Risultato ma brutto gioco

29 Gennaio 2007 1 commento

L'inter porta a casa il risultato, ma con un gioco molto al di sotto delle ultime prestazioni e delle prossime prestazioni che ci attendono. La Samp scende in campo più incazzata che mai, con davanti Del Vecchio, Flachi, Quagliarella che già in coppa Italia ci hanno fatto soffrire non poco.

Dopo sette minuti Del Vecchio si suicida con un gesto stupido quanto inutile (inutile in quanto per stendere Matterazzi per davvero ci vuole ben più di una testata, e in quanto l'unico risultato ottenuto è stato di far giocare i propri in dieci), e la Samp gioca con tutta la foga che ha, mentre l'Inter si siede sulla superiorità numerica. Il campo fa schifo e la squadra non gira troppo, infilando il gol del vantaggio grazie ai guizzi di Ibra.

Maggio è in stato di grazia e fa sfaceli sulla fascia contro Maxwell e in difesa recuperando miracolosamente almeno tre volte su Maicon, fino a quando questo non segna il secondo definitivo gol. Il resto della Samp è tutto cuore e niente piedi. L'inter non c'e' come c'e' in altre serate: Adriano sembra tornato immobile senza palla, anche se ha imparato a fare la seconda punta, Stankovic non trova la porta, Vieira sbaglia 5 passaggi su 6, e in difesa Burdisso e Matterazzi non si trovano come in altre partite. Ci aiuta il cinismo e due gol secchi, che ci fanno portare a casa la quattordicesima vittoria, ma ci vorrà qualcosa di più di questo domenica prossima.

 

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Against the Day Synopsis (2.5 – 2.6)

27 Gennaio 2007 Commenti chiusi

2.5

Ritroviamo Lew Basnight, inviato a Denver, Colorado, all'inseguimento di anarchici e dinamitardi vari, in particolare del Kieselgur Kid.

I dubbi di Lew, nell'isolamento del lavoro a Denver si moltiplicano, fino a fargli sviluppare un onestissimo sentimento antiborghese (“ogni tanto si è trovato a pensare di prendere un qualsiasi surrogato dinamitardo, che ne so una bella pila di merda di cavallo ghiacciata, e di scagliarla in testa al primo cappello di seta o bel vestito che si veda passare di fronte”). Tutto questo mentre si rende conto che i proprietari cominciano a pagare armamenti a gruppi di “onesti cittadini” che vogliono difendere i loro posti di lavoro, che tra gli anarchici di Denver ci sono i peggiori strikebreaker di altre regioni, anche se nella sua naivete liquida il fatto con un laconico “Strano”…

Fino a che un giorno Lew non incontra un gruppo di appartenenti al Ku Klux Klan, da cui si salva quando dice di essere un uomo del locale proprietario minerario e ricevendone in risposta l'apprezzamento e i nomi dei partecipanti al gruppo di picchiatori prezzolati nascosti sotto i cappucci a punta. Quando rientra al suo ufficio, Nate Privett, il suo capo, è seduto di fronte alla sua scrivania, per licenziarlo.

Quando scende al saloon, i suoi dubbi sono sempre meno dubbi, e incontra quello che lui interpreta come una delle persone che si fanno chiamare Kieselgur Kid, che lo apostrofa come “Brother Lew”, con il quale intrattiene un interessante discussione circa la giustizia e l'innocenza.

Dopo quell'episodio Lew si dà alla dinamite, e maneggiando del PETN (un certo tipo di esplosivo) ne scopre le potenzialità psichedeliche, e entrando in risonanza con le esplosioni (presagendole addirittura). Una notte mentre sta pisciando si trova di fronte un candelotto che sta per esplodere e per salvarsi si getta in mezzo all'esplosione (nel vuoto che si crea nel punto di detonazione). Si salva ma si ritrova quasi seppellito da due inglesi freakkettoni e strippati che quando lo scoprono essere ancora vivo, lo immaginano un entità del destino. Ancora di più quando in mezzo al deserto e alle rovine degli Anasazi Nigel e Neville fanno a Lew i tarcocchi, incontrando solo e sempre l'appeso. I due inglesi decidono di tornare in Inghilterra, portandosi dietro Lew Basnight, proprio nel giorno in cui un uragano colpisce Galveston facendo 6000 vittime: Lew è affranto per le morti, mentre i due inglesi gli ricordano che in India succede tutti i giorni.

