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Archivio per la categoria ‘pagine e parole’

Blackswift: instant reality ficition, novecento e uno

9 Febbraio 2007 1 commento

 

Alcuni eventi, se osservati dalla giusta angolazione, rivelano prospettive inquietanti e a volte terribili, o viceversa banali e orribilmente fortuite.

Queste righe sono la chiosa per il nuovo racconto lungo di blackswift, h.n. blackswift, che è appena stato pubblicato sul sito. E' un ardito esperimento di istant reality fiction, che ci frutterà l'appellativo di cinici bastardi e le ire imperiture delle ffoo di tutta italia (come se avessero avuto bisogno di altri motivi per detestarci). Ovviamente tutto ciò che è contenuto nel racconto è frutto della nostra immaginazione, ma ci è piaciuto percorrere alcune strade della cronaca di questi giorni che nessuno (o quasi) ha voluto percorrere. Speriamo vi divertiate a leggerlo quanto noi a scriverlo. 

Il titolo del racconto è Novecento e uno, perché quello che raccontiamo e quello che stiamo vivendo in questi giorni è un salto nel novecentismo più sfrenato, pur essendo terribilmente moderno.

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Alessandro Bertante e il dramma del gossip

7 Febbraio 2007 14 commenti

Ieri una ragazza che lavora alla Mondadori mi chiama e mi dice: "domani esce una recensione del libro su Repubblica. Doveva essere di 40 righe, ma poi hanno sfogliato il libro e non li ha convinti, e l'hanno ridotta a 20".
Io rispondo: "pazienza… mica può piacere a tutti il libro". Sorrido.
Lei: "per l'autore cosa diciamo?"
Io: "ancora? ve l'ho già detto, l'autore è blackswift, uno pseudonimo dietro cui si celano due attivisti milanesi. Che bisogno c'è di sapere altro?".
Lei: "ok."

Detto questo, oggi vado a leggere La Repubblica. L'autore della recensione è Alessandro Bertante, a cui il libro non è piaciuto (sulla risposta alla recensione, vedi sotto): no problem? Se fosse per questo, no, ci mancherebbe che il libro debba piacere a tutti. Invece problem: perché il caro Bertante decide di dover specificare il mio nome nel suo articolo, cosa che avevo ESPLICITAMENTE chiesto di non fare. Ora, la domanda sorge spontanea: perché?

La mia risposta è su più livelli: 

  • in primo luogo, in questi tempi magri, i giornalisti (e a maggior ragione i giornalisti che si danno un tono scrivendo un libro o viceversa) si concentrano sempre sul gossip (il Vero Nome dell'autore) e poco sulla notizia (la recensione, il  romanzo, bello o brutto che sia).
  • in secondo luogo i giornalisti italiani (e non solo) sono ossessionati da un  concetto distorto di identità (e di conseguenza privacy): che cosa definisce  un'identità? La sua storia, le sue azioni, la sua rappresentazione all'interno dell'arena della realtà. Blackswift è un'identità in sé, che si rappresenta attraverso i racconti e i romanzi che sono pubblicati sul sito   http://blackswift.org, che si suggerisce dal gioco di parole che è inscritto nel nome. Ha bisogno di essere riportata ad un'ulteriore identità, per un  giornalista più vera, perché anagrafica? No. No perché la mia identità anagrafica è diversa da quella di blackswift, anzi, non è neanche così  definibile come una singola identità. Ma ai giornalisti italiani insegnano che senza un nome e un cognome la notizia è meno vera… Proprio loro, che di notizie vere ne sfornano pochissime, dovrebbero sapere che la definizione stessa è quantomeno aleatoria. Mi chiedo ancora perché io mi incazzi su questa cosa degli pseudonimi e continui a usarli… Forse perché non mi rassegno alla stupidità umana.

Dopo un po' ho localizzato il soggetto e in effetti di vista ci conosciamo dai tempi dell'aula IV di architettura e del golgonooza (non che abbia io militato nell'una seriamente). All'epoca scriveva una fanzine di racconti e scritti: Letteratura Underground (che non so se esce ancora). Forse Bertante dovrebbe sapere che al contrario di altri a me non interessa "rifarmi l'immagine" passando per un rispettabile autore, ma che sto benissimo come sono: un'attivista incazzoso, un po' stronzo e per nulla conciliante; e forse va al di là del suo modo di fare comprendere che la scelta di uno pseudonimo spesso non è nascondersi (che sono sempre segreti di pulcinella), ma evitare di riciclarsi con facili operazioni da quattro soldi e di cercare di sembrare più cool di quanto non dimostrino le cose che si fanno. 

Ah, dimenticavo la recensione e le risposte alle critiche (che per carità nessuno si permetterebbe di dire che non si possano fare)

Un confuso romanzo noir d'esordio
Ma il romanzo è un'altra cosa
di Alessandro Bertante
Milano è una città misteriosa? Sembrerebbe di sì, leggendo Monocromatica (Colorado Noir) primo romanzo a firma di R.S. Blackswift, un nome collettivo che cela un singolo autore, il trentenne xxxx xxxxx, già attivista dei centri sociali Bulk e Pergola. La trama prende spunto dalla fondazione della Milano celtica per poi concentrarsi sulle gesta di quattro giovani protagonisti: l'arabo Hassan, la cinese Li, l'africano Ngemi e Fernando, sicario professionista assoldato per eliminarli. C'è un mistero nel cuore di Milano, un mistero che ha radici antiche, raccolte in un libro cifrato. Comincia così una caccia per le vie della metropoli, fra strani esseri dotaati di zanne, hacker, malavitosi ed extracomunitari di ogni risma. Ma putroppo Monocromatica è un romanzo riuscito solo in parte, perché nonostante qualche buona intuizione, la trama è troppo confusa e precipitosa e anche il linguaggio si perde in scontate gergalità urgbane che non tengono minimamente conto della differenza culturale dei protagonisti.

Rispondo alle critiche punto per punto: 

  • l'accusa di trama confusa me la gongolo ben bene, dato che è la stessa critica che muovono al Maestro. Peraltro mi pareva evidente che la trama è un agit prop nel libro che parla di altro. Ma dato che Bertante è un "esperto" avrà ragione lui…
  • sulla critica circa la esagerata uniformità del linguaggio dei personaggi, posso dire che è abbastanza fondata, ma che nasce anche dalla scelta di voler individuare altre cose che non le differenze tra i personaggi, per esempio. Una lettura un po' più attenta che tre pagine a caso forse avrebbe rilevato questa cosa. Peraltro i personaggi vengono tutti dallo stesso ambiente (un certo tipo di sottocultura urbana) e sono tutti da parecchio tempo (fin da bambini) a Milano, e vi assicuro che sentite parlare i migranti di seconda generazione (o terza) usano tutti lo stesso linguaggio dei loro coetanei "italiani".
  • sulla critica sulla gergalità della parlata dei personaggi ('na fissa…): forse Bertante non passa più tanto tempo quanto ne passo io per strada. Se lo facesse si accorgerebbe che le parlate dei personaggi sono fin troppo auliche.
  • infine: "Ma il romanzo è un'altra cosa" è il titolo della recensione… Poi dicono a me che sono arrogante… C'è sempre da imparare, caro il mio iscritto all'Accademia del Vero Romanzo. D'altronde se a Bertante piace il romanzo di Majorino, è obbligatorio che non gli piaccia il mio… Non sono un ragazzo per tutte le stagioni, per fortuna!

