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Archivio per la categoria ‘spalti e madonne’

Inter in Wonderland: Masters of Oz!

17 Maggio 2010 2 commenti

 

Carrellata. Il ghigno beffardo e sardonico dell’Acchiappasogni. Il viso plastico del Colosso, le sue smorfie post-ubriachezza. Il sorriso di Matrix. Gli occhi di ghiaccio del Muro. L’espressione scolpita nell’acciaio del Capitano. La faccia da schiaffi del Sindaco. L’ovale sereno del Pelato. Le fattezze gnomesche del folletto Olandese Volante. La concentrazione del Leone. Il broncio atteggiato del Figliol Prodigo. I lineamenti tiratissimi del Principe. E ancora. La testa segnata di Crystal. La marmotta nascosta nelle mutande del Drago. Il ciuffo di Kung-Fu Panda. La determinazione di ogni poro di pelle di Yahvé da Setubal, Mourlino.
I Dominatori della Serie di Oz possono tutto. E vogliono dimostrarlo sul campo nella cinquantacinquesima partita stagionale. Però cominciano male: sotto ritmo, passaggi vicinissimi e molto cauti, Siena in quindici dietro il pallone. Al ventesimo gli eroi nerazzurri cominciano a rullare l’avversario: traversa, palla fuori di un soffio, parate incredibili di Curci. La palla non entra. Sembra una di quelle partite lì. Le bestemmie fioccano.

 

 

Rientriamo in campo sapendo che la Roma è campione d’italia sul campo dei quasi clivensi. Continuiamo a rullare l’avversario: il Colosso si mangia un gol incredibile, altre parate di Curci. Poi si sveglia il Capitano d’Acciaio e inizia a correre più di tutti, più di gente con la metà dei suoi anni. All’ennesima percussione, serve in profondità il Principe che controlla, avanza, e d’esterno batte il portiere dei giallorossi bianconeri. Mourlino subito cambia: fuori il Figliol Prodigo per Kung-Fu Pandev; poi Crystal per il Sindaco autore di una partita modesta, forse deluso dal non esserci a Madrid; poi il Drago con una marmotta nel culo come sempre quando in campo devi metterci tutto quello che hai, al posto di un’Olandesina Volante un po’ sottotono. La squadra rincula per una decina di minuti, e i tifosi cominciano a soffrire: ma come? i dominatori di Oz che controllano un misero uno a zero? Ma buttatela dentro così stiamo tutti sereni, no?

No. Però con il passare dei minuti controlliamo la palla e rischiamo di raddoppiare. Soffriamo solo due occasioni propiziate da un vero romanista in campo: Rosi(ca), nomen omen. Quando dal novantesimo ci piazziamo a far trascorrere i minuti d’esperienza sulla bandierina so che è finita. Fino al triplice fischio di un ottimo Morganti (faccio mea culpa) e al grido liberatorio.

E’ il 18esimo scudetto. Il secondo titulo quest’anno. L’ennesimo di questo ciclo fantastico. Non si può descrivere quello che si prova quando si avvicina l’epilogo di un capitolo di una saga epica. Al tempo stesso senti una gioia immensa in fondo allo stomaco, proprio al centro del tuo corpo, e una leggerezza che non sapresti comprendere. La tensione ti abbandona e ti scopri di nuovo bambino, capace di una felicità incondizionata e incondizionabile. Tifare per gli eroi nerazzurri quest’anno ha voluto dire questo. Indipendentemente da quello che succederà nell’ultima, maledetta, cinquantaseiesima partita. E vincere questo titolo quest’anno è absolutamente fantastico, dopo tutto quello che hanno provato a fare per strapparcelo dalla maglia, e che ancora proveranno a fare quest’estate per farci tornare indietro come gamberi (noi come tutto il Paese peraltro), senza rendersi conto di quanto ridicoli siano e di quanto male stiano facendo anche a sé stessi e a tutto il calcio italiano, e di quanto ne hanno già fatto. Dopo i calendari ad squadram, dopo i regolamenti validi solo per l’Inter, dopo le minacce del sistema mafia-calcio italiano a Yahvé, dopo le malignità a senso unico, l’ipocrisia pelosa di chi per l’ennesimo anno non ha vinto un cazzo. Dopo tutto questo, contro tutto e tutti, la capolista è ancora nerazzurra. Un florilegio di esplosioni di fegato. Una goduria immensa. Dite quello che volete, ma per me, per noi, c’è solo l’Inter!

