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Bergamo: i fasci armati sfilano, i compagni disarmati vengono caricati

2 Marzo 2009 13 commenti

 

Sabato 28 marzo, mentre per le vie di Milano qualche migliaio di persone sfilavano per dimostrare che Cox18 non deve essere risgomberato da nessuno e che l’amministrazione milanese ha fatto di tutto per trasformare in peggio la città, a Bergamo Forza Nuova inaugurava la sua prima sede orobica, con tanto di presenza onoraria del Camerata Roberto Fiore (per chi non se lo ricordasse uno dei protagonisti del terrorismo nero degli anni settanta, un po’ come se a inaugurare un centro sociale di andasse Moretti, chissà come la prenderebbero i giornalai).

La giornata è andata come al solito: i fasci sono liberi di girare per una città inquadrati e armati, mentre i compagni per essere presenti dietro uno striscione vengono caricati e inseguiti per tutta la città. Niente di nuovo, ma finalmente un video che hanno pubblicato i compagni del Paci Paciana, sfronda la vicenda delle questioni spettacolari della carica, e sottolinea come da parte di alcuni settori di chi gestisce l’ordine pubblico in italia ci sia un occhio fin troppo benevolo a chi ammira squadrismi e semina odio. Complimenti, come al solito.

 

Inter-mittenze

2 Marzo 2009 41 commenti

 

Il big-match di San Siro con la Roma si conclude con un pareggio rocambolesco: come al solito i giallorossi a Milano si esaltano e come al solito l’Inter paga gli sforzi di concentrazione con dei cali di tensione mostruosi. Nel primo tempo i nerazzurri non entrano in campo: in panca Ibra, spazio a Mario; in panca Vieira, spazio a Maxwell. Scelte funeste, che ci costringono a giocare in nove per 45 minuti: se Maxwell pensa di valere un rinnovo a cinque milioni di euro come pretende Raiola, mi sa che deve fare qualcosa di più che scomparire dal campo manco fosse David Copperfield. Mario è il simbolo dell’Inter di oggi, nel bene e nel male, quando per 45 minuti non tiene un pallone – imparando così cosa significa giocare al posto di Ibra – e quando nel secondo tempo corre come un treno e crolla sfinito al suolo al fischio finale. Per giocare in serie A devi dare tutto, non puoi mollare mai, e se non lo fai a 19 anni, quando cazzo lo farai mai? In ogni caso regaliamo due gol alla Roma (il primo molto bello, il secondo frutto di una paperissima Maicon-Julio Cesar che non rende merito al fatto che quei due sono i migliori nei rispettivi ruoli al mondo) e torniamo negli spogliatoi con la sensazione che potrebbe finire male oggi. Come al solito il posticipo serale ci porta una sfiga atomica.
Nel secondo tempo Mou scuote i suoi negli spogliatoi, toglie il fantasmino Casper con il 6 sulla maglia che da oggi penso vedrà solo e sempre la panchina, e mette Vieira, spostando Cambiasso a fare il centrale difensivo con sonora bocciatura di Burdisso – se ancora ce ne fosse bisogno – e un Figo che per 25 minuti (fino a quando gli regge) è la nostra arma in più. Quando prendiamo di nuovo coscienza di chi siamo la Roma si spaventa, si schiaccia indietro e piglia tre pere: forse se fossimo entrati in campo con la stessa determinazione nel primo tempo non avremmo portato a casa un punto ma tre. La differenza è tutta nel carattere del secondo tempo, ma non possiamo permetterci contro squadre forti tali cali di tensione, perché li paghiamo sempre carissimi. Memento il terzo gol. E settimana prossima c’è semifinale di Coppa Italia e Marassi, due sfide non facili che dobbiamo affrontare diversamente. Poi ci sarà tempo per pensare al Manchester.

Venendo ai protagonisti. Julio Cesar non è nella sua serata migliore: il gol che prende da Riise non è degno di lui, una roba da oratorio; il resto della partita ordinaria amministrazione, niente di speciale, niente di pessimo. Maicon spinge moltissimo sulla fascia, ma anche lui non è in giornata: sul secondo gol si fa uccellare due volte da Riise, un paio di volte sbatte contro il terzino norvegese e non rientra rimanendo su a lamentarsi nell’aria avversaria. Non è da lui, e sono sicuro che lo sa. Santon fa la sua partita e ancora una volta è l’unico che non perde la testa: ha il demerito di farsi saltare da Motta complice un rimpallo che segue la Grande Legge dei Rimpalli contro l’Inter nell’azione del primo gol. Per il resto niente da dire. Cordoba e Burdisso sono una coppia temibile di centrali, soprattutto il secondo soffre i giocatori capaci di geometrie veloci, infatti Mou lo toglie nel secondo tempo e nessuno ne soffre la mancanza. Cordoba ci da qualche brivido, ma con di fianco Cambiasso nel secondo tempo fa le consuete minchiate in anticipo salvo poi recuperare quasi sempre. Quasi.
A centrocampo Zanetti fa una partita di copertura. Il fatto che nel primo tempo sia l’unico nerazzurro a tirare in porta la dice lunga sulla concentrazione dell’Inter. Di Cambiasso come al solito – e come finalmente dice il Mou – ce ne vorrebbero tre. Oggi ne ha due: uno a centrocampo e uno in difesa. Manca quello in attacco, ma non si può pretendere tutto. E onestamente gli perdono la cappella che ci costa il terzo gol, ma che attribuiscono più che altro a Vieira. Proprio il francese è la smentita di sé stesso: se avesse giocato con il ManUTD come ha giocato stasera avremmo preso sicuramente tre fichi; meno male che Mou sa che deve ancora mettere in rodaggio il motore. Tre palle perse da Patrick ci rischiano di costare molto care, ma anche alcune sue aperture dimostrano quanto abbiamo bisogno di un giocatore come lui. Stankovic è in una giornata opaca, ma fino a che è in campo da tutto quello che ha: non si può eccepire nulla. La mossa vincente della partita è Luis Figo: nei 25 minuti in cui ha benzina semina il panico tra le linee nemiche; poi cala e perde una serie di palloni che gridano vendetta. Da lui bisogna sapere che ci si può aspettare mezzo tempo, non di più. Peccato non averlo avuto quando durava 90 minuti, e ci toccherà per sempre ringraziare quella merda di Nedved per questo. Bastardo gobbo.
Un discorso a parte merita Maxwell: un giocatore che da quando è stato scavalcato nelle gerarchie da Santon, è diventato un ameba. Assurdo. E batte pure cassa per un rinnovo a cinque milioni di euro. Vergognati. L’unica azione giusta che fa, viene fermata da Rizzoli che nega la regola del vantaggio guarda caso con l’uomo dell’Inter già praticamente in porta. Strano, no?
In attacco abbiamo una serie di problemi. Mario ha la chance di dimostrare che può caricarsi in spalla la squadra come fa Ibra. Dimostra il contrario: giocare in serie A vuol dire sudare novanta minuti, impegnarsi sempre, non mollare mai. Per un tempo fa il pirla. Poi rientra con la faccia larga il doppio per gli schiaffi che si è preso nello spogliatoio: grinta, determinazione, e mestiere. Mette dentro due palle e quasi una terza che lo consacrerebbe dopo i mugugni di tutto lo stadio per l’indolenza mostrata nei primi quarantacinque minuti. Ovviamente i rosiconi passeranno la settimana a dire che gli abbiamo rubato un pareggio (come l’anno scorso con Mexes che ancora recrimina il sacrosanto rosso che si è preso in faccia), ma come ha detto il mister, al Milan quest’anno hanno dato almeno cinque rigori così e nessuno ha fiatato. Per cui muti pure adesso.
Adriano è la solita lavatrice con un po’ di buona volontà in più. Speriamo ci facciano un’offerta dignitosa e che se ne vada a giocare altrove. Ci sarà ancora utile fino a fine anno, ma mi auguro che nessuno si lasci convincere da un essere umano che non tornerà mai più il fuoriclasse che è stato.
Valdanito entra in campo con tutta la sua rabbia e pareggia una partita incredibile. Se lo merita, si merita l’ovazione dello stadio. Sta passando una stagione difficilissima, i limiti della sua età traspaiono nel suo rendimento e la scarsa considerazione di Mourinho era nota già ai tempi del Chelsea. Sapeva che sarebbe stato così e per quanto lo stimo avrei preferito che si evitasse le umiliazioni di un anno da panchinaro fuori anche dalla lista Champions. Meritava di più: ma sappia che i tifosi non lo dimenticano e che lo rispetteranno sempre. Il gol di stasera è uno dei sigilli di questo affetto eterno per il campione argentino. Amati un po’ anche tu, Hernan, e fai le ultime stagioni in piazze dove puoi giocare e segnare ogni domenica, come meriti.