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Against the Day Synopsis (2.17 – 2.18)

6 Febbraio 2007 Commenti chiusi

2.17

Dally passa attraverso Chicago, colma di ricordi della White City e dell'Esposizione Universale, per approdare a New York. Qui incontra Katie (ah… memento Katje Borgesius! 🙂 che l'aiuta a trovare un lavoro in un teatro di quarta categoria come finta vittima di una aggressione a tutto vantaggio dell'ingrifamento erotico di clienti cinesi.

Proprio sul lavoro Dally incontra R. Wilshire Vibe che la vuole ingaggiare per alcuni suoi lavori: in pratica la assume come ragazza porta cartelli tra un atto e l'altro delle sue esperienze nei peggiori teatri del mondo (gestiti da tale Con McVeety).

Dopo un po' Vibe la invita a un ballo e Katie decide di accompagnarla: è la prima esperienza di Dally in un grande magazzino (lo I. J. & K. Smokefoot's) e l'ipnosi è istantanea, fino a che Dally non intravede una donna che sembra sua madre.

Al ballo Dally viene travolta dalla mondanità: in particolare ha un intercorso con un giovane bellissimo e triste, che però a un certo punto scompare. Alla fine del ballo Dally incontra Luca Zombini e Erlys durante un loro numero, e viene invitata a rientrare nella famiglia.

La famiglia Zombini è molto numerosa e Dally viene accolta come se non fosse mai mancata. Il maestro Zombini cerca di istruire i suoi figli all'arte dell'illusionismo e scopriamo che sta sperimentando con l'uso di specchi fatti di spato islandese per trovare l'illusione perfetta, la separazione in due parti viventi di un'assistente: il trucco è già stato sperimentato, ma Zombini non ha mai trovato un modo per ricomporre le due metà ottenute dall'effetto della doppia rifrazione del cristallo miracoloso. Così, mentre i suoi figli si chiedono cosa stia succedendo dei gemelli artificiali sparsi in giro da loro padre, giunge la notizia di un ingaggio del circo Zombini a Venezia, dove c'è l'unica società nota per produrre gli specchi di spato islandese, l'Isola degli Specchi, che il mago spera aver qualche informazione su come ricomporre i simulacri generati dai suoi esperimenti.

Appena prima di imbarcarsi sulla Stupendica, la nave che porterà tutta la famiglia in Italia, Dally e Erlys finalmente si affrontano: Dally scopre di non essere figlia di Merle Rideout ma di un tipo di chicago, ma questo non le sembra una giustificazione sufficiente per il suo abbandono in tenera età da parte della madre. I figli di Zombini, totalmente incoscienti del clima di tensione irrompono nella stanza dove sta avvenendo lo scontro titanico, rimandando il secondo round a quando tutta la famiglia (Dally inclusa) saranno già in mezzo all'oceano.

2.18

Reef e Stray conducono una vita di coppia un po' complicata: spostandosi di città in città, di avventura improbabile (catturare e rivendere un branco di cammelli abbandonati nel deserto del Nevada) in avventura probabile (il figlio di nome Jesse). Una vita nomade che va bene a entrambi, per un po'.

Fino a quando Stray non coglie Reef nelle sue attività notturne: fare esplodere pezzi delle società minerarie qua e là con la dinamite. Il dado è tratto e la scenata inevitabile.

Reef allora decide di dover passare il testimone a Frank e si mette in viaggio per trovare il fratello. Proprio mentre sta passando di nuovo nei suoi natii monti del San Juan, un'esplosione lo sorprende dall'alto, nel mezzo di gennaio, provocando prevedibilmente una slavina. Il suo orecchio di dinamitardo riconosce subito la polvere nera degli ingegneri minerari rispetto alla sua amata fonte di esplosioni, e non ci vuole molto a capire che è stato vittima di un attentato.

Torna da Stray e le racconta l'accaduto, innescando un'altra scenata: Reef vuole andarsene e far perdere le sue tracce, dato che i proprietari delle miniere pensano che sia morto sotto la slavina “accidentale”; Stray vorrebbe andare con lui, ma Reef è determinato nel lasciarla indietro con il piccolo Jesse.

Così Reef prende le sembianze del signorile dandy-boy Thrapston Cheesely III, spostandosi a Denver, dove riesce a entrare nelle grazie di una inglese in gita nel selvaggio west, tale Ruperta Chirpingdon-Groin, vorace erofila. Con lei si sposta, tutto pagato, per gli stati uniti, fino ad arrivare a New Orleans.

Qui finiscono in un locale dei bassifondi dove si esibisce la band di Dope Breedlove and his Merry Coons, jazz delle origini e balli afro. L'inglese è sconvolta dalla sua tolleranza dei negri e lo abbandona al suo destino. Reef fa amicizia con la band che scopre essere composta di neri anarchici, proprio grazie a una conversazione che Dope Breedlove sta avendo in una pausa della band con un bianco a un tavolo.

“”E' il vostro stesso Benjamin Tucker che ha scritto della Land League”, stava dicendo un giovane con accento inconfondibilmente irlandese, “in termini così gloriosi, l'ha definita la cosa più prossima alla perfetta Organizzazione Anarchica”

“Se la frase non fosse una contraddizione in termini”, commentò “Dope” Breedlove.

“Si, ho notato la stessa cosa quando la tua band suona, la più incredibile coerenza sociale, come se condivideste lo stesso cervello.”

“Certo, ma non puoi mica chiamarla organizzazione quella”

“E come la chiami?”

“Jazz”.”

L'irlandese porta il nome di Wolfe Tone O'Rooney, insurrezionalista vagabondo, in tour per raccogliere fondi per la Land League irlandese, che confessa a Reef il suo desiderio di incontrare almeno una volta il famoso dinamitardo Kieselgur Kid. Reef ha un istante di esitazione e coglie nello sguardo dell'irlandese un istante di comprensione.

L'irlandese offre ospitalità a Reef in una specie di ranch/bettola chiamata Deux Espèces: qui Reef conosce lo specialista chimico dei vari diseredati che vivono nel ranch, Flaco, catalano, il quale esplica la sua linea di pensiero:

“Guardiamo al mondo, ai governi, come a una gamma di possibilità, alcuni con più libertà, altri con meno. E possiamo osservare come più repressivo è lo Stato e più la vita nei suoi confini assomiglia alla Morte. Se morire è la liberazione in una condizione di totale non libertà, allora lo Stato tende, al suo limite, verso la Morte. L'unico modo per affrontare seriamente il problema dello Stato è con l'opposto della Morte, anche noto come Chimica”.

Nei giorni e nelle settimane che seguono Flaco, Wolfe e Reef diventano un gruppo inseparabile di discussione anarchica, coinvolgendo nella cosa anche la banda di Dope Breedlove. Il tutto fino a che ognuno non incontra il suo destino: Wolfe finalmente trova il suo passaggio per il Messico, mentre Flaco vuole andare in Europa a fomentare l'insurrezione in tempo di guerra, coinvincendo Reef ad accompagnarlo.

“La notte prima della partenza di Wolfe, quest'ultimo insieme a Reef e Flaco stavano bevendo qualche bottiglia di birra locale, osservando l'arrivo della notte. “Senza peso come il velo di una vedova”, osservò l'irlandese. “E' la maledizione di noi vagabondi, la desolazione che sentiamo nel nostro cuore ogni sera al tramonto, con le lente anse del fiume che si intravedono in lontananza per mezzo minuto, mentre catturano l'ultimo raggio di sole, gravido di tutta la densità e le sorprese della città, delle sue possibilità innumerevoli per noi, di tutte quelle che non ci è permesso vivere… Non vi rendete conto? Siamo solo di passaggio… Siamo già fantasmi.””