 

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Inter in Wonderland: quasi quasi…

10 Maggio 2010 Commenti chiusi

 

Gli eroi nerazzurri sbarcano a San Siro con l’ennesimo 4-2-3-1 con il Figliol Prodigo, il Leone, il Principe e il Drago supportati dal Pelato e dal Sindaco. Di fronte hanno i quasi clivensi, che nulla hanno da chiedere al campionato e possono giocarsela senza pressioni. Lo stadio è gremito e l’Inter parte forte: pim pum pam, quasi tre gol. Poi cross innocuo e invereconda deviazione del Sindaco, Inter sotto e scudetto quasi alla Roma. Ma il Chievo non esiste e i nerazzurri pressano a tutto campo: il Leone si inventa un numero in palleggio in piena area clivense e poi spara verso l’angolino, segnando grazie ad una deviazione che sa tanto di compensazione del destino.


I nerazzurri salgono in cattedra e il Pelato segna un gol su cross col contagiri del Colosso, mentre la Roma è ancora sullo 0-0: è quasi scudetto a Milano, in casa, dopo tanti anni. Tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo tempo "C’è Solo l’Inter", canzone del 5 maggio alla ricerca di definitivo esorcismo mandata in loop prima e dopo la partita, mortacci del dj: il Principe cambia nome in Diego Armando e lanciato supera Sorrentino – già evidenziatosi per svariate paratissime – con un pallonetto incredibile. Poi è il turno del Figliol Prodigo perdonato dallo stadio quando sigla il 4-1. In più la Roma è sotto 0-1 con il Casteddu: è sempre più quasi scudetto nerazzurro.

Poi il tempo gira, scendono catini di pioggia e il cielo si fa oscuro: la Roma pareggia, ed è quasi rimonta dei clivensi, con due gol su errori marchiani della nostra difesa,  che per prima cosa lasciano tirare Marcolini e non mandano in offside El Diablo Granoche, che devia in rete. Poco dopo il Capitano fa una frittata allucinante e Pellissier ci purga per l’ennesimo 4-3. Intanto il burino per eccellenza segna su rigore il 2-1. E’ quasi scudo alla Roma.

Gli ultimi 15 minuti sono al cardiopalma: nonostante la superiorità tecnica, tattica e fisica dei nerazzurri il pallone non entra e basterebbe l’ennesima cappella per buttare alle ortiche la stagione. Non segnamo, ma non prendiamo gol, e dopo 4 minuti di recupero è finita. Concludiamo imbattuti a San Siro la stagione. Che è quasi finita, quasi però. Sgrat. Per i prossimi 180 minuti ho bisogno di un endovenosa di ansiolitici.

 

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La Coppa dei Cachi: uno, piccolu, ma uno!

6 Maggio 2010 6 commenti

 

Arriva la prima finale. E gli eroi nerazzurri la portano a casa. Un caco bello sugoso, dal retrogusto acido e rancoroso come il Paese che rappresenta, che i nostri ragazzi spolpano senza pietà. Formazione con un Orco in meno, ma con un’Olandesina in più, anche se la sua presenza dura solo 2 minuti, e ci pensa un giocatore il cui cartellino è di proprietà del nostro Presidente a spaccare il giocatore migliore, come predetto dal Vate: alla faccia di lealtà e correttezza sportiva, due parole che al calcio della Capitale certamente non calzano a pennello. Entra il Figliol Prodigo. E gioca un’ottima partita.
La partita è tesa, dinamica, ma la superiorità nerazzurra è indubitabile: e la frustrazione sale da parte giallorossa, sale, sale, sale. L’Inter sfiora più volte il vantaggio, i rosicatori professionisti giocano in undici dietro il pallone sperando nel contropiede vincente. Sfiorano il gol una sola volta, ma ci mette la mano l’Acchiappasogni. Poi il Principe si inventa un gol incredibile: lanciato, con quattro uomini che lo rimontano, spara un missile sotto l’incrocio. Come dice un mio amico: se spari forte nel sette, vinci sempre. E così sarà.
Dopo il gol l’Inter controlla la partita, fa correre gli altri, rischia il raddoppio, perde Speedy per problemi muscolari sostituito dal Muro che doveva riposare. I rosiconi picchiano duro, durissimo, ma sembrano immuni alle sanzioni. Chissà che prosopopea di dichiarazioni e tribunali all’Aia ci sarebbero stati se il gesto del pugno e il pugno vero e proprio di Mexes contro il Figliol Prodigo e Matrix l’avesse fatto uno con la maglia nerazzurra… Chissà. L’Inter non molla, fino alla fine. Fino a quando il "Capitano che è un esempio per i bambini" si copre d’onore con due calcetti in testa a un interista a terra e con un calcione da dietro al Figliol Prodigo, collezionando finalmente un bel rosso diretto. Noi invece portiamo a casa il primo titulo, picculo, ma pur sempre uno. Sorridendo felici.
Un ringraziamento a tutta la squadra, per la grande partita, e per non aver paura della violenza, del rancore e degli appoggi ipocriti e viscidi di cui la Squadra della Capitale e del Parlamento gode. Stasera ho visto una grande squadra di uomini veri conquistare un titulo e una piccola squadra di uomini piccoli piccoli sbraitare stizziti perché non li hanno fatti vincere. Anziché parlare di vergogna, forse qualcuno dovrebbe farsi un bell’esame di coscienza, e pensarci ben più di due volte prima di fare i moralizzatori della domenica.
 