In fin dei conti il pareggio è un risultato che per noi è oro colato. E un pareggio con la Roma in casa ci può stare. Più che il pareggio con il Torino o la sconfitta nel derby di andata. Partita affrontata con la mentalità sbagliata e non finita in un tracollo perché davanti alla fine c’è la solita sciupona Rometta. Peccato come al solito non aver approfittato per mandare i cugini a -14, ma solo a -12, e per aver riaperto le speranza di quell’accozzaglia di merde bianconere. Ora ancora due partite, importanti e dure, in quel di Genova. Prima di pensare al Manchester, giochiamoci queste, senza sconti e senza mollare un centimetro. Forza Inter.

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Sottoscrizioni

25 Febbraio 2009 14 commenti

 

La verità è che l’Inter non gioca contro squadre di questo calibro se non una volta ogni due anni. E si vede. Il Manchester è certamente la squadra più forte in questo momento in circolazione, completa in ogni reparto, anche con le seconde linee, e con una qualità in attacco da fare invidia a qualsiasi altro team, forse anche di altri sport. Se a questi dati di fatto ne sommiamo un altro, ovvero che la musichetta della Champions equivale per la maggior parte dei nerazzurri all’Inno del Corpo Sciolto, è facile capire come il primo tempo si sia speso a cercare del Loperamide per arginare le scariche di diarrea in campo. Perdonate se parlo francese. In compenso va fatto notare come gli unici che si sono sottratti alla solita cacarella collettiva durata per fortuna 45 minuti siano stati Davide Santon, all’esordio nella competizione a soli 18 anni con un avversario di fronte come il Pallone d’Oro in carica Cristiano Ronaldo, e Julio Cesar, che con la prestazione di oggi si qualifica come il miglior portiere al mondo in questo momento. Senza discussioni tra l’altro.
In ogni caso se prima della gara mi avessero chiesto di firmare alla cieca per un risultato, lo 0-0 sarebbe stata la mia sottoscrizione, anche meglio di risultati come vantaggi con minimo margine, tipo 3-2 o 2-1: è un risultato che ci costringe a giocarcela all’Old Trafford ma da una posizione di forza, quello di chi non deve fare la partita. Vedremo se sapremo sfruttarlo a dovere.
Il primo tempo in ogni caso è presto raccontato: Inter in cacarella perpetua, Manchester in difficoltà ogni volta che acceleriamo, ma incapacità di sfruttare questo evidente timore difensivo; viceversa pericoli per Julio ogni volta che gli attaccanti del Manchester scendono. Il nostro centrocampo passa 40 minuti in stato confusionale, con Zanetti piantato come un palo in terra che abbandona Maicon alla necessità di scavalcare tre giocatori per fare qualsiasi puntata, Muntari unico a muoversi e in grado di ricevere i passaggi in profondità ma incapace totalmente di fare un passaggio in tutta la partita o un appoggio, Stankovic vittima del solito vitello. Unico superstite all’altezza: Cambiasso. Mourinho vince alcune scommesse: Santon supremo. Ne perde altre: Rivas fa cagare e rischia di farmi perdere svariate decine di anni di vita. Ferguson vince alcune scommesse: Park come tappo a uomo su Maicon ci priva di soluzioni offensive importanti. Ne perde altre: Cristiano Ronaldo viene marcato da un 18enne senza paura. Pareggi: la difesa del Manchester traballa di brutto, ma l’Inter non se ne accorge per 45 minuti. Quando lo fa abbiamo sprecato un tempo.
Nel secondo tempo l’Inter entra finalmente con un piglio diverso e solo la sfiga ci nega un gol. In compenso Julio Cesar ci permette di chiudere con un pareggio a reti inviolate prezioso per noi, più che per loro. Giochiamo meglio, Cordoba pur essendo una sciagura aiuta a tenere corta la squadra, Stankovic si sveglia e finalmente piovono palloni in area. Rimane il fatto che gli attaccanti giocano troppo soli, e come diceva mia nonna se non tiri mai in porta non puoi fare gol.

Tornando ai protagonisti, nel dettaglio: Julio Cesar è certamente il migliore in campo, nel primo tempo compie quattro miracoli, nel secondo tempo altri due, tra cui un salvataggio di piede su una cappella di Cordoba che lo eleva a fratello maggiore di gesù. Maicon non può muoversi dalla parte bassa del campo nel primo tempo, tappato dalla marcatura a uomo di Park e dai raddoppi di Evra e uno dei centrocampisti del ManUTD. Santon non ha paura: a 18 anni questo per me vale lo scongelamento di un primo pezzetto della maglia numero 3. Chivu non è una mente alveare come Samuel, e si vede, recuperare l’argentino è una necessità per il ritorno. Rivas e Cordoba sono due centrali ormai di riserva, in grado di dare il meglio solo con di fianco un difensore vero. Il primo nonostante la grinta non vale un posto da extracomunitario in rosa, il secondo fortunatamente ha i suoi anni e dovrà lasciare il posto ad altri, anche se l’ho invocato a gran voce nell’intervallo.
A centrocampo: stato confusionale per un tempo. Muntari inguardabile ma insostituibile, un dilemma amletico impossibile: l’unico che si muove e riesce a ricevere i passaggi in profondità, non sa come fare un appoggio che anche io sarei in grado di realizzare. Stankovic superato il vitello si somma a Cambiasso nell’argine di centrocampo e nel pressing sul primo portatore di palla. Zanetti invece soffre la partita e non aiuta abbastanza Maicon, con una prestazione più anonima di quello che merita.
Davanti: Adriano è inguardabile di nuovo, che tristezza; Ibra si nasconde un po’ ma è veramente solo e forse è un po’ ingeneroso dargli la croce in spalla; Mario entra ma è ancora un corpo estraneo; Cruz è un giocatore che in Champions non si può vedere in campo, mi spiace Jardinero.

