Devo fare una premessa, perché non voglio essere frainteso. Apprezzo molto Giuseppe Genna e quello che sta facendo insieme a tanti altri miei amici e non solo per ricucire e ripensare il panorama letterario italiano e il senso di una possibile operazione culturale profonda per rifondare i cervelli italiani. Apprezzo anche il fatto che non si sia mai tirato indietro quando c’era da discutere di molte cose e di mettere firme scomode, senza menarsela. Per questo quello che scriverò sul suo ultimo libro è da prendere come una critica fatta senza cattiveria, ma solo seguendo il mio personale gusto. Insomma: Giuseppe, se ti capita di leggermi, non ti offendere anche se non ho apprezzato molto un po’ tutta la tua ultima fase letteraria!
Già perché Le Teste rappresenta decisamente il punto di incontro tra gli ultimi libri di Genna – la cui prosa involuta, imbevuta di psicosi e houellebecq, di lessico e sintassi troppo ricercati per colpire al cuore, così concentrati come sono sul lambiccare il cervello – e i magnifici romanzi del ciclo dell’Ispettore Guido Lopez. Per sua stessa ammissione Genna odia il suo personaggio, lo vuole distruggere, e devo dire che per questo omicidio non c’è modo migliore di quello che ha scelto: trasformare Lopez nel sè autobiografico e autopoietico dei suoi ultimi libri, fonderlo con la propria ricerca letteraria, snaturarlo e storpiarlo, fino a trucidarlo sia narrativamente che letterariamente. Io non ho apprezzato, onestamente.
La sezione del libro dedicata alla storia di Lopez è decisamente atipica, ma si potrebbe anche goderne: le false soluzioni, il gioco di specchi e di rimandi, una trama caleidoscopica di buon livello. Ma metà del libro è occupato da un secondo libro, dal libro di Genna che incarna Lopez e viceversa, dall’ego di Genna che parla attraverso le sue parole, gli ossimori, la ricerca ossessiva ed estetica del Verbo. Houellebecq in salsa italiana. Che può essere amato da chi ama anche H. Cioé non da me. E il coup finale in cui il secondo libro diventa più importante nell’economia del libro rispetto al primo è una coltellata nella schiena. La mia schiena 🙂 Soprattutto dato che del Digesto delle Teste ho smesso di leggere i brani ben prima della metà. Li ho riletti alla fine. E non sono riuscito ad apprezzarne il valore.
Giuseppe: non era obbligatorio scrivere l’ultimo capitolo della saga di Lopez. Alcune cose sono splendide proprio perché sospese. Un po’ come il ponte di Mostar, che non saprei dire se mi piaceva di più prima delle bombe o dopo. Forse non è necessario bombardare la propria storia per costruirne una nuova. Con immutato affetto. Voto: 6.
I giocatori e i dirigenti di uno sport che con il calcio non c’entra un cazzo, il ciclismo, cercano di beffare l’Inter con un trucco antico: non rizollano il campo e lo trasformano in un gruviera verde. Per giocare peggio si potevva solo sostituire il pallone con la strumpallazza. E su uno di questi buchi inciamperanno Santon, Mannini e Pazzini nell’occasione del fortuito e definitivo vantaggio ciclistico.
Ma non sono gli unici buchi del weekend. Il primo buco è l’attitudine dei ragazzi nerazzurri in campo: molli, poco concentrati e con zero cattiveria. Mourlino schiera un 4-3-3 che avrei schierato pure io, ma senza la dovuta aggressività non morde. Infatti in un tempo c’è un solo tiro in porta parato e sulla cui ribattuta Supermario si addormenta mancano il rimpallo vincente. Tra i più irritanti certamente il Colosso che pare dominato da un attacco di diarrea. Il secondo buco è nel cervello di Mourlino: sostituisce un Barbalbero che non ne ha più con il Drago. Perfetto. Poi toglie il migliore in campo – Supermario – per schierare l’Uomo di Cristallo a centrocampo abbassando ulteriormente il baricentro della squadra dei nostri eroi. Vincere schierando quattro terzini in campo è un’impresa degna di Mourlino, ma non gli riesce. Da un pasticcio del Bambino d’Oro a disagio con la strumpallazza nel tentare lo scambio con l’Uomo di Cristallo i ciclisti svirgolano due volte piazzando il colpo vincente. Quando il terzo cambio è la Trivella al posto del Muro, in una partita in cui i buchi sono strategicamente associati agli avversari, la voglia di spegnere il televisore è stata fortissima, quasi irrestitibile.
