Archivio

Archivio autore

Libertà di coscienza? Libertà di fascismo!

9 Febbraio 2009 14 commenti

 

UPDATE: Se esiste un dio laico, oggi si è manifestato. Eluana è morta, mentre nelle aule di un Parlamento bulgarizzato si cercava di usarla per i propri scopi politici. Adesso da un lato si sprecheranno le frasi di circostanza come quelle di Sacconi in Parlamento che ha avuto il coraggio di dire che "ha sempre rispettato le decisioni del padre di Eluana", dall’altro i dietrofront e le ritirate dalla battaglia contro l’attacco che Berlusconi ha voluto portare alla nostra democrazia. Adesso tutto tornerà sommesso e tutti torneranno a fare finta di niente. Come sempre senza spina dorsale. Come sempre senza pudore e senza dignità.

Riprendo la parola sul caso Eluana e su quello che sta succedendo in Italia. Il mio stomaco è colmo di fiele e l’espressione di Roberto mi ha fatto tornare in gola il sapore acido e amaro di quello che provo e della violenza che mi ispira – e che dovrebbe ispirare molti oggi che invece stanno in silenzio o peggio non riescono a provare neanche questo: rabbia, dolore, odio. Che chiama odio, per certo.

Leggo i giornali, ascolto la radio, guardo il telegiornale e sento la stessa cosa. Odio. Disprezzo. Sgomento. La violenza delle parole e delle opinioni. L’ignavia della volontà. Guardo al paese in cui vivo e mi chiedo come sia possibile buttare in mezzo alla piazza una decisione così privata: se io fossi in punto di morte o in uno stato anche lontanamente paragonabile a quello di Eluana vorrei che fosse chi mi ha amato a decidere di quello che mi deve accadere, e vorrei che decidesse di lasciarmi libera. Questa è l’unica libertà che conta. E’ una verità tanto elementare che i fiumi di parole spesi in questi giorni sono un insulto a questa banalità. 

Ma la rabbia non nasce tanto da questo, quanto da tutto il resto. Da quasi un anno ci barcameniamo in mano a una dittatura formale che ha di fatto annullato la separazione dei poteri che da qualche secolo differenzia la democrazia da altre forme di governo e di vita collettiva dal punto di vista politico. Una dittatura formale che può crescere ed autoalimentarsi grazie alla stupidità e all’inerzia di chi l’ha preceduta. In due anni solo due cazzo di cose doveva fare un governo di sinistra: una legge sul conflitto di interessi e una riforma della legge elettorale per ripristinare le preferenze e consentire alle persone di scegliere chi votare (e se lo devo dire io che non voto praticamente per principio… siamo alle cozze). Invece mesi a parlare del nulla, a scassare le palle ai precari e ai poveracci, a rifarsi la cipria per camuffarsi da persone per bene che con la sinistra come la presentano alla televisione non c’entrano nulla. Un branco di poveracci malati di un grave complesso di inferiorità, bambini troppo cresciuti e con in mano un potere che fa più male che bene, affetti dal disperato bisogno di essere accettati dall’estabilishment come parte in causa, non importa a quale prezzo etico o politico. E grazie a questi mentecatti ci ritroviamo con un Parlamento che non serve a nulla se non a ratificare quello che vuole il Governo, e con un Governo che vuole eliminare la Magistratura (non penso di dover dare dei dati in proposito, no?) e ridurre il resto delle istituzioni a mera funzione di ratifica. Una monarchia elettiva, con a capo un pezzo di merda. Perché poi di questo stiamo parlando. Intorno il silenzio.

Tutti zitti. Tutti lì a fare finta di essere dei bravi cittadini che otterrano tutto con il dialogo con il Mostro. Il Mostro morde, brutti deficienti e non so se vi hanno raccontato le favole da piccoli, ma al Mostro l’Eroe non ha mai detto: senti io capisco le tue ragioni parliamone nella tua tana, lascio qui l’armatura e la spada… Tutti zitti. Tutti zitti e accondiscendenti per non essere tacciati di essere contro. Ma chi se ne frega. Sono contro. Molti sono contro tutto quello che sta accadendo. Non ve ne accorgete? No, perché vivete con i vostri stipendi lautamente immeritati, remoti e alieni alla realtà se non quella ovattata che vi costruite intorno. 

E di fronte all’attacco frontale al modo in cui la nostra claudicante democrazia ha finora funzionato (peggio di quanto vorrei, meglio di quanto sarebbe se lasciassimo mano libera a chi governa in questo momento), che cosa fanno tutti? Non parlano del passaggio a una dittatura sostanziale, del fatto che la riforma di cui ora non si parla ma che verrà votata un minuto dopo la legge sul caso Englaro impone alla Magistratura di sottostare alle bizze della Polizia che diventa l’unica depositaria delle decisioni in merito alle indagini, oppure del fatto che il DDL sul caso è senza precedenti perché vuole essere una legge che blocca una decisione del potere giudiziario (come succedeva quando il Parlamento non esisteva e esistevano solo i Re e le Regine). No. Parlano di libertà di coscienza.

Ma quale libertà di coscienza, brutti imbecilli. Quale libertà. Mostrate un po’ di spina dorsale, o levatevi di mezzo e lasciate che sia un governo di un partito unico. Così nessuno potrà fare finta che ci sia qualcosa di diverso tra quanto stiamo vivendo oggi e quanto l’Italia ha già vissuto novanta anni fa. Chi non ha memoria non ha futuro. Brutti maledetti imbecilli privi di coraggio e di intelligenza. 