2.6

La famiglia di Webb Traverse, una volta che i tre figli maschi lasciano il nido, non regge l'urto. Lake, l'unica figlia, sceglie la via del mestiere più antico del mondo e Webb la caccia di casa. Maysa non riesce ad abbandonare la figlia al proprio destino e la segue.

Webb, lasciato solo da tutta la famiglia può dedicarsi all'unica cosa che ama (come giustamente valuta Lake), l'attività sindacale.

L'ambiente anarchico però è ormai ripieno di opportunisti e doppiogiochisti prezzolati, come Sloat, il ragazzino su cui Webb trasferisce il suo rodato istinto paterno.

Sloat e il suo socio, Deuce Kindred, pagati dalla lega dei padroni locali, attirano Webb in un'imboscata, massacrandolo di botte e torturandolo fino alla morte, un destino fin troppo tipico degli attivisti tra fine 800 e inizio 900.

 

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Voltaire, il pensiero unico, il revisionismo e il reato di opinione

26 Gennaio 2007 1 commento

 

In questi giorni in occasione dell'imminente arrivo della Giornata della Memoria (arrivo imminente tutti gli anni in ogni caso, trattandosi di scadenza annuale) il Governo vara l'ennesima manovra diversiva, come ormai fa per consuetudine dall'inizio della legislatura, presentando sul piatto sempre due o più progetti per volta, uno dei quali ad alta risonanza mediatica, mirato a distogliere l'attenzione dalle misure economiche degli altri. In questi giorni il tema specchietto però, al contrario che in precendenti occasioni, vale la pena di una discussione. E non perché commentare sui progetti di allargamento della base di Sigonella (oltre che quella in quel di Vicenza) che strappano a Parisi la inquietante affermazione secondo la quale la costruzione di case per i propri soldati fa parte del pieno e legittimo operare della forza americana in territorio italiano (cioé questi possono costruire case dove cazzo gli pare?), oppure sulla nomina di Pollari a consigliere di Stato (dopo tutto il macello estivo orchestrato non si sa ancora bene da chi e per quali fini e per colpire chi…), o ancora sulle liberalizzazioni o sul problema del sistema scolastico italiano ormai preda del ridicolo, non siano argomenti interessanti, ma perché  il DDL Mastella è l'occasione da un lato per parlare di storia e dell'approccio mistificatore nei confronti della stess, e dall'altro per parlare di un problema lievemente inquietante come quello del reato di opinione.

Il DDL Mastella al momento in discussione è partito da un favore esplicito per accattivarsi la comunità ebraica da parte della sinistra al Governo: condannare ogni tesi negazionista dell'Olocausto. Lungo l'iter nel consiglio dei ministri la cosiddetta sinistra massimalista (termine che un po' mi lascia perplesso considerato che si parla di MINISTRI, però in Italia abbiamo avuto anceh Castelli e Gasparri ministri, per cui in effetti forse non dovrei stupirmi) ha ottenuto di trasformarlo in una norma che "santifica" la Resistenza e condanna ogni forma di nazifascismo come un reato. 

La destra grida allo scandalo, perché le simpatie della comunità ebraica in Italia fanno comodo a tutti, ma la Resistenza rimane ancora inspiegabilmente un tabù per buona parte della Destra (tanto che siamo costretti a sentire i triti e ritriti argomenti circa le "stragi" che i partigiani hanno fatto degli "anticomuisti", le manfrine sulle foibe e via dicendo).