Concludendo: il pareggio ci sta, e ripeto che lo avrei firmato a occhi chiusi prima dell’inizio della gara. Un po’ di rammarico c’è perché era una gara che potevamo vincere (ma anche perdere). La vera speranza è che una gara positiva con la squadra più in forma del mondo al momento aiuti finalmente i nostri ragazzi a superare il complesso di inferiorità che li schiaccia quando parte la musichina infernale. Piantiamola di cacarci addosso e andiamo a giocarcela. Questo risultato inoltre ci mette in condizione di rimettere la testa sul campionato senza patemi.

Nota a margine sulle misure di sicurezza e le famiglie allo stadio
Arriviamo allo stadio con i nostri regolari biglietti acquistati il primo giorno di prelazione. Il prefiltraggio non esiste: sarei potuto essere Bin Laden ed entrare senza colpo ferire. Arrivo al tornello: infilo il biglietto e passo. Dietro di me c’è blanca, infila il biglietto e gli da "doppio ingresso", come se non fosse valido. Di fianco a lei un ragazzo è nella stessa situazione, e anche un signore che è riuscito a passare con il primo figlio, ma ha visto bloccare fuori l’altro bambino.
Chiamiamo i responsabili per far vedere che i tagliando sono corretti e che blanca e gli altri possono entrare. Nessuno ai tornelli malfunzionanti ha un badge per far scattare il meccanismo in caso di problemi. Ti mandano all’ingresso 7, quello dei giornalisti. Blanca ci va, il bambino dodicenne del signore chissà che destino ha avuto. Alla faccia delle famiglie.
Blanca arriva all’ingresso 7, e deve litigare con due persone prima di far notare che in effetti lei è proprio lei e il biglietto è proprio suo. La fanno entrare, ma per arrivare al suo ingresso deve fare il giro di tutto lo stadio. Arriva però dalla parte sbagliata, serrata dalle transenne per il settore ospiti. Blanca – chi la conosce lo sa – non è proprio Hulk, quindi sentirsi rispondere da quattro stewart impettiti che di lì non si passa è veramente deprimente per lo stato psicologico in cui le persone versano. Godere di un piccolo potere è meschino. Rifà il giro e finalmente può salire, mandando a monte tutte le nostre scaramanzie. Bastardi.
Dulcis in fundo: i nostri amici al terzo rosso erano in compagnia di una fila intera di diffidati. Le misure di sicurezza evidentemente funzionano solo se non spacchi la faccia a chi ti rompe i coglioni. Buono a sapersi. Forse funzionava alla fin fine tutto meglio quando non c’erano biglietti nominali e posti numerati: vigeva il vecchio buon senso e la gente non si odiava così tanto.

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I problemi della scuola – parte quinta – eppur si muove!

24 Febbraio 2009 13 commenti

 

Mi piace il volgere di questa serie di post. Partita con la vena più polemica che mi contraddistingue, attraverso il dibattito e la discussione, ha generato – non da sola ci mancherebbe, ma ha sicuramente contribuito – una situazione concreta che ha migliorato, già solo con il suo verificarsi, lo stato della scuola Gandhi, in cui sto lavorando quest’anno… e chi lo sa, magari anche l’anno prossimo.
Dopo le discussioni sul blog, 2/3 del corpo docenti della sede di piazza Gasparri hanno chiesto di incontrare il dirigente e di discutere dei problemi che la scuola sta vivendo. Si voleva fare un collegio docenti straordinario, ma i tempi erano stretti e la prossima settimana ne era già previsto un altro. Si è quindi deciso di puntare su una situazione un po’ atipica, ma certamente necessaria.
Penso che la sensazione di tutti coloro che vi hanno partecipato (ovvero i 2/3 del corpo docenti, chissà che cosa avevano da fare gli altri 8 che non c’erano, ma voglio sperare che per la maggior parte dei casi ci fossero dei motivi di salute a impedirne la presenza) sia che questo incontro andava fatto molto prima del 23 febbraio: ci avrebbe aiutato a conoscerci e a mettere al centro dell’attenzione comune non solo i problemi, ma anche la disponibilità a lavorare insieme per risolverli. Non è mai troppo tardi, ma ovviamente per alcune cose il nostro ritardo ci renderà carenti di tempismo nell’intervento. Per questo ho sostenuto anche ieri che a questo punto, per fare fronte a questa carenza, dovremo compensare con determinazione e incisività in proposte e mobilitazioni. Come in tutti i consessi collettivi non tutti sono proprio sulla mia lunghezza d’onda – si sa che sono un po’ un estremista – ma già ho registrato la volontà di quasi tutti a remare nella stessa direzione.
Devo anche sottolineare che è stata una riunione proficua e in cui tutti – al di là delle discussioni degli scorsi giorni – hanno voluto avere un atteggiamento costruttivo, e per questo mi sento di rigraziarli e ringraziarci 🙂

Venendo al merito dell’assemblea dopo questa sviolinata introduttiva, abbiamo affrontato sostanzialmente due problemi. Lo riporto anche qui sul blog, non per violare l’ambito ristretto dell’assemblea, quanto per dare modo a tutti di seguire la vicenda che in qualche modo su questo blog ha cominciato a muovere i suoi primi passi. Da un lato abbiamo parlato del concreto futuro della scuola Gandhi e dall’altro della situazione disciplinare nella scuola, che ha raggiunto in alcuni casi situazioni limite che di fatto impediscono alla maggior parte degli alunni di seguire serenamente il loro percorso formativo. Senza entrare nei dettagli che fanno parte delle scelte che si prendono a porte chiuse, abbiamo deciso su questo secondo problema, un intervento drastico su alcune situazioni e un intervento che coinvolga tutti – preside incluso – nel far comprendere alle posizioni intermedie che il destino è nelle loro mani e nessuno può scegliere al posto loro se finire sul "libro dei buoni" o sul "libro dei cattivi". Sto semplificando, ma non voglio entrare troppo nel dettaglio di situazioni formativo/disciplinari che esistono ovunque: quello che registro è che tutta la riunione ha cercato soluzioni a tutti i problemi di questa natura improntate alla partecipazione più attiva di tutte le componenti e alla cooperazione. Ed è quello che io speravo.

