Sul pascolo di San Siro arrivano i grufolanti ladri di sempre a strisce bianconere, accolti dal pubblico milanese delle grandi occasioni: più gobbi che interisti sugli spalti, ma i peggiori almeno confinati al terzo blu. Se non si considera il campo ovviamente. Benny schiera la stessa squadra di mercoledì, tutto lo stadio è basito ma apprezza il coraggio. Con il senno di poi capiamo che era l’unica possibilità che aveva: quindi il coraggio della necessità è la tragedia della speranza.
La partita dura 15 minuti, con i nostri eroi da veri condottieri che chiudono la squadra colorblind nella sua area. Le occasioni non sono eclatanti, ma la squadra c’è. Poi tutti paiono pensare che la pausa delle nazionali sia già cominciata. Tutti quelli della squadra che tifo io per lo meno. Polu va sotto Krasic come un tir e subiamo tre azioni da brividi. Anche per i grufolatori impuniti finisce la gara. Ma siccome la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, l’Iguana delle Banlieues si infortuna e tocca vedere in campo il Principe Ranocchio Zoppo. Il Leone, felice come un gatto in una vasca da bagno di acqua bollente, si sposta a sinistra, e magicamente comincia a bersi Grygera in ogni forma e dimensione. Peccato che poi appena alzi la testa per metterla in mezzo nell’area piccola ci sia il vuoto pneumatico, con il Principe ormai nella lista ufficiale dei desaparecidos.
Finisce il primo tempo e tutti pensano lo stesso: ok, bravo elio, bravi tutti, bella squadra, ma segnare, no? A metà dell’intervallo si scalda il Bambino d’Oro: Speedy si è infortunato, Polu va al centro nel suo ruolo (e si vede), e il baby dimostra di essere in rampa per un rientro da titolare a sinistra. Da notare come la presenza di un terzino a sinistra abbia di fatto scaraventato nell’oblio il maradona biondo dei ladri di polli, come già si vide nella doppia sfida con il CSKA l’anno scorso.
Benny nell’intervallo fa un discorso chiaro e senza fronzoli ai suoi uomini: ricordate che noi siamo belli, buoni, bravi, senza macchia e senza paura; più che una squadra di calcio con gli attributi, dobbiamo sembrare una fiera di beneficienza della Caritas; giochiamo a calcio come se fosse uno sport, per vincere c’è sempre tempo. I giocatori lo hanno guardato tutti un po’ basiti, ma il richiamo degli aerei per le proprie case durante la pausa delle nazionali ha tolto lucidità ai draconici protagonisti della scorsa stagione.
Il secondo tempo nonostante la nostra versione Beneamata Caritas vede le due più grandi occasioni nerazzurre: una viene sparata di testa dal Colosso sul portiere, l’altra il Principe Ranocchio Zoppo, dopo un aggancio perfetto, la piazza sul fotografo che staziona al posto dell’arbitro di linea. I venti minuti finali sono uno spot contro il calcio: il Drago che sputacchia fumo e catarro viene lasciato in campo a perdere palloni che rischiano di trasformarsi in contropiedi e a nascondersi dietro i mediocampisti bianconeri per non ricevere il pallone; il Leone si sfava e decide che non si torna oltre la metà campo; Totò abbandonato sulla fascia non sa bene che cazzo fare; il Principe Ranocchio fa venire da piangere come i grandi guerrieri quando li vai a trovare all’ospizio. In panchina il nulla cosmico, o così sembra pensarla Benny. Non succede niente e la beneficienza è fatta: un punto in due gare con due squadre da parte destra della classifica; un punto al posto dei minimo quattro che avremmo dovuto raccogliere a tutti i costi. E il Milan a pari punti. Che merda.
Non facciamo drammi, ancora una volta, però io inizio un po’ a rompermi le gonadi dell’atteggiamento supponente e molle con cui la squadra si presenta in campo, soprattutto contro le avversarie più blasonate. Non vedo la furia e la fame che ho tanto amato dei miei eroi. Benny ancora non ha capito come convincere i suoi giocatori a fare quello che dice lui e non viceversa. E questo, se permettete è un bel problema. Non avevamo un numero così alto di infortunati dai tempi dei sei mesi horribilis del secondo anno di Mancini, dopo Tribai per intenderci. Perché con la squadra spompa a centrocampo non si faccia il terzo cambio è uno dei misteri di fatima. Ricordo a tutti che il calcio non è uno sport: conta vincere; per l’estetica c’è Mediaset; per l’amore per la giustizia c’è Trigoria; noi interisti siamo abituati ad altro. Ora pausa nazionali. Ovviamente, ci sono anche le note positive: il Bambino d’Oro, Totò che fa vedere cose egregie, la conferma di un grande momento di forma del Leone. Ma è un po’ poco. Decisamente troppo poco all’inizio di ottobre.