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Altro che Eddie Florio…

22 Ottobre 2010 1 commento

Eddie Florio è il fantastico protagonista del miglior libro in assoluto, Noi Saremo Tutto, di una persona che stimo tantissimo, Valerio Evangelisti. La vicenda del rinnovo del contratto nazionale separato da parte di Cisl-Fim e Uil-Uilm c’è da dire che conferisce un senso tutto nuovo alla parola corruzione, una manovra da far impallidire i magheggi mafiosi dei grandi sindacati (o pseudo tali) della tradizione americana (per chi non lo sapesse praticamente una sorta di gruppi di interesse che gestiscono per conto dei padroni il rapporto con i lavoratori).

L’Unione Sindacale di Base (diamo a Cesare quel che è di Cesare) ha scoperto che nel rinnovo è prevista una clausola che obbliga i lavoratori non iscritti al sindacato a versare un contributo sindacale di 30 euro per “l’attività di negoziazione svolta” che verrà applicata con la logica del silenzio assenso (se non si nega esplicitamente il consenso si considera tacitamente accordato il prelievo dal proprio stipendio). Traduzione: in cambio all’accondiscendenza dei sindacati gialli italiani a un accordo separato e favorevole a Fincantieri e compagnia cantante, quest’ultima ha fatto in modo che con 30 euro a lavoratore i sindacati stessi possano guadagnarci milioni. Se non è un atto di pura e semplice corruzione questo, non saprei come altro definirlo.

Ovviamente come nel caso delle pensioni che i parasubordinati mai vedranno ma continuano lautamente a foraggiare, o delle tasse che si continuano a pagare nonostante la demolizione dei servizi pubblici sistematica operata negli ultimi decenni, nessuno alzerà un dito per protestare. In paesi con più dignità (come la Francia ad esempio) starebbero già spaccando tutto. Peccato vivere nel Paese che non c’è.

La Lega dei Citroni: impressive, innit?

21 Ottobre 2010 5 commenti

Di fronte a 50mila spettatori di cui almeno 10mila inglesi gli eroi nerazzurri mostrano quanto le fiabe male si prestino a trasformarsi in narrazioni piratesche: anziché i sanguinari marinai senza pietà e rispetto per niente e per nessuno, i nostri soffrono la loro indole sostanzialmente generosa, interpretando il ruolo dei corsari dal cuore d’oro.

In campo la formazione standard con coppia di centrocampo Tredita-Duracell e come esterni Totò il Mozzo e l’Iguana delle Polene. Pronti? Via: discesa fulminante del Capitano, scambio con Totò il Mozzo ed il Leone dei Mari, destro a giro e gol. Due minuti e siamo già sopra. Passano cinque minuti in cui gli Spurs non vedono mai il ponte avversario e l’Olandese Volante scodella una palombella su cui si fionda l’Iguana delle Polene, che viene abbattuta dal portiere avversario: rigore ed espulsione come da regolamento. Le già scarse schiere avversarie si indeboliscono in 10 e senza il più talentuoso tra le loro fila, Modric. Il Leone degli Oceani realizza senza alcun dubbio.

L’arrembaggio si mette al meglio: Totò e l’Iguana fanno i tagli giusti, Tredita con Duracell e l’Olandese seminano il panico a centrocampo, il Leone distrugge i centrali difensivi avversari diffondendo sangue e budella sul legname della nave nemica. Altri quattro minuti e Tredita sfoggia la fiammata del Drago infilando gli Spurs per la terza volta. Seguono combattimenti corpo a corpo a non più di 20 metri dalla porta inglese, fino al 35esimo quando il Leone di Mare segna anche senza volerlo. Partita finita, ma messe di occasioni da gol per i restanti 10 minuti. Impressive, innit?