 

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Monocromatica, prima recensione

1 Febbraio 2007 1 commento

Prima recensione: XL (febbraio 2007, pag. 181)

 

 

 

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Against the Day Synopsis (2.16) – Pynchon e la lotta di classe

1 Febbraio 2007 Commenti chiusi

2.16

Kit realizza la vera natura di Yale, quella di fabbrica di uomini dell'estabilishment. Lui ovviamente pensava che fabbricasse scienziati, ma evidentemente ci vuole un po' per accettare la realtà.

Gibbs, il suo professore, muore verso aprile e lui inizia a pensare a come levarsi dall'impiccio in cui si è infilato, finalmente chiedendosi come diavolo ha fatto a voler essere parte dell'estabilishment così tanto quando era più giovane.

La sua ritrosia a diventare l'erede di Scarsdale genera sempre più frizioni con il suo finanziatore, che inizia a pensare di doverlo eliminare più concretamente di come abbia fatto finora (sul modello del padre).

Un giorno viene convocato dal professor Vanderjuice, che gli consegna la lettera (già aperta e di vecchia data) in cui Lake lo avvisa della morte per cause non esattamente naturali di suo padre Webb. E' la goccia che fa comprendere il meccanismo a Kit, il meccanismo di neutralizzazione che il sistema ha attuato contro la sua famiglia, considerata un nemico: qualcuno è stato comprato, qualcuno disperso, qualcuno neutralizzato, qualcuno ammazzato.

Kit si chiede perché nessuno, nemmeno Colfax, il suo compagno di stanza, gli abbia parlato di suo padre, gli abbia anche solo chiesto scusa del ritardo con cui gliel'abbiano comunicato.

Mentre Kit pensa a quello che deve fare a questo punto, il professor Vanderjuice lo invita per una passeggiata, mentre osservano la nuova torre costruita su Long Island da Tesla, che il professor Vanderjuice ammette essere stato pagato per sabotare ormai dieci anni addietro, senza mai averlo effettivamente fatto.

Da qui il discorso si fa parallelo su Kit:

“ “Prima forse potresti convincerti che non gli devi”, gli dice il professore, “beh… nulla”.

“Certo. In Colorado la gente viene ammazzata ogni giorno per questo tipo di convinzione. Si chiama barare”.

Il professore fece un respiro profondo, una o due volte, come se dovesse liberarsi di un grande peso prima di parlare: “Prendi in considerazione la possibilità che forze senza nome stiano al momento corrompendoti. E' la loro politica incontrovertibile. Coloro che non possono essere feriti, possono essere corrotti. Di solito tutto quello che serve sono i soldi, perché queste forze ne hanno così tanti che nessuno ha delle remore morali nel prenderne un po'. I loro bersagli diventano ricchi, che male c'é?”

“E se i soldi non funzionano…”

“Beh, allora bisogna darsi da fare con il lento e malvagio mestiere che è diventato la loro specialità, lento, malvagio e silenzioso, portato avanti per anni. A un certo punto, avendo usato i soldi per per tempo, la stessa condizione priva di anima si viene a verificare nel soggetto… In un certo senso i soldi, essendo stati invece investiti altrove, hanno portato un tasso di interessi anche migliore…” […]”

Il professor Vanderjuice consiglia quindi a Kit se non altro di levarsi di torno, di sfuggire in questo modo un po' subdolo al giogo dei Vibe, proponendosi di scrivergli una lettera di raccomandazione per Gottingen, dove potrebbe studiare con i successori di Hertz.

Dopodiché Kit e Vanderjuice e Colfax vanno a trovare Tesla a Long Island, il quale si ricorda benissimo di Kit dandogli credito per aver corretto il suo esperimento a Colorado Springs e il quale gli racconta di come la scienza sia in realtà fatto di epifanie e di intuizioni, almeno per lui. La rivelazione non stupisce Kit, che sente un'improvvisa solidarietà con lo scienziato serbo.

Mentre tornano a New York, Colfax svela a Kit di essere stato per anni il suo “guardiano”, di aver fatto rapporto ogni giorno sul suo comportamento, come forma di cautela. Colfax spiega a Kit anche che ormai i Vibe sanno che lui vuole sottrarsi alla loro tutela, e che quindi prima o poi decideranno di chiudere la partita, e che se vuole un consiglio gli conviene farsi dare i soldi per andare in Germania facendo finta che sia una cosa per il bene dei Vibe, dandosi poi alla macchia.

Kit allora va a incontrare Scarsdale Vibe e Foley, il suo socio, cercando di convincerlo che il viaggio a Gottingen è fondamentale per la sua formazione e per le possibilità che questa porti un qualsiasi vantaggio alla Vibe Corp. Scarsdale fa finta di crederci, in effetti valutando che in Germania in ogni caso Kit sia fuori dalle palle.

Segue una discussione tra Foley e Scarsdale sulla natura del conflitto di classe (fantastica).

Un osso duro da masticare, il ragazzo, difficile capire cosa gli passi per la testa”, disse Foley, “Spero che non sia un altro Rosso fino al midollo come il suo vecchio.”

Il nostro compito non sarebbe meno nitido. Ci sono centinaia di questi ascessi che stanno spurgando pus nel corpo della nostra Repubblica”, un tono oratoriale prendeva corpo nella voce di Scarsdale, “che devono essere rimossi, ovunque essi si trovino. Non c'è altra opzione. I peccati del vecchio Traverse sono documentati e una volta che sono stati scoperti, non c'era più nulla da fare per lui, era irrecuperabile. Dovremmo farci problemi morali nella lotta di classe nel prendere di mira i nostri nemici? Sei stato in questo gioco abbastanza a lungo da sapere quanto siano potenti le ali dalle quali noi siamo protetti, quanto immuni siamo dagli sforzi di questi mocciosi Rossi di violare i nostri nomi. A meno che, Walker, non mi sia sfuggito qualcosa e tu stia sviluppando qualche punto debole…”

Cosa ci è successo Foley? Eravamo splendidi”.

Il tempo passa, ma cosa ci dobbiamo fare?”

Troppo facile. Il tempo non basta a spiegare la furia che mi sento crescere dentro, il desiderio di ammazzare ogni singolo fottuto socialista o qualsiasi cosa ci sia a sinistra di esso, senza alcuna pietà.”

Mi pare ragionevole. Non che le nostre mani non siano sporche di sangue.”

[…]”Ci credevo talmente tanto. Anche sapendo che la mia progenie era dannata, volevo che l'eugenetica fosse sbagliata in qualche cosa. E allo stesso tempo volevo disperatamente appropriarmi della progenie dei miei nemici, che pensavo incontaminata. Volevo una promessa, una speranza senza limiti.”
“Che attitudine cristiana, da parte tua.”

Foley, sono impaziente con i discorsi sulla religione come qualsiasi altro peccatore, ma che peso incredibile essere obbligati ad amarli, pur sapendo che essi sono l'anticristo, e che la nostra unica salvezza sarebbe di sbarazzarci di loro senza indugi”.

