iscrizioni che ha origini molteplici: la difficile convivenza prolungata tra struttura primaria e secondaria di primo grado, la carenza di spazi, le difficoltà ambientali, il disinvestimento da parte del Comune. Se su questo ultimo punto siamo riusciti a decidere un intervento congiunto del dirigente con alcuni docenti proprio mercoledì in occasione dell’ultimo giorno a disposizione (help!), sul destino della scuola la situazione è molto più fluida. Sulla mobilitazione politica si è rimasti un po’ tentennanti – anche forse perché non si può pretendere che al primo incontro ci sia coesione e fiducia reciproca sul "modo" di fare politica dei presenti – limitandoci a iniziare un percorso di sondaggio degli organi politici locali (Consiglio di Zona e consiglieri comunali), mentre su possibili alternative tecniche si è stati un po’ più propositivi: al posto della ex scuola media in quartiere Comasina la propaganda dell’amministrazione comunale (che giova ricordarlo è la stessa da 20 anni a Milano e quindi avrà pure qualche responsabilità nel calo della vivibilità di questa cazzo di città) dovrebbero essere costruiti un nuovo Commissariato di Polizia e uno Studentato universitario (anche qui ricordiamo che per arrivare dalla Comasina in Bicocca ci vogliono 90 minuti circa, rispetto ai 60-75 per arrivare agli altri poli universitari). E’ facile capire che quindi i soldi per costruire strutture ci sono, ma si vogliono costruire ALTRE strutture, chissà perché. Sul Commissariato di Polizia non mi pronuncio perché penso che di presidi territoriali delle forze dell’ordine ce ne siano abbastanza, e al massimo dovremmo provare a indagare quanto gli uomini delle forze dell’ordine decidano di conoscere e intervenire in forma PREVENTIVA sul territorio (e sto cercando di vestirmi della mia migliore mise democratica, cosa che mi si addice poco). Sullo studentato mi pare evidente che sia una mazzetta, pura e semplice: posti letto che verranno gestiti non si sa da chi e non certo per offrire agli studenti universitari alloggi a basso prezzo, una politica che da tempo a Milano non esiste (ricordiamo anche qui che una stanza in condivisione a Milano costa tra i 200 e i 500 euro, mentre una stanza da solo in una casa condivisa raramente scende sotto i 400 euro). Strano che l’amministrazione si scopra Robin Hood degli studenti proprio sulle strutture che dovevano finire alla scuola media (che guarda caso ha nella stessa zona una scuola media gestita dalle suore…. a buon intenditor, poche parole).
In ogni caso ieri su questo punto c’è stata la discussione che ha prodotto frutti più interessanti: si è pensato di proporre al Comune soluzioni alternative per non vedersi sbattere la porta in faccia, e nei prossimi giorni dovremo contattare Olinda, Da Vicino Nessuno è Normale e Consiglio di Zona per capire la fattibilità di proporre uno dei padiglioni dell’ex Paolo Pini come sede da ristrutturare (e non ricostruire) per la scuola media Gandhi. E’ da notare che nell’ex Ospedale Psichiatrico esiste già una struttura che è stata per qualche anno un distaccamento di una scuola superiore, quindi la proposta non pare proprio campata per aria. E sicuramente la struttura sarebbe a una distanza più ragionevole dal Quartiere che non la confluenza di tutto il corpo nella sede di via Gabbro (una soluzione che secondo me porterebbe a peggiorare la vita sia della Gandhi che della Rodari per i ristretti spazi che si verrebbero a creare nella sede delle medie della Bovisasca, che a quel punto sarebbe decisamente sovraffollata.
Ora chiudendo questo post "positivo", vorrei chiedere a tutti i lettori di suggerirmi contatti per verificare la praticabilità di questa ipotesi: ganci in consigli di zona, uffici del demanio, ufficio strutture dell’ospedale niguarda, olinda, associazioni legate al Paolo Pini, e via dicendo sono bene accetti e auspicati.
Ovviamente spendere dei soldi della Expo per fare scuole pare una bestemmia, no? D’altronde di cosa stiamo parlando dato che se continua così Milano riuscirà nella più grande figura di merda della storia della città? Ahahahahhahahahahahhah!
 

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Regime Checklist

20 Febbraio 2009 3 commenti

 

Leggi razziali 

Esautorazione del Parlamento a favore del Duce 

Squadre d’Azione 

Leggi sulla libertà di stampa (versione 2008) 

Reati d’opinione 

Repressione di antagonisti politici 

Ampliamento della discrezionalità della scelta d’azione delle forze dell’ordine 

Equiparazione di forze di polizia ed esercito 

 

E si potrebbe andare avanti ancora molto.

Non c’è un cazzo da ridere.