 

I problemi della scuola – parte seconda

9 Febbraio 2009 13 commenti

 

Continuiamo a narrare i problemi della scuola italiana, visti a partire dalla vita vissuta e non come per il nostro Ministro Gelmini a partire dai pregiudizi che ci hanno inculcato e dalle necessità "politiche" del proprio leader (e forse non solo leader… stando a qualche intercettazione piccante).

E’ tempo di scrutini del primo quadrimestre e di presentazione della scuola alle famiglie per l’iscrizione.
Tanto per cominciare agli scrutini il Dirigente non si presenta. Già vi ho raccontato come il Dirigente della mia scuola pare l’esempio perfetto dello statalismo che attira gli strali di Brunetta e ne sancisce il successo. Per pararsi il culo – come è maestro nel fare – ha però fatto consegnare ai coordinatori di classe una delega scritta, in modo da essere formalmente ineccepibile (visto che all’ultimo Collegio Docenti qualcuno ha fatto notare che può sì delegare alcune funzioni ma deve farlo per iscritto). In ogni caso immaginate voi cosa conosce della sua scuola un Dirigente che non va agli scrutini: come farà a sapere quali sono le situazioni problematiche? Per sentito dire? E a giudicare il rapporto tra colleghi o come procede l’attività didattica? Chi lo sa… D’altronde un Dirigente prende 3000 euro al mese per essere "responsabile" della scuola, ma forse sono pochi per fare qualche pomeriggio al mese a capire che aria tira nelle varie classi.
In compenso le pagelle non potranno essere consegnate alle famiglie, consuetudine di lunga data, perché sono documenti ufficiali e non possono uscire dalla scuola. Bene, dirà qualcuno, allora si facciano delle fotocopie e via, no? No. Costano troppo e la scuola non se le può permettere (1000 fotocopie, a 2 cents l’una fanno 20 euro!). Eccheccazzo! Il mondo al contrario.
Passiamo alla presentazione della scuola. Il tira e molla con il Dirigente è durato per una settimana: lui voleva farla in orario di lezione; i docenti, coscienti del fatto che durante l’orario di lezione le famiglie LAVORANO, volevano farle una sera. Il Dirigente dopo essere stato pregato in cinese ha acconsentito ad autorizzare gli straordinari dei bidelli con il monito minaccioso: se succede qualcosa, pagate voi docenti di tasca vostra, perché tutto ciò è fuori regole! Tradotto: non gliene frega niente di presentare la scuola e cercare di salvarla – dato che la maggior parte delle famiglie vorrebbe iscrivere i figli alla vicina scuola di Affori (strano no? Visto che lì funziona tutto così bene!) – ma non vuole rotture di scatole che lo disturbino dalla sua occupazione preferita: i nipotini!
Ormai io spero vivamente che i suoi nipotini finiscano nelle grinfie dei Latin Kings che fanno il bello e il cattivo tempo nella scuola dove andranno a studiare. Così quando la sua ignavia gli si ritorcerà contro, forse si renderà conto di quanti danni ha fatto nel suo piccolo alla scuola italiana e milanese in particolare. Sarà che in questi giorni ho il dente avvelenato, ma la pazienza volge al termine!

PS Ovviamente sui nipotini ai Latin Kings scherzo, che spero non siano dei pischelli a scontare le antipatie che ispira il proprio nonno. Lo scrivo dato che questo blog è giunto alle orecchie di alcuni colleghi e già intuisco come andrà a finire. Che magicamente sono l’unico a pensare quello che ho scritto e che verrà "ostracizzato" per aver lavato i panni sporchi in pubblico. Same old story…

 

Categorie:concrete, cose dall'altromondo Tag:

Strano

8 Febbraio 2009 2 commenti

 

Mourinho definisce strano l’arbitraggio una volta di più subito dall’Inter. Visto che di una partita conclusa con tre fichi contro zero non si può parlare a lungo, se non per una mezz’oretta centrale un po’ difensivista dei nerazzurri che però hanno largamente meritato, allora parliamo di uno dei miei argomenti più gettonati: gli arbitri. E’ strano in effetti che Ibra per un fallo che ai nostri cugini per ben due volte ha fruttato un rigore da tre punti venga ammonito; è strano che Caserta reo di almeno due falli da dietro molto peggio del "solito" Muntari non abbia visto manco un giallo; è strano che invece durante Milan-Reggina (in cui a onor del vero è stato annullato un gol regolare secondo l’interpretazione colliniana della volontarietà o meno dei falli di mano – che per me dovrebbero essere sempre sanzionati a meno di cataclismi) Flamini faccia due entratacce mortali e non venga neanche ammonito; è strano che Pato e Ariatti possano mandare a fare in culo l’arbitro ripetutamente impunemente, mentre per Balotelli basti mettersi davanti al pallone per ricevere l’ammonizione che gli costa la diffida al derby (peraltro cercata secondo me).