Nel tunnel durante l’intervallo gli inglesi chiedono pietà e i nostri corsari dal cuore di pastafrolla si fanno abbindolare. I nostri eroi non riconoscono la viscida manovra avversaria anche quando approfittando del momentaneo panico scatenato dall’uscita dal campo di Tredita, Bale segna il 4-1. Per dimostrare la propria superiorità i nostri eroi presidiano il campo avversario, rischiando anche di segnare in scioltezza. E quando pensano che sia tutto finito, ecco la coltellata nella schiena: Bale ne fa altri due tra il 90esimo e il 92esimo, quasi realizzando i sogni dei tifosi inglesi che cantano da mezz’ora “We’ll win 5-4”. Parafrasando Julio Cesar: “Hai rotto il cazzo, brutto infamello figlio di Albione!” Impressive as well, innit? Impressionante l’incazzatura sugli spalti, con immediata proposta di mandare a quel paese questa versione buonista del fair play, e fermarsi solo dal 10 a 0 in avanti, se mai dovesse ripresentarsi una simile occasione.

Per fortuna si è scoperto presto che era semplicemente una delle astute mosse di mercato del nostro Direttore: non potendo permettersi l’esterno sinistro, una tripletta farà schizzare talmente in alto la sua valutazione da non valere neanche il rimpianto. Diavolo di un Direttore! E noi che pensavamo a un brutto episodio di sufficienza e deconcentrazione, per fortuna senza conseguenze dato che portiamo a casa i tre punti e il primo posto nel girone, ostentando, a parte gli ultimi folli, pazzi, generosi (verso gli Spurs) cinque minuti, grandi giocate e grandissima personalità. Dopo anni in cui la musichetta ci causava scossoni intestinali senza soluzione di continuità, già questa novità non può non essere fonte di entusiasmo per ogni tifoso interista.

Inter in Wonderland: il narco-castello

18 Ottobre 2010 1 commento

Arriviamo sull’isola inondata di luce e di pace. Tutto è silente nei dintorni dello stadio e le due squadre si affrontano su una piana sgombra di vento e di passioni. Sembra di assistere a una foto più che a un evento dotato anche di figure in movimento. Tra le fila nerazzurre tornano a calcare il campo il Capitano Duracell e la coppia difensiva Muro-Orco, mentre davanti il Leone è affiancato dai soliti giovani virgulti. Il Castello è sorvegliato dagli unidici titolari rossoblù, con qualche qualità, ma non troppe, giusto per non esagerare.

La partita si snoda senza sussulti, mentre i nerazzurri lentamente avvolgono le mura medievali e i merli degli spalti in una fitta ragnatela: dopo aver bloccato il castello, passano agli spalti, ai tifosi, allo stadio intero, all’isola. Anche il mare sembra essere diventato una lenta e piatta superficie oleosa. Lentamente, ogni cosa si assopisce, e quando meno chiunque se lo aspetti, ecco il colpo ferale: il Leone con una finta di corpo che anche al rallentatore sembra velocissima manda a stendere mezza difesa – Astori penso avrà gli incubi con il nostro puntero come protagonista ancora per qualche giorno – e la piazza nell’angolino di precisione e potenza.

Il tempo scorre inesorabilmente. Passano 45 minuti, poi 60. Non succede nulla se non una fortuita traversa di Chivu nella nostra porta (se non ci pensiamo noi a scaldare il match, si potrebbe giocare per altri due mila minuti senza scorgere un’accelerazione significativa di alcun tipo) e una doppia parata di Giulione Manolesta, giù proiettato verso la svolta corsara della nostra saga. Entra il nostro Homo Dribling al posto di Totò che ha fatto una buona partita; entra il Sindaco finalmente di nuovo su un campo di calcio e per scaldare un po’ gli animi anestetizzati dal Narcocastello finge di farsi male dopo appena 5 minuti; entra anche Calimero al posto dell’Olandesina, la notte e il giorno a confronto sulla riga del fallo laterale, praticamente.

Finisce con l’anestetica vittoria nerazzurra. E fin qui tutto bene. Però uno si sarebbe anche stufato di ripetere che “contano i tre punti”. Quando in tempi non sospetti ho sostenuto che il “bel gioco” alla Barça è in realtà una gran rottura di palle, sono stato sbeffeggiato, ma spero che la partita di oggi mi renda merito. Per fortuna che Ciccio punta sullo spettacolo: se fosse stato uno che cercava il risultato a tutti i costi, in una partita come quella di oggi avrebbe potuto solo sfoderare l’araldo dell’eutanasia e farla finita al minuto numero cinque.