Ora si pongono diversi problemi: il primo problema riguarda la necessità di un'ulteriore legge quando la Costituzione già prevede che i rigurgiti neofascisti siano di fatto perseguibili. Ora viene spontaneo chiedersi perché si tollerino e finanzino i progetti neofascisti in mezza italia, accettandoli addirittura nella coalizione che avrebbe potuto governare (Fiamma Tricolore nella casa delle libertà alle ultime elezioni), e poi si faccia tutto questo can can in consiglio dei ministri. La cosa puzza più del necessario, e infatti personalmente penso che dietro al DDL ci sia oltre a una manovra "captatio benevolentiae" verso la comunità ebraica, un certo livello di incuccio economico (infatti il DDL prevede nel suo ultimo punto l'eliminazione dei limiti di reddito per i rifugiati politici…. mhhhhh) e soprattutto un'operazione più vasta di intervento nel campo del reato di opinione, da tempo ormai più pericoloso di qualsiasi reato di criminalità ordinaria per governi e stati basati sempre di più non solo sullo spettacolo (questo ya fue) ma sulla materiale manipolazione dell'opinione comune come esercito silenzioso.

Ovviamente sarebbe veramente fuori luogo che io mi dichiarassi improvvisamente voltairiano (non lo sono MAI stato, neanche nel senso buono) e continuo a pensare che la giusta risposta nei confronti di nazifascismo e razzismo sia il contrasto attivo e senza mediazione, ma rimango perplesso rispetto all'assenza di dibattito circa l'introduzione del reato di opinione in senso penale in una forma così plateale. Traduciamo: la Resistenza è un valore indiscutibile e il fatto che FI e compagnia varia si sbracci così mi fa sorridere di un ghigno soddisfatto, perché da un lato espone la sua base cripto revisionista e benpensante, e dall'altro significa che la destra è abbastanza infastidita da questa "riabilitazione" della storia italiana, con tutto il lavoro che hanno fatto negli scorsi anni per demolirla. D'altro canto però la possibilità che questa moda di giudicare quello che dico come una possibile fonte di reato sia quantomeno pericoloso: anche perché non è difficile ricordare come un qualsiasi attacco politico a Israele sia stato bollato come antisemita (ultimo anche Il Migliorista che ha dichiarato "No all'antisemitismo anche quando camuffato da antisionismo"), piuttosto che ogni sostegno a cose ritenute moralmente (non eticamente) riprovevoli sia stato equiparato a una sorta di favoreggiamento. 

La posizione scomoda in cui rischiamo di trovarci è quella di dover fare una campagna sulla libertà di espressione sulla possibilità dei nazifascisti di dire che l'olocausto non è mai esistito, per poter poi intervenire e spazzarli dalla faccia della terra. Una posizione interessante per fare polemica ma abbastanza difficile da sostenere. Forse se le sinistre italiane fossero state capace da più tempo di difendere non solo politicamente ma anche culturalmente i valori e la storia della Resistenza, oggi non sarebbero costretti a questa mossa di immagine con implicazioni abbastanza preoccupanti dal punto di vista della restrizione della libertà di espressione per tutti. Come al solito in ritardo, come al solito inadeguatamente, come al solito senza alcuna prospettiva se non quella del contentino qui, contentino lì.

 

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Finestra di attenzione, cronologia, storia

25 Gennaio 2007 Commenti chiusi

Esiste parecchia discussione in merito all'effetto del digitale sulla dimensione dell'attenzione, del racconto, della capacità di interazione con l'informazione. VirtualEconomics, in controtendenza, cerca di argomentare come l'arrivo della larga banda nelle tecnologie di comunicazione abbia influito sulla nostra capacità di focalizzazione dell'attenzione ampliandola, ovvero facendo passare la percezione del mondo da una dimensione episodica a  una dimensione complessa e più continua.