Julio Cesar si rifà della papera con il Torino che lo aveva lasciato affranto con almeno una parata decisiva, anche se la partita sarebbe finita comunque con i tre punti in saccoccia della Beneamata. Santon si conferma ottimo in fase propositiva e ancora un po’ naif in fase difensiva, ma se non si gioca, non si impara. Dall’altro lato Maicon è meno dirompente che prima della pausa natalizia, speriamo sia in piena forma tra due settimane. Al centro Burdisso e Matrix non danno le stesse certezze di Samuel e un difensore qualsiasi a vostra scelta, ma oggi non si fanno mettere in mezzo più di tanto.
Il centrocampo viceversa a Lecce non è pervenuto molto, tanto che spesso le squadre (entrambe) davano la sensazione di evitare le zone che non fossero attacco e difesa. Il Cuchu ha imbroccato una palla in tutta la partita, quella dell’assist per il primo gol, che non è poco, ma da lui ci si aspetta di più. Zanetti anche lui non è in giornata di grazia mentre Muntari e Stankovic fanno faville, il serbo in una condizione che ricorda quella della prima parte del 2006-2007. Figo conferma che da fermo è un gran giocatore: peccato che il calcio si giochi su un campo di 100 metri per 50, o giù di lì.
Davanti Ibra dimostra una volta di più che i suoi giorni sì sono i giorni no per chiunque gli stia di fronte. Lui è quello che deve fare il salto di qualità tra due settimane. Sperem.

A parte le stranezze, non c’è nulla di strano nel godersi questo meno otto dei cugini e quantomeno meno sette dei gobbi schifosi. C’è solo un Walter Zenga, ricordiamolo. Peraltro mi verrebbe da chiudere con una bella frase del Mou in conferenza stampa, che mi ha ricordato quella dedicata ai gobbi due settimane prima del big match contro di loro: "Domanda: Mister il Milan non le sembra la rivale più accreditata con tutta quella qualità? Risposta: il Milan bene… Pato bene, Becks bene… Kakà bene… molta qualità… MA SEI PUNTI IN MENO". Otto, José, otto. 

Categorie:spalti e madonne Tag:

Sui morti e sui vivi, verso il passato

6 Febbraio 2009 5 commenti

 

Finalmente. Posso dire finalmente. Questo governo (come ho già scritto) è mesi che procede all’indietro nel tempo verso il periodo più buio della storia italiana moderna. Senza remore e senza freni, affrontato solo da una imbelle opposizione di rincoglioniti privi di qualità e da una società incapace di formulare un qualsiasi pensiero critico. Finalmente si apre lo scontro istituzionale che costringe anche i più ignavi  ad accorgersi di come ha funzionato finora il potere in Italia (almeno ultimamente). Un bel mix di mafia e fascismo, moderno, danaroso, senza pudori. Senza paure. E il coperchio è saltato sul corpo di una donna che non vive più da 17 anni, la cui famiglia è sottoposta da mesi a una violenza inaudita, nel compiaciuto silenzio di chi può riempire di questa storia pagine di giornale senza preoccuparsi dell’arroganza di chi amministra il potere politico adesso in Italia. Finalmente tutti non potranno più fare finta che l’unico obiettivo del Presidente del Consiglio è stato, è e sarà farsi gli affari propri incurante del senso della parola "amministrazione del comune". Che a dirlo dobbiamo essere noi che per anni abbiamo sputato su tutto quanto è istituzione e politica di palazzo, vuol dire che i ciechi e i sordi in giro sono davvero troppi. 

Scusate lo sfogo.

 

Categorie:movimenti tellurici Tag:

ACAB

3 Febbraio 2009 6 commenti

 

ACAB è un libro crudo. ACAB è un libro utile. Sfrondato di qualche parapiglia autogiustificatorio è una finestra aperta senza timore sul mondo degli sbirri. E non aperta da qualcuno che crede di sapere come stanno le cose tra tutori dell’ordine, ma dai poliziotti stessi. I protagonisti sono noti: Michelangelo Fournier, vice comandante del VII nucleo antisommossa a Genova (quelli della Diaz per capirsi) e due comandanti di squadra dello stesso nucleo che non rivelano il loro nome ma usano i loro nomignoli: lo Sciatto e Drago. Più una serie di comprimari tra poliziotti e protagonisti della Roma più nera, nel senso politico del termine. La domanda da cui parte il libro, o forse da cui partono i protagonisti, è la stessa che molti di noi si stanno ponendo da tempo: la ferocia del presente, del mondo in cui viviamo, del Paese che ci circonda, da dove arriva? E soprattutto dove finisce? Cosa succede?
Ovviamente i protagonisti del libro danno una risposta tutta loro, plausibile per la loro formazione e che conferma quello che molti di noi sanno e pensano delle forze dell’ordine, ma che le persone che non setacciano al di là del loro naso spesso scelgono di ignorare: è colpa dell’assenza di una borghesia all’altezza in Italia, è colpa della scarsa formazione liberale, è colpa della ferocia stessa e dell’incapacità di superarla, è colpa di una sinistra che non sa fare altro che giocare di rimessa e piagnuccolare (senza alcun progetto alternativo di società, aggiungerei io).
Altrettanto banalmente la risposta che danno i poliziotti evidenzia anche la nostalgia per l’autorità, per una diseguaglianza che però mette ognuno al posto loro, e manifesta un disagio che se non fossero poliziotti non esiteremmo a definire esistenziale e sociopatologico. ACAB ci fa scoprire che i poliziotti sono dei disadattati, nella maggior parte dei casi, come noi attivisti, peraltro. La grossa differenza è che noi lo sappiamo – nei casi in cui l’intelligenza non ci ha abbandonato – e sappiamo che però il nostro disadattamento è indice dell’immaginazione di qualcosa di diverso da quello che ci circonda. Mentre per gli "sbirri" è un tratto che non viene rilevato, per il quale non c’è posto nella percezione di se stessi, e che quindi snobbato e negletto si trasforma in frustrazione, in origine del mito della banda, della Famiglia.
ACAB ci mostra un lato della ferocia che spesso le persone si rifiutano di vedere, anche quando è sotto il loro naso. Ci mostra un lato della devianza che spesso rimane nascosto dalle infinite giustificazioni di cui gode chi indossa una divisa solo per il fatto di indossarla. Ma è un libro onesto, lucido, che non si nasconde. E’ un libro che merita di essere pubblicato e letto, e per il quale ringrazio non solo Carlo Bonini, ma anche i poliziotti che hanno deciso di parteciparvi, anche se sono certo l’abbiano fatto per motivi molto diversi da quelli per cui io lo apprezzo. Per loro è stata una specie di sessione di analisi, per me l’occasione di dare in mano a qualcuno un oggetto che gli/le faccia attraversare un specchio. Quello della semplificazione con cui si osserva il mondo che ci circonda e i suoi "paladini". Voto: 8