L'umore di Foley non era per nulla favorito dal fatto che quella mattina si fosse svegliato con il ricorrente incubo della Guerra Civile: nell'incubo lo scontro era limitato a un area non più grande di un campo sportivo, anche se innumerevoli migliaia di persone vi erano state confinate. Tutto era scuro, grigio, fumoso, marroncino. A un certo punto cominciava un lungo scambio di artiglieria, proveniente da ben più in là dei confini misteriosi del campo. Foley si sentiva oppresso dall'imminenza della fine, di un certo impegno suicida di fanteria a cui nessuno poteva sottrarsi. […]

Non ho avuto la mia guerra allora”, disse Scarsdale, “ma fa nulla. Ero troppo giovane per soppesare che cosa ci fosse in gioco. La mia guerra civile doveva ancora cominciare. Ed ora vi siamo in mezzo, senza vederne la fine. L'Invasione di Chicago, le battaglie di Homestead, quella di Coeur d'Alene, le catene di San Juan. Questi comunardi parlano mille lingue straniere, i loro eserciti sono i maledetti sindacati, la loro artiglieria è la dinamite, assassinano i nostri grandi uomini e bombardano le nostre città, il loro obiettivo è quello di spogliarci dei nostri sudati guadagni, di dividerli e suddividere tra le loro orde le nostre terre e le nostre case, di abbattere noi, le nostre vite, tutto ciò che amiamo, fino a che essi diventeranno come noi. Cristo, ma chi ci ordina di amarli? Che prova dello spirito è questa? Che velo di oscurità è stato gettato sulla nostra intelligenza, tale da non farci più riconoscere l'opera del maligno?”

Sono stanco, Foley, ho combattuto troppo a lungo in queste acque ingrate, sono una nave senza capitano persa in una tempesta che non terminerà, mai. Il futuro appartiene alle masse asiatiche, ai bruti slavi, o addirittura, Dio ci salvi, alla genia nera dell'interminabile Africa. Non possiamo resistere, soccomberemo a questa marea… Dov'è il nostro Cristo, il nostro Agnello… Dov'è la Terra Promessa?”

Foley preoccupato per il vecchio Vibe, provò a dire: “Nelle nostre preghiere…”
“Risparmiami queste cazzate Foley, quello che dobbiamo fare è cominciare ad ucciderli in numeri significativi, perché null'altro ha funzionato. Tutto queste palle, “eguaglianza”, “negoziazione” sono state una facciata crudele, crudele per entrambe le parti. Quando il popolo del Signore è in pericolo, sai quello che si deve fare.”

Colpire”.

Colpire duro e spesso”.

Spero che non ci senta nessuno”

Dio ci sta ascoltando. Per quanto riguarda gli uomini, non ho nessuna remora circa quello che dobbiamo fare.”

Amen.

 

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Against the Day Synopsis (2.12 – 2.15)

1 Febbraio 2007 Commenti chiusi

2.12

Lake e Mayva gestiscono un locale a Telluride, sole. Deuce Kindred e Sloat Fresno ci capitano, e Deuce e Lake si innamorano immediatamente. Deuce evita di dire alla sua bella di essere l'assassino di suo padre, e Lake evita di credere alle voci del paese, fino a quando è Mayva a confrontarla con la realtà: di fronte all'ennesima scelta Lake sceglie di sposare l'assassino di suo padre, e Mayva sceglie di andarsene piuttosto che condividere il tetto con la figlia rinnegata.

Il matrimonio è felice e la sposa vergine (nonostante i lavori di dubbia reputazione svolti in precedenza) si scopre una discreta fanatica del sesso, finendo in un menage a trois perfettamente consapevole con i due inseparabili soci Deuce e Sloat, in particolare la posizione preferita di Lake è quella di un rapporto a pecorina (anale o meno è irrilevante) con un rapporto orale in contemporanea.

Il tutto continua fino a che un giorno Deuce e Sloat abbandonano Lake, come era prevedibile, lasciandola a rimuginare sulle sue scelte.

2.13

Frank dopo essersi lasciato con Reef nelle ore successive alla sepoltura di Webb ripara a Golden, da cui però si sposta in fretta, convinto di non essere più al sicuro (dato che chi ha “fatto” Webb non presumerà certo di lasciare altri indietro con qualche grano di sovversione nel sangue).

Tutte le offerte che gli arrivano per lavorare come ingegnere minerario sono della Vibe Corporation, e Frank è determinato a non accettarle. Per questo si specializza in metalli diversi da oro e argento, sperando di poter evitare l'elemosina dell'assassino di suo padre.

Frank si innamora di Wren Provenance, un'antropologa fresca di laurea, che ha conosciuto a Denver, occasione nella quale lei lo ha trascinato nelle case chiuse di Market Street dando libero sfogo alla sua curiosità antropologica per la bisessualità e le forme estreme di erotismo.

Wren è arrivata dalle parti di Denver per cercare il luogo di origine degli Aztechi, la famigerata Aztlàn, situata dalle parti di Four Corners. Nei canyon Wren trova i resti di moltissime ossa umane, migliaia di persone improvvisamente fuggite dalle loro case e nel giro di una generazione rintanatesi in caverne e anfratti, immagini di creature alate e dalla testa di serpenti nei loro pittogrammi, ossa spezzate da cui è stato succhiato il midollo indice di ampio cannibalismo. Nella descrizione della insanità del luogo di scavo, da cui Wren esce scossa, si respira l'aria di possibili creature altre che aleggiano nella storia dell'umanità.

Quando la storia è avviata viene troncata dalla notizia che qualcuno cerca Frank, un emissario di Wells direttamente da Telluride: contro ogni logica Frank decide di tornare nella città natia, puzzolente di telluridio e di sangue, un luogo in cui lo scontro tra i padroni delle miniere e i minatori è più crudo e feroce che in tutto il resto del Colorado.

2.14

Frank prende quindi il treno per Telluride, che oltre ai vari rilievi naturali, offre anche appena prima della sua città natale, un pazzo che grida a ogni treno “To-Hell-You-Ride! Attenti, signore e signori! Informate il conducente, Avvisate l'ingegnere! Non è troppo tardi per tornare indietro!”

Appena sceso dal treno, Frank si rende conto di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato: la città è pattugliata dalla Guardia Nazionale, e vede la presenza per nulla ben augurante di Hair-Trigger Bob Meldrum, famigerato pistolero dal grilletto facile e dalla vasta sordità (cosa che lo rende ancora più pericoloso dato che nel dubbio di aver sentito o meno una provocazione, spara).

Il giorno dopo il suo arrivo cerca di arrivare alla sua intervista con il Capitano Wells, ma questo prevede un preludente incontro con Ellmore Disco, un impresario di dubbie origini nazionali che smista gli incontri per il Capitano. Disco prende in simpatia Frank e lo porta con sé a mangiare da Lupita, la sua amante messicana da chili devastante. A pranzo viene a sapere che in città è arrivata anche La Blanca, la moglie di Hair-Trigger Bob, quasi sempre all'origine di una sparatoria di gelosia, nota per cavalcare un mitologico cavallo bianco in grado di scalare pareti verticali di montagna.

La notte dopo aver visitato i bar locali torna alla sua stanza, e proprio mentre si sta per addormentare, fa irruzione Hair-Trigger Bob alla ricerca di qualche scagnozzo dagli occhi a mandorla da crivellare di colpi in quanto sospettato di farsela con sua moglie. Fortunatamente Frank ha a portata di mano la sua calibro 38 e la sua ironia, con le quali convince Bob di non essere il suo uomo, estorcendogli anzi una confessione su come viva un complesso di inferiorità nei confronti del mito di Butch Cassidy: “come si fa a essere il più cattivo quando alla fine non sei mai abbastanza cattivo per essere peggio di Butch Cassidy? e che avrà fatto mai?”