Più interessante è stata la prima parte dell’assemblea in cui si è affrontato il problema principale della scuola: la sua sopravvivenza fisica. Infatti all’inizio di febbraio i tecnici del Comune si sono incontrati con il Comitato di Quartiere, il Comitato Genitori e il Dirigente Scolastico: la posizione del Comune, che quando aveva trasferito la Gandhi dagli stabili di via Bernardino da Novate temporaneamente nella sede di piazza Gasparri aveva promesso di costruire a breve una nuova sede (parliamo del 2000 o 2001), è che non ci sono i fondi per costruire una nuova scuola in quartiere Comasina, e che la cosa sarebbe avvallabile solo in presenza di almeno 400 utenti. In caso contrario l’investimento del Comune è orientato a ristrutturare lo stabile di via Gabbro e accorpare tutti gli studenti in quella sede. Non mi dilungherò qui su alcune banalità: la tendenza dei recenti governi a disinvestire nella formazione dei cittadini a favore di politiche securitarie e istituzioni private; la chiara volontà di disarticolare le comunità a livello territoriali convinti che anziché di vivibilità questo sia sinonimo di "inutili complicazioni burocratiche"; la non comprensione della funzione che un complesso scolastico può svolgere all’interno di quartieri complicati e in chiara espansione demografica. Tutto questo ovviamente non è tecnica, ma politica e davanti ai tecnici del Comune non sortisce nessun effetto. Altrettanto ovviamente senza un intervento a livello politico pressato dagli abitanti del quartiere, dai genitori e dai professori difficilmente si troverà una soluzione praticabile.
L’assemblea è stata abbastanza viva e ha parlato di molte cose cercando varie soluzioni, dovendole anche incrociare con la necessità di salvare la scuola da una emorragia di iscrizioni che ha origini molteplici: la difficile convivenza prolungata tra struttura primaria e secondaria di primo grado, la carenza di spazi, le difficoltà ambientali, il disinvestimento da parte del Comune. Se su questo ultimo punto siamo riusciti a decidere un intervento congiunto del dirigente con alcuni docenti proprio mercoledì in occasione dell’ultimo giorno a disposizione (help!), sul destino della scuola la situazione è molto più fluida. Sulla mobilitazione politica si è rimasti un po’ tentennanti – anche forse perché non si può pretendere che al primo incontro ci sia coesione e fiducia reciproca sul "modo" di fare politica dei presenti – limitandoci a iniziare un percorso di sondaggio degli organi politici locali (Consiglio di Zona e consiglieri comunali), mentre su possibili alternative tecniche si è stati un po’ più propositivi: al posto della ex scuola media in quartiere Comasina la propaganda dell’amministrazione comunale (che giova ricordarlo è la stessa da 20 anni a Milano e quindi avrà pure qualche responsabilità nel calo della vivibilità di questa cazzo di città) dovrebbero essere costruiti un nuovo Commissariato di Polizia e uno Studentato universitario (anche qui ricordiamo che per arrivare dalla Comasina in Bicocca ci vogliono 90 minuti circa, rispetto ai 60-75 per arrivare agli altri poli universitari). E’ facile capire che quindi i soldi per costruire strutture ci sono, ma si vogliono costruire ALTRE strutture, chissà perché. Sul Commissariato di Polizia non mi pronuncio perché penso che di presidi territoriali delle forze dell’ordine ce ne siano abbastanza, e al massimo dovremmo provare a indagare quanto gli uomini delle forze dell’ordine decidano di conoscere e intervenire in forma PREVENTIVA sul territorio (e sto cercando di vestirmi della mia migliore mise democratica, cosa che mi si addice poco). Sullo studentato mi pare evidente che sia una mazzetta, pura e semplice: posti letto che verranno gestiti non si sa da chi e non certo per offrire agli studenti universitari alloggi a basso prezzo, una politica che da tempo a Milano non esiste (ricordiamo anche qui che una stanza in condivisione a Milano costa tra i 200 e i 500 euro, mentre una stanza da solo in una casa condivisa raramente scende sotto i 400 euro). Strano che l’amministrazione si scopra Robin Hood degli studenti proprio sulle strutture che dovevano finire alla scuola media (che guarda caso ha nella stessa zona una scuola media gestita dalle suore…. a buon intenditor, poche parole).
In ogni caso ieri su questo punto c’è stata la discussione che ha prodotto frutti più interessanti: si è pensato di proporre al Comune soluzioni alternative per non vedersi sbattere la porta in faccia, e nei prossimi giorni dovremo contattare Olinda, Da Vicino Nessuno è Normale e Consiglio di Zona per capire la fattibilità di proporre uno dei padiglioni dell’ex Paolo Pini come sede da ristrutturare (e non ricostruire) per la scuola media Gandhi. E’ da notare che nell’ex Ospedale Psichiatrico esiste già una struttura che è stata per qualche anno un distaccamento di una scuola superiore, quindi la proposta non pare proprio campata per aria. E sicuramente la struttura sarebbe a una distanza più ragionevole dal Quartiere che non la confluenza di tutto il corpo nella sede di via Gabbro (una soluzione che secondo me porterebbe a peggiorare la vita sia della Gandhi che della Rodari per i ristretti spazi che si verrebbero a creare nella sede delle medie della Bovisasca, che a quel punto sarebbe decisamente sovraffollata.
Ora chiudendo questo post "positivo", vorrei chiedere a tutti i lettori di suggerirmi contatti per verificare la praticabilità di questa ipotesi: ganci in consigli di zona, uffici del demanio, ufficio strutture dell’ospedale niguarda, olinda, associazioni legate al Paolo Pini, e via dicendo sono bene accetti e auspicati.
Ovviamente spendere dei soldi della Expo per fare scuole pare una bestemmia, no? D’altronde di cosa stiamo parlando dato che se continua così Milano riuscirà nella più grande figura di merda della storia della città? Ahahahahhahahahahahhah!
 

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Prepartita

21 Febbraio 2009 7 commenti

 

E’ una partita prepartita. Difficile per i tifosi non pensare al Manchester, figuriamoci per i giocatori. Nonostante questo i nerazzurri giocano una partita di grande intensità viziata dalla solita abitudine a non chiudere le partite e soffrire fino alla fine. Anche con un Bologna tutto sommato abbastanza imbelle. E sempre nel prepartita si avvera la profezia della nostra sfiga: io dissi che per sperare di passare con il Manchester dovevamo avere al top 5 giocatori – Julio Cesar, Maicon, Samuel, Cambiasso, Ibra – e puntualmente a due giorni dalla sfida si infortuna Samuel che non sarà della partita privandoci dell’unico vero vantaggio che avevamo a disposizione, la difesa solida. A questo punto giochiamocela e andiamo a San Siro senza rimorsi né rimpianti, e speriamo bene.