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Inter in Wonderland: oh nooo! (grazie rigà!)

3 Maggio 2010 Commenti chiusi

 

Mourlino manda in campo una squadra piena di titolari ma con un modulo anomalo: per far rifiatare il Principe, stremato dalla trasferta citronesca, giochiamo con l’Olandesina e il Drago dietro al Leone, con le fasce presidiate dal Colosso e da Crystal, un centrocampo con il Pelato e il Sindaco supportati da chi capitava a tiro. Tutti si chiedono come affronterà la gara la lazie, questa volta, memori di tanti scherzetti del passato e della sfiga che ha portato la campagna preventiva sul biscotto le scorse volte (do you remember firenze?).


L’Inter scende in campo grintosa, la Lazio pronta a giocare di rimessa, soprattutto sulle fasce e con Zorro Zarate. Per 45 minuti prendiamo a pallonate i biancocelesti, ma Muslera sembra non aver capito che aria tira a Formello e para qualsiasi cosa. La palla non entra, la palla non entra, la palla non entra. Cazzo. Tutti imprecano. Poi accade il miracolo: il Muro recupera la palla, apre per l’Olandesina e scatta a ricevere il triangolo di testa nell’aria piccola strappandola al Leone e infilandola in fondo al sacco. E’ il 46esimo. I tifosi interisti tirano un sospiro di sollievo. I lazieli espongono il migliore striscione dell’anno, esplicativo nella sua sintesi estrema: "Oh, Noooo!", con tanto di esultanza al gol nerazzurro di tutto lo stadio. 


Si rientra in campo e il dubbio permane: i lazieli smetteranno di giocare? La risposta è sì: noi abbassiamo il ritmo, loro non lo alzano, il Sindaco la mette di testa e la partita finisce lì. Di nuovo "Oh, noooo!" e tutti a casa. All’ingresso di Scaloni come terzo cambio (con Rocchi in panchina) pare proprio che anche i giocatori abbiano capito l’antifona dei tifosi.


Biscotto totale, comprensibile, auspicabile, benvenuto. Che dire? Grazie, riga’! Viva lo sport.

 

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La Lega dei Citroni: dopodiché, sucate!

29 Aprile 2010 19 commenti

 

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Post ad alto contenuto sessista. Comprendetemi e fatemi sfogare senza stressarmi. Se non siete in grado di farlo saltate l’articolo a pié pari.