Io a dire il vero è parecchio tempo che rifletto su questo aspetto del moderno, e l'argomentazione del sito americano mi sembrano un po' una funambolica arrampicata sugli specchi. La mia sensazione, basata in primo luogo sul mio modo di percepire le cose, è che l'uomo moderno, l'uomo tecnologico abbia assolutamente perso la capacità di percepire la densità nella sua forma più immediata e irrazionale, che non abbia più la capacità di cogliere se non il particolare, il minuto. La parcellizzazione, la molecolarizzazione di quanto ci viene presentato ai sensi come la realtà, ci ha resi inabili di fronte al generale, al sublime di romantica memoria.

Questa dimensione ha aspetti interessanti, ma anche risvolti terribili: se da un lato ci offre una possibilità di interconnessione tra i quanti di realtà che fino sarebbe stato difficile immaginare anche solo vent'anni fa, una minuziosa capacità di controllo degli aspetti della nostra percezione e rappresentazione, dall'altro sottrae ai nostri tempi la capacità di essere epoca, di essere storia nel senso più monumentale e sociale del termine. Non siamo in grado di immaginare la storia, di raccontarla, a fronte di una immane capacità di rappresentare la cronologia degli eventi.

La differenza tra il moderno digitale e l'epoca predigitale sta tutta qui: nella capacità di rappresentare gli eventi in un grosso affresco complesso di fronte alla possibilità di raccontarne il più piccolo dettaglio senza essere in grado di veicolare quegli aspetti non quantitativi che esercitano il fascino.

 

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Categorie:storia e memoria Tag:

Archiviato il primo set con la Samp

25 Gennaio 2007 Commenti chiusi

Entriamo in campo un po' deconcentrati, con Mariano Gonzales al posto di Ibra, ma dietro di lui uno splendido Figo con i piedi di velluto. Grosso ormai completamente recuperato sembra quello del mondiale, Burdisso è una garanzia, Cordoba e Samuel due mastini dai denti a sciabola, Dacourt e Zanetti due muri. Nei primi dieci minuti giochiamo male, poi tra il 10' e il 30' chiudiamo la partita d'autorità.

A quel punto altri 15 minuti di Samp, che però ha solo tre giocatori buoni (Del Vecchio, Flachi e Quagliarella) e qualche giovane che si sbatte ma che non di più non può. Al rientro nel secondo tempo gestiamo la palla e chiudiamo la partita con il terzo gol. 

Nota positiva: si rivede in campo Cruz che ha dieci minuti nelle gambe ma che è un rientro importantissimo per i nerazzurri; Grosso è di nuovo lui; Figo quando c'è cambia la partita da così a cosà.

Nota negativa: Mariano Gonzales è un bravo ragazzo e corre un casino, ma non è all'altezza del resto dell'Inter. Almeno per ora. Speriamo cresca.

PS: il rigore c'era ed era grande come una casa.

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La luce di Milano prima della pioggia

24 Gennaio 2007 4 commenti

In previsione dell'uscita di Monocromatica, settimana prossima, e dei post che vorrei fare su questo blog di "orientamento" all'interno del romanzo, oggi volevo dilettarmi nel fare alcune foto. Purtroppo il clima mi è ostile e ha deciso di piovere cinque minuti sì e cinque minuti no, con il caso affermativo corrispondente a quando metto il naso fuori di casa. Sono stato costretto a rivoluzionare il mio programma per la giornata, ma non mi sono voluto negare la soddisfazione di fotografare Milano appena prima della pioggia, una luce strana che è difficile definire, a metà tra l'oscurità che precede un temporale e il taglio innaturale che le giornate di Milano hanno perpetuamente, come una specie di filtro fisso davanti all'obiettivo della macchina fotografica. La foto è solo appena ritoccata perché oggi è una pioggerellina più fastidiosa che degna del proprio nome, e di conseguenza anche l'effetto sulla luce è relativamente limitato.