Zzzzzzzzzzzzzzzz

Alieni e terrestri

14 Ottobre 2010 Commenti chiusi

Non leggo molte biografie sul calcio e sui calciatori. Ho letto tanto sul calcio, ma meno sui suoi protagonisti. Non per snobismo, ma semplicemente per mancanza di tempo. E anche perché le biografie raramente sono interessanti, in particolare quelle autorizzate e ufficiali, in particolare quelle sui personaggi più noti del calcio.

L’Alieno Mourinho, pubblicato da Sandro Modeo per ISBN Edizioni, non è propriamente una biografia: è più una lettura in prospettiva del fenomeno Mourinho declinato nei suoi vari aspetti, è un tentativo riuscito e non agiografico di spiegare perché José Mourinho non può essere derubricato a fenomeno passeggero ed evento mediatico del circo calcistico-televisivo. Beninteso: è anche questo, ma solo in piccola parte questo rappresenterà il suo valore nella storia dello sport più seguito del mondo.

Il libro spazia dai temi della fisiologia a quelli della sociologia, passando per psicologia e mass-mediologia. E’ breve, intenso e lascia un sacco di porte aperte per approfondire un aspetto o un altro. Per questo vale la pena di leggerlo e di goderselo. Sia che voi abbiate amato come ogni interista che si rispetti il Vate di Setubal, sia che voi lo abbiate detestato in quanto avversario arrogante ed ineffabile.

L’unico problema è che alla fine del libro vorreste comprarne almeno 4-5 della bibliografia. E soprattutto vorreste che Mourinho descrivesse le sue tecniche di allenamento e preparazione atletica (gli interisti non rimpiangeranno mai abbastanza Rui Faria, il genio) in un libro da leggere domani. Purtroppo per tutti noi ci toccherà stare alla finestra madridista e non solo ancora a lungo. E non è detto che potremo mai leggere un simile Manuale.

Voto: 8,5

Somewhere

12 Ottobre 2010 16 commenti

E’ da qualche parte che si perde il confine tra la nostra vita quotidiana, con le sue gioie e i suoi dolori, e la vita rappresentata. E’ là che un uomo diventa una cosa, che i nostri affetti diventano scenette televisive, che i sentimenti diventano apatia e noia. E’ un luogo in cui i soldi contano poco, in cui la storia non ha alcun ruolo, in cui contiamo solo noi e quello che siamo, quello che desideriamo, quello che sentiamo, anziché quello che dovremmo essere, quello che vorrebbero che fossimo.

E questo luogo umano, questo confine, è quello che racconta Sofia Coppola nel suo ultimo film. Silenzioso, profondo, decisamente bello. Tra quei pochi film che ti fanno uscire con la sensazione di aver visto qualcosa che ti porterai dietro per un po’, nei pensieri e negli  occhi, in fondo al plesso solare e nelle vene.

Voto: 9

Milano da odiare e da dimenticare

11 Ottobre 2010 17 commenti

Sos Fornace: proprietà privata abbandonata, area Expo, sotto sgombero imminente

Cox 18:  proprietà comunale, sede Archivio Primo Moroni da 20 anni, sotto sgombero un filo meno imminente (ma non troppo)

Cascina Autogestita Torchiera: proprietà comunale dimenticata da Dio fino a quando non è stata resuscitata, sotto sgombero elettorale quasi imminente

Ambulatorio Medico Popolare (e sede Casa Occupata via dei Transiti 28): proprietà privata ex proprietà pubblica, sotto sgombero da tempo (tanto il lavoro dell’Ambulatorio lo fanno le ASL, vero?)

La Bottiglieria via Savona: sotto sgombero (praticamente dal momento in cui hanno occupato) sgomberata (14 ott) rioccupa in via giannon 8 (16 ott), olé!!!!