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I gladiatori di Mourlino, da oggi in poi assurto a livello di Yahvé da Setubal, voce tonante del rovo infuocato, prototestamentario nei suoi dettami e nella sua weltanschauung, entrano in campo con una consegna precisa: assediare l’avversario nella nostra area e picchiare duro nel sacco alla prima occasione. Nessun prigioniero, nessuna paura, nessuna ossessione, un solo sogno: andare a Madrid. La sfiga vuole che nel riscaldamento si fermi Kung Fu Panda e Chivu debba subentrare scombinando un po’ i piani.
Fino a che l’arbitro (e stavolta i complottisti avevano ragione da vendere) ci lascia giocare alla pari i Pesci Pagliaccio del calcio del 2015 non fanno un tiro in porta. Al trentesimo il malefico belga butta fuori Kaiser Motta con atteggiamento che definire fiscale è ampiamente ipocrita: si chiama killeraggio in piena regola. A quel punto i Pesci Pagliaccio cominciano lo show che strappa il velo del finto buonismo di una squadra rancorosa e cattiva: ogni contatto un tuffo, cercando di trasformare il calcio in calcio a cinque; ogni possibilità di picchiare i nerazzurri diventa un’occasione d’oro; ogni stupidaggine diventa una polemica incendiaria.
Ma il castello nerazzurro non cede, neanche in dieci. Palle a dieci dimensioni per ogni giocatore, disumani. In tutto il match, tre tiri in porta, un gol, che rende gli ultimi 10 minuti nel lasso di tempo più lungo della mia vita. Al secondo gol, prima di rendermi conto che fosse stato annullato, ho sentito un groppo in gola e un urlo salirmi dalle viscere, contro l’ingiustizia che quel secondo gol avrebbe rappresentato. Al triplice fischio la gioia è incontenibile, alla faccia di tutti i gufi, di tutti quelli che speravano che ce la prendessimo in saccoccia per l’ennesima volta all’ultimo secondo: la remuntada è rimasta a metà, trasformandosi in una sincera enculada (scusate il francesismo, nda).
Fino ad oggi il Barça era una squadra che apprezzavo e stimavo: il teatrino dell’ultima settimana, l’isterismo dimostrato, lo scarso fair play in campo durante i 180 minuti, l’hanno trasformata in una brutta copia della peggior Juve o del Real Madrid degli anni Ottanta. Arroganti, abituati a vincere per decreto, incapaci di accettare la sconfitta. Se i Pesci Pagliaccio che giocano il calcio del 2015 sono la squadra migliore del mondo, non hanno bisogno di mezzucci: giocassero a calcio e fateci tre pere. Se ne foste stati capaci, vi avremmo stretto la mano. Così invece, mi ritrovo a dedicarvi un bel gestaccio a due mani: sucate a manetta. Sucasse Ibra e sia benedetto Guardiola che lo ha messo in campo per 3/4 della doppia sfida, sucasse Piqué e il suo odio ostentato, sucasse De Blackeere e la sua missione possibile, sucassero. E basta. Madrid la guardassero in tv.
E Yahvé da Setubal ha parlato, mi ha dato una frase che mi farò incidere sulla lapide: "non amo l’Italia, non amo il calcio italiano, ma amo la mia squadra e i miei giocatori", e questo è il più bel momento della mia vita calcistica. Almeno fino ad oggi. Grazie ragazzi.

 

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Inter in Wonderland: straordinaria amministrazione

25 Aprile 2010 2 commenti

 

L’Inter scende in campo dopo l’impresa contro la squadra del presente e del futuro, con le gambe pesanti e la testa un po’ leggera. Un po’ troppo in effetti. Mourlino dispone un turnover ragionato: dentro Marika (buona prova) e Calimero (solita discreta prova con limiti, ma in crescita, peccato che sia finita la stagione), Matrix e Speedy (prova abbastanza opaca), nonché Crystal il nostro tredicesimo uomo (il dodicesimo è il Drago, il quattordicesimo sarebbe la Merda Umana se fosse ancora un giocatore nerazzurro).


Tutti sperano in due gol entro venti minuti e in una gara riposante. Pronti via: al quinto minuto Matrix canna completamente la marcatura del Tir che ci infila senza pensarci due volte, da buon tifoso romanista. L’aria si fa pesante e le gambe non girano. Mourlino inizia a incazzarsi. E pure lo stadio. Al minuto 20 non si registra ancora un tiro in porta dei nerazzurri.

Poi una verticalizzazione improvvisa intorno alla mezz’ora cambia tutto: il Principe la sbatte dentro con un gran pallonetto e la squadra comincia a girare. Nel giro di dieci minuti produciamo almeno un paio di palle gol e sull’ennesima penetrazione sull’asse Sneijder-Eto’o a sinistra, cross in mezzo e fagiolata di cinque giocatori nerazzurri contro due orobici: non fare gol sarebbe stato un reato penale, e meno male che ci pensa la Marika.

Il secondo tempo è un martellamento nerazzurro con qualche sussulto bergamaschio. Purtroppo il gol che chiude il match arriva solo al 77esimo, quando Crystal anziché fare l’ennesima apertura cerca la via del gol da fuori, trovandola. Il resto è straordinaria amministrazione.

Raggiungiamo lo scopo di portare a casa i tre punti senza discussioni. Facciamo anche il massimo del turnover disponibile, ma il destino cinico e baro ci reca la ferale notizia del risentimento dell’Olandesina. Fottuta sfiga. Aggrappiamoci con tutta la nostra forza all’idea balzana di scherzo che può avere il settore medico e dirigenziale dell’Inter, ma c’è poco da ridere. Maledizione.