Contro il Bologna l’Inter gioca la sua partita normale: primo tempo dominato ma non concretizzato; secondo tempo arrembante fino al gol, poi schiacciato venti metri dietro, fino a subire il pareggio (più di culo che altro) e a ribaltare di nuovo il risultato (anche qui con una discreta dose di fondoschiena). Non c’è molto altro da dire, se non che è encomiabile la reazione psicologica dei ragazzi, soprattutto se messo in contro l’impegno di martedì che risucchia attenzione. 

Julio Cesar al di là dell’essere nominato uomo partita dai nostri detrattori per poter dire che non meritavamo i tre punti è diventato un punto fondamentale per la nostra squadra e compie un miracolo su Di Vaio che ancora non ci credo. Maicon e Santon sono i gemelli diversi delle nostre fasce, Cordoba e Rivas due mastini. Tra l’altro con Samuel indisponibile io preferisco cento volte questa coppia alla presenza in campo dei due psycho martedì: a meno di non voler di nuovo giocare in dieci per più di 60 minuti. 

A centrocampo Cambiasso e Zanetti fanno il loro. Muntari non è nel suo ruolo e si vede, mentre Vieira è ancora lontano dal calciatore che fu, ma ci servirebbe come il pane. Stankovic quando entra fa la differenza, e potrebbe essere il degno sostituto di Samuel nei punti chiave della doppia sfida di Champions. Maxwell invece è pesantemente in involuzione, tornato il fantasmino che è stato per larga parte della stagione: peccato, ma forse avremo il vantaggio di farlo rinnovare a contratto a cifre più ragionevole di quelle sparate dal suo procuratore. Davanti Ibra è in giornata così così, tanto lavoro per il gruppo e poca finalizzazione, mentre Adriano sembra aver reagito ai complimenti del mister a suo modo, peggiorando. Una menzione importante per Mario, che è entrato finalmente con il sorriso sulle labbra e la voglia di giocare a calcio, ottenendone anche il premio del gol partita. Speriamo la capisca.

Ora facce verso casa, verso il manto di San Siro, noi ci metteremo la voce e l’emozione, voi, ragazzi, metteteci la grinta e il gioco. Forza Inter.

 

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Regime Checklist

20 Febbraio 2009 3 commenti

 

Leggi razziali 

Esautorazione del Parlamento a favore del Duce 

Squadre d’Azione 

Leggi sulla libertà di stampa (versione 2008) 

Reati d’opinione 

Repressione di antagonisti politici 

Ampliamento della discrezionalità della scelta d’azione delle forze dell’ordine 

Equiparazione di forze di polizia ed esercito 

 

E si potrebbe andare avanti ancora molto.

Non c’è un cazzo da ridere.

 

I problemi della scuola – parte quarta – accenni alle soluzioni

16 Febbraio 2009 38 commenti

 

Ora, dopo aver osservato alcuni dei problemi della scuola in cui insegno – e ribadisco che non lo faccio per ledere o sputtanare quella scuola in particolare, ma per partire da una base reale per fare un ragionamento sul mondo della scuola in generale – come propostomi da alcuni commentatori peperini provo a dire la mia sulle soluzioni, sia macro che micro. Penso che chi sta al governo e al ministero avrebbero fatto meglio a calarsi nelle scuole prima di parlare a vanvera come fanno da ormai un anno. Forse anche loro sarebbero stati accusati di lesa maestà come è capitato a me dopo questi post, o di leaking aziendale forse, ma almeno avrebbero un’idea di dov’è la realtà e dove la loro fantasia ideologica.

Partiamo dalle soluzioni micro (che così quelli arrabbiati con me possono confrontarsi su cose concrete), ovvero come risolvere i problemi della scuola Gandhi. Beh, magari non tutti, ma almeno cominciare a metterci mano.
In questo caso il punto io penso che sia recuperare il senso di alcune parole molto semplici: partecipazione, cooperazione, responsabilità. Quella scuola la salviamo se ognuno di noi ci mette del suo in questo senso. Ognuno intendo dal primo all’ultimo, dal primo docente all’ultimo segretario, passando per personale ATA e soprattutto dal dirigente scolastico. Se ognuno di noi inizia ad agire come se il problema della porta di fianco riguardasse direttamente anche lui, se ognuno di noi fa il meglio di sé per aiutare la persona che sta gestendosi il casino nella classe di fianco o nel corridoio adiacente, forse iniziamo ad essere sulla buona strada. Per recuperare terreno alla Gandhi c’è bisogno che tutti lavoriamo e remiamo in un’unica direzione: riconquistare la fiducia in noi stessi e nelle quattro mura che ci circondano, senza farsi scoraggiare e agendo sincronicamente. Sembra banale ma non lo è: ho in mente svariati esempi in cui questo non accade, e alcuni degli episodi che ho citato nei post precedenti ne sono la concreta manifestazione.
Dirò di più: se vogliamo fare un consiglio straordinario, facciamolo per parlare di questo, di come ognuno trascendendo un pochino i suoi ruoli formali possa contribuire a far vivere meglio la scuola. Forse la primavera e la bella stagione ci renderanno meno nervosi ed irritabili e contribuiranno a facilitare la cooperazione anziché lo scazzo continuo (in senso passivo, come depressione, e attivo, come litigio). Se invece ci ostineremo ognuno a fare il suo compitino nell’angolino otterremo un bel 6 a fine anno, ma con i 6 lisci non si va lontano, almeno nella mia esperienza. Questo per quanto riguarda due tags: partecipazione e cooperazione.
Dopodiché buttiamo il cuore oltre l’ostacolo ed entriamo nel merito di due problemi: uno, la convivenza civile a scuola; due, la sopravvivenza l’anno prossimo della scuola. (A questo proposito faccio notare che quello che sta armando sto casino è un precario di terza fascia che l’anno prossimo la scuola la vedrà con il binocolo, grazie a confindustria e alla trimurti del sindacato orizzontale CGIL CISL e UIL).
A scuola ci sono situazione obiettivamente gravi, dal punto di vista disciplinare (e sarebbe il meno) e soprattutto dal punto di vista della vivibilità della scuola. Queste situazioni vanno affrontate con responsabilità. Offriamo alle persone protagoniste di tutto questo due strade: collaborare con noi e con i loro compagni, oppure levarsi dalle palle. Io non sono un buonista, uno è artefice del proprio destino, anche quando è nella merda. Ho avuto compagni di scuola che da situazioni assurde si sono tirati fuori e compagni di scuola che ci hanno sguazzato. Ognuno decide per sé. Se non ce la fa, a quel punto la mano è ben tesa per aiutare. Io penso che alcune situazioni vadano prese di petto e le persone protagoniste messe di fronte alle loro responsabilità (parlo anche di docenti, eh, io nella mia classe l’ho fatto quando ci sono stati dei problemi). Per fare questo però abbiamo bisogno di un punto di riferimento: se non può esserlo il preside perché non ne vuole sapere, inventiamoci un dispositivo qualsiasi, un consiglio disciplinare, dei referenti, decidiamolo insieme. Ma alcune situazioni non possono essere tollerate a lungo, pena il disamore non tanto dei docenti, che alla fine lo stipendio lo portano a casa uguale, quanto degli alunni. Ovviamente non sono per un modello puramente autoritario, tuttaltro, ma uno deve avere una scelta: lavora con noi a quest’altra cosa (ad esempio il progetto che io e altri abbiamo proposto di raccontare il quartiere con video, foto e testi, per ora naufragato tra disinteresse dei ragazzi e ore del progetto consumate dalle supplenze), se invece preferisci continuare a fare il pirla, fallo pure a casa tua fino ai 16 anni e poi vai a fare un lavoro di merda senza licenza media. Affari tuoi. Impara dalla strada se non vuoi essere aiutato.
Questo passaggio è importante, perché al momento alcuni colleghi si fanno prendere dal buon cuore oppure dalla stanchezza di cercare figure di riferimento che possano strigliare i ragazzi (il preside) e vanificano così lo sforzo di altri. Soprattutto per me questo passaggio è importante perché ovviamente lo metto per iscritto per confutare ogni accusa che mi si possa muovere di scegliere le soluzioni solo in base all’ideologia o alla mia impostazione politico/sociale.
Veniamo al terzo punto micro: la sopravvivenza della scuola. Forse dobbiamo anche qui sforzarci di più. Chiediamo e cerchiamo con i genitori e le strutture del quartiere di fare un incontro vero, aperto in cui dirsi tutti i problemi in faccia, in cui coinvolgere anche i genitori nella soluzione dei problemi (di fondi, di strutture, di vivibilità) non solo della scuola ma del quartiere. Inseriamoci nel tessuto del quartiere per provare a migliorare le cose. Durante la protesta per la Gelmini la nostra scuola e il nostro quartiere sono stati abbastanza silenziosi e i miei appelli per una lettera sottoscritta (la mobilitazione minima e non l’unica proposta che ho fatto) sono caduti nel vuoto o addirittura in affermazioni tipo "non possiamo farlo perché ognuno deve lottare nel suo ruolo", e vaccate del genere. Il quartiere è complicato, ovviamente non sarà facile, ma se vogliamo farlo si può farlo. Altrimenti continuiamo a tirare avanti la baracca alla bella e meglio, ma non ci stupiamo che i genitori cerchino una soluzione nella fuga: dobbiamo motivarli noi.