C.S. Leoncavallo: considerato come sta per finire la vicenda dei terreni di Cabassi per l’Expo dubito che anche il Leo avrà vita molto facile (il giochino terreni a Cabassi per non rompere le palle sul Leo e togliere un problema all’amministrazione comunale mi sa che non andrà in porto)

Ci rimangono ancora: Centro Sociale Vittoria (ma pagando un affitto dovrebbe salvarsi); Casa Loca (grazie papà Moratti, poi mi si dice perché sono interista);  Cantiere (misteri della fede, ma meno male, nonostante i miei dissapori con la Linea =D); Ponte della Ghisolfa; Micene; case occupate sparse che meno sembrano politicizzate e forse più dureranno.

Sarà che si avvicinano le elezioni, ma forse questa città e i suoi militanti meritano di restare più desolati che mai. A furia di dimenticarci, stiamo scomparendo. E non è che sia un male in generale, considerato quanto poco abbiamo saputo dare ultimamente alle strade che percorriamo ogni giorno, ma avrei preferito sopravvivere e vederci sopraffatti da giovani convinti ancora dell’utopia, che vedere tutta questa gentaglia che vorrebbe sputarmi in un occhio per le mie vecchie trombonate aggirarsi in un non luogo svuotato di possibilità. Chi ha sbagliato, scaglia la prima pietra.

Chiamale se vuoi… distrazioni

6 Ottobre 2010 Commenti chiusi

Lo spazio della Fornace di Rho è uno dei pochi luoghi vivi in una città di morti. Non è un caso se sorge nel punto di convergenza dei massimi interessi metropolitani con i massimi conflitti: mobilità, lavoro, precarietà, territorio, speculazione. Rho, il nuovo polo fieristico, le magnifiche sorti e progressive dell’Expo: i ragazzi della Fornace sono stati motore e azione di tutto quello che vi ha avuto a che fare, e adesso, a meno di due settimane dalla scadenza dei tempi per sbrigare le ultime pratiche legate proprio all’Expo 2015, con la maggioranza impelagata in ogni sorta di problema legato ai desideri iperspeculativi di politicanti e costruttori, la sos Fornace si ritrova sotto sgombero da un giorno con l’altro.

Sarà un caso che siano uno dei luoghi principale in cui si andavano aggregando vertenze e precari dell’area della Fiera e dell’Expo. Sarà un caso che non passasse mese senza mobilitazioni e rotture di palle nei confronti dell’incapace management metropolitano. Sarà un caso che Maroni era a Rho per dirimere anche la questione Fiera/Expo proprio due giorni fa. Sarà anche un caso che un bel problema di ordine pubblico offre un’ideale diversivo ai giornalisti per non parlare delle porcate che si faranno per sbloccare l’Expo: terreni che si svendono e si comprano a prezzi assurdi, per poi lasciarli lì a marcire e non perdere il prestigio dell’evento. Bella mossa, ma vecchia come il cucco.

Com’è come non è, domani cominciano i presidi antisgombero alle 5.00 del mattino. E se li buttano fuori sabato in una nuova occupazione si terranno gli Stati Generali che avrebbero dovuto essere altrove (Arci Bellezza). Sapete com’è, le distrazioni con chi ha degli obiettivi concreti non funzionano più di tanto. A la prochaine.

Inter in Wonderland: beneamata caritas

4 Ottobre 2010 3 commenti

Sul pascolo di San Siro arrivano i grufolanti ladri di sempre a strisce bianconere, accolti dal pubblico milanese delle grandi occasioni: più gobbi che interisti sugli spalti, ma i peggiori almeno confinati al terzo blu. Se non si considera il campo ovviamente. Benny schiera la stessa squadra di mercoledì, tutto lo stadio è basito ma apprezza il coraggio. Con il senno di poi capiamo che era l’unica possibilità che aveva: quindi il coraggio della necessità è la tragedia della speranza.