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La Lega dei Citroni: Life is Now!

21 Aprile 2010 4 commenti

 

Al di là della pretattica Mourlino manda in campo l’Inter titolare e Guardiola fa lo stesso con il Barça, senza astruse decisioni modellate sull’avversario anziché su sé stessi. La partita mostra subito le sue caratteristiche: nerazzurri aggressivi su ogni pallone, catalani guardinghi e manovrieri, con i nostri eroi pronti alla verticalizzazione. E ogni tifoso che ringrazia il cielo che Ibra sia in campo.
L’equilibrio regge cinque minuti. Il Principe ha due occasioni d’oro ma non le sfrutta e nello stadio le bestemmie si sprecano. Poi l’Orco anziché sbattere via la palla, se la fa fregare e sugli sviluppi dell’azione Maxwell infila il Pelato che non spende un giallo per stenderlo: cross in mezzo per Pedrito solo come non si era mai visto, e Inter sotto di un gol. Tutti iniziano a temere la girandola, ma succede tutt’altro.

L’Inter attacca, attacca, attacca. E al trentesimo l’ennesima combinazione tra il nostro settore avanzato paga con un gran gol dell’Olandesina Volante, che sfrutta un assist perfetto di colui-che-non-vede-la-porta (sì, sono sarcastico, nda). Per quindici minuti a equilibrio ristabilito potrebbe succedere di tutto. Ma per la prima volta in vita nostra vediamo i nerazzurri non retrocedere.
Inizia la ripresa: dopo tre minuti penetrazione vincente del Colosso che spara in rete la rimonta. Lo stadio si trasforma in una bolgia. L’Inter ci crede e inizia a picchiare come un martello sul Barça. Una roba mai vista prima. Non ci sono parole per spiegarlo. E al sessantesimo, ennesima ripartenza conclusa con cross del Leone per la testa dell’Olandesina e il tap-in in quasi fuorigioco di Milito.

E’ troppo presto. Troppo presto. Chi conosce di calcio lo sa. E sa che sta per partire il torello. Il Barça leva Ibra, avanza Maxwell e imposta la girandola con tre attaccanti estremamente mobili. Cominciamo a soffrire. Ma cala l’asso targato Perez: l’arbitro che aveva fischiato 2000 fuorigioco nel primo tempo dando l’impressione di darci addosso, sfodera un inaspettato anti-catalanismo. Inizia ad ammonire i blaugrana e soprattutto nega a Dani Alves un rigore grande così (tipo le dimensioni di Rocco Siffredi), anche complice la sceneggiata che fa il brasiliano. E’ anche vero che forse il Barça è abituato ad avere rigori con molta facilità, considerato il tuffo di Piqué quando viene sfiorato in area.
Mourlino sta preparando le contromosse dopo una decina minuti di torello extreme: il Colosso a centrocampo, Speedy terzino e la Merda Umana come punta centrale al posto di Milito. Purtroppo il Colosso si scontra durissimo contro la spalla di Messi, e cambia tutto: dentro Crystal Crazy Chivu, il Capitano d’Acciaio a destra, e la Merda Umana in fascia. Quest’ultimo non tiene una palla che sia una, e dopo dieci minuti in cui lascia la squadra in balia del Barça un milione di volte viene beccato pesantemente dal pubblico: inizia a svalvolare, spara via due palle che potevano portare al 4-1, e addirittura si permette di fare un tacco-assist verso gli avversari. Il pubblico non ci vede più dalla rabbia, ma per fortuna il torello finisce senza subire reti nonostante il pressing catalano.

E’ la sera dei gufi viventi. Ora tutti muti. Una serata incredibile. Che io non ho mai visto in tutta la mia vita. E non penso di essere l’unico. Vincere in rimonta contro la squadra più forte del mondo è qualcosa di indescrivibile. Non so cosa succederà al Camp Nou, e ora come ora non mi interessa. Life is Now!

PS piccolo piccolo come l’uomo di cui parliamo: ognuno la pensi pure come vuole, ma i bambini devono giocare con i bambini; anzi se fosse per me la Merda Umana potrebbe anche fare riabilitazione dopo un grave infortunio in allenamento con i bambini; con la maglia della mia prima squadra non voglio vederlo mai più.

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Inter in Wonderland: bye bye Pisella!