Alla fine la partita si risolve in un buco per i nerazzurri, che hanno nonostante questo il buco di culo di vedere lo scandaloso Bologna portare via due punti ai gobbi (grazie Ada, ci abbiamo sempre creduto!). Buchi per buchi, va bene anche così, ma per andare avanti nel Campionato dovremo fare molto di più di così. Basta buchi e muovere le gambe.
Il libro di Don Winslow è possente. Non c’è un altro termine. Ho tentennato una decina di pagine e poi non mi sono più riuscito a scollare. Attraversa vent’anni di guerre fantomatiche della più prestigiosa democrazia del mondo viste con gli occhi di chi ci era dentro fino al collo. E’ un libro che punta tutto sul ritmo e sulla trama, su alcuni personaggi, anche a scapito dell’ambientazione. Nonostante questo la cura per i dettagli è veramente notevole e la sua forza di gravità impressionante. Mi chiedo come sia in lingua originale e non escludo di andare a recuperare i libri dell’autore ancora non tradotti, ma se state cercando un crime (adesso va di moda questa parola come l’anno scorso andava di moda noir che, per inciso, a me piace di più) che vi travolga e vi faccia trascorrere ore intere a domandarvi cosa ne sarà di questo o quel personaggio di una grande saga l’avete trovato. Da un lato historia marqueziana (senza l’afflato lirico, ovviamente, tarpato dalla natura yankee dello scrittore), dall’altro thriller mozzafiato (arricchito dalla voglia per nulla yankee di puntare il dito contro la democrazia più importante del mondo). Voto: 8.
Primo turno infrasettimanale: i nostri eroi attendono al varco la grande famiglia dei Merola. Minuto due: primo calcio d’angolo per noi, feroci, la palla arriva in mezzo all’area piccola, e i partenopei si mettono a recitare un bel melodramma a più parti. Dopo 30 secondi di sceneggiata, il Leone d’Ebano guarda tutti stupefatto e sembra dire "se non la vuole nessuno, la palla la prendo io"; e con un bel colpo di nerchia la butta in fondo al sacco. Voi dite che non era l’attributo maschile di Samuelito? Vi sbagliate, fidatevi di me. E in ogni caso era certamente equivalente!
Minuto cinque: lancio perfetto, il Principe controlla, aspetta che Merola numero uno si sieda, quando non si siede con freddezza glaciale la rimette in fondo al sacco. Due a zero. Palla al centro. Tutto facile, di fronte agli inesistenti undici Merolas. Seguono venticinque minuti di pallonate contro un’unica porta.
Minuto trentadue: altro calcio d’angolo, in mezzo ai partenopei impegnati in un litigio per questioni di corna, svetta l’Orco e trapana il Merola numero uno. Tre a zero. Poi piccola deconcentrazione e gol omaggio a Merola fernet branca e coca Lavezzi, che timbra il cartellino a San Siro.
Il secondo tempo è pura formalità. Quasi quasi non mi diverto neanche a raccontare il tutto. Il centrocampo si mantiene compatto, i difensori non sbavano più di tanto, i due punteri si fanno un culo a capanna e si vede. Ora forza grifone, non fare il Balordo 🙂
Quel rimbambito di un amico che mi ritrovo – ppn – alle volte ci piglia con i cosigli bibliofili. Questo è uno di quei rari casi, ma ciò non toglie che lo debba ringraziare per avermi suggerito Educazione Siberiana di Nicolai Lilim, pseudonimo di un tatuatore di origini siberiane in quel di Cuneo.