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La devastazione à la mode

24 Gennaio 2007 1 commento

 

Come volevasi dimostrare, aperte le danze da Avellino-Napoli di un paio di anni fa e dalla sentenza dell'11 marzo, l'art 419 del codice penale, altrimenti noto come "devastazione e saccheggio" diventa l'asso piglia tutto del meccanismo repressivo italiano. In assenza della capacità di affrontare conflitti e situazioni di ordine pubblico in altro modo, le autorità italiane varano la loro versione dell'approccio americano law and order.

La notizia di oggi è infatti che 7 tifosi della Salernitana sono accusati di devastazione e saccheggio in relazione agli episodi della partita Avellino-Salernitana del 5 novembre scorso (quella su cui si fa tutta la manfrina pietosa del poliziotto colpito da una bomba carta che rischia la vita per 7 euro di straordinario, come se glielo avesse ordinato il medico…)

La saga continua, e in assenza di un movimento capace di affermare politicamente con forza l'impossibilità dell'uso di questo articolo del codice penale (in generale, gli articoli del codice che riguardano situazioni di guerra non dovrebbero essere nemmeno presi in considerazione in tempi di pace… ops, ma forse non siamo in tempi di pace ma nessuno ce lo dice tranne la solerte magistratura…) ci tocca affidarci alla speranza che chi sta muovendosi per riscrivere il codice penale (risalente al 1931, ricordiamo per chi avesse la memoria corta) faccia scempio di tutti i reati come questo e come i reati associativi (vera aberrazione a senso unico del nostro codice, nel senso che colpiscono solo chi non fa parte della classe dirigente, gli unici veri associati che andrebbero un po' bastonati (ah, il piglio giustizialista! :))

Nel frattempo, mentre riesco ancora a stupirmi di fronte ai titoli del Corriere Milano ("Carabiniere a riposo ferma rapinatore" intendendo con rapina il furto di vestiti per un totale di meno di 200 euro, rapina che ricordo prevede una pena da 4 a 6 anni…), vi rimando al dossier che abbiamo scritto dopo la sentenza per i fatti dell'11 marzo 🙁 

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Against the Day Synopsis (2.1 – 2.4)

23 Gennaio 2007 3 commenti

2.1

L'Inconvenience si mette all'inseguimento della spedizione a bordo della Etienne-Louis Malus, mancandola di un soffio, ma incappando nella nave della nemesi del Dr. Randolph St. Cosmo, il capitano Igor Padzhitnoff a bordo della sua Bol'shaia Igra.

Nel frattempo familiarizziamo con i componenti della spedizione Vormance incastrati in una città chiusa in infinite lastri di ghiaccio verde: Dr. Vormance, Dr. Ganesh, un quartionista, Dr. Dodge Flannelette e il giovane Fleetwood Vibe, figlio del magnate di Wall Street e criminale di massimo calibro Scarsdale Vibe. Al gruppo si aggiungono una serie di scienziati minori e Hunter Penhallow, nipote di una delle prime colone del posto, Constance Penhallow, le cui fortune si dovevano ai loro appezzamenti minerari di spato islandese. I Penhallow si separano con dolore, conservando ognuno la consapevolezza della natura vivente del ghiaccio, unico loro famiglio e famigliare.

2.2

Infine la spedizione Vormance viene raggiunta dalla ciurma della Inconvenience e avvisata del terribile, mortale pericolo che stanno correndo a rimanere in una zona di emergenza dichiarata su tutto l'artide.

La spedizione non sembra impressionata, ma viceversa rimane ipnotizzata dall'altra rivelazione che viene loro presentata dai Chums of Chance: la spedizione è accampata su uno scampolo di roccia in mezzo al ghiaccio, chiamato dagli eschimesi Nunatak, ovvero una montagna che è così alta da bucare lo strato di ghiaccio, e che alberga uno spirito guardiano. Attraverso gli apparati eterici della Inconvenience, all'interno del Nunatak la spedizione vede una figura umanoide, serpentiforme, di fattezze mongoloidi, circondata da iscrizioni antiche.