 

In casa Inter è sempre Natale

1 Febbraio 2009 2 commenti

 

La fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo, se poi ci metti un mirino la frittata è fatta. L’Inter entra in campo molle e svogliata di fronte a un Torino imbelle e che farebbe fatica anche in serie B. E la sorte ci punisce subito, facendoci lasciare due punti in regalo ai gobbi e alle merde, e uno in dono ai granata. Il primo tempo passerà alla storia solo per una girata di testa di Cruz che Sereni devia con un tuffo incredibile. Primo segnale dalla sorte: oggi Sereni ha più culo che anima. Poco prima Julio Cesar recupera una palla che stava finendo fuori con calma per tentare un rinvio di mano direttamente sulla coscia del giocatore granata che lo pressa: il portierone brasiliano è in giornata no, e nel secondo tempo lo dimostrerà prendendo un gol che neanche Muslera. Andati sotto e con in campo Figo per Stankovic (speriamo che l’infortunio non sia serio) e Quaresma per un impalpabile Maxwell finalmente verso il 20esimo del secondo tempo ci svegliamo: pressiamo, creiamo e il Torino si rifugia nel contropiede, confermandosi una squadra che non segna neanche senza portiere avversario. I pali, Sereni e la scarsa qualità di Quaresma ci impediscono di andare oltre il pareggio, in una giornata che poteva dare una spallata importante al campionato, mentre invece rischia di galvanizzare i cugini che in caso di vittoria si porterebbero al secondo posto a -6. Che dire? Che ogni partita va giocata con l’intensità di Catania, senza se e senza ma. 

Dei protagonisti: Julio Cesar alla sua seconda prestazione insufficiente stagionale (dopo quella con il Chievo) non può essere l’alibi di una partita approcciata emossionalmente nel modo sbagliato. Santon dietro mostra alcuni limiti, ma a 18 anni si può ancora imparare sia la fase difensiva che l’uso del sinistra, mentre Maicon è vittima della maledizione di Inter100Specialone, che qualcuno cancelli quella maledetta trasmissione. Al centro Cordoba e Burdisso non sfigurano, anche se l’assenza di Samuel si fa sentire. A centrocampo la mossa di mettere Cabelino a me interessava: vuoi che finalmente riusciamo ad avere una fluidificazione di fascia anche da quel lato grazie all’intercambiabilità del brasiliano con il Bambino? La risposta del campo è perentoria, ma forse è dovuta anche alla scarsa forma di Maxwell. Per il resto Zanetti e Cambiasso di quantità ma sopratutto il secondo non troppa qualità, mentre Stankovic risulta ancora la nostra arma migliore, e il suo infortunio è il sigillo della sfiga sulla giornata: speriamo si sia fermato in tempo per rientrare al derby. Davanti Ibra è in una giornata forse (giornate no sono proprio poche), Cruz fa il lavoro sporco come può, Crespo e Figo danno tutto quello che hanno fino all’ultimo minuto e solo il palo nega a Valdanito la felicità di sbloccarsi e a noi la gioia di una vittoria che mi avrebbe fatto godere molto. Quaresma merita un discorso a parte: in serie A, quando ti buttano dentro per dare profondità alla squadra, non puoi risultare così inutile. Soprattutto dopo che sei stato pagato a peso d’oro. Mourinho lo sa, ma giustamente non mette in discussione le sue gerarchie; Moratti lo sa e userà la cosa nei futuri tira e molla con l’allenatore. Sarebbe stato tutto più semplice se el trivela non fosse un pacco.

Ora bando alle ciance e godiamoci una settimana di riposo per preparare la difficile trasferta al Via del Mare e poi il derby. Per come si è evoluta la settimana non abbiamo di che lamentarci, se non con noi stessi. Il tempo per buttare via i punti inizia a scarseggiare. Forza ragazzi, è il momento del forcing per prendere tutto.