17 Aprile 2010 2 commenti

 

Siamo alla partita della vita. Perdere punti stasera equivarrebbe a vanificare ogni sogno di scudetto. Significherebbe gratificare i nemici di tanti anni di ignobili battaglie combattute nel fango e nel segno della mafia calcistica, proprio adesso che rialzano la testa dalla melma in cui sono finiti, solo per giocarsi la carta di una rivalsa che a loro non porterà nulla se non ancora più rogne. Ogni volta che vedo un derby d’Italia non mi capacito di quanto li odi. Grande plauso all’eroe che durante il minuto di silenzio fa risuonare in tutto lo stadio il grido: "Cannavaro vergognati, merda!". Il minuto di silenzio finisce in standing ovation.

Mourlino scende in campo con l’ormai consueto fottutissimo 4-2-3-1 anti-campionato, generando i mugugni di molti. Anche l’arbitro Damato da subito fa capire che vuole dare un assaggio dei motivi per cui il calcio italiano è così stimato nel mondo: con un fallo fischiato ogni 37 secondi stabilisce il nuovo record mondiale di spezzatino di gioco. I primi dieci minuti l’Inter gioca molle e la Juve ha due fiammate che la portano a fare gli unici due tiri in porta del primo tempo, delle mozzarelle inguardabili che l’Acchiappasogni neutralizza senza manco pensarci troppo.
La partita tutto sommato scorre, ma Damato decide di fare ancora la differenza: su un innocuo calcio d’angolo in cui Chiellini dimostra la sua intelligenza cercando di trapanare con la testa lo sterno di Samuel, fa ripetere il corner per ammonire Samuel (forse colpevole di assecondare le strane voglie del difensore gobbo). Poi nel giro di pochi minuti inizia a distribuire cartellini ad minchiam. Grazie al cielo la Pisella ha giocatori di grandissimo intelletto: già ammonito Sissoko entra da dietro sul Capitano d’Acciaio che sta andando in dribbling in fascia, in una posizione da cui notoriamente non può combinare un cazzo. L’unico merito di Sissoko è che la sua inevitabile seconda ammonizione fa "dimenticare" a Damato di espellere anche Grosso, protagonista di una partita da vero gobbo: forse il ragazzo non ha digerito di essere stato spedito a Lione con il massimo sollievo e appoggio di tutti i tifosi, povero scarpone riciclato nella Pisella.

La partita non offre molto nel resto del primo tempo e nel secondo tempo l’ammonito Kaiser Motta, protagonista di diverse percussioni e di un gran tiro a giro sul primo palo, ma ammonito e preso di mira dal mirabile Damato per riportare le squadre in parità numerica, viene sostituito dal Drago.
Nel secondo tempo inizia la sagra dello spreco, dopo una spizzata di testa di Cannavaro che viene raccolta senza fatica dall’Acchiappasogni: il Leone si mangia un gol assurdo dopo una sgroppata sparandolo al terzo anello da tre metri; il Principe scheggia di piatto un cross rasoterra facendo un numero da circo che però finisce inspiegabilmente fuori; poi di testa da mezzo metro la spara fuori; poi si incarta sul pallone due volte; il Pelato e il Drago dal dischetto del rigore la sparano non si capisce dove; Supermario, entrato al posto di un inguardabile Pantera, spara due volte alto. Poi, quando tutto lo stadio pensa che la palla non entrerà mai, il Colosso si fa perdonare tantissime serate insopportabili con una roba mai vista: stop di ginocchio, palleggio, sombrero su Amauri, collo esterno imprendibile da 20 metri nell’angolino. Sul palleggio mezzo stadio stava già insultando il Colosso, un insulto che si è strozzato in un grido di gioia.
La squadra non molla e il Drago regala un incredibile punizione dai 22 metri in posizione perfetta per Diego. E’ il 41esimo. Io lo dico senza timore: mi sono cacato addosso. Ma la punizione si spegne tra le mani del nostro portiere. E cinque minuti dopo una grande azione di contropiede viene finalizzata dai piedi di Calimero, che sbaglia il tiro, ma inventa un assist perfetto per il Leone. Due a zero. Bye bye Pisella.