Dopo l'approccio vagamente aggressivo Frank invita Bob a bere qualcosa, chiedendo anche a lui se il Capitano Wells è in città, ricevendo in cambio uno sghignazzo: “con tutti i dinamitardi che lo vogliono far saltare per aria, pensi che direi al primo venuto se il Capitano è in città?”

In compenso Bob suggerisce a Frank di parlare con Merle Rideout, che fa l'alchimista per le mine e che potrebbe avere più tempo (se è preso bene) del Capitano per ascoltare le proposte di un giovane ingegnere.

Frank riesce a incrociare Merle nel saloon e a farsi dare un appuntamento per il giorno dopo su al laboratorio, proprio nell'istante in cui entrano tre figuri armati di macchine kodak con flash: la delegazione giapponese!

Le orecchie di Bob cominciano a fumare come fosse in un cartone animato e Merle si offre di fare da traduttore per avvisare gli incauti del destino a suon di piombo che li aspetta. Appena questi lo capiscono avviano le macchine fotografiche accecando la metà del saloon, e spargendo una nebbia fitta che disorienta l'altra metà.

A questo punto le cose iniziano a volare per tutto il saloon, e si sentono molte bestemmie, prevalentemente in giapponese. Quando il fumo si dirada, Merle Rideout sta parlando con un membro della delegazione giapponese che sostiene di essere a Telluride per indagare i segreti dello spirito nazionale americano, un oggetto che Merle sostiene non esistere. I giapponesi si offendono per l'atteggiamento irrispettoso di Merle e se ne vanno, ma l'alchimista spiega a Frank che secondo lui sono a Telluride solo per spionaggio industriale, per copiare le sue tecniche di laboratorio. Di Hair-Trigger Bob nessuna traccia, se non quella di un confronto con Butch Cassidy.

2.15

Frank si avvia a visitare Merle Rideout e sua figlia Dahlia (detta Dally) ormai fattasi donna, non prima di aver appreso da Ellmore Disco che Hair-Trigger Bob è sulle sue tracce, ingaggiato evidentemente dai padroni delle miniere (niente di personale, ci mancherebbe! 🙂

Scopre che Merle era un amico di suo padre e gli confida la sua ricerca di Deuce e Sloat (stupendosi del fatto che il suo travestimento in città è durato 2 giorni….

Merle gli fornisce due foto, ma irrompe sulla scena Dally che avvisa Frank che è tempo di levarsi di torno (per il suo bene), aiutandolo nell'impresa di passare tra un turno e l'altro nei tunnel abbandonati delle miniere (nei quali si annida una vera e propria società parallela di creature in tutto e per tutto simili agli umani, ma che secondo Merle nulla hanno di umano 🙂

Merle si nasconde in un'intercapedine nel bordello Silver Orchid, dove Dally ha appreso quello che sa sul sesso e sul genere maschile (iniziativa formativa targata Merle Rideout). L'alchimista gli suggerisce di andare a beccare il dr. Emmers sulla costa est, che ha messo a punto un procedimento per estrarre oro dall'argento (mischiato ad acidi e pestato per molte ore), lasciando però i due materiali ben distinguibili alla luce rifratta da un cristallo di spato islandese.

Merle confessa a Frank che la zecca americana è invasa da lingotti di oro impuro prodotto con questo processo e che la esposizione pubblica della cosa farebbe crollare tutta l'economia mondiale e il suo standard basato su oro che oro non è (tradotto: è questo il personale piano anarchico di Merle).

Nel frattempo Frank viene introdotto a tale Doc Turnstone che lo informa del matrimonio tra sua sorella e Deuce Kindred, notizia che risveglia gli istinti omicidi di Frank (ovviamente trasformando Lake nell'obiettivo primario di suddetti istinti).

Per Frank non ha più senso restare a Telluride. Decide quindi di partire verso Est, accompagnato da Dally, per la quale è arrivato il momento di lasciare la casa paterna alla ricerca della madre accasatasi con il Misterioso Zombini a New York. Prima di andarsene Frank passa a salutare la tomba di suo padre, approfittandone per scambiare quattro chiacchere con il suo fantasma che però non lo aiuta molto nonostante la sua presente onniscienza.

 

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Il cielo di piazzale Loreto

29 Gennaio 2007 Commenti chiusi

Milano è una città a pianta circolare, come molte città che hanno attraversato il medioevo. Orientarsi a Milano non è difficile, basta capire quali sono gli anelli che la circondano dividendola in strati, e quali le direttrici di fuga dal centro verso la periferia, omonime ai cunei che riversano nella città tutto ciò che le circola attorno.

Corso Buenos Aires è una di queste direttrici: taglia la città a partire da piazza San Babila dritto fino a Sesto San Giovanni, una specie di lama che collega ironicamento la ex Stalingrado d'Italia, le sue fabbriche vuote da decenni, i suoi stabilimenti che sono stati fonte di tubi innocenti per decine di occupazioni e di nascondiglio per centinaia di persone e migranti, con il centro nevralgico del pensiero economico italiano, nei pressi del quale si aggira anche la giustamente vituperata sede di Confindustria.

La storia di corso Buenos Aires (un tempo Corso Loreto) è abbastanza lunga, e data almeno dall'inizio dell'800, quando era il viale di arrivo delle personalità dalle zone orientali italiane, che entravano a Milano attraverso la Porta Orientale (già Porta Venezia). Piazzale Loreto fino alla metà dell'Ottocento non è niente di più di uno svincolo autostradale (fatte le debite proporzioni) e si chiamerà Rondò Loreto fino al 1904 (identificando più che altro le poche case intorno allo svincolo stesso). Nel 1904 assume il nome che porta tuttora (nonostante le simpaticissime proposte di Zecchi di rinominarlo Piazza della Concordia, con dubbio gusto storico), ed è per il primo novecento il teatro di partenza della manifestazione sportiva più importante d'Italia, il Giro d'Italia. L'evento per cui è più noto è l'esposizione al pubblico ludibrio del cadavere di Benito Mussolini e di Claretta Petacci, insultato e deriso dalla folla per giorni prima al suolo e poi a testa in giù da un traliccio di una pompa di benzina dopo la sua morte fino alla sepoltura. Un evento barbaro che ha risposto alla barbarie che il Duce ha prodotto e coltivato nel nostro paese, per il quale non si vede la necessità né di pentimento nè di riappacificazione, con buona pace dell'esteta Zecchi e della sua concordia. Ovviamente nessuno ricorda che il suo cadavere fu esposto lì dal colonnello Valerio o chi per lui in ricordo della strage di Piazzale Loreto, una rappresaglia contro i partigiani per cui nessuno è mai stato né punito né particolarmente biasimato.

Milano è una città difficile, ma al contrario di molte altre capitali europee non perdi mai di vista il cielo, una distesa che più spesso ti ricorda tutto ciò che è accaduto sotto di essa, piuttosto che darti quella sensazione di libertà che l'atmosfera terrestre è abituata a garantirti in luoghi meno feroci della metropoli.

Il cielo sopra piazzale Loreto è una specie di indicatore della vita quotidiana della città: non è il cielo del centro, o quello abbandonato durante il giorno e nascosto durante la notte dei quartieri dormitorio, ma il cielo che osserva l'affannarsi quotidiano di una città sempre troppo indaffarata per cogliersi, o a volte talmente concentrata nel pensare da non riuscire a muoversi.