La partita dura 15 minuti, con i nostri eroi da veri condottieri che chiudono la squadra colorblind nella sua area. Le occasioni non sono eclatanti, ma la squadra c’è. Poi tutti paiono pensare che la pausa delle nazionali sia già cominciata. Tutti quelli della squadra che tifo io per lo meno. Polu va sotto Krasic come un tir e subiamo tre azioni da brividi. Anche per i grufolatori impuniti finisce la gara. Ma siccome la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, l’Iguana delle Banlieues si infortuna e tocca vedere in campo il Principe Ranocchio Zoppo. Il Leone, felice come un gatto in una vasca da bagno di acqua bollente, si sposta a sinistra, e magicamente comincia a bersi Grygera in ogni forma e dimensione. Peccato che poi appena alzi la testa per metterla in mezzo nell’area piccola ci sia il vuoto pneumatico, con il Principe ormai nella lista ufficiale dei desaparecidos.

Finisce il primo tempo e tutti pensano lo stesso: ok, bravo elio, bravi tutti, bella squadra, ma segnare, no? A metà dell’intervallo si scalda il Bambino d’Oro: Speedy si è infortunato, Polu va al centro nel suo ruolo (e si vede), e il baby dimostra di essere in rampa per un rientro da titolare a sinistra. Da notare come la presenza di un terzino a sinistra abbia di fatto scaraventato nell’oblio il maradona biondo dei ladri di polli, come già si vide nella doppia sfida con il CSKA l’anno scorso.

Benny nell’intervallo fa un discorso chiaro e senza fronzoli ai suoi uomini: ricordate che noi siamo belli, buoni, bravi, senza macchia e senza paura; più che una squadra di calcio con gli attributi, dobbiamo sembrare una fiera di beneficienza della Caritas; giochiamo a calcio come se fosse uno sport, per vincere c’è sempre tempo. I giocatori lo hanno guardato tutti un po’ basiti, ma il richiamo degli aerei per le proprie case durante la pausa delle nazionali ha tolto lucidità ai draconici protagonisti della scorsa stagione.

Il secondo tempo nonostante la nostra versione Beneamata Caritas vede le due più grandi occasioni nerazzurre: una viene sparata di testa dal Colosso sul portiere, l’altra il Principe Ranocchio Zoppo, dopo un aggancio perfetto, la piazza sul fotografo che staziona al posto dell’arbitro di linea. I venti minuti finali sono uno spot contro il calcio: il Drago che sputacchia fumo e catarro viene lasciato in campo a perdere palloni che rischiano di trasformarsi in contropiedi e a nascondersi dietro i mediocampisti bianconeri per non ricevere il pallone; il Leone si sfava e decide che non si torna oltre la metà campo; Totò abbandonato sulla fascia non sa bene che cazzo fare; il Principe Ranocchio fa venire da piangere come i grandi guerrieri quando li vai a trovare all’ospizio. In panchina il nulla cosmico, o così sembra pensarla Benny. Non succede niente e la beneficienza è fatta: un punto in due gare con due squadre da parte destra della classifica; un punto al posto dei minimo quattro che avremmo dovuto raccogliere a tutti i costi. E il Milan a pari punti. Che merda.

Non facciamo drammi, ancora una volta, però io inizio un po’ a rompermi le gonadi dell’atteggiamento supponente e molle con cui la squadra si presenta in campo, soprattutto contro le avversarie più blasonate. Non vedo la furia e la fame che ho tanto amato dei miei eroi. Benny ancora non ha capito come convincere i suoi giocatori a fare quello che dice lui e non viceversa. E questo, se permettete è un bel problema. Non avevamo un numero così alto di infortunati dai tempi dei sei mesi horribilis del secondo anno di Mancini, dopo Tribai per intenderci. Perché con la squadra spompa a centrocampo non si faccia il terzo cambio è uno dei misteri di fatima. Ricordo a tutti che il calcio non è uno sport: conta vincere; per l’estetica c’è Mediaset; per l’amore per la giustizia c’è Trigoria; noi interisti siamo abituati ad altro. Ora pausa nazionali. Ovviamente, ci sono anche le note positive: il Bambino d’Oro, Totò che fa vedere cose egregie, la conferma di un grande momento di forma del Leone. Ma è un po’ poco. Decisamente troppo poco all’inizio di ottobre.