Vincere stasera era fondamentale. Per la nostra storia, per quello che stanno cercando di fare, per vederli piangere per un arbitraggio che li ha ampiamente favoriti facendoli picchiare come fabbri, ma fischiando a ogni volo plastico vestito di bianconero. Ora vogliono chiedere la revoca di uno scudetto che ci ha risarcito di 15 anni di furti e rapine. Comincino a restituire gli scudetti dopati dal 1994-1998, o a ridare alla Roma quello che gli hanno fregato negli anni 80. Poi ne riparliamo.
Vincere stasera vuol dire restare in gioco. Su tutti i fronti. Come fanno le squadre che ambiscono al massimo. Poi sarà quel che sarà. Per ora l’unica certezza è aver umiliato una volta di più la Pisella. Ancora una volta, Bye Bye.
 

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La Coppa dei Cachi: pan per schiacciata

14 Aprile 2010 4 commenti

 

I fautori come me del turnover in Coppa dei Cachi alla visione della formazione iniziale scelta da Mourlino saranno stati molto soddisfatti. In campo tutte le seconde linee, per quanto possibile: Crystal, Calimero, Speedy, Matrix, perfino il Colosso a centrocampo come esterno nel 4-2-3-1. Robe mai viste.
La partita non ha molto da dire: la Maggica Viola non combina un cazzo se non quando ci distraiamo un pochino. Primi venti minuti del primo tempo in cui rischiamo di fare due gol e chiudere il match, poi un po’ di viola ma senza particolari preoccupazioni.
Nella ripresa il Leone’e la butta dentro svirgolando a un metro da Frey liberato da un passaggio di Kaiser Motta che se lo avesse fatto Pirlo, Del Piero o Totti ne starebbero parlando al TG1. La partita finisce al dodicesimo del secondo tempo: c’è spazio per un po’ di minuti anche per il Pelato, per Marika e per il Principe. Poco male.


La considerazione amara è che con una squadra così scarsa abbiamo lasciato due punti che al momento (e forse anche alla fine) saranno fondamentali per il campionato. Avrei fatto volentieri scambio di risultati tra sabato e stasera. Dirò di più: avrei anche lasciato vincere la viola 3 a 0 stasera in cambio di una vittoria sabato sera. Ma c’era la psicosi del biscotto, che a dire il vero sarebbe convenuto a tutti (ma dei biscotti in serie del Cagliari nessuno si scandalizza ovviamente, tanto per dire): ora mi auguro che la viola arrivi settima a un punto dalla sesta, tanto per gradire, fuori da qualsiasi velleità europea e garantendo al Sommo Prandelli lo score di zero titoli in tutta la sua lunga parentesi fiorentina…. complimenti. Farsi un favore, anche onorando l’impegno, sarebbe convenuto a tutti. E speriamo di non pagare anche noi questo improvviso momento di lealtà sportiva di quel gran signore che è Della Valle (sì, sono ironico, nda). Chi è causa del suo mal pianga sé stesso, l’Inter stasera ha reso pan per schiacciata (che per chi non lo sapesse è la focaccia a firenze) alla viola. Con la Coppa dei Cachi ci si rivede in finale tra meno di un mese.

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Inter in Wonderland: missione impossibile compiuta

11 Aprile 2010 4 commenti

 

Mourlino manda in campo i suoi con l’ormai consueto 4-2-3-1, anche se non con gli interpreti che aveva in mente: il Drago va ko durante il riscaldamento e il Capitano d’Acciaio scala a centrocampo lasciando il posto al ritrovato Polu, il buco con il difensore intorno. Davanti la Pantera al posto del Figliol Prodigo che tutti si aspettavano titolare (a ragione). Davanti ci troviamo schierata la Viola del bel gioco in pieno stile Triestina 1980: catenaccio, catenaccio, catenaccio.

Che sarebbe stata una serata di merda e non una serata di gloria lo si capisce al terzo minuto: mischia in area, sul rimpallo si avventa il Principe che a porta vuota di testa spara la palla sul palo. Altri cinque minuti di assedio nerazzurro, poi la torta, quella vera e non quella paventata dagli sportivissimi tifosi di tutta Italia: un rimpallo finisce in fallo laterale, la viola si invola su una fascia dove Polu è assente ingiustificato, cross rasoterra, uomo da solo in area e 1-0 per i fiorentini al sangue. Decisamente immeritato.
Il resto del primo tempo scorre con la Magica Viola chiusa come un riccio e tesa ad approfittare di ogni errore nerazzurro. Gli eroi nerazzurri sbattono contro la muraglia viola, sbagliano molto e consentono diverse ripartenze senza riuscire mai ad impensierire veramente Frey. Passano 45 minuti e siamo ancora sotto.