 


 

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Enter Fernando

Piazzale Loreto.
La parola di Milano è grigio.
Il cielo è una distesa non uniforme: dal pallore del cielo quasi bianco verso via Costa, in direzione nord-nordest, fino al grigio scuro delle nubi cariche di pioggia che evaporerà o si trasformerà in pasta grigiastra prima di toccare il suolo nella zona centrale, in lontananza verso sud.
Il piazzale è teatro di un costante carosello di macchine, clacson, insulti, infrazioni.

Doveva essere un luogo più divertente cinquanta o sessanta anni fa, quando al posto delle macchine c’era una ressa di persone che finalmente si gettava alle
spalle vent’anni di merda e violenza.
Milano sembra non cambiare mai: ti accorgi che è estate da un lieve mutamento della temperatura. Appena la conosci pensi che sia una città piatta nel suo grigiore umano, oltre che visivo, uditivo, sensitivo. Poi ti rendi conto che Milano può raccontarti qualcosa a ogni angolo, a ogni svolta del tuo senso di marcia, e spesso anche indipendentemente dalla tua voglia di restare fermo e immobile, in pace con il resto del mondo che ti circonda.

È solo dopo questa fase che capisci che Milano è come una specie di magma che continua a travolgerti.

Fernando cammina lentamente e senza fretta lungo il marciapiede di via Porpora. La giacca scura ordinata e pulita, la camicia bianca dal taglio anomalo, simile a una T-shirt, il pantalone elegante e le scarpe lucidate di fino. Dalle maniche della giacca spuntano due mani che non vanno per il sottile: le dita corte e arrotondate sulla punta, ruvide, si inseriscono su palmi ampi e solidi, segnati dal tempo e dalla fatica. Delle mani che riducono rapidamente a zero ogni discussione.
Il collo largo e muscoloso è proporzionato al suo fisico massiccio, non troppo alto, e sostiene una testa squadrata e accuratamente sbarbata. Fino ad arrivare ai capelli grigi ben tenuti e corti, e al cappello a tesa larga scuro calato in testa nei periodi più freddi dell’anno. Ogni particolare di Fernando parla
di un uomo che tende a non tergiversare e a concludere in fretta ogni questione.
Oggi non fa freddo. Il viso rugoso e invecchiato di Fernando cerca di raccogliere nei canyon della pelle ogni alito di vento che allevi la caligine milanese.Arriva fino al piazzale e si ferma a osservare le nubi che si addensano su Isola e sulla Centrale, rendendosi conto, grugnendo, che non ha né ombrello né impermeabile, e che se piove sarà costretto a comprare un trabiccolo da dieci euro da qualche cazzo di immigrato che magicamente comparirà al primo angolo di strada dopo dieci gocce.
Qualche volta gli è venuto il sospetto che si nascondano in ogni tombino pronti a scattare con i loro ombrelli e le loro facce allenate a ispirare compassione nelle vecchiette e in una manica di rincoglioniti. Altre volte che siano proprio loro a evocare la pioggia con una qualche cazzo di stregoneria sciamanica
ereditata dal paese d’origine. Quasi sempre, quando si sofferma a pensarci, si rende conto che, con tutta probabilità, alla prima nuvola questo esercito di disperati si scapicolla su e giù per Milano per farsi strozzinare una fornitura di ombrelli che non riuscirà a vendere e che gli renderà la vita solo più miserabile. Non riesce proprio a capire perché lo facciano.
D’altronde, un motivo c’è se lui fa il lavoro che fa e loro fanno i vu cumprà o i lavavetri, si ritrova a concludere, mentre guarda le macchine attraversare
il piazzale.
Scosta leggermente la giacca dalle tasche dei pantaloni e ci infila le grosse mani per tirarne fuori una sigaretta senza estrarre il pacchetto. L’accende aspirando a lungo.
“In questa città del cazzo non si ammazzano mai” pensa quasi ad alta voce. Scazzano, trafficano, spacciano, si menano, sbraitano, ma non si ammazzano se non
per una coltellata o un colpo di fucile partito quasi per sbaglio. Nessuno cerca mai qualcuno per ammazzare qualcun altro.
Non lo fanno i delinquenti della periferia, non lo fanno i ricchi annoiati, non lo fanno neanche gli sbirri.
Che città di merda per fare il sicario…
L’unica città in cui con un mestiere così sei praticamente un disoccupato in pianta stabile. “Le mie solite idee del cazzo.”
Fernando prende un’altra boccata dalla sigaretta e si avvia lungo corso Buenos Aires senza una meta precisa. È ancora all’altezza della Feltrinelli, che lui
si ostina a chiamare Ricordi, come tutti l’hanno chiamata per almeno una decina d’anni prima che diventasse una libreria con un’immagine di sinistra, quando
squilla il cellulare.
Lavoro, spera. E per una volta tanto il suo intuito non lo delude.

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Monocromatica disponibile in libreria e online

29 Gennaio 2007 Commenti chiusi

 

Il gran giorno è giunto: da oggi potete comprare Monocromatica, il primo libro del duo blackswift, in libreria. Devo confessare che mi viene solo da ridere. Ovviamente se lo desiderate potete scaricarlo direttamente dal sito degli autori in formato pdf o rtf. Stiamo cercando di organizzare qualche presentazione con il solito fioretto di non farle nei centri sociali (scusate, ma mi sono ampiamente stufato e uscire dal ghetto ogni tanto non è una cattiva idea, soprattutto in sto periodo asfittico), e soprattutto stiamo cercando di continuare a pubblicare cose sia sul sito di blackswift che sui nostri blog, in una sorta di versione "esplosa" del libro e delle sue fonti di ispirazione urbana :).

Spero vi piaccia e vi divertiate a leggerlo tutto d'un fiato.

 

 

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Ricette per una cultura pop possibile

29 Gennaio 2007 Commenti chiusi

 

Gli scritti di Wu Ming sulla cultura pop sono un'influenza abbastanza solida nel mio umile panorama di riferimenti culturali. Non a caso il primo articolo di questa serie dedicata ad una nuova possibile Pop Culture è diventato un anche se minimo contributo al dibattito proprio su questo blog. 

In questi giorni il gruppo di bolognesi (nati o acquisiti) ha pubblicato altri due articoli che spingono ancora un po' più in là la riflessione, e devo dire che soprattutto il terzo passaggio, quello uscito oggi su Carmillaonline, mi pare molto interessante. Non ripeterò ovviamente quello che dicono loro (lo trovate sotto), ma elaborando potrei dire che le soluzioni che vengono individuate non sono di così facile realizzazione.

Faccio due esempi dalla mia personale esperienza: usare tavolozze diverse da quella della scrittura per raccontare non è per nulla facile. In alcuni casi riesce, ad esempio per me una grossa scuola è stata il gioco di ruolo, una sorta di revival della cultura orale, dei momenti di costruzione di epiche condivise che non appartenevano a nessuno eppure appartenevano alla sensibilità di tutti i componenti di una certa sezione della socialità. In altri casi è molto più complesso e si scontra con la necessaria interazione con molti territori dell'espressione diversi, non tutti così facili da gestire da un punto di vista della narrazione. La mia esperienza negativa è l'entusiasmo che ci ho messo a preparare un radiodramma su Gravity's Rainbow e lo scoglio insormontabile della sua complessità di realizzazione anche solo come prodotto digitale da distribuire online. Non mi do per vinto, ma lo vedo come un progetto abbastanza a lungo termine, a meno di sorprese sotto il mio personale permanente albero di natale (come una postazoine di registrazione e editing audio completa… ce l'avevamo in pergola, ma è andata persa come tutto il patrimoni di strutture che avevamo costruito in due anni e di cui è stato fatto scempio in soli pochi mesi… sigh!).