Gli esploratori decidono di recuperare la scoperta e si danno da fare per calarsi all'interno del Nunatak estraendone una grossa pietra vivente che essi pensano essere un meteorite. Con grande fatica riescono a caricarla sulla propria barca, e prima di partire, da Nord, vedono arrivare una figura vestita di pelli di orso polare, che un membro della spedizione riconosce come uno sciamano artico dotato del potere di chiaroveggenza e dell'ubiquità: lo sciamano predice loro un futuro di distruzione e morte, per mano di creature sovrumane alle quali l'umanità sarà schiava. Pare riferirsi a ciò che gli esploratori hanno trovato.

La spedizione rientra in città portando nella stiva della sua nave il meteorite-Nunatak-creatura, che quando arriva in città si libera dicendo “La luce antropomorfa non vi salverà, il fuoco è sempre stato il vostro destino, figli miei!”.

Fleetwood Vibe, che redige in forma di diario successivamente agli eventi questo capitolo, lascia solo una breve testimonianza della città nel caos, durante un incendio di vaste proporzioni.

Il flash-forward del paragrafo finale del capitolo ci porta a un Fleetwood Vibe ormai più vecchio che discorre con altri bianchi all'Explorers Club di una città sudafricana, nel tentativo di far comprendere loro come gli esseri umani stiano venendo sterminati da creature venute da un altro mondo, dati in pasto gli uni agli altri. Altri bianchi progressisti prendono le parole del vecchio Generale come una metafora per riferirsi a creature sovrumane come le Corporation Americane, ma il Generale 'Wood, ricordando i giorni della spedizione artica e il ritorno in città, le fiamme e la luce antropomorfa, sfotte i suoi compagni di discussione sottolineando come lui si riferisse proprio fisicamente a creature ultraterrene.

2.3

Vediamo da un'altra prospettiva l'arrivo della creatura nella grande città, la distruzione provocata dall'incendio di tutta la città, il panico, la fuga generalizzata.

Mentre tutto questo accade Hunter Penallow, custode dei segreti del ghiaccio (o forse la creatura stessa?) lascia la città in compagnia di una famiglia sulla carrozza della quale gli viene offerto asilo.

2.4

Intanto Kit Traverse si è iscritto a Yale con i soldi di Scarsdale Vibe, che scopriamo investire in talenti esterni alla famiglia considerato il valore quantomeno nullo della progenie generata (“E' la vecchia maledizione di tutti i capitalisti – le attitudini che contano di più, come il fiuto per gli affari, non possono essere tramandati!”).

Kit Traverse incontra per la prima volta Scarsdale e rifiuta la proposta del suo patrono di diventare il suo successore negli affari, giustificandosi con la sua scarsa conoscenza di come i soldi siano arrivati nelle tasche di Vibe e soprattutto di quali problemi si dovrebbero affrontare per risolvere le diatribe connesse a quell'arrivo. Scarsdale quindi gli chiede che cosa intende fare.

Mentre Kit cerca una risposta esploriamo la famiglia Vibe: Colfax, compagno di college di Kit, è uno spaccone tutto sport e niente cervello, che continua a canzonare il giovane Traverse per la sua poca attitudine alla seduzione, ricevendo in cambio un sarcasmo tanto semplice quanto inefficace per le sue doti limitate. Il secondogenito Cragmont è fuggito con una trapezista, ricomparendo solo per celebrare il suo dilapidario matrimonio su un trapezio con tutti gli ospiti. Il terzogenito Fleetwood si dedica all'esplorazioni, principalmente in Africa (ne intravediamo una parte nella quale salva un ebreo che sta cercando il luogo in cui fondare la terra di Zion dalla carica di un elefante (definito antisemita per la sua intenzione di spappolare l'ebreo in questione)).