 

Categorie:spalti e madonne Tag:

Il Vangelo secondo Biff

31 Gennaio 2009 2 commenti

 

La Elliot Edizioni – una piccola casa editrice che ha aperto i battenti nel 2007 ma che sto apprezzando moltissimo sia per le scelte editoriali che per la qualità del loro prodotto – pubblica un altro libro di Christopher Moore, dopo Un Lavoro Sporco. L’autore si conferma una penna molto arguta, di un sarcasmo leggero ma precisissimo, e leggere i suoi libri è un’esperienza rinfrescante. Non mi vengono altri termini. La casa editrice romana potrebbe aver trovato in lui e nelle serie di Nemi e di Lenore due ottimi viatici per la sopravvivenza, e nel caso del simpatico autore statunitense anche un bel colpo editoriale, un po’ come Fforde per la Marcos y Marcos. Moore infatti non è un autore alle prime armi, ma in Italia nessuno ha pensato prima di tradurlo, un errore che la Elliot potrà sfruttare a dovere.
Il libro è piacevole, e nonostante la lunghezza (quasi 600 pagine) scorre via velocissimo, mentre la nostra mente occidentale scruta negli eventi per ritrovare quanto ricorda dei vangeli e del catechismo. Inutile sforzarsi perché le corrispondenze sono poche – per fortuna – e solo accennate. Il punto del libro è ritrovare un po’ di umorismo anche in ciò che di questi tempi  pare fin troppo importante: la religione e i dogmi. Il Gesù di Moore è umano, antidogmatico e concentrato in una sola direzione: rendere l’umanità migliore. Se anche i fedeli delle tante religioni nel mondo si orientassero in questa direzione e avessero lo stesso humour di Moore, forse una buona parte delle guerre e dei disastri che vediamo in giro non esisterebbero. O almeno non avrebbero la scua della religione come paravento per l’avidità e la cupidigia che di solito ne sono il motore principale. Voto: 7,5.

Categorie:pagine e parole Tag:

Una storia già vista: è Sistema Inter!

29 Gennaio 2009 3 commenti

 

La squadra nerazzurra sbarca a Catania per giocare contro una squadra di calcio, contro tutta la città (Lo Monaco il mafioso dixit), contro la stampa e contro gli arbitri e il designatore che ancora non ha sospeso Rocchi che tra un mese vedrà la sentenza del suo rito abbreviato per frode sportiva. L’arbitraggio di stasera ha ricordato pesantemente tempi molto più che bui, di cui anche Rocchi è stato protagonista, e deve essere citato per primo non per sindrome da accerchiamento anti-interista, ma perché ha determinato moltissimo la gara: Muntari prende un rosso al 30esimo, dopo che due minuti prima un giocatore del Catania su Ibra aveva fatto un numero identico senza vedersi fischiare neanche il fallo; nel primo tempo privo di qualsivoglia interruzione significativa (a parte l’espulsione), l’arbitro decreta tre minuti di recupero al solo fine di facilitare il Catania in superiorità numerica, gli stessi che decreterà nel secondo tempo con sei sostituzioni, per dire; i catanesi picchiano come dei fabbri e chiudono la gara con meno ammoniti dei nerazzurri; poi uno gira canale mette sul Milan e vede che Zambrotta cade al 47esimo e da terra cappotta Bocchetti senza veder fischiato né fallo né giallo, e un minuto dopo Maldini stende da dietro Milito lanciato a rete beccandosi un misero giallo. Misteri della fede, o meglio misteri di fede, quello che lecca il culo a Silvio e compagnia cantante.
Parlando della partita sembra un’altra Inter: alla faccia di polemiche e veline, spacchiamo il culo ai passeri, pressiamo, ci inseriamo, e il Catania non vede la biglia. Ci vuole l’espulsione di Muntari, che esce gridando "fascist" e baciando la maglia, eroico, per dare un po’ di fiato ai rossoneroazzurri. Nonostante questo non beccano un cazzo, e Lo Monaco può portare a casa i suoi zero punti senza recriminazioni. Se avessimo questo carattere in tutte le partite saremmo invincibili.

Protagonisti: JC oggi insuperabile, ritrovato; Maicon e Santon delle ire d’iddio; Burdisso e Cordoba in difficoltà quando sono presi in profondità e in velocità, ma ce la mettono tutta; Cambiasso, Zanetti e Muntari pressano ogni palla e recuperano ogni biglia che passa dal centrocampo; Stankovic è in serata, e si vede già al quinto minuto, quando con un inserimento alla Cristiano Ronaldo la butta dentro su cross mancino delizioso di Cruz. Davanti Ibra è in giornata di grazia, e non ce n’è per nessuno. Che dire: bravi tutti. Anche a Cabelino Maxwell che entrando e restando a centrocampo offre alleggerimento al settore arretrato e schianta definitivamente il Catania.
Grazie ragazzi, grazie Muntari e il tuo bacio sulla maglia, grazie di cuore, mi avete fatto godere e avete messo a tacere vedove, nostalgici, e merde di ogni genere. Dobbiamo essere più forte di tutto e tutti, se sei nell’Inter devi saperlo. E voi oggi lo sapete.
 