Questi punti non sono molti, forse sono anche semplicistici, ma si deve pur partire da qualcosa. Gli altri docenti che hanno scoperto la blogosfera e il preside che si è affacciato pungolato ovviamente da qualche benintenzionato e subito lanciatosi in una controinvettiva sulla forma (le battute sul vecchino e via dicendo) e non sulla sostanza (le critiche dei miei post) che cosa ne pensano? Domani vedrò di portare un po’ di stampate a scuola e vediamo cosa succede.

Passiamo al punto del problema macro, dato che si aggancia all’ultimo punto micro. Il problema della scuola oggi è che chi si è preso l’incarico di una sua riforma negli anni non lo ha mai fatto con un’ottica ad ampio spettro, cercando di proporre a partire dal  momento della formazione un modello di società diverso e migliore di quello in cui viviamo. Soprattutto l’ultimo Ministro non si è minimamente preoccupata di comprendere i problemi veri, magari girando in un po’ di scuole o mandando delle persone a verificare la situazione, ma si è accontentata di fare da sponda ai dettami economico-fiscali di Tremonti (da un lato) e alle sue fonti di ispirazione e appoggi di potere (la chiesa e la scuola privata). L’obiettivo dell’ultima riforma è chiaro, e nella scuola di piazza Gasparri lo è veramente alla sua ennesima potenza: depotenziare al massimo la scuola pubblica, mandarla in rovina, e convincere le famiglie che un’istruzione privata sia meglio, più sicura, più ricca e più competente. Noi sappiamo che non è vero, che un sistema di istruzione principalmente privato non è una soluzione ma l’inizio del declino e della sottrazione di larghe fette della popolazione a una formazione sociale, ma nessuno ha il coraggio di affrontare il problema di petto.
Allora dal punto di vista macro c’è una sola soluzione: battaglia. Dopo i primi mesi di mobilitazione soprattutto alle elementari (le medie sono state in verità molto silenziose sulla riforma) tutto tace. La riforma procede e tutto tace. Se prendiamo l’ultimo punto delle soluzioni micro, possiamo trasformarlo anche in un primo punto delle soluzioni macro. Solo con una opposizione forte di tutte le parti in causa insieme, dai docenti al personale ata, fino al preside e ai genitori, allora potremo pensare di influire sulla bocciatura definitiva di questa riforma. Ogni arma vale: se decideremo di muoverci allora scioperi bianchi e mobilitazioni eclatanti avranno un senso. DIversamente se tutti mi risponderete ancora una volta che "ognuno ha il suo ruolo e non spetta a noi fare certe cose", mi adeguerò, continuerò a fare casino dove e come posso, continuerò a raccontare ai miei alunni perché ci sono dei problemi nella scuola, nella speranza che diventino adulti migliori di noi.

Per ora mi fermo qui e stampo tutto.
 

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Neanche in 15

16 Febbraio 2009 30 commenti

 

La Beneamata porta a casa il derby dopo due stracittadine gettate alle ortiche. Lo porta a casa nonostante il Milan giochi in 15 (compresi Rosetti e guardalinee9, anche se sui giornali vi racconteranno un’altra storia: il mani di Adriano non è comparabile con le decine di falli invertiti, con i lasciar correre quando conviene ai rossoneri, con la mancata tripla espulsione di Ambrosini o con il conto dei gialli concluso a sfavore dei nerazzurri per 7 a 1 (manco fossimo composti di soli Pasquale Bruno nella rosa). Nella giornata più favorevole a un recupero da parte delle inseguitrici dirette, l’Inter sfodera una prestazione di potenza e autorità, macchiata solo da una metà di secondo tempo rinunciataria e barricadera. Complica lo stop a  Torino dei gobbi con i ciclisti si porta a +9 sulla seconda e +11 sulla terza, dando una prima mandata alla porta dello scudetto. Nessun trionfalismo: la strada è ancora lunga e non bisogna mollare un centimetro.
Entrati in campo i nerazzurri sembrano subito determinati a non fare l’errore dell’andata. Attaccano la palla, organizzati, e sfruttano la debolezza principale del Milan: una difesa vecchia, stanca, poco coordinata e decisamente inferiore sulle palle alte. Al 18esimo Stankovic si mangia il gol della vita e nessuno ha ancora capito come abbia fatto. Poco dopo Adriano segna di testa accompagnando la palla con un braccio: se seguiamo Collina è involontario e quindi gol, se seguiamo quello che penso io non è gol, ma in compenso il Milan avrebbe circa 15 punti di meno. Per il resto del primo tempo dominiamo e la soddisfazione pervade i tifosi interisti. Al rientro il Milan parte all’arrembaggio ma è Adriano ad avere sul piede la palla del 3-0. Sbaglia clamorosamente e questo nel cuore di tutti i nerazzurri apre gli scenari della sfiga. Ancelotti si rende conto che soffriamo le penetrazioni e che ci stiamo schiacciando in difesa: butta dentro Inzaghi e il gol arriva. Ne arriva anche un secondo e solo la bandierina del fuorigioco torna a far fluire il sangue nelle vene dei tifosi. Soffriamo per venti minuti, ma portiamo a casa il risultato. Tutto il resto conta zero.