Allo stesso tempo creare nuovi mondi non è un'operazione banale, e prova ne sia l'asfittico panorama della fantascienza negli ultimi 5-6 anni. Unici autori che sono riusciti a tirare fuori qualcosa di dignitoso sono stati degli affermati scrittori, e in ogni caso mischiando la fantascienza tecnologica con una abbondante dose di storia, economia, sociologia. Un lavoro di fantascienza "pura" innovativo e capace di disegnare nuovi mondi disegnati sulla pelle del lettore non si vede da almeno venti anni 🙁 

E' ovviamente un esempio, per i quali vi sono abbondanti controesempi, soprattutto nel mondo del fumetto, in cui gli autori fantasy sono riusciti a ridare i brividi di un epica ormai sconosciuta al moderno anche ai più incalliniti soggetti la cui profondità sensibile è stata annullata dalla televisione 🙂 Ma anche i nuovi autori di fantascienza a fumetti non sono stati meno prolifici e interessanti, direi su tutti Warren Ellis e il suo Transmetropolitan, e Y the Last Men, nonché il fumetto The Invisibles di Grant Morrison, un capolavoro di sf psichedelia.

Tutto sommato però per dieci-venti anni di proposta non mi pare molto, ma sono certo che la delusione è solo frutto della mia conoscenza parziale. I consigli di Wu Ming rimangono molto precisi, e una guida secondo me abbastanza letterale su come dedicarsi alla narrazione come forma di attivismo culturale.

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Against the Day Synopsis (2.7 – 2.11)

29 Gennaio 2007 Commenti chiusi

2.7

Frank e Reef Traverse intanto percorrono vite incrociate: Frank studia metallurgia, facendosi prestare i soldi da Reef, che si è specializzato in giochi d'azzardo. Reef sta per accasarsi con Estrella, detta Stray, che sarà la madre di suo figlio Jesse. Frank segue Reef nel suo viaggio a Nochecita verso la sua bella, la compagna della quale, Sage, nel frattempo è stata promessa sposa a dei Mormoni, pur volendo scappare con il rockabilly ante litteram Cooper (motori, pupe e chitarra).

Nella sua permanenza a Nochecita, mentre Reef si dedica al gioco, Frank incontra Linnet Dawes, maestra, vicina di Stray, di cui si invaghisce pelando piselli.

Proprio quando tutto sembra per mettersi in ordine, un socio di Reef lo chiama nel saloon di Nochecita su uno dei primi telefoni, per dirgli che suo padre Webb è stato assassinato da Deuce Kindred e Sloat Fresco, già sulla via di Jeshimon con il cadavere.

Frank e Reef si mettono in viaggio verso lo Utah.

“The brothers traveled together as far as Mortalidad, the stop nearest Jeshimon, then, because of who might or might not be looking, they said goodbye with little more nod than the nod you give someone who's just lit your cigar for you. No gazing back out of the window, no forehead creased with solemn thoughts, no out with the pocket flask or sudden descent into sleep. Nothing that would belong to the observable world”.

2.8

Frank viene spedito da Reef a badare a Lake e Mayva. Reef va a Jeshimon, sodoma e gomorra nello Utah, oltre il confine del Colorado, dove vengono portati i cadaveri che non si vogliono far trovare in fretta, dove corpi su corpi sono appesi ai pali del telegrafo e su improvvisate colonne di mattoni. Riesce a farsi portare sul posto dal Reverendo Lube Carnal, il quale ritiene che male e cura crescano sempre vicini, così come peccato e redenzione crescono vicini in Jeshimon, secondo lui amministrata da un emissario diretto del demonio (il Governatore e il suo servo contabile che dispensano morte sommaria secondo l'umore).

Reef riesce a recuperare il cadavere di suo padre e, di fronte alla scelta se inseguire i due assassini o portarlo a casa per una degna sepoltura, sceglie questo secondo corso. Nel percorso da Jeshimon verso il Colorado, Reef decide di diventare l'erede di Webb nell'essere il Kieselgur Kid, cominciando fin da subito con il seminare esplosioni lungo il ritorno a casa. Nella notte, quando non fa esplodere dinamite, legge le avventure di The Chums of Chance at the End of Earth, con le avventure del capitano Randolph St. Cosmo e del suo secondo aitante Lindsay Noseworth contro gli eskimesi a Capo Nord.

Una volta giunti a casa, seppelliscono il padre in un funerale atteso da Lake, Mayva, Reef e Frank. Lake sfoga su di loro tutta la rabbia, mentre i due fratelli sono decisi a vendicarsi, mettendosi sulle tracce di Deuce e Sloat, nonostante la contrarietà della sorella. (“Voi restate in lutto” disse Reef “io e Frank faremo quello che Joe Hill definisce organizzarsi”). Lake decide di abbandonare la prostituzione, e Mayva rimane nella città dove hanno sempre vissuto con come unica eredità la Colt a due canne e dodici colpi di Webb.

Frank e Reef tornano verso Nochecita e Stray, per informarla del loro intento, non senza far saltare un tot di depositi e centrali elettriche lungo la strada, Reef consapevole di dover continuare l'opera che aveva portato suo padre a dover essere ucciso dalla Compagnia, Frank deciso a guardare le spalle a suo fratello e alla sua famiglia.

“Back in Nochecita, back from burying Webb at Telluride, blowing a fw company outbuildings on the way back just for drill, equipment sheds reduced to sawdust, electric power junctions that filled the skies with green disaster […]”

2.9

Neville e Nigel arrivano a Londra, recando in dote Lew Basnight, precedentemente impiegato della White City Investigation, recentemente attratto dall'anarchismo e dal ciclomite (sostanza psichedelica derivata da alcuni esplosivi).

Neville e Nigel fanno parte di una dei vari “assortimenti di cercatori di certezze, dei quali pareva esservene un sempre crescente numero mano a mano che la fine del secolo si faceva più vicina”, in particolare della TWIT (True Worshipper of the Ineffable Tetractys), una setta che crede di poter raggiungere l'illuminazione concentrandosi su un triangolo pitagorico e immaginandolo una dimensione per volta fino alla n-esima.

Lew viene introdotto a Nicholas Nookshaft, Grand Cohen del Capitolo Londinese della TWIT, che lo mette a parte di un suo supposto ruolo determinante come una delle incarnazioni dei 22 Arcani Maggiori. Il Grand Cohen lo presente alla eletta Yashmeen Halfcourt, di cui Lew si invaghisce immediatamente e con la quale sente un feeling molto prossimo alla risonanza. In pratica pensa che anche lei come lui è stata infilata in una storia da pazzi inglesi senza la minima possibilità di scampo.

Il Grand Cohen mette Lew a parte del segreto della setta, secondo la quale il grosso dell'umanità è buono e innocente, ma traviato da alcuni maligni arrivati da altrove. Lew chiarisce subito la sua prospettiva sulla questione: “ed è così che spiegate i cattivi e i criminali in una società per lo più composta da brave persone?”