Nel secondo tempo tutti pensano che Mourlino si ravvederà almeno di alcuni degli errori che ha fatto nell’impostazione della gara: infatti si scalda Supermario Prodigo, ma entra a sorpresa al posto di Polu (che effettivamente aveva fatto più danni della grandine). In mezzo però si balla ancora di più, e la squadra fatica a trovare spazi e assetto per la rimonta. I primi 25 minuti della ripresa sono identici alla fine del primo tempo: una palla nerazzurra che rimbalza contro un muro e saette in contropiede che approfittano della scarsa vena della difesa della Beneamata – mai soprannome in questo periodo potrebbe suonare più profetico. L’Acchiappasogni è in serata Acchiappafarfalle e rischia di fare più volte la frittata: abbiamo bisogno della sua classe per essere i numeri uno, come di quella dei nostri migliori assi. E quest’anno ci sta mancando parecchio (Roma, Chelsea e stasera tanto per dire impegni fondamentali in cui ha fatto cilecca).

Appena esce Pandev per Muntari e torniamo ad avere un centrocampo come si deve troviamo due gol in rapida successione con azioni quasi identiche: recuperiamo più palloni, giochiamo meglio, e scardiniamo la difesa viola con due cross al veleno e due tocchi del Principe e del Leone. Devo ammetterlo: a questo punto io ci ho creduto. Siamo al 36esimo e mezzo. Al 37esimo palla a scavalcare di nuovo il centrocampo, il Capitano chiama invano all’uscita l’Acchiappafarfalle che rimane inchiodato sulla linea e lo costringe a mettere in angolo. Dal corner palla abbastanza inutile, Mario devia, ma intanto l’Acchiappafarfalle è uscito a caso, la porta è vuota e Kroldrup – voglio dire, la brutta copia scarsa di Kaladze – insacca da un metro. Stiamo di nuovo perdendo (dato che se non stiamo vincendo, la logica mi dice che stiamo perdendo), e il sogno di riabilitare una serata di merda si infrange sulla dura realtà della poca concentrazione con cui si è affrontata la gara. Il resto del match non vale neanche la pena di raccontarlo, perché non ne imbrocchiamo più una.

L’Inter riesce nella missione impossibile di buttare nel cesso lo scudetto regalandolo alla Roma pur essendo la squadra oggettivamente più forte del campionato. Troppi punti persi (Parma, Genoa, Atalanta sopra tutte le partite), troppe partite affrontate con l’approccio mentale sbagliato (non le conto più). Il 4-2-3-1 che ci ha tanto dato in Europa è evidentemente inadatto al campionato catenacciaro e tignoso della Serie di Oz: da quando lo abbiamo usato con continuità abbiamo perso la supremazia a centrocampo, sfiancato i nostri attaccanti e i nostri centrocampisti, e inanellato più pareggi e sconfitte che vittorie. Per non parlare della brillante idea di giocare un tempo o quasi con un 4-2-4 imbarazzante e senza senso: non a caso appena abbiamo rimesso in campo un centrocampista in più abbiamo fatto la differenza in un attimo. La Beneamata del primo MOurlino non cannava mai le partite importanti, quest’anno in campionato le ha ciccate tutte: con la Juve quando era la più accreditata anti-inter, con il Parma quando c’era da dare il ko al campionato, con la Roma quando dovevi tenerli a distanza, e oggi quando con una vittoria avresti seriamente ipotecato lo scudetto fiaccando il morale degli avversari. La differenza sta soprattutto nella gestione di queste gare, di quelle dove vincere fa la differenza. Evidentemente il campionato non offre abbastanza stimoli ai ragazzi e forse anche alla società, ma a noi tifosi buttare nel cesso lo scudetto fa rodere il culo di brutto. Mourlino, per piacere, possiamo tornare al rombo in campionato (con cui abbiamo vinto 3 scudetti senza colpo ferire)? Possiamo tornare a considerare il campionato il trofeo da vincere visto che in semifinale (per carità ne godiamo tutti, ma è il massimo a cui potevamo aspirare quest’anno) della Lega dei Citroni ci siamo arrivati? E, soprattutto, possiamo restituire pan per focaccia ai guelfi e ghibellini che si sono alleati giusto una sera per strapparci un punto che a loro non serve a un cazzo affrontandoli martedì con un catenaccio degno di Nereo Rocco e i suoi fratelli? La speranza sarà pure l’ultima a morire, ma i nostri eroi la mettono certamente a dura prova.
 

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