In un piccolo flashback vediamo Kit Traverse invitato nella magione della famiglia Vibe, dove il secondo piano è abitato da qualcuno della famiglia che nessuno nomina, e visitato solo dai domestici. Si scoprirà essere Fleetwood brevemente di ritorno dall'Africa che mette Kit a parte della sua ricerca spirituale per qualcosa che trascenda l'esplorazione materiale.

Nella stessa visita Kit è anche assalito dalla cugina di Colfax (Dittany Vibe), figlia di un fratello di Scarsdale, R. Wilshire Vibe, scrittore di operette tra le cui interpreti si annovera anche la moglie del magnate (Edwarda, detta Eddie, con la quale quest'ultimo vive una vita comune ma completamente aliena). Dittany riesce a coinvolgere Kit nei suoi giochi sadomaso, lasciandolo un po' nell'imbarazzo di capir come gestirsi la cosa con il suo compagno di camera a Yale (che probabilmente ha architettato tutto).

In un ulteriore flashback difficile da collocare temporalmente troviamo Fleetwood Vibe in Sudafrica, che ha fatto fortuna investendo i soldi nei suggerimenti dell'ebreo che ha salvato dall'elefante, e che coglie uno schiavo che ruba un diamante, costringendolo a buttarsi dentro un pozzo minerario profondo mille metri. L'esperienza dell'omicidio gli schiude le porte della comprensione di come ogni guadagno si fondi su uno (o più) assassinii, lo espone a una vera e propria trance mistica, durante la quale decide di partecipare alla spedizione di Alden Vormance (di cui abbiamo già narrato nei precedenti paragrafi).

 

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Categorie:pagine e parole Tag:

I fratelli Coen meglio dei veggenti

22 Gennaio 2007 Commenti chiusi

L'ho trovato su virtualeconomics, ma mi ha fatto talmente pisciare addosso dal ridere che non sarebbe giusto non condividerlo, pensando al titolo del Time di quest'anno ("You.")

 

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Categorie:cinema, jet tech Tag:

Inarrestabili. Punto.

21 Gennaio 2007 15 commenti

Prandelli viene a Milano con 5 centrocampisti incontristi, 4 difensori e schiera come sola punta Toni: per chi non sapesse leggere l'italiano significa, tutti a imbrigliare il gioco e speriamo che con un contropiede o un lancio a scavalcare il centrocampo san Toni ci faccia il miracolo.  Un impostazione tattica che per noi significava solo dover giocare normalmente per vedere Dainelli, Potenza e company soccombere inesorabilmente. 

Fuori Julio Cesar all'ultimo momento per problemi alla schiena, in campo c'è Toldo, ex portiere e bandiera viola, che si divide con Materazzi e Burdisso (100% ciascuno) l'unico errore della partita che ci costa il gol a 5 minuti dal fischio d'inizio. Per il resto la fiorentina colleziona 1 tiro in bocca a Toldo e due tiri di tre metri sopra la traversa. Il merito viola sta tutto qui.

L'inter dilaga per 90 minuti: a centrocampo Cambiasso dirige tutti senza lasciare che le assenze di Vieira (irriconoscibile oggi) e le spacconate di Maxwell/Maicon causino danni; Stankovic è ovunque, tutto grinta serba; Dietro dopo un po' di empasse Matrix e Burdisso si capiscono ed erigono un muro, anche se con Toni e Bazzini volano quintali di calci gratuiti (in entrambe le direzioni); davanti Ibra fa numeri su numeri di prestidigitazione podale, e Adriano sembra essere tornato a essere un giocatore (una punizione perfetta e un assist millimetrico per il piatto imprendibile di Deki).

Le note stonate sono: lo striscione della Nord "Ronaldo come i nomadi, via da Milano", inaccettabile; Morganti che non è all'altezza di arbitrare in serie A (ma non certo a favore dei viola, nonostanti Corvino e Prandelli provino a far credere il contrario); Dainelli che dovrebbe essere regalato alla Cavese.

Bello uscire da San Siro con la sensazione di aver meritato tutto. 

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