Tutti insieme si recano in visita dalla estatica medium Madame Eskimoff, di origini palesemente russe, ma di bellezza assolutamente inglese, per il completo imbambolamento di Lew Basnight. La medium ha avuto una visione imponente circa lo scontro tra due professori Renfrew e Werfner, incarnazioni dell'Arcano numero XV (Il Diavolo), sulla linea ferroviaria di Bagdad, centro dello scontro geopolitico in medioriente tra Germania e Inghilterra. Al centro del loro scontro, agente del TWIT per la sorveglianza dei due tarocchi viventi, Clive Crouchmas.

La medium suggerisce a Lew, in quanto incarnazione del Tarocco più importante, l'Appeso o la Matta, di prendere sul serio quello che sta succendendo, mettendolo a parte della versione del TWIT di cosa sia giusto e non giusto fare (ogni setta dotata dei propri assiomi in merito), e soprattutto del suo assioma preferito: “Mai guardarti allo specchio quando di fianco a te vi è una lampada”, interpretato come un monito al completare la scelta di vestiti, trucco e capelli prima del calar del sole, dato che la luce artificiale cambierà il modo in cui essi vengono portati in ogni caso.

2.10

E' autunno e Lew trascina Nigel e Neville alla ricerca di Ciclomite, o di qualche surrogato psichedelico, nella turbinante Londra.

Un giorno i due strippati inglesi trascinano Lew giù dal letto per portarlo nel laboratorio del Dr. De Bottle, specializzato in esplosivi, che gli serve su un piatto della Ciclomite, non prima di aver avuto in cambio dalle due N. una dritta dell'oracolo su quando gli inglesi riconquisteranno il trofeo di Ashes di cricket.

Il Dr. De Bottle spiega a Lew la storia del Gentleman Bomber of Headingly, un terrorista che va in giro vestito di bianco e camuffando le proprie granate al fosgene (cloruro di carbonile) sotto forma di palle da cricket. Ne approfitta per una dissertazione sulla superiorità inglese nel cricket e sul suo ruolo come rito civile.

Dopo l'assunzione di ciclomite, il Grand Cohen del TWIT decide di portare Lew “L'Appeso” dal professor Renfrew, una delle incarnazioni della carta del Diavolo, munendosi di Clive Crouchmas come guardia del corpo, che si presenta così: “This person greeted the Cohen by raising his left hand, then spreading fingers two and two away from the thumb so as to form the Hebrew letter shin, signifying the initial letter of one of the pre-Mosaic (that is, plural) names of God, which may never be spoken. “Basically wishing long life and prosperity” explained the Cohen, answering with the same gesture.”

Il professor Renfrew a Cambridge cerca di ingaggiare Lew per catturare il Gentleman Bomber of Headingly avvisandolo però che la Polizia ha dissuaso chiunque dal metterci il naso. Prima di lasciarsi, il professore fa un discorso molto dottrinale sul controllo del mondo emerso, identificato con Asia, Africa, America del Nord, Europa, e sulla centralità del passaggio nella Asia Interna per questo gioco di potere, mistico e non solo fisico, alle porte della città segreta di Shambala.

2.11

I Chums of Chance sbarcano in Italia, a Venezia, lasciando la Inconvenience in cantiere per manutenzione presso la sezione italiana della loro congrega, gli Amici dell'Azzardo, con sede a Piacenza, ricevendo in cambio una nave di scorta quasi identica, la Scocciatura (entrambi i nomi in Italiano nel testo).

Lindsay Noseworth si dimostra impervio alla bellezza della città italiana, mentre Miles Blundell spende copiose lacrime solo ascoltando i canti dei gondolieri dai canali che scorrono sotto la Scocciatura.

La prima parte della loro missione è fotografare attraverso i raggi x l'Isola degli Specchi, una porzione di Venezia sommersa dalle maree, dove avevano base le gilde di produzione di specchi e vetri deformanti. Proprio mentre sono sul loro obiettivo, avvistano nuovamente la cipolla gigante della Bol'shaia Igra, scatenando la paranoia complottista dell'equipaggio.

A questo punto i Chums of Chance devono fare il punto della situazione in una osteria di S. Polo, eleggendo Chick Counterfly, il più connesso al mondo reale del gruppo, addetto ai rapporti umani. Il giovane si da immediatamente al tacchinaggio di Giuseppina, una cameriera dell'osteria, di cui scopre dividere il cuore e i favori con il capitano Padzhitnoff. Maledetto!

Segue un dibattito serrato circa la possibilità di affrontare la nemesi russa al servizio dei Romanoff o scappare, oppure infine se disobbedire agli ordini per verificare se qualcuno nelle alte sfere fa il doppio gioco con i Russi, culminante in una perla di scienza politica di Darby Suckling.

“”Sure,” said Chick Counterfly, “just long enough to blast us out of the sky.”

“So… then,” Randolph holding his stomach as if it were a crystal ball and addressing it musingly, “it's only fear? Is that what we've become, a bunch of twitching rabbits in uniforms intended for men?”

“Cement of civilization, 'nauts,” chirped Darby. “Ever thus.””

Decidono di continuare la missione, brindando al loro motto “Sanguis Rubis, Mens Pura” nel nuovo servizio di calici di Murano donato loro dal Doge-Ombra Domenico Sfinciuno, della famiglia Sfinciuno, cacciata da tutte le cariche politiche veneziane nel giorno della Serrata del Gran Consiglio nel 1297.

Da 500 anni la famiglia Sfinciuno insegue il suo sogno, quello di recuperare il proprio status. Nel frattempo la famiglia ha stabilito una via ombra verso l'Oriente, parallela alla Via della Seta, di cui da lungo tempo però si sono perse le tracce e le reali tappe. La missione dei Chums of Chance è quella di recuperare le mappe dell'Itinerario Sfinciuno che si dica porti a Shambala, al cuore dell'Asia Interna.

La ricerca si scopre essere più metafisica di quanto aspettato, dato che la mappa per l'Itinerario è stata iscritta su un supporto in grado di essere letto solo da un complesso apparato di lenti e specchi deformanti di spato islandese, il cristallo birifrazionale.

La missione metafisica è confermata dall'ennesima visione di Miles Blundell, che rivive l'epifania di San Marco al contrario, nella parte del leone alato che rivela alla ciurma il proprio destino di ricerca mistica.

Nel frattempo Chick è sbarcato a terra nelle calli veneziane e si è dedicato al gentil sesso, intrattenendosi con la riccia avvenente Renata, che oltre ad ospitarlo in casa per la notte decide di fargli i Tarocchi, che sentenziano senza dubbi e reiteratamente La Torre, colpita da sventura.

E in effetti mentre i Chums of Chance, recuperata la Inconvenience e Pugnax, stanno partendo, ingaggiano battaglia con la Bol'shaia Igra e Padzhitnoff. Nel cuore dello scontro il campanile di San Marco viene abbattuto, e le due imbarcazioni si danno alla macchia, ritrovandosi su una riva dell'Adriatico per risolvere la questione.

Nessuno dei due equipaggi ha colpito il campanile e aleggia la possibilità che sia stato qualcun'altro, qualcuna delle presenze che aleggiano nel cielo.

“They appear out of…. some other condition, and they vanish back into it.” dice il capitano russo, come per cercare di spiegare qualcosa che la ciurma di St. Cosmo dovrebbe sapere.

Si lasciano senza ulteriori conflitti, ma il capitano Randolph St. Cosmo è convinto che anche loro siano sulle tracce dell'Itinerario Sfinciuno.

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