Dopo aver letto il libro c’è solo una possibilità: desiderare ardentemente di diventare siberiani. Già leggere di un’infanzia nella landa sconosciuta ai più della Transdnistria (uno territorio a cavallo tra Moldavia e Russia non riconosciuto da nessuno eppure frequentatissimo da chiunque voglia trafficare e contrabbandare tra i due stati) mi aveva mandato in visibilio, ma avventurarmi nella formazione dell’etica criminale più pura ha aizzato il mio senso di appartenenza. In un periodo di scarse idee e di nulle ideologie, di utopie buttate nel cesso della storia, Educazione Siberiana racconta come sia ancora possibile credere in un sistema di valori diverso da quello dominante: onesto, crudo, integerrimo, solidale, sociale. Forse un tempo anche i banditi italiani avevano qualcosa di simile a quanto descritto nel libro, forse sono tutte cose per inguaribili romantici e anarchici incalliti, però è innegabile che sarebbe bello se un’opzione come quella descritta nel libro non fosse solo un sogno del passato, ma una concreta prospettiva. Ed è tutt’altro che da escludere, considerato come il Paese in cui viviamo si avvii verso l’emarginazione e l’isolamento delle comunità straniere in italia, anche quelle composte da persone nate e cresciute nelle nostre città: come in molte cose cerchiamo di copiare gli Stati Uniti con un ritardo cronico di qualche decennio che non fa che rendere grottesche le dinamiche sociali che scimmiottiamo senza affrontare. Fosse per me, un libro da far leggere a tutti i teppistelli delle nostre periferie, con tutti i rischi nel bene e nel male del caso.
A breve dovrebbe uscire il suo secondo libro, dove racconta la sua esperienza in Cecenia: se anche questo volume sarà diretto come Educazione Siberiana ci sarà da ridere (o meglio da piangere, ma si sa il cinismo trasforma anche la peggiore delle tragedie in una grassa ghignata).
Ultimo giorno di rassegna. Si arriva sempre un po’ spompati. Mi sono tenuto comunque un asso nella manica per l’exploit finale.
Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli promette bene con un cortometraggio animato iniziale veramente spassoso e una scena d’apertura per il film strepitosa. Il seguito non mantiene la promessa: storia di adolescenti comunisti che alla fine vorrebbe dirci che tutto è esistenza e che la politica è solo una sfaccettatura. Macchiettistico e poco sviluppato nei personaggi e nella loro interpretazione, ci saremmo aspettati di più. Voto: 5,5.
Certo non può competere con il maestro Herzog. Il suo Cattivo Tenente: ultima chiamata New Orleans è strepitoso: un cast in grande spolvero (soprattutto Nicholas Cage ormai lontano dai suoi vecchi stereotipi), una fotografia fantastica e un ritmo di narrazione perfetto. Grande film. Un po’ meno crudele dell’originale di Abel Ferrara, ma non certo disprezzabile come lo hanno dipinto tanti critici. Da vedere assolutamente, e non perdetevi le iguane! Voto: 8
Oggi penultimo giorno di rassegna. La mattina comincia ottimamente con Yi Ngoi (Accident), thriller di azione di Hong Kong che mi ha ricordato per brillantezza e passione I Soliti Sospetti e il mitico Kaiser Sose. Grande regia, grande sceneggiatura, ottimi interpreti e veramente originale l’idea: un gruppo di persone specializzate in omicidi camuffati da incidenti perfetti. Il film vi terrà un’ora e mezza e passa sulle spine e non vi deluderà. Meritava miglior sorte nei premi. Voto: 8.
Secondo film il balcanico Honeymoons, storia di due coppiette che cercano di lasciare i Balcani ignari che il mondo alla frontiera è una merda. Con due storie semplice racconta moltissimo del nostro mondo, delle nostre società e della funzione ignobile e inutile delle frontiere e della limitazione della circolazione delle persone. Dopo averlo visto e dopo gli sketch disarmanti nella loro semplicità e realtà con le guardie frontaliere e gli sbirri italiani, non sono riuscito ad andare a vedere il film successivo. Troppo nervoso. Ho avuto bisogno di darmi una calmata a casa. Non sono più il freddo calcolatore di una volta 🙂 Voto: 8.