Categorie:spalti e madonne Tag:

I problemi della scuola – parte prima

27 Gennaio 2009 12 commenti

 

Oggi vi racconto una storia. E’ una storia vera. Arriva dalla vita di tutti i giorni. Se riesco proverò un po’ a popolare questa categoria, per cercare di offrire anche ad altri scorci di una vita quotidiana che spiega spesso molte più cose di quella virtuale che ci offrono media e opinionisti di varia car(i)atura. La storia che vi racconto è ambientata in un quartiere periferico di Milano, la Comasina, un quartiere difficile, dove ho vissuto per molto tempo, quasi cinque anni. Sono nato ad Affori però a mezzo chilometro di distanza, e cresciuto tra il mio quartiere e il suo gemello "malato" Bruzzano, che insieme alla Comasina, Quarto Oggiaro e Bovisasca completano il pentacolo della morte grigia: ovvero delle zone degradate del nord di milano. In effetti Affori dei cinque è quello messo meglio, storicamente sede della borghesia della periferia e l’unico quartiere di destra in anni migliori (adesso ovviamente non è più l’unico da molto tempo).
In Comasina si aspetta la metropolitana tre da trentanni esatti. La prima volta che ne parlarono avevo tre anni e sembrava fosse imminente. Gli scavi per realizzarla sono iniziati l’anno scorso, ovviamente creando un macello viabilistico che solo gli esperti topografi comunali e i vigili urbani potevano immaginare. Ma questa è un’altra storia, non quella che volevo raccontarvi.
In Comasina ci abitano persone di ogni tipo: dalle famiglie di bravi ragazzi con pochi soldi, alle famiglie di disperati, tossici, ex-carcerati redenti e non, mafiosi, delinquenti, immigrati lavoratori. In generale famiglie umili con un sacco di casini e spesso con pochi soldi per sistemarli, famiglie a volte ignoranti e presuntuose, a volte intelligenti e sfortunate.

Un tempo in Comasina c’erano una scuola elementare, in piazza Gasparri, al numero 6, e una scuola media, in via Bernardino da Novate. La scuola media è stata abbattuta per fare posto alla metropolitana. La scuola elementare è stata accorpata alle medie e alle elementari della Bovisasca, in via Gabbro, con quelle operazioni che in tempi di calo demografico si chiamano Istituti Omnicomprensivi. In Bovisasca almeno le due scuole rimangono separate. In Comasina no: dall’età di 5-6 anni fino a quella di 13 (o anche 16 in alcuni casi disperati) i ragazzi rimangono nelle stesse fatiscenti aule di proprietà del Comune. Quando sono arrivato e ho visto lo stato in cui versava la scuola, ho capito subito che il desiderio di tutti – sottinteso "di tutti quelli che amministrano le cose pubbliche" – è quello di farla chiudere per sfinimento. Solo così si spiega perché lasciare un bene pubblico marcire sotto il peso dei suoi anni, facendo solo gli interventi che altrimenti minaccerebbero di trasformarsi in denunce per gli amminstratori, ma senza muovere un dito di più. Nella scuola di piazza Gasparri, ironicamente intitolata a Gandhi, non c’è un’aula dove far trascorrere agli alunni l’ora di alternativa, o dove svolgere attività con i disabili, e le poche aule in surplus a quelle per le classi sono oggetto di aspro combattimento tra i docenti per le varie idee extra-curricolari. Ma fosse solo questo il problema, si possono insegnare un sacco di cose anche in un corridoio o in un cortile. Infatti io prevedo che farò esattamente così in primavera.

I problemi non sono solo questi. Infatti fino al 30 settembre la scuola non è stata in grado di avere tutti i professori necessari, tra defezioni e rinunce. Un motivo ci sarà, mi sono chiesto quando sono arrivato. Ma la periferia settentrionale di Milano è casa mia e mi ci trovo a mio agio. Sono abituato ai deliri e alle sue complicazioni. Non mi spaventano. Forse anche perché peso 85 chili e sono alto 182 cm e almeno ai ragazzini incuto ancora un discreto timore. Oltre ai prof, fino a dicembre la scuola non ha avuto un preside, ma solo un reggente, che giustamente ha fatto il minimo necessario per far sopravvivere la scuola. L’impasse è stato superato solo grazie alla buona volontà di 11 docenti, che tra le tre scuole si sono fatte in quattro per salvare la baracca. Pensavano di dover gestire una situazione di emergenza che si sarebbe colmata quando fosse arrivato un nuovo preside.
Dovete capire che la scuola del quartiere Comasina è una polveriera. Eccettuate le prime, in cui sono ancora piccoli per costituire un problema serio, le due seconde e le due terze hanno almeno tre casi complicati ciascuna: e nessuno disabile nel senso più nitido della parola. La maggior parte delle situazioni sono ragazzi con famiglie disastrate, con problemi di inserimento e di storie lunghe e terribili alle spalle, troppo vecchi per stare ancora alle medie, senza prospettive già a 15 anni e senza interessi, con la sola voglia di stare a spasso su una panchina a dire stupidate e sentirsi più grandi di quello che sono. Ne ho visti molti quando ero ragazzino io. La maggior parte sono diventati adulti infelici, delinquenti in carcere per spaccio o per omicidio (vi ricordate il barbone ucciso in largo marinai d’italia? Ecco, uno di quegli assassini era compagno di classe di mia soralla, di un anno più piccola di me…) Leggo la disperazione e la ferocia di questa città nelle loro storie, e mi piacerebbe trovare un modo per far capire loro che come sono diventato un adulto io, felice nonostante tutti i miei difetti e i casini in cui mi sono infilato, possono diventarlo anche loro. Che il loro futuro non è già scritto dal loro breve ma complicato passato.
E’ una scuola dura, dove ci sarebbe bisogno di molto più tempo e molte più persone di quelle che ci sono, per inventarsi modi nuovi di sconvolgere la vita degli alunni, di fare amare loro quello che si può imparare, di far trovare loro qualcosa che valga la pena del loro interesse. Ma di questi tempi più tempo e più risorse non sono la priorità nel mondo scolastico, anzi. Meno tempo, meno persone, meno risorse, e possibilmente un bel calcio in culo alla scuola pubblica. Nella scuola privata almeno, tutti questi derelitti pagheranno per essere lasciati stare e continuare ad alimentare la catena di crudeltà che permette ai pochi di vivere sulle spalle dei molti.