Julio Cesar oggi è stato determinante come nei suoi momenti migliori. Reattivo, preciso nelle uscite, parte della mente alveare della difesa interista: infatti ormai è palese che Samuel prima di entrare in campo si collega con gli altri difensori e poi li pilota come una specie di cervello collettivo. Nuovo soprannome per l’argentino: Master of Puppets. Chivu in coppia con il Muro è strepitoso e non fa passare uno spillo. Sulle fasce invece soffriamo e andiamo spesso in inferiorità numerica: Maicon prorompe in attacco ma soffre in difesa e anche Santon è sempre messo in mezzo da Pato, Seedorf e Zambrotta. Considerati i clienti quello che fa è più che egregio. E merita il plauso di Mourinho che ha trovato uno dei giovani da far diventare una colonna nella squadra.
A centrocampo soffriamo: Cambiasso e Zanetti fanno il possibile ma uno è fisso su R10 mentre l’altro deve dare man forte a Maicon sulla fascia per evitare gli sfondamenti di Jankulowski e Pirlo. Questo contrae tutto il settore mediano, lasciando il boccino del gioco e dei rimpalli spesso ai rossoneri di merda. Muntari offre una prestazione migliore del solito e Stankovic spinge come non mai, nonostante i 140 minuti in nazionale: si mangia un gol incredibile e ne fa uno altrettanto mostruoso. Grazie Deki, con te non ci si annoia mai 🙂
Davanti Adriano è certamente il migliore in campo: lotta, corre, addirittura offre degli scatti e dei tiri da fuori come non si vedevano da tempo. Ibra oggi si dedica al lavoro sporco e un suo gol ci avrebbe dato la tranquillità. Adriano non gliela appoggia e gli nega questa gioia, ma va bene così.
Altre note positive sono il rientro di Vieira ancora lontano dal ritmo partita, e la determinazione di Burdisso e Maxwell: il primo nel prendere il giallo per proteste un minuto dopo essere entrato andando in diffida, il secondo nel cercare di riconquistare un posto da titolare.

Questo è certamente il primo scossone per staccare il gruppo. Iniezione di fiducia importante e fieno in cascina per le prossime giornate durissime. Ora mettiamo nel mirino il Bologna e la riapertura della Champions League. Missione: giocarsela. 

 

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I problemi della scuola – parte terza – un po’ di precisione

14 Febbraio 2009 19 commenti

 

Sollecitato dai commenti agli ultimi due post [ parte primaparte seconda ]che raccontano alcune delle disavventure di una scuola secondaria di primo grado della periferia milanese, ho pensato che fosse meglio fare un po’ di chiarezza e raccogliere alcuni suggerimenti. Di certo non raccoglierò i suggerimenti di Anny, una commentatrice che mi pare molto inviperita e in disaccordo con me rispetto a quanto accade alla scuola dove sto insegnando come supplente: con tutti i problemi che ha quella scuola, un consiglio straordinario dovrebbe essere convocato per parlare del mio blog? Mi pare francamente ridicolo. Come ho detto nei commenti: quello che scrivo lo penso e sono stato l’unico a rimbrottare il preside circa la sua scarsa partecipazione alla vita della scuola in un collegio docenti, dopo che nei collegi d’ordine tutti si era d’accordo per farlo senza che nessuno poi avesse il coraggio di prendere la parola. Quindi l’accusa di nascondermi dietro l’anonimato mi pare pretestuosa e anche poco sostenuta dai fatti. Peraltro nei post io ho dato indizi molto chiari su chi io sia, e chi commenta su questo blog ne è perfettamente al corrente, mentre il tuo commento (quello sì) è molto anonimo oltre che animato. Al massimo, Anny, posso concederti che il mio linguaggio si è fatto troppo colorito nel secondo post, cosa a cui ho già rimediato, ma comprendimi, era una giornata no.

Tanto per chiarirsi: l’autore di questi post (e di questo blog) è il supplente di matematica che sta seguendo la prima d della scuola di piazza Gasparri, quello sempre vestito di nero; lo stesso supplente che fuori dai suoi orari di lavoro ha sistemato per due mesi il laboratorio di informatica e aiutato alcuni docenti della Rodari a migliorare il laboratorio informatico di quel plesso; lo stesso che ha sistemato l’armadio della biblioteca di cui si erano perse le chiavi e di cui si voleva far pagare la riparazione ai docenti referenti per la biblioteca anziché usare i fondi della scuola per far intervenire il fabbro; lo stesso che ha messo a posto la stampante e mandato in rete il computer dell’aula insegnanti senza che nessuno (salvo poche eccezioni) si degnassero di dirgli grazie. Posso andare avanti, ma tutti questi episodi mi servono solo a dimostrare che anche se io sono presente nella scuola solo da quest’anno, mi sono messo a disposizione di tutti per rendere la vita nell’istituto migliore, anche al di fuori dei miei orari di lavoro. Forse a te, Anny, è sfuggito. Se poi le mie descrizioni della vita nella scuola non corripondono con la tua percezione sei benvenuta ad aggiungere un altro punto di vista, senza minacciare consigli e altro. Certamente gli anni scorsi sono stati diversi da questi.

Un altro distinguo che mi va di fare rispetto ai commenti di Anny, è che quanto scrivo non vuole essere una generalizzazione. Tra i docenti, tra i bidelli, tra i segretari e le segretarie ci sono persone simpatiche e meno simpatiche, preparate e meno preparate, ma quello che racconto sono fatti accaduti e che vogliono mostrare come i limiti della scuola italiana in questo momento siano molto più complessi di quello che ci vogliono far credere, e sopratutto che le soluzioni della Gelmini e di Tremonti sono antitetiche alla reale natura dei problemi. Con meno fondi andrà tutto certamente peggio, e non viceversa.

Molto più interessante è stato il commento di "doc" che mi esortava a mostrare anche i lati positivi della scuola comasinense. Su questo ha certamente ragione. Come ho anche scritto nel primo post, nella scuola Gandhi ci sono docenti molto dedicati, grazie ai quali e alle quali la scuola sopravvive nonostante tutto. E così ci sono anche parecchie persone del personale ATA senza le quali la vita sarebbe un inferno. E così anche in segreteria (a cui più che altro contesto un certo approccio formalista e non certo le qualità personali del personale che la compone, che conosco troppo poco). Ma la scuola non è solo i suoi lati negativi.