La Lega dei Citroni: Wurst mit Kartoffeln

30 Settembre 2010 1 commento

La tavola imbandita con la tovaglia buona a stelle nere e campo argento. Le posate raffinate. I bicchieri di cristallo. Il piatto ampio di un bianco splendente. Gli eroi nerazzurri si riaffacciano al salotto buono del calcio da invitati principali, nonostante le tante assenze e le difficoltà di assetto. Benny schiera il Leone prima punta, cosciente che ai carnivori i wurstel con patate non dispiacciono per niente, da buono chef e buon gustaio.

Non ha paura: in campo due baby ancora non pronti per certi palcoscenici ma almeno uno con numeri ancora da esplorare; in campo due baby a coprire anche chi ha mostrato di subire di più le difficoltà del poco rientro dalle prime linee di Leone e soci.

Pochi minuti e proprio il baby nanetto, Totò, si divora un gol di testa, nonostante sia circondato da salsicce giganti e pesanti il doppio di lui. Si vede che anche in Brasile la salsiccia non viene disdegnata, cibo popolare di grande interesse. Poco dopo è l’Olandesina che si fa parare un gol fatto su assist del succitato nanetto.

La tavola si arricchisce di pietanze teutoniche e il momento per l’irruzione del vorace appetito africano è maturo. Due zampate e la partita è finita. A seguire uno stuzzichino anche per l’Olandesina e il dolce per il nostro miglior attaccante: ogni partita da prima punta, due o più gol. C’è da dire che non vede la porta.

Finiamo la partita con il Castello e l’odiato Driblomane (è una battuta eh!) che esordiscono nella competizione e con il rientro del Bambino d’Oro: fine gara con quattro baby in campo e tanta spavalderia.

Non penso si sia mai vista l’Inter fare una scelta del genere, e affrontare una partita in Lega dei Citroni senza il pannolone. Miracoli di Madrid, del Triplete e anche della voglia di dimostrare qualcosa di Benny. Diamo a Ciccio quel che è di Ciccio. Nonostante l’assurdo incaponimento sul modulo tattico. Magari ha ragione lui. Ma magari no. Comunque io esco felice dallo stadio.

Joe Sacco: Gaza, 1956

27 Settembre 2010 1 commento

Il nuovo volume di Joe Sacco pubblicato da Mondadori (dopo Palestina, Neven e Goradze, tutti veramente splendidi) muove dalla ricerca del giornalista e disegnatore di fumetti americano sul massacro compiuto dall’Esercito Israeliano a Gaza nel 1956 dove più di 200 uomini tra i 15 e i 60 anni furono fucilati nelle strade della Striscia di Gaza.

Il libro è meticoloso e interessante, difficilmente tacciabile di una visione volutamente e pregiudizialmente di parte, sempre che questa categoria sia davvero così disprezzabile come i moderni tempi volti all’assassinio della dialettica vorrebbero indicare. Soprattutto rende molto chiaro il processo che dal dopoguerra in poi si è instaurato in quell’area tormentata.

Se qualcuno volesse capire qualcosa del cosiddetto conflitto israelo palestinese (che forse andrebbe indicato con più precisione come “colonizzazione israeliana e rimozione coatta del popolo palestinese) consiglierei vivamente di prendere e leggere questo libro (e il precendente “Palestina”) con attenzione. Perché alla fine non è molto rilevante chi ci fosse su quella terra 2000 anni fa ormai, ma solo che un intero popolo è stato deportato, umiliato, trucidato sulla base di una presunta precedenza dettata dai propri testi religiosi. E tutto perché vivere nello stesso posto sembrava un’idea troppo democratica per essere messa in pratica.

Oggi come oggi – e lo vediamo ancora in come vengono condotti i presunti negoziati e da come vengono costantemente giustificate e decorate le imprese israeliane – la soluzione è praticamente impossibile, ma certo non passa dall’intransigenza che vorrebbe un popolo di oppressi accettare supinamente la propria condizione senza alcuna riserva. E la volontà di Israele di ottenere tutto non ha fatto nient’altro che spingere l’accelerazione sulla disperazione di chi non ha niente da perdere.

Voto: 9