Tutto questo per spiegarvi che quando a dicembre abbiamo saputo che arrivava il preside ufficialmente designato, nutrivamo discrete aspettative circa la possibilità di vedere risollevate le nostre speranze per la scuola. Almeno per me era così. Ma forse sono un ingenuo. D’altronde ho sempre pensato che il problema della scuola – e del mondo in generale – non sono certo i pischelli, ma gli adulti. Professori senza voglia di insegnare, persone che dovrebbero stare in un CPS anziché dietro una cattedra, adulti che non hanno trovato di meglio. Non tutti ci mancherebbe, lo dico a scanso di equivoci, ma i pischelli possono ancora crescere, gli adulti difficilmente cambieranno.

Purtroppo all’arrivo del Preside è giunta anche una triste scoperta. Si è presentato un vecchino felicemente nonno che ha l’unica intenzione di godersi in nipoti e di andare serenamente in pensione. La prima cosa che ha fatto è stata rifiutarsi di convocare i Collegi d’Ordine e il Collegio Docenti, rimandandolo di una settimana quando era fissato da mesi. Poi ha preteso che chi fino ad allora aveva gestito la scuola – esaurendo così anche le ore stipendiate per fare le veci di un Dirigente Scolastico – continuasse a farlo come e più di prima. Poi il giorno dei Collegi d’Ordine non si è presentato a presiederli DANDO PER SCONTATO che qualcuno l’avrebbe fatto, trincerandosi poi dietro cavilli e cavillini per giustificare il fatto che non voleva perdere tutto il pomeriggio a scuola.
Dite che non l’ho preso in simpatia? Poco ma sicuro. D’altronde io penso che nella scuola se uno non ha voglia di trasmettere qualcosa agli alunni, è meglio che cerca un altro lavoro. Ma forse il fatto che un Dirigente prenda circa 3000 euro di stipendio è un frutto troppo ghiotto per mettere l’etica di traverso. Tutti abbiamo sperato che fosse solo il recente arrivo a frenarlo dall’essere quello che tutti si aspettavano: una figura di autorità e di stimolo per tutta la scuola. Non era così.
Infatti la seconda cosa che ha fatto è stata quella di mettere un bel cartello fuori dal suo ufficio con scritto: "SI RICEVE SOLO PER APPUNTAMENTO E NEI SEGUENTI ORARI". Ovviamente anche in caso di emergenze la cosa vale. Ma dopo poco tempo ho capito anche il modello che segue questo Dirigente: quello della Pubblica Amministrazione burocratizzata e fancazzista, che tanto lustro garantisce a Brunetta, purtroppo. Molti a scuola ingoiano il rospo, resi mansueti dalla coltre di leggine e leggi che il Preside scaglia loro contro alla prima protesta. Se neanche i docenti capiscono che la formalità, la legge, non conta un cazzo quando un comportamento è sbagliato, come faranno a trasmettere ai loro studenti il senso delle parole libertà, dignità, integrità e intelligenza. Di burattini siamo già pieni abbastanza, ma forse me ne sono accorto solo io.

Dicevo che il Preside ha trovato man forte nel modello che la Segreteria della scuola già incarnava nella rete di relazioni scolastiche. Era stato il mio primo impatto, e ancora non mi hanno convinto a ricredermi sul fatto che la disponibilità generale nella scuola da parte delle persone per rendere migliore una istituzione così importante sia molto bassa. Se volessimo far funzionare meglio la scuola, ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a non perdersi in cazzate e sofismi, ma a lavorare insieme agli altri. Nella scuola italiana non funziona così. Sembra di stare nella fabbrica prima dell’era della sindacalizzazione. La segreteria contro gli insegnanti, gli insegnanti contro il ministero, i bidelli contro i genitori, il preside contro gli alunni, ecc ecc. Un disastro. La segreteria di solito è l’emblema della stupidità con cui vengono interpretate le regole e il senso della parola collaborazione in una scuola.
Il primo giorno in cui sono arrivato mi avevano convocato per le 9.00. Mi sono presentato e ho trovato la porta chiusa a chiave. Già, perché gli uffici sono aperti al pubblico e ai docenti solo tra le 8.00 e le 9.00 o tra le 12.30 e le 13.30. Così che io avrei dovuto aspettare lì fino alle 12.30 per firmare il mio contratto, oppure iniziare a lavorare senza contratto. Ovvio no? Ho pensato che fossero un po’ eccentrici e ho insistito, ottenendo quello che chiedevo con qualche occhiataccia e qualche brontolio. Ma io sono un tipo testardo. Una settimana dopo ricevo una chiamata mentre sono in classe. Non rispondo, ovviamente perché non ho il cellulare in tasca. Quando vedo la chiamata persa non capisco da dove arriva. Richiamo e scopro che arriva dalla segreteria. Sono le 9.30. Vado verso la segreteria dicendo loro che sono fuori dalla porta di aprirmi per dirmi quello di cui avevano bisogno, così risparmiavamo soldi. No. Sono rimasto cinque minuti fuori dalla porta a parlare con la persona che stava nella stanza oltre quella barriera. Perché non era orario di ricevimento ovviamente.
L’episodio più assurdo è stato qualche giorno fa. A raccontarlo uno non ci crede, ma purtoppo è successo per davvero. Due ragazzi si sono picchiati in una terza. Per un pacchetto di cracker. La professoressa presente, piccolina e non certo forzuta, li ha fatti smettere. Poi voleva convocare i genitori. Purtroppo erano le 11.10. E’ andata in presidenza, ma il preside le ha detto che non aveva un appuntamento e lui non c’era. E’ andata in segreteria e le hanno detto che se voleva convocare i genitori doveva aspettare l’orario di apertura al pubblico. Che ovviamente era fuori dal suo orario di lavoro. Lei ha aspettato, ha fatto chiamare il padre del ragazzo e si è trattenuta a parlare dell’episodio. Senza la presenza del preside. Senza essere pagata per farlo, dato che era oltre il suo orario di lavoro. A sentirlo così sembra un episodio di Asterix. Quello quando entra nella casa dei permessi romani e deve salire e scendere per il palazzo preda della burocrazia. Invece è la realtà.