Ad esempio tutte queste persone che lottano per farla sopravvivere hanno un enorme potenziale, che se fosse messo a frutto potrebbe trasformare il brutto anatroccolo della Comasina in un centro propositivo e vivo. Per farlo però non bastano un manipolo di persone, ma abbiamo bisogno di collaborazione e di un po’ di spirito di cooperazione. In questi giorni si è svolta la serata per chiedere alle famiglie del quartiere di iscrivere i loro figli alla media di piazza Gasparri, di fronte a una emorragia di iscrizioni verso la media di Affori e di Bruzzano. Spostare i loro figli non risolverà il problema di come crescono in quel quartiere: anzi se lavorassimo tutti insieme per migliorare la situazione della scuola di piazza Gasparri daremmo impulso a un progetto molto stimolante. Certamente è difficile e a volte scoraggiante il clima nella scuola dove insegno. Ma altre volte vedere tutti insegnanti giovani (tutto sommato! 🙂 e con voglia di fare offre uno stimolo netto a fare di più. Spero che la scuola riesca a raggiungere il quorum di iscrizioni nonostante i bastoni fra le ruote del Comune e delle assenze di quelle figure che dovrebbero più preoccuparsene – come il Dirigente. E anche nonostante le persone che per difendere in maniera un po’ corporativa il plesso di piazza Gasparri (come Anny) vorrebbero tacere i problemi che la scuola  Gandhi esemplifica suo malgrado.

Mi auguro anche che questi miei post, che sono certo scateneranno non pochi litigi al mio arrivo a scuola lunedì, servano a far crescere l’esperienza di quella scuola. Anche se serbo il dubbio che tutto si risolverà in qualche sguardo in tralice, qualche delazione al preside per cercare di farmi avere ingiustificate note disciplinari (fino a prova contraria non c’è il divieto di raccontare quanto avviene a scuola su un blog, se fatto senza diffamare alcuno) e nulla più. Staremo a vedere. Anche se i commenti di altri colleghi non abbastanza abili con il computer per commentare ma avvezzi agli sms mi hanno un po’ confortato sulla natura realistica e non visionaria dei problemi che ho presentato. Alla prossima. Come sempre.

PS: dopo questo post buonista tornerò presto alle cattive maniere, non temete. 🙂

 

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Nelle mani di nessuno: sbirritaggine e il patema del ripetersi

11 Febbraio 2009 Commenti chiusi

 

Un anno fa ho scritto una breve recensione di un libro molto interessante, pubblicato da Piemme Editore, a firma Gianni Palagonia, pseudonimo di un poliziotto che raccontava le proprie esperienze in polizia in un romanzo. E’ uscito un suo secondo volume, intitolato Nelle Mani di Nessuno. Fare un buon libro può succedere, ripetersi è molto difficile. E Palagonia non sfugge a questo paradosso.

Il primo libro era molto interessante e onesto, nonostante una certa tendenza a giustificare le forze dell’ordine senza se e senza ma. Il secondo libro di Palagonia è molto meno lucido, forse anche a causa di una fase difficile nella vita privata dell’autore – infilata nel libro con un gusto del patetico (senza offesa, eh!) un po’ ostentato. Molte delle cose che racconta rimangono interessanti, ma questa volta il senso di "orgoglio sbirresco" è molto più stucchevole, il libro è scritto in maniera meno scorrevole, e risente decisamente di più della visione unilaterale di chi l’ha firmato.

Rimane molto interessante non tanto per capire il metodo di indagine della polizia italiana, o le difficoltà che i "poveri poliziotti" incontrano, quanto per la sua presentazione senza veli e senza ipocrisie – questo bisogna riconoscerglielo – della forma mentis dello sbirro, della "sbirritaggine" come la definisce lui stesso. Il libro si può leggere in vari modi, il modo in cui lo leggo io è questo: a fianco di una denuncia chiara dello stato di prostrazione in cui versa la democrazia del Paese (su questo io e Palagonia siamo addirittura d’accordo), affiora chiara una visione del mondo in cui le forze dell’ordine dovrebbero poter avere accesso alla vita privata di tutti, incondizionatamente e senza alcun freno. Ogni legame, per quanto tenue o privo di implicazioni realmente pericolose per la società, deve poter essere sondato, scandagliato, rubato alla vita delle persone civili, sacrificato sull’altare della necessità di indagine, della volontà di potenza contro il crimine. Alcune parti dello scritto di Palagonia potrebbero ben svegliare molti benpensanti che non capiscono esattamente cosa vorrebbe dire affidare ogni aspetto della "sicurezza" del paese alle forze dell’ordine. 

Per sua natura – come dice Palagonia – lo sbirro è portato a sospettare, a cercare il losco anche dove non c’è, a insidiare la vita di chi lo circonda per "sventare il crimine". Lo sbirro che vuole fare lo sbirro è un invasato – anche giustamente se vogliamo – ma pensare che possa agire senza alcun controllo è un pensiero tanto terrorizzante quanto quello che di fronte alla criminalità vera, a quella che concretamente dobbiamo affrontare per le strade, siamo spesso soli o male accompagnati 🙂 E’ evidente che la soluzione di una plenipotenziaria polizia che mi faccia vivere in un mondo pulito pulito non mi convince, e che continuo a pensare che senza una revisione radicale del modo di vita delle persone non cambierà molto e saremo sempre qui a fregarci l’un l’altro o a guardarci le spalle per non essere fregati. 

Palagonia sintetizza in maniera molto cruda sia lo spirito sbirresco che il suo doppio, la vita delle persone nella società moderna. Ma entrambi non sono la cura di nulla, ma solo i sintomi della medesima malattia. Grave per giunta. Palagonia scrive nei primi capitoli del libro quello che ogni poliziotto cerca di mandare a memoria come massima per sopravvivere, traendolo da una bacheca sindacale interna: "L’amore e l’amicizia vanno e vengono. L’odio no. Se hai un nemico, non sei mai solo". E alla fine la vita di Palagonia raccontata nel romanzo segue questo fil rouge, mentre i suoi amori e le sue amicizie vengono ingoiate dal gorgo, lui continua imperterrito ad inseguire un nemico via l’altro.

Tutto vero. La modernità è soprattutto questo. Ma allora non si stupisca Palagonia se per molti il fanatismo di uno sbirro non è molto diverso da quello dei loro nemici. E spesso la realtà è molto più complicata di un banale feticcio come quello di un nemico liquidato il quale tutto sarà come avremmo voluto che fosse. Il contrario sarebbe più comodo e facile per tutti. Anche per me. 

PS: ci sarebbe molto da dire sul libro e se qualcuno ha voglia di ragionarne nei commenti è il benvenuto. Oggi mi sembra di aver scritto solo una parte delle cose su cui avrei voglia di ragionare, e di averlo fatto in maniera imprecisa e incompleta. Prendete il tutto con beneficio di inventario 🙂