Il terzo film non l’ho visto, ma tutti mi giurano che valeva la pena. Era Celda 211, storia di una rivolta carceraria vissuta dall’interno. Oggi mi sento buono e ve lo consiglio sulla fiducia di chi me ne ha parlato.
Con poco più di 72 ore di riposo dalla prestazione sulle barricate milanesi gli uomini del Mago Mourlino si recano in visita ai Troll dell’Isola dalle Acque Verdi. Nome molto poetico, meno poetico è quello che aspetta i nostri eroi in nerazzurro. Allo stadio dedicato a un santo che nessuno sa che cazzo abbia fatto il campo è inondato di piombo fuso e i ragazzi dopo essere entrati sul terreno di gioco prima del riscaldamento per saggiarne la consistenza si ritrovano le gambe avvolte in simpatici gambali di metallo. Si mette male, ma si deve giocare.
Il primo tempo non c’è storia: i nerazzurri corrono a metà della velocità e non vedono la biglia. I troll sono immuni al calore e tanto per andare sul sicuro si sono cosparsi da capo a zampe di bitume. Impossibile fermarli un po’ per la scivolosità un po’ per la differenza di velocità. Nella confusione il Colosso si appoggia a uno dei troll per riposarsi un attimo e quello infido come una muta di serpi (sull’Isola i rettili si muovono in branco, a differenza delle nostre latitudini) si butta a terra. L’arbitro Orsetto non aspetta altro e fischia il calcio di rigore: i nostri eroi in svantaggio anche nel punteggio oltre che nella situazione lievemente condizionante di non essere in grado di resistere al calore lavico che attanaglia il campo. Orsetto non demorde e distribuisce cartellini a caso: gente che li merita non viene manco guardata di striscio, gente che stava parlando con i tifosi viene ammonita e minacciata di espulsione. Forse nel cocktail prepartita hanno esagerato con l’lsd.
I nostri eroi rientrano in campo più determinati: dentro Supermario e la Statua di Sale, fuori il nostro metronomo e un Bambino d’Oro misto Piombo. L’alchimia non perdona: diavolo di un Mourlino! Il sale dell’involucro di tiago motta lentamente abbassa la temperatura del terreno e il Sant’Elia diventa una specie di deserto lunare tagliente e dalla superficie irregolare. Dopo due fiammate sulle ultime pozze di metallo incandescente i troll subiscono finalmente gli scatti dei nerazzurri liberati: il Principe non perdona per ben due volte e i ragazzi festeggiano il vantaggio. Orsetto non gradisce e il nervoso accentua ancora di più gli effetti di distorsione dell’lsd sui suoi sensi. Non si capisce come Astori finisca la partita in campo. Ma non c’è tempo per pensare, perché Orsetto capisce che deve fare qualcosa di più: espelle Mourlino lasciando tutto in mano all’Apprendista Stregone Baresi (che prende dal Mago il notes senza guardarlo negli occhi per non confessare di non aver studiato l’alfabeto magico).
Il terreno mano a mano che passa il tempo si fa sempre meno regolare e i nostri non riescono a fare 5 passaggi di fila: l’ossigeno fatica ad arrivare al cervello e calcolare le traiettorie degli spunzoni di metallo è veramente difficile. Sbagliamo qualche occasione, ma anche i troll, non più aiutati dal campo amico sparano su Crystal e su Plutone due gol fatti. E non solo in campo i cervelli sono in debito d’ossigeno, dato che agli ennesimi ululati contro Supermario i commentatori si sbilanciano fino a dire che si tratta di un "gesto discutibile", anche se le norme federali sancirebbero quantomeno la squalifica del campo, se non una interruzione della partita (almeno l’UEFA dice così). Ma si vede che insultare il suocero morto di un calciatore italiano è più terribile che ululare cori razzisti nei confronti di un altro calciatore italiano, però negro. Chi lo sa. Misteri della fede.
Finisce con una vittoria immeritata dei nerazzurri, che però vale 3 punti anche se non sembra. Forse un pareggio sarebbe stato più giusto, ma nella guerra della Serie di Oz non c’è spazio per le recriminazioni. E tra 72 ore c’è da tornare sul campo a San Siro. Forza ragazzi. Mourlino ammazzali tutti (se lo dice quel nano orrendo di Brunetta posso dirlo pure io).
Terzultima giornata di film a Milano direttamente da Venezia. Si comincia presto con un bel documentario di Stefano Consiglio intitolato L’Amore e Basta sull’omosessualità. Una decina di interviste a coppie omosessuali che esplorano che cosa significhi amare qualcuno dello stesso sesso, che cosa significhi una famiglia, normalità, diversità e via discorrendo. Mai noioso, multilingue e multiculture, da vedere con curiosità e per cancellare i pregiudizi. Nelle scuole. Voto: 7.
Dopo pranzo tocca al Leone d’Oro Lebanon di Samuel Maoz. Chiariamoci: se me lo presentano come film sulla guerra in Libano il voto è 2, dato che non parla e non riflette su quell’esperienza; anzi, direi che ha una posizione un po’ subdola a proposito, facendo trasparire come di mezzo ci fossero ancora aggressori siriani e come tra i guerreggianti gli unici dotati di pietà fossero gli israeliani (considerato il diverso trattamento riservato dai falangisti e dai protagonisti a un prigioniero di guerra). Un po’ lontana dalla realtà come rappresentazione di quell’evento storico. Se invece è un film sulla guerra il voto sale perchéè molto ben realizzato, intenso e lucido, anche se alla fine si rimane con la sensazione che il problema sia solo che la guerra la devono fare i professionisti e non poveri ragazzi impreparati o civili inermi. Mi pare un po’ poco per uno che viene da un Paese costantemente in guerra con chiunque gli capiti a tiro da 50 anni a questa parte. Voto: 8 la realizzazione, 6 il resto, 7 la media.
Per concludere la giornata ci facciamo irretire dall’ultimo film con Mastrandrea (anche produttore in questo caso) con la regia di Claudio Noce, Good Morning Aman. E’ la storia di un ragazzo romano di origine somala e di un coatto un po’ psicolabile, condita di silenzi e flussi di pensieri che non si riescono a discernere. La mia sensazione è che il buon Valerio a sto giro abbia toppato di brutto: neoneorealismo senza tanto spessore e un po’ intellettualoide nel tentativo di dire tutto senza dire niente. Tradotto in parole povere: due palle infinite, e manco ci si capisce un cazzo. Bocciato. Aspetteremo il prossimo. Voto: 4.
Dopo aver saltato un giorno per cazzi vari, siamo tornati a vedere la rassegna del festival di Venezia con Soul Kitchen di Fatih Akin, il cui Auf der Anderen Seite era stata una delle migliori sorprese del festival di Cannes 2007. Il film è una commedia la cui sceneggiatura e il cui stile di realizzazione sono un omaggio al mitologico Pulp Fiction. La storia è semplice e con un po’ di esperienza dalla comparsa dei personaggi saprai già dove andranno a finire, ma gli sketch sono ben riusciti e ti fanno scompisciare dalle risate: i due fratelli greci, la cameriera spiccicata a Uma Thurman (proprio spiccicata no, ma ci sono voluti andare vicino con il casting), il cuoco che è in assoluto il personaggio migliore insieme al vecchio Socrates. Ambientata ad Amburgo, il clima è decisamente tedesco, e nonostante il parere negativo dei critici un po’ radical chic che ho visto è un film che merita di essere visto e degustato con delle grasse sghignazzate. La grafica dei titoli di coda è molto bella e ricorda di brutto i nostri tempi migliori come innovatori grafici (nostri nel senso de "i collettivi di squinternati a cui ho partecipato negli anni"). Voto: 6,5.