Dicevo che il Dirigente ha pensato bene di confermare che le prime avvisaglie della sua assoluta mancanza di voglia nel prendersi responsabilità non erano campate per aria. Due giorni fa la commessa mi ha consegnato una lettera in cui delega ogni coordinatore di classe a presiedere in sua vece gli scrutini. Ovvero: evitare di venire per i pomeriggi di una settimana a fare una delle cose più importanti per un Dirigente: capire cosa succede nella scuola, e indirizzare i propri docenti circa le varie situazioni nelle classi. A me rimane l’impressione che gli unici ragazzini che il Dirigente ha a cuore siano i suoi nipoti. E – stante le cose – gli auguro che trovino una scuola in cui la loro vita venga valorizzata come quella degli alunni della sua scuola.
Intendiamoci, non sto dicendo che tutti i segretari siano delle persone cattive, antipatiche, o di scarsa umanità. Forse per il preside un po’ lo penso, ma lo conosco poco per essere così perentorio – anche se è tipico del mio carattere. Certo è che il modo in cui approcciano la loro vita lavorativa nel mondo della scuola è diametralmente opposto al mio. Non penso che le persone si debbano sacrificare sul luogo di lavoro, ma che partecipare al mondo della scuola significhi approcciare il proprio mestiere con un po’ di passione, un po’ di disponibilità e la voglia di trasmettere qualcosa ai pischelli e alle pischelle, o quantomeno di collaborare perché il posto in cui stai tante ore al giorno funzioni meglio. Se l’unico interesse dei più è farsi gli affari propri e far trascorrere più placidamente possibile le ore che lo separano dalla timbratura del cartellino, bisogna porsi alcune domande, o no?

Ora il problema della scuola è il tempo pieno? Sono i voti in numeri o in giudizi? Sono il grembiule? Sono il numero di maestri? La ministra Gelmini secondo voi è stata in una scuola pubblica? (rispondo io: no, neanche da studente, e quindi che cazzo ne saprà mai?) Il problema sono gli alunni? O sono i presidi svogliati, i professori impreparati psicologicamente prima che didatticamente, gli amministrativi fiscali e burocratizzati? O forse le strutture fatiscenti, la carenza di fondi? O forse la disperazione di questa città? Avremo tempo per parlarne. Per quanto mi riguarda almeno fino al giugno 2009, quando finisce la mia supplenza. E spero anche più in là. Anche se farmi ben volere in un mondo ipocrita è sempre stata una cosa che mi riesce male.

Per ora mi fermo qui. Ma sono sicuro che non saranno le ultime storie che sentirete dalla profonda periferia nord di milano, settore scuola. Altro che no future.
 

Categorie:concrete, cose dall'altromondo Tag:

Y e Q

27 Gennaio 2009 Commenti chiusi

 

 Dopo anni di corteggiamento finalmente ho trovato il tempo e la voglia di prendere in mano un libro di un autore che i miei amici Wu Ming raccomandano a ogni pié sospinto: Serge Quadruppani, grande traduttore di noir dall’italiano al francese, non ricambiato dal Bel Paese nell’impegno per diffondere la propria letteratura da questo lato delle Alpi. Devo dire che mi aspettavo di più: la trama non mi ha avvinto manco un secondo e gli stratagemmi per far tornare i conti mi sono sembrati molto al di sotto dell’interessante (anche ammettendo la volontà di non sforare dai classici del noir). Quello che mi ha stupito è il lirismo di molte descrizioni, di molti paragrafi che forse la letteratura di genere non sopporta benissimo. La sensazione che mi rimane è che Quadruppani debba cimentarsi con una letteratura con un tratto più profondo e al tempo stesso sottile di quella che gli piace: è uno sforzo, ma sono convinto, per quello che ho letto in questo Y, che ne caverebbe maggiori risultati. In ogni caso una lettura la vale, senza troppe lodi, però. Per una volta io e R.B. siamo in disaccordo. Sopravviveremo entrambi penso. Voto: 6-

Categorie:pagine